La nota stampa del consigliere della Lega Nord Mauro Melli sul bando aperto per selezionare un addetto stampa all'Unione Bassa Reggiana: "Ci sono decine di impiegati che potrebbero fare la medesima attività" -
Reggio Emilia, 3 febbraio 2015 -
"E' aperta la selezione per un addetto stampa all'Unione Bassa Reggiana per un periodo di due anni, l'incarico richiederà poche ore al mese e verrà retribuito con 4700 € all'anno.
Questa cifra rapportata al bilancio dell'Unione è modestissima ma considerato che molte famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese mi chiedo se era proprio necessario spendere questi soldi quando negli 8 comuni abbiamo decine di impiegati che potrebbero fare la medesima attività.
Anche ad inizio 2014 venne selezionato un addetto stampa ma non saprei valutare il suo lavoro visto che ha prodotto poco, praticamente inesistente.
Noi consiglieri di minoranza siamo abituati a fare da soli, che imparino anche i nostri sindaci!"
Mauro Melli
consigliere Lega Nord Novellara
Sergio Mattarella è il dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana.
Parma 31 gennaio 2015 -
Al quarto scrutinio, quando sarebbero stati utili 505 voti, è stato eletto a larghissima maggioranza il 12esimo Presidente della Repubblica Italiana.
Sergio Mattarella, giudice costituzionalista, proviene da una famiglia di navigati politici siciliani il cui fratello, Piersanti, fu assassinato dalla mafia.
Un lunghissimo e caloroso applauso ha accolto il raggiungimento del quorum minimo poi abbondantemente superato. 665 i voti assegnati al candidato presidente.
Auguri Presidente!
Prima, durante e dopo. Le dichiarazioni anti-euro non fanno bene alla borsa di Atene il cui indice è crollato prima e dopo il voto che ha confermato le previsioni dell'ascesa di Tsipras al governo ellenico.
di Lamberto Colla - Parma, 1 febbraio 2015 -
Sono bastate le proiezioni di una vittoria della sinistra antieuro di Tsipras per scatenare le ire della finanza internazionale sulla già martoriata Grecia, messa in ginocchio prima dai suoi governi rei di essersi intossicati dai prodotti finanziari di Goldman Sachs e poi dal colpo di grazia dalla Troika, a suon di ribassi in Borsa. - 11% prima e -10% post voto il crollo dell'indice borsistico di Atene accompagnato dai consueti commenti della "portinaia del condominio Europa" sempre pronta a dire la sua su tutto e tutti ma senza mai pagare dazio.
"Il salvataggio della Grecia è costato molto di più all'Italia che non alla Germania e alla Francia." A sostenerlo è il numero uno di UNICREDIT Giuseppe Vita presente alla trasmissione "Fischia il Vento(*)" di Gad Lerner del 21 gennaio scorso. "I soldi, prosegue il presidente del CDA di Unicredit spa, della Germania dati alla Grecia sono tornati nelle banche tedesche, i soldi della Francia sono tornati, in parte, a pagare i debiti delle banche francesi e i soldi dell'Italia sono rimasti lì, in aiuto alla Grecia".
Fatto sta che il popolo greco ha tutti i diritti di rialzarsi anche e soprattutto a fronte delle dichiarazioni dello stesso FMI (Fondo Monetario Internazionale) e componente della Troika che in più occasioni ha riconosciuto la gravità degli errori commessi in Grecia.
Tra il 2008 e il 2013 la Repubblica Ellenica ha lasciato per strada il 24% del proprio Pil, di gran lunga la contrazione più grave rispetto a quella accumulata in qualsiasi altro Paese di Eurolandia. Negli stessi anni i consumi sono sprofondati del 26% e gli investimenti si sono ridotti di quasi due terzi. Non solo: secondo un rapporto dei ricercatori delle Università di Cambridge, Oxford e Londra pubblicato a inizio anno dalla rivista medica britannica The Lancet, in Grecia la mortalità infantile nei primi mesi di vita dei bambini è aumentata del 43% a seguito dei tagli alla spesa pubblica e al dimezzamento del bilancio della Sanità imposti dall'Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale.
Val la pena perciò di gioire dello 0,7% di incremento del PIL greco frutto della "cura" imposta dall'UE?
Meno male che il "B" all'epoca, quand'era ancora presidente del consiglio italiano, avesse con tutte le sue forze contrastato e rifiutato gli "aiutini" del FMI ben conscio di quello che sarebbe accaduto: l'abbraccio mortale della troika!
Ed oggi il premier greco tenta il tutto per tutto alleandosi con l'estrema destra con buona pace dei nostri irriducibili e romantici comunisti i quali, ben attrezzati da sessantottini, cantavano "Bella Ciao" sotto il palco di Tsipras la scorsa domenica. Un esempio e un modello per tutta europa commentavano; poi il silenzio dopo la feroce notizia raccolta già durante il viaggio di ritorno. Altro che "Patto del Nazareno".
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(*)Fischia il vento è un programma di Gad Lerner nato dalla collaborazione tra Repubblica e laeffe Tv e prodotto da Pulsemedia. In onda il mercoledì alle 21 in contemporanea su Repubblica.it e laeffe (canale 50 del digitale terrestre e 139 di Sky)
L'Assemblea legislativa ha votato i tre delegati della Regione Emilia-Romagna che parteciperanno alla prossime elezioni del presidente della Repubblica -
Parma, 26 gennaio 2015 -
Sono la presidente dell'Assemblea legislativa, Simonetta Saliera, il presidente della Giunta regionale, Stefano Bonaccini, e il presidente del Gruppo Lega Nord, Alan Fabbri, i tre delegati della Regione Emilia-Romagna che parteciperanno alla prossime elezioni del presidente della Repubblica. I tre "grandi elettori", scelti dai 50 votanti dall'Assemblea legislativa con voto segreto, hanno conseguito rispettivamente: Saliera 35 voti, Stefano Bonaccini 30 voti, Alan Fabbri 12.
Tra i votati anche Giulia Gibertoni, capogruppo M5s, con 6 voti, risultata non eletta.
Prima delle operazioni di voto, Raffaella Sensoli (M5s) era intervenuta per sostenere la candidatura della capogruppo Giulia Gibertoni. Il consigliere della Lega nord, Gabriele Delmonte, aveva invece candidato il capogruppo Alan Fabbri, in quanto "espressione assoluta e maggioritaria della minoranza". Paolo Calvano, capogruppo del Pd, aveva infine proposto, a nome del centrosinistra, "le due massime cariche della Regione, il presidente della Giunta, Stefano Bonaccini, e la presidente dell'Assemblea legislativa, Simonetta Saliera".
"Mi auguro che come presidente della Repubblica venga proposta una figura con un solido senso delle Istituzioni, capace di essere punto di equilibrio tra i poteri dello Stato e strenuo difensore delle libertà costituzionali, sul quale una larga maggioranza dei parlamentari e dei delegati regionali possa riconoscersi. Per quanto mi riguarda personalmente, io, per la mia storia politica, non sarei mai stata tra i 101". Così la presidente dell'Assemblea legislativa regionale, Simonetta Saliera, uno dei tre delegati della Regione Emilia-Romagna scelti dall'Assemblea legislativa per partecipare all'elezione del nuovo capo dello Stato. Con lei ci saranno il presidente della Giunta, Stefano Bonaccini, e Alan Fabbri, presidente del Gruppo Lega Nord.
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Tra 5 giorni inizierà la kermesse parlamentare che porterà a eleggere il nuovo Capo dello Stato. In un momento così critico della nostra storia la scelta del nuovo inquilino del Quirinale dovrà essere guidata da saggezza e responsabilità perché, come ha insegnato "Re Giorgio", questa carica non è propriamente quasi formale ma sostanziale.
di Lamberto Colla - Parma, 25 gennaio 2015 -
Difficile interpretare il mandato di Giorgio Napolitano ma quello che in questi 9 anni di guida del Paese ha insegnato è l'importanza istituzionale della Carica di Presidente della Repubblica. Dopo il carisma di Sandro Pertini, Giorgio Napolitano ha saputo invece interpretare il ruolo con quell'autorevolezza, sconosciuta negli ultimi 50 anni, dimostrando coraggio e grandissime doti di statista.
Esporsi con un giudizio è prematuro anche in forza della crisi in cui il Paese è sprofondato negli ultimi 8 anni.
Una crisi economica talmente pesante da essere riuscita a minare e portare alla luce, in modo marcato, i fattori di criticità che da troppo tempo ribollivano sotto crosta. Una crisi di valori della nostra società che si è perfettamente rispecchiata nelle rappresentanze popolari, sia nello spessore degli uomini e delle donne parlamentari sia nelle competenze, che avrebbero dovuto accompagnare i profili della stragrande maggioranza dei rappresentanti di partito che si sono avvicendati a Montecitorio e in tutti i parlamentini regionali. A tutto ciò va sommato un ricambio generazionale ai vertici della grande industria che, alla pari della politica, non è stata all'altezza dei padri.
Crisi economica, crisi di valori hanno esposto l'Italia alla speculazione finanziaria internazionale trovando terreno fertile per crescere e prosperare con sempre maggiore virulenza come un batterio riesce a fare nell'organismo non curato adeguatamente e con la necessaria tempestività. In questo stato moribondo il medico Napolitano ha dovuto operare in un quadro clinico gravissimo, dotato di strumenti antiquati, avendo in cura un paziente che non aveva per nulla voglia di guarire. Saprofiti e varie colonie di batteri, di per sé non mortali, si sono insediati liberamente e nel loro proliferare esponenziale hanno indebolito, sin quasi allo sfinimento, il paziente ospite.
E' in questo contesto che si è mosso il Presidente Napolitano dimostrando capacità, esperienza giuridica e istituzionale non comuni. Onore quindi all'uomo al quale va il merito di aver avuto il coraggio di prendere in mano il malato sfinito e contagioso.
Ora viene il turno degli altri, uomini e donne di governo, di dimostrare il loro senso di responsabilità e di assumere il coraggio che Napolitano ha dimostrato, affinché non si vanifichi il suo impegno e i sacrifici di 60 milioni di cittadini. Un uomo o una donna che sappia raccogliere e sfruttare pienamente l'opportunità che Mario Draghi è riuscito, testardamente, a fare adottare dal'UE strumenti di finanza non convenzionali sconfiggendo il fronte tedesco e facendo passare, all'unanimità, una politica finanziaria di investimenti allentando, finalmente, il cappio dell'austerità soffocante.
Già perché l'Italiano Mario Draghi non solo è riuscito nell'impresa di conquistare la poltrona più alta dell'Eurotower ma, alla pari di Napolitano, è riuscito a imprimere la sua personalità con coraggio e determinazione ottenendo quello che nessuno avrebbe sperato: l'immissione di liquidità nel circuito europeo.
La stampa di moneta fresca per acquistare titoli di debito dei paesi membri. 1.140 miliardi di euro in scaglioni mensili di 60, che entreranno nel circuito portando ossigeno alle imprese e, auguriamocelo, al lavoro.
Tanti seppure ancora pochi rispetto i 4.500 miliardi di dollari immessi negli ultimi anni dagli Stati Uniti. Un'operazione che ha raggiunto lo scopo e l'economia a stelle e strisce ha ripreso a correre e con essa l'occupazione. I risultati conseguiti dall'economia americana e il progetto di valorizzare la classe media, esposti dal presidente USA nelle scorse ore, sono stati salutati, dai rappresentanti del Congresso, con una standing ovation nonostante la maggioranza, dopo le elezioni di medio termine, sia passata in mano agli oppositori di Obama.
Un comportamento ben diverso da quelli che quotidianamente osserviamo in Italia dove l'opposizione, pura e dura, proviene più dall'interno del partito di maggioranza che dalle opposizioni. Dove mai si riesce a trovare la quadra nemmeno sulle grandi questioni.
Il 30 di gennaio inizieranno le elezioni che porteranno al successore di Napolitano, chissà che la fortuna o l'insperabile buon senso dei grandi elettori, ci consegni nelle mani di un grande leader. Un Capo dello Stato carismatico che abbia le doti necessarie per far tornare il giudizio nei partiti e che il Parlamento torni a essere un luogo di discussione politica e non il pollaio che è oggi. Vogliamo un leader, donna o uomo che sia, capace di riaccendere gli animi degli italiani e il loro orgoglio nazionale.
Gli italiani vogliono risorgere e non insorgere!
Progetto di legge a firma dei consiglieri del Movimento 5 stelle, prima firmataria Giulia Gibertoni, dal titolo: "Norme per l'eliminazione dei privilegi e l'abolizione definitiva dei vitalizi, legati alla carica di consigliere regionale dell'Emilia-Romagna" -
Parma, 20 gennaio 2015 -
Un'indennità di carica ridotta a 5 mila euro mensili lordi e niente più indennità aggiuntive, abolizione delle indennità di fine mandato, abolizione dei vitalizi con effetto retroattivo e cancellazione dei contributi per il funzionamento dei gruppi.
E' quanto prevede il progetto di legge a firma dei consiglieri del Movimento 5 stelle (prima firmataria Giulia Gibertoni) dal titolo: "Norme per l'eliminazione dei privilegi e l'abolizione definitiva dei vitalizi, legati alla carica di consigliere regionale dell'Emilia-Romagna". Il progetto – spiegano i consiglieri – "è volto ad abolire privilegi ritenuti ingiusti sia dai proponenti che dalla stragrande maggioranza dei cittadini, anche tenuto conto della situazione economica in cui viviamo, dimostrando, con i fatti, che abolire i privilegi si può".
I principi a cui si ispira la proposta – si legge nella relazione al provvedimento - "sono quelli costituzionali, da troppo tempo ignorati dal legislatore regionale. Principi che mostrano come la Carta costituzionale abbia valori moralizzatori inascoltati, rappresentati dal principio del buon andamento stabilito dall'articolo 97, del principio della equità rispetto a tutti i cittadini, stabilito dall'articolo 3, dal principio di ragionevolezza, utilizzato come complemento e in appoggio a qualunque altro principio costituzionale e richiamato a parametro nei giudizi della Corte costituzionale, assumendo un connotato conformativo rispetto ad ogni parametro costituzionale".
Il testo introduce poi il principio di retroattività delle disposizioni relative ai vitalizi, considerati questi ultimi non rientranti tra quelli "immutabili anche di fronte a eventuali modificazioni legislative successive". A sostegno di questa proposta normativa i consiglieri Cinque stelle citano il parere di Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, in merito alla irretroattività. In base a tale parere il legislatore ordinario potrebbe emanare norme retroattive, "purché trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongono in contrasto con altri valori o interessi costituzionalmente protetti". Pertanto, spiegano Gibertoni e colleghi, "partendo da questi assunti, dal rispetto del principio di ragionevolezza, e dal fatto che il vitalizio non è equiparabile ad una pensione come è pacifico secondo la giurisprudenza costituzionale, è possibile e necessario agire retroattivamente con ragionevolezza per riportare equità ed eguaglianza nella normazione regionale".
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Il consigliere della Lega Nord, Mauro Melli, commenta il bando per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) -
Reggio Emilia, 19 gennaio 2015 -
Riceviamo e pubblichiamo -
"La precedente amministrazione novellarese nell'aprile scorso pubblicò il bando per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP) ed ora, che il bando si è concluso, noto che su 30 persone ammesse in graduatoria ben 15 sono stranieri.
Il 50% degli alloggi pubblici verranno assegnati ad extracomunitari quando invece rappresentano solo il 16% dei novellaresi; tutto ciò grazie a dei parametri che non tengono in considerazione gli anni di residenza e discriminano gli autoctoni che vivono e pagano i tributi a Novellara da sempre.
Agli stranieri non viene nemmeno chiesto se possiedono beni in patria, tale verifica invece è d'obbligo in molti stati europei perché può capitare che l'extracomunitario nel suo paese di origine sia titolare di case e terreni.
La nuova amministrazione aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe rivisto i criteri di assegnazione, fra due anni al prossimo bando vedremo se saranno di parola."
Mauro Melli
consigliere Lega Nord Novellara
Ma quale 11 settembre europeo. Se un paragone si deve fare è con l'attentato di Boston del 2013. Tutto è sproporzionato dall'attacco alla risposta. Un carico di demagogia mondiale che spaventa più dei terroristi.
di Lamberto Colla - Parma, 18 gennaio 2015 -
Chapeau al popolo e all'orgoglio francese. In quattro milioni hanno avuto il coraggio di adunarsi attorno al proprio Presidente riuscendo, con questa imponente manifestazione, a nascondere le enormi magagne dei servizi di sicurezza, dei leader di governo e anche delle teste di cuoio. Cuoio che era sicuramente sotto le suole di quella decina di soldati (vedi video) incapaci a risalire il dislivello del giardinetto a fianco del Super Cascher. Ridicolizzati dalle riprese televisive in uno dei momenti più drammatici del sequestro nel supermercato ebreo. Papere e non soldati così come sono sembrati l'armata brancaleone quelle teste di cuoio intente a fare irruzione.
Figure di "cacca" a ripetizione. Dai servizi segreti che non accolsero l'allarme lanciato dai colleghi algerini che indicarono per il 6 gennaio il probabile attacco terroristico, poi avvenuto il giorno seguente.
A una settimana di distanza da quella che è stata esaltata come la più grande manifestazione contro il terrorismo e per la quale in tutto il mondo si sono consumati quintali di inchiostro intriso di sconveniente demagogia credo sia il momento di esprimere i sentimenti e le oggettive considerazioni che le immagini e le testimonianze, diffuse dal 7 gennaio a tutt'oggi, consentono di fare.
L'attacco terroristico è indubbio che sia stato di una violenza e vigliaccheria impressionante, portato a termine contro obiettivi inermi, impossibilitati a difendersi. La dinamica sembrava più una esecuzione di stampo mafioso piuttosto che un atto di terrorismo orchestrato con l'intento di destabilizzare un popolo o addirittura tutto l'occidente come i media europei cercano di inculcarci nella testa.
Ben lungi, quindi, dal poterlo paragonare all'attacco dell'11 settembre dove ben tre aerei civili furono dirottati e con sangue freddo pilotati contro le contro le Torri Gemelle e il Pentagono. Piuttosto, se una analogia si deve fare, è con l'attentato alla maratona di Boston del 2013 dove persero la vita tre spettatori e altri 269 vennero feriti dalle due bombe azionate dai fratelli di origine cecena, Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev, quest'ultimo morto durante la fuga, mentre per Dzhokhar è iniziato il processo lo scorso 5 gennaio .
L'attacco parigino è stato di ben altra portata dall'attentato delle Torri gemelle!
4 scalmanati, probabilmente "strafatti" di droga hanno trucidato, a colpi di Kalashnikov, dei giornalisti inermi in una Parigi stranamente deserta e dopo avere addirittura sbagliato il numero civico della redazione del giornale. Uno di loro ha persino perduto una scarpa, un altro la carta di identità e poi, indisturbati, se ne sono andati a oltre 70 km dalla capitale. 80.000 uomini impiegati alla loro ricerca ma vengono riconosciuti da un addetto alla pompa di benzina. Ciononostante fanno perdere le loro tracce. Nel frattempo, un loro amico forse accompagnato dalla moglie che poi si scopre essere in Siria da 5 giorni o da un altro terrorista o forse da solo, distrae l'attenzione della polizia sequestrando personale e avventori di un supermercato ebreo dove si consuma, in diretta televisiva, l'orrore delle forze speciali. Speciali solo nel caos e non nella professionalità d'intervento. Ammassati contro la porta di ingresso come fossero al tornello dello stadio, altri che ruzzolano giù da una scarpatina del giardinetto incapaci di raggiungere il colmo e per fortuna che all'interno un giovane dipendente, peraltro mussulmano, riusciva a mettere al sicuro almeno 5 persone.
Servizi segreti ridicolizzati, forze speciali inguardabili e 80.000 uomini incapaci di trovare i terroristi già identificati grazie alla carta di identità dimenticata nella prima vettura sequestrata. C'è da esserne certi, se non avessero perduto la carta di identità, l'intelligence francese sarebbero ancora a cercare questi fantasmi.
No, così non va.
L'incolumità di ogni cittadino all'interno dell'area di Schengen è protetta dai sistemi di sicurezza di tutti i paesi dell'UE ma soprattutto è necessario contare su quelli dove, per ragioni storiche diverse, i servizi segreti e le forze speciali hanno una tradizione di efficienza e tra questi, oltre alla Francia, vi sono quelli del Regno Unito, dell'Italia, della Spagna, e della Germania. Dai servizi di queste nazioni ci si attende quasi la perfezione anche perché del problema dell'islamismo radicale se ne discute da almeno un decennio.
Invece, in questa circostanza, la Francia ha fatto rabbrividire e trasmesso una sensazione di insicurezza inaccettabile.
Se L'Italia avesse dato una dimostrazione di inefficienza pari o inferiore alla metà di quella offerta dai francesi saremmo stati sputtanati da tutto il mondo, espulsi dall'Europa, dalla Nato e dalla cartina geografica. I partiti di opposizione e le frange dissidenti del PD avrebbero aperto un fuoco di insulti da fare rabbrividire e le immagini sull'Italia avvolta nel tricolore sarebbe stata declinata nei modi più osceni, ridicoli e offensivi dai giornali di tutto il mondo.
Invece su Parigi no, non si può. Tutti raccolti attorno al "bambolotto" Hollande, tutti tranne Obama, il quale prudentemente ha trovato una scusa per declinare l'invito.
Le decine di capi di Stato o di Governo abbracciati a Hollande sono la dichiarazione certificata della insicurezza dell'occidente non della forza di reazione, tant'è che altre minacce sono state subito lanciate al nostro riguardo.
L'Europa intera, e non solo la Francia, ha dimostrato che 4 smandrapati sono in grado di mettere in crisi i servizi occidentali. Chiunque tra i "terroristi dormienti", dopo questa dimostrazione di debolezza, prenderanno coraggio pensando di avere gioco facile contro le forze di polizia di tutt'Europa e partiranno alla caccia di qualche obiettivo, mediaticamente rilevante, con la spavalderia di riuscire nell'intento e di farla anche franca.
Quello che si è consumato a livello politico dopo la manifestazione è altrettanto inquietante.
Nessuno d'accordo sul da farsi. Dal chiudere le frontiere alla pena di morte queste le più interessanti proposte che son venute fuori. Certo, torniamo indietro, rimettiamo le barriere per i cittadini europei limitando la loro libertà e la pena di morte per i martiri islamici, proprio quelli pronti a farsi saltare in aria con l'aspirazione di raggiungere il loro paradiso dopo avere ucciso, col loro sacrificio, gli "infedeli".
Un vuoto pneumatico delle intelligenze.
In questi tempi tra conflitti diffusi in tutto il pianeta ed insicurezza globali, le prospettive di ulteriori escalation dell'intolleranza e della violenza risultano altamente probabili. Le risposte politiche e di ogni cittadino devono essere ponderate e intelligenti, aperte verso gli altri ma anche determinate a difendere la nostra libertà.
I politici devono interrogarsi su quali siano gli obblighi dei paesi civili a protezione del bene comune, della vita umana e del futuro del pianeta.
Occorre che si facciano i conti con gli errori fatti nell'effimera Primavera islamica, e più indietro in Afganistan e Iraq e così via per quanto riguarda il mondo occidentale e altrettanto devono fare i grandi Paesi di religione Mussulmana per trovare le ragioni degli scontri e i motivi di una nuova convivenza tra due tradizioni e culture antiche che hanno entrambe sbandato sotto l'insegna della "modernità".
Serve ora una pausa di riflessione. I francesi dovrebbero interrogarsi urgentemente sul loro Governo e sulle loro forze di sicurezza, tutte nessuna esclusa, e gli Stati disuniti d'Europa pensare a come uscire da questa situazione di debolezza su tutti i fronti.
Se una cosa, noi italiani, dovremmo imparare dai francesi è l'unità del popolo, l'orgoglio nazionale di riunirsi tutti attorno al proprio "capo", anche se ben lungi dall'essere un Charles De Gaulle e tutti pronti alla difesa e alla reazione. Di de Gaulle è rimasta la portaerei che Hollande, alcuni giorni fa, avrebbe deciso di mandare in Iraq a combattere il terrorismo dimostrando ancora una volta di non capire niente, nemmeno dopo il disastro dell'intervento, voluto dai francesi a tutti i costi, in Libia e la figuraccia di Charlie Hebdo.
Comunque il Presidente francese faccia ciò che meglio crede, c'è da augurarsi che questa volta gli uomini di buon senso non si facciano trascinare in questa direzione che ha dimostrato di essere inefficace anzi una pessima soluzione.
In Italia abbiamo una chance per cominciare a intraprendere questo cammino d'unità, l'elezione del Presidente della Repubblica.
Staremo a vedere chi i grandi elettori riusciranno a proporre e il parlamento a tirar fuori dal cappello a cilindro.
Basta con le mortadelle, confidiamo in qualcosa di più consistente e autorevole.
Assemblea E.R. - Da sei a cinque commissioni permanenti e misurazione efficacia leggi. Budget personale -56%. Soncini: "Attenzione ai diritti delle persone e valutazione norme" -
Parma, 15 gennaio 2014 -
Le commissioni permanenti passano da sei a cinque: "Proporremo all'Aula che la commissione Parità, istituita con legge regionale, - afferma la Vice Presidente Soncini - si occupi oltre che delle politiche di genere e pari opportunità, come ha fatto nella scorsa legislatura, di diritti di cittadinanza e delle persone, in particolare diventi la referente di tutti gli organismi di Garanzia: Garante regionale dell'infanzia e dell'adolescenza, Garante regionale delle persone private della libertà personale e Difensore Civico, tutti servizi forniti direttamente dall'Assemblea legislativa.
Ogni commissione dovrà farsi carico, nelle materie di propria competenza, della misurazione degli oneri amministrativi, della valutazione e dell'attuazione delle leggi. Una innovazione importante - prosegue Soncini - poiché si avvia un processo per individuare e quantificare gli obblighi informativi eccessivi, e quindi ridurli, in capo a imprese e cittadini, poi agli enti locali. Un passo importante nella direzione della semplificazione amministrativa, e nella riduzione dei tempi burocratici. La qualità e l'efficienza della legislazione insieme al monitoraggio specifico e puntuale delle leggi attraverso i dati, rilancia il valore legislativo dell'Assemblea.
Il budget per le presidenze di commissione passa dai 703.239 euro del 2014 ai 309.324 di quest'anno: un taglio di 393.915 euro (-56%), dovuto alla legge regionale 11/2013 che, a partire da questa legislatura, prevede l'applicazione del parametro fissato dalla Conferenza Stato-Regioni per il quale va assegnato a ciascun consigliere regionale un budget per il personale pari a un dipendente di categoria D6, corrispondente a 51.553,97 euro lordi.
La proposta dell'Ufficio di Presidenza è di cinque commissioni con le seguenti competenze: Commissione I - Bilancio, Affari generali ed istituzionali e Statuto. Ad essa si aggiungono la Commissione II - Politiche economiche; la Commissione III - Territorio, Ambiente, Mobilità; la Commissione IV - Politiche per la salute e Politiche sociali; e la Commissione V - Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport."
Ottavia Soncini
Vice-Presidente Assemblea legislativa Regione Emilia Romagna
Cinzia Rubertelli commenta l'intervento del sindaco Luca Vecchi durante la manifestazione contro il terrorismo -
Reggio Emilia, 12 gennaio 2015
«Bella, giusta e partecipata la manifestazione reggiana contro il terrorismo, a cui come Grande Reggio abbiamo aderito con convinzione.
Ma non possiamo non dichiararci delusi per l'intervento del sindaco Vecchi, il suo slogan "Liberté, fraternitè, egalitè" è suonato, vuoto, banale, perché non ha parlato del tema chiave, cioè che l'Islam non ha mai fatto i conti con l'Illuminismo, né con la Rivoluzione francese, insomma col significato profondo di quelle tre parole e con il loro principale derivato, la separazione tra Stato e Chiesa: avremmo preferito il silenzio.
Anche nei paesi islamici moderati, il Corano diviene legge dello Stato, attraverso la sharia si fa Costituzione, nei paesi più radicali perseguita le minoranze, chiude in casa i diritti delle donne, lapida le adultere, frusta i dissidenti. Insomma riporta l'orologio della storia a molto prima che venissero pronunciate quelle parole.
Per questo l'integrazione, pur necessaria, è difficile, e la sinistra nasconde la testa dietro le parole, mentre manda gli extracomunitari a condizionare le primarie, come in Liguria. Per noi l'integrazione è accoglienza nel rispetto delle regole e delle tradizioni del Paese ospitante e non si ferma alle primarie del PD».
(Fonte: ufficio stampa Cinzia Rubertelli)
1,5 cent contro i 15 centesimi della Germania è il ricavato dal reso delle bottiglie. In compenso si gode se una ditta fallisce solo perché è stata "sponsorizzata" dai grillini. La miope politica della contrapposizione giova molto a pochi e crea danni a tanti. (guarda i video)
di Lamberto Colla - Parma, 11 gennaio 2015 -
Prendo spunto dall'interesse suscitato dalla stampa locale e nazionale in merito al fallimento della società Vedelago srl specializzata nel riciclo e portata a esempio dal Movimento 5 Stelle e dal loro Sindaco Pizzarotti che proprio sulla alternativa al termovalorizzatore aveva impostato la campagna elettorale vinta al ballottaggio contro la corazzata PD parmense.
Come non essere d'accordo con Aldo Caffagnini che dal suo "sporco diario" scrive che "Il fallimento di una società non dovrebbe mai far piacere a nessuno."
Una difesa d'ufficio con connessi ringraziamenti alla fondatrice Carla Poli "per la grande disponibilità, prosegue il testo di Caffagnini, dimostrata anche noi parmigiani e per i viaggi a vuoto a spiegare che era possibile riutilizzare le plastiche invece che incenerirle. Vedelago ha aperto la strada alla miriade di aziende che oggi hanno bilanci in attivo e sono floride proprio con la gestione dei materiali plastici con l'utilizzo dell'estrusore."
La gestione dei rifiuti è un business miliardario sul quale molti vorrebbero mettere le mani ma non tutti con il nobile intento di salvaguardare l'ambiente.
La gestione separata dei rifiuti genera un flusso economico intenso grazie alla immissione sul mercato di "nuova" materia prima, plastica soprattutto (PET è il più noto), raccolta dalle amministrazioni locali o loro delegati e separata nelle diverse fasce di qualità per la quale viene remunerata dal COREPLA (Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclaggio e il Recupero degli imballaggi di Plastica) che a sua volta pone mensilmente all'asta realizzando anche il doppio del valore pagato. Poche sono le imprese che possono permettersi un Margine Lordo del 100% contando sulla continuità di fornitura e sul governo totale del mercato.
Anche oltre 600€/tonnellata è il ricavato dalle aste per la migliore selezione (PET bianco o Blue) a fronte di un costo riconosciuto ai convenzionati COREPLA di 366,51€/ton (dicembre 2014) per la medesima qualità conferita.
E sin qui nulla di strano peccato che di questi vantaggi economici il cittadino non possa giovarne come invece in molti altri paesi accade. Basterebbe distribuire in ogni supermercato un raccoglitore di plastiche e vetro, collegarlo a una macchinetta con stampante e ottenere dei buoni da spendere nel punto vendita e il gioco è fatto.
Ebbene non è fantascienza ma realtà diffusa in Germania ma poco più di sperimentale in Italia con la differenza che nel paese della Merkel viene riconosciuto un buono di 15 centesimi mentre nelle nostre rare zone solo 1,5 centesimi, ammesso che la macchina funzioni.
Già perché in Italia siamo bravi a divulgare l'idea e "Striscia la Notizia" ne diede ampio spazio (si veda il video) per poi scoprire che queste attrezzature "miracolose" seppure un po' "taccagne" sono spesso in sofferenza. Diverso il caso della Germania che, come documenta questo video, non solo sono diffusissime, ben tenute (al coperto), funzionanti e miracolosamente "generose" con il consumatore ben incentivato a riconsegnare il prezioso materiale una volta esaurito il liquido contenuto.
Non vorrei mai che la posizione dominante di COREPLA possa avere influito sulla mancata diffusione, sul ridottissimo riconoscimento economico e sulla bassa resistenza meccanica delle attrezzature o sul non propriamente tempestivo intervento di manutenzione e ripristino delle funzionalità.
Probabilmente sono in cattiva fede fatto sta che osservo scontri infuocati sui termovalorizzatori e sulla raccolta differenziata a livello di "tifo calcistico" e nessuno invece infierire su una gestione dominante per non dire monopolistica del recupero e riciclaggio delle materie plastiche e degli imballaggi in genere.
I grillini che promuovono (Video di la Tribuna di Treviso relativamente a un comizio di Beppe Grillo) e poi difendono le imprese di separazione come unico modello utile (anche quando falliscono) combattendo i termovalorizzatori anche quando già esistono col rischio di gravare ancor più sui portafogli dei cittadini. Dall'altra parte gli ostinati amanti degli inceneritori che li vorrebbero in ogni comune. Invece un misero cassonetto che eroghi qualche spicciolo al consumatore che consentirebbe una differenziazione molto più pulita e meno onerosa delle materie di rifiuto pregiate non interessa quasi nessuno o almeno non ne viene data sufficiente pubblicità.
Le soluzioni sono a portata di mano ma sino a quando i nostri politici vivono una politica della contrapposizione su tutto continueremo a fare il gioco dei monopolisti, delle organizzazioni criminose.
Una politica concertata invece potrebbe giovare direttamente al cittadino e magari garantire alle aziende pionieristiche di operare in un mercato molto più trasparente e poter quindi contare su una aspettativa di vita molto più lunga con buona pace dei propri collaboratori, dipendenti e delle imprese dell'indotto. Una ridistribuzione del reddito in ambito locale che contribuirebbe a riattivare l'economia del paese.
Invece, nonostante le montanti difficoltà economiche, continuiamo a assistere a una politica di contrapposizione dialettica priva di idee e intrisa di demagogia becera.
Che in fondo in fondo, anche inconsapevolmente, siano tutti d'accordo per spartirsi le torte cucinate da cuochi occulti e servite da camerieri di buona scuola?
Pensare male si fa peccato ma spesso ci si prende, diceva un illustre rappresentante della prima repubblica.
Francia, Inghilterra, Italia saranno nel mirino del terrorismo internazionale di matrice islamica estremista per un bel po' di tempo. I servizi di intelligence difficilmente riusciranno a intercettare le azioni di queste micro cellule autogestite. Ma non bisogna farsi prendere dalla tentazione di un'altra guerra bensì usare, finalmente, la Forza della Ragione invece della Ragione della Forza.
di Lamberto Colla - Parma 08 gennaio 2015 - -
Sgomento, pena e rabbia sono i sentimenti che a caldo hanno raggiunto tutti coloro che hanno assistito alla diffusione delle immagini dell'attacco terroristico al giornale satirico francese Charlie Hebdo reo di avere "insultato" l'Islam con le sue vignette. Niente di più e niente di meno di quanto fatto per il presidente Hollande o il Vaticano. Come tutti i giornali satirici tutto e tutti sono attaccabili con la crudeltà e il cinismo della vignetta satirica.
Ma l'Islam non ci sta e la sua "fede" la difende con le armi e con la crudeltà.
Già per molti mesi, alcuni anni fa, la sede del giornale e i giornalisti stessi sono stati a lungo scortati giorno e notte per timore di qualche incursione di fanatici.
Ma quello che è accaduto ieri è stata una vera e propria azione di guerriglia urbana. Un assalto studiato per distruggere, registrare e diffondere il terrore, quindi tornare nell'ombra per uscire nuovamente a colpire un nuovo obiettivo.
Non un attacco di kamikaze, non il gesto di un fanatico votato alla morte perché nulla ha più da desiderare dalla vita ma una vera e propria azione militare.
Certo i giornalisti, almeno i sopravvissuti, hanno potuto difendersi solo attraverso la fuga ma la vittoria militare, seppure infame perché l'azione è stata rivolta contro inermi, c'è stata perché gli avversari, i servizi segreti francesi nello specifico, ma avrebbero potuto essere anche quelli inglesi o italiani che il risultato sarebbe stato analogo, non hanno saputo intercettare e disinnescare l'attacco.
Queste micro cellule terroristiche hanno, e uso il plurale nella consapevolezza logica che di molte ve ne siano dormienti in occidente, la capacità di mimetizzarsi all'interno, molto probabilmente, delle organizzazioni criminali locali da dove riescono a ottenere documenti e armi. L'addestramento invece è plausibile che venga svolto non in campi d'addestramento facilmente identificabili bensì nelle campagne di guerra dei neo califfati dove l'evoluzione di Al Qaeda sta portando morte e cruente esecuzioni come ci ha abituati a vedere la Tv dalla Siria al nord africa, ma anche in Somalia e in oriente estremo. Sgozzamenti in diretta, anche collettivi, attacchi a rappresentanti delle forze dell'ordine come in Australia e in Canada e ora anche la Francia con un attacco dall'impatto emotivo notevole anche in forza della rapida viralizzazione dei documenti filmati che hanno testimoniato l'efferatezza dell'attacco e la determinazione di chi l'ha condotto.
Sono terroristi della porta accanto, europei di seconda e terza generazione convertiti all'inumanità, quel sentimento che nessuna religione riconosce ma che la società moderna, con le sue storture, ha alimentato e questi uomini e donne "senza radici" preso a pretesto per assumere una posizione sociale.
E' d'obbligo, e lo sarebbe stato da molti anni sin dall'attacco alle torri gemelle, interrogarsi come arginare il fenomeno che non va confuso in guerra di religione ma il frutto del progressivo e costante divario sociale interno all'occidente e non solo.
La spregiudicatezza della finanza internazionale, che come un tumore si insinua in ogni angolo del globo ove sia possibile una speculazione redditizia e dove non è possibile genera le condizioni di crisi per poter goderne dei frutti della ricostruzione, ha pari responsabilità della politica internazionale.
Senza dover necessariamente cavalcare l'idea di un governo guidato da pochi "illuminati" il sospetto che dietro a molti degli eventi e tumulti qua e là sparsi nel mondo ci possa essere una regia è elevato e che sia in atto una terza guerra mondiale ormai è palese.
Di fronte a questi segnali di instabilità globale occorre fare uno sforzo ragionevole. Usare l'intelligenza e dare libero sfogo alla Forza della Ragione invece di perseguire la Ragione della Forza. Non vuol dire disarmarsi ma armarsi di nuovi strumenti esportando la condivisione di obiettivi sani e morali e non la "democrazia occidentale" come tentarono malamente gli statunitensi. Occorre difendersi con l'intelligence, con uomini preparati e addestrati all'antiterrorismo internazionale. Investire negli uomini e non negli aerei da combattimento. Negoziare la pace o meglio la libera convivenza nel rispetto delle civiltà e delle fedi senza lasciarsi trasportare da idee e convincimenti demagogici da un lato o colonizzatori dall'altro.
La libertà è sacra e va prima conquistata e poi difesa. La difesa è un atto di prevenzione e perciò tipica dei paesi occidentali mentre la conquista è un'azione di ribellione che, seppure raramente sia accaduto, può essere acquisita attraverso azioni di pressione intellettuale invece delle azioni militari.
Auguriamoci quindi che la tragedia francese non sia il nuovo pretesto per una azione di guerra oltre confine che, ormai è documentato, non farebbe che alimentare l'odio e creare reazioni a catena incontrollabili.
Oggi il lutto è in Francia, ma domani sarà in Inghilterra per raggiungere l'apice mediatico quando l'attacco sarà rivolto all'Italia e al Vaticano. Bisogna agire in fretta e con intelligenza. Quel dono che Dio ha destinato agli uomini per differenziarli dagli animali ma di cui si è perduta traccia.
Il Presidente della Regione Emilia-Romagna, ieri a Reggio Emilia in occasione delle celebrazioni per il 218° anniversario della nascita del Tricolore: "E' la nostra memoria e la nostra storia. Le riforme sono un tassello determinante per ridare funzionalità alle Istituzioni, assieme all'Europa che deve diventare motore di sviluppo" -
Reggio Emilia, 8 gennaio 2015 –
"Le celebrazioni del Tricolore non sono un rituale, ma molto importanti, perché tassello decisivo per non disperdere la memoria, dunque la storia, del nostro Paese. E la memoria è fondamentale, affinché non restino vani o vengano dimenticati i sacrifici di chi ha costruito le fondamenta dell'unità nazionale prima, della scrittura della Costituzione poi, dopo la tragedia del nazifascismo e la lotta di Liberazione."
Lo ha detto Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna, ieri a Reggio Emilia in occasione delle celebrazioni per il 218° anniversario della nascita del Tricolore.
Bonaccini ha anche preannunciato l'intenzione di dare vita ad "un grande progetto di memoria condivisa, chiedendo collaborazione alla Regione Toscana, per mantenere viva l'attenzione sugli eccidi di Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema e su altri luoghi drammaticamente protagonisti di tragedie causate dalla follia nazifascista".
Il Presidente ha espresso il suo apprezzamento per la lectio magistralis affidata a Giorgio Diritti, il regista che col film "L'uomo che verrà" ha contribuito in maniera straordinaria al mantenimento della memoria sull'efferato eccidio di Marzabotto.
Sul tema riforme, Bonaccini ha sostenuto che "non bisogna però avere paura del cambiamento, che non e' un valore in se', ma che se orientato nel senso giusti, può condizionare in positivo il futuro. C'è stata una lacerazione in questi anni, confermata dal recente grande astensionismo delle elezioni regionali, tra gli elettori e la politica, tra gli elettori e le istituzioni. Dobbiamo dunque lavorare intensamente tutti assieme per ridare dignità e maggiore funzionalità alle Istituzioni, quindi non temere una sola Camera legislativa, superando il bicameralismo perfetto, con qualche parlamentare in meno, ma con il Senato trasformato in Senato delle autonomie, così come non temere di abbassare da quattro a tre i livelli di governo. Tutto ciò che va nella direzione di semplificare, modernizzare, rendere più rapide nei tempi delle decisioni, le istituzioni, rafforzerà la loro autorevolezza. Peraltro istituzioni più autorevoli e pienamente legittimate aumentano la qualità della nostra democrazia."
"Per questo – ha continuato il Presidente – bisogna poi puntare con decisione ad un nuovo rapporto tra Stato, Regioni e Comuni, col futuro superamento delle Province attraverso processi di area vasta. E allo stesso tempo mettere la sobrietà tra i caposaldi del nostro agire quotidiano".
Sul tema Europa, Bonaccini ha messo in guardia dalla tentazione di rinchiudersi nei confini territoriali e identificare in chi arriva da fuori come fonte di guai. Al contrario "va rafforzata la cooperazione internazionale e bisogna operare in modo che l'Europa non sia solo un'espressione geografica, ma trasformarla negli Stati Uniti d'Europa in cui la propria identità sia un valore messo al servizio di un progetto più ampio, che preveda non solo una moneta unica, ma politiche economiche, fiscali, sociali e di difesa comuni. L'Europa deve uscire dalla stagione che ha premiato la speculazione e la rendita e deve essere invece fautrice di una nuova crescita in cui vengano premiati lavoro e impresa."
"L'Emilia-Romagna – ha concluso il Presidente – darà il proprio contributo a questo processo, non dimenticando che nel corso della propria storia è riuscita, partendo da un livello di povertà diffusa, a dare vita ad un modello di sviluppo e di crescita, garantendo al contempo una redistribuzione della ricchezza che qui e' stata molto più equa che da altre parti".
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Riforme ancora in alto mare, di spending review non se ne parla più, tasse in crescita e lavoro in diminuzione. Befana pensaci tu.
di Lamberto Colla - Parma, 04 gennaio 2015 -
Apprezzabile l'approccio di Matteo Renzi fortemente orientato alla crono programmazione meno apprezzabili i risultati conseguiti e la previsioni di breve periodo.
Se da un lato il patto del nazzareno avrebbe potuto consentire una più rapida corsa verso le riforme strutturali del nostro "borbonico" paese, l'opposizione interna al partito di stragrande maggioranza blocca ogni nuova e azzardata politica rivoluzionaria.
Già perché di rivoluzione (democratica) bisogna parlare. I problemi accumulati non consentono più di ritardare decisioni impopolari e dolorose, traumatiche per certi versi, ma indispensabili per interrompere l'emorragia arteriosa, comminata ai soliti noti, in atto da almeno 10 anni a questa parte.
Una mini-batosta semestrale ha di fatto marginato se non addirittura quasi annullato lo strato sociale identificato, spesso anche negativamente, come "borghese". Una fascia nutrita di soggetti e famiglie benestanti che con il frutto del loro onesto lavoro si potevano permettere di acquistarsi la casa, di concedersi una vacanza importante all'anno, di accumulare qualche risparmio destinato il più delle volte alla futura generazione. Vuoi l'appartamento da regalare ai figli o quelle provviste economiche utili a "farsi curare" durante la fase acuta di quella malattia che si chiama vecchiaia e che democraticamente colpisce tutti indistintamente.
Uno strato di cittadini che rendeva rapida la circolazione della moneta, che ha contribuito a patrimonializzare l'Italia e ha partecipato attivamente alle poche o tante innovazioni per le quali siamo noti in tutto il mondo.
Un tesoretto che è servito invece al Paese per sostenere manovre finanziarie pesantissime, un patrimonio immobiliare e una quantità di risparmi tali da difendere le nostre banche dalle speculazioni internazionali e infine, anziché destinare alla propria vecchiaia i risparmi di una vita, a sostenere figli e nipoti allo sbando nel marasma di una crisi economica, finanziaria, lavorativa, lunghissima e pesantissima.
A questi "nonni" eroi dovrebbero ispirarsi i nostri politici. Prendere esempio da loro e dalla loro generosità e capacità di sacrificio.
Invece niente. O per una ragione o per l'altra alla fine il risultato delle politiche governative è tassare ma non risparmiare. Colpire i piccoli patrimoni e sottrarre risorse vitali.
Riforme del lavoro che non riformano un bel nulla e generano nuovo caos. Invece di liberalizzare alla fine si regolamenta e si pongono nuovi ostacoli burocratici a qualsiasi nuova intrapresa.
Basti osservare l'ennesima riforma del lavoro il "jobs act" come è meglio conosciuto in epoca renziana. Il cavallo di battaglia dovrebbe essere legato al concetto delle tutele crescenti. Sarà o non sarà un sistema efficace lo vedremo a seguire. Fatto sta che però non viene applicato ai dipendenti del pubblico impiego. La promessa è che si farà! Il mondo delle giovani partite Iva, quel popolo di giovani di buona volontà che pur di sopravvivere, di acquisire una professionalità e di esercitare un lavoro, seppure poco remunerato, ha acceso una posizione IVA, è stato massacrato dall'ultimo provvedimento di programmazione finanziaria varato in prossimità del Natale. Un errore dice il premier a poche ore di distanza e la promessa è che nei prossimi mesi si rimedierà. Come se non bastasse l'incremento della tassazione nel passaggio ICI, Imu e poi Tasi, con il provvedimento del 22 dicembre viene sancito il principio che l'IMU verrà applicata ai macchinari almeno sino alla riforma del catasto (quindi per sempre! - ndr), confermando che chi porta gli impianti all'estero è un "furbo". Anche in questo caso un rappresentante del governo, il sottosegretario Morando, s'indigna e dichiara che è "Assurda l'imu sui macchinari, toglieremo la tassa.".
Ma come è possibile che il Governo vara norme e i suoi più alti rappresentanti, addirittura il Premier, subito dopo fanno il mea culpa e promettendo correzioni? Certo che però gli errori di questa natura non vengono mai fatti verso i componenti, dipendenti delle camere, delle regioni, delle USL, ecc... Sempre e soli a essere tartassati sono i lavoratori e gli imprenditori che esercitano in toto ed esclusivamente la loro attività sul suolo italiano.
Infine, come ogni cittadino ha fatto in tempo di crisi, ovvero ridurre le spese superflue, il Governo avrebbe dovuto dare una sfalciata ai costi improduttivi, all'alienazione degli enti inutili e alla riorganizzazione dei patrimoni e degli organici (delle polizie comprese) sin dal 2014 e invece niente.
Del "si farà" non vi è nemmeno traccia di promessa. L'unica promessa per di più sottoscritta in più documenti ufficiali e depositati in Ue è che se non si ridurranno i costi l'iva passerà al 25,5% entro il 2016.
Della farsa dell'eliminazione delle province non spendiamo altre parole mentre ci sarebbe da scrivere un manuale sulla necessità di alienare almeno 16 delle 20 inutili e mangiasoldi Regioni. Un tocco di genio potrebbe ripristinare le province e accorpare in 4 al massimo 5 macroaree il territorio nazionale.
La strada è sempre la stessa, nonostante il cambiamento dei nomi, legge finanziaria o legge di stabilità che sia, il risultato è sempre uguale. Aumentare le tasse e deprimere i consumi attraverso l'impoverimento della popolazione per sottrazione di risparmi accumulati e per eliminazione dei presupposti per generare lavoro quindi occupazione. Spazi di manovra per fare meglio ci sono.
Sarebbe sufficiente fare il contrario di quello che è stato fatto sino a oggi. Riconsegnare le risorse ai cittadini che sanno amministrarle molto meglio di chi li governa bocconiani compresi. Ci sono così ampi margini di miglioramento che è più facile far bene che sbagliare.
Confidiamo che la befana porti in dono saggezza e non solo meritatissimo carbone!
Tutto è cominciato nel 1970. Nella sala di Palazzo Malvezzi (oggi sede della Provincia di Bologna) si insedia il primo Consiglio regionale della storia della Regione Emilia-Romagna.
Bologna 29 dicembre 2014 -
Guido Fanti viene nominato alla presidenza della Giunta e Silvano Armaroli alla presidenza del Consiglio. Rimangono entrambi in carica per tutta la I^ legislatura (1970-1975).
Cinque anni dopo, all'avvio della II^ legislatura (1975-1980), viene rinominato presidente della Regione Guido Fanti, al quale succedono, nel 1976, Sergio Cavina e, nel 1978, Lanfranco Turci. Il presidente del Consiglio è Silvano Armaroli fino al 1977, a seguire Natalino Guerra.
La III^ legislatura (1980-1985) vede nuovamente Lanfranco Turci alla presidenza della Giunta regionale, mentre alla presidenza del Consiglio regionale si avvicendano Ottorino Bartolini e, nel 1983, Giovanni Piepoli.
All'avvio della IV^ legislatura (1985-1990) è ancora Lanfranco Turci il presidente della Giuntafino al 1987, quando gli subentra Luciano Guerzoni. Per tutti i cinque anni è presidente del Consiglio regionale Giovanni Piepoli.
Vent'anni dopo la nascita della Regione, nel corso della V^ Legislatura (1990-1995), sono Enrico Boselli, e successivamente Pier Luigi Bersani, ad avvicendarsi alla presidenza della Regione. Alla guida del Consiglio regionale viene eletto Luciano Guerzoni al quale succede, nel 1992, Federico Castellucci.
Nella VI^ Legislatura (1995-2000) si susseguono tre presidenti di Regione. All'inizio viene riconfermato Bersani che nel 1996 lascia l'incarico e viene sostituto da Antonio La Forgia, a sua volta poi dimissionario: nel 1999 tocca così a Vasco Errani. Alla presidenza del Consiglio Celestina Ceruti: è la prima donna a ricoprire tale carica.
Le successive tre legislature (VII^, VIII^ e IX^) vedono alla presidenza della Giunta Vasco Errani che nel 2000, però, per la prima volta nella storia della Regione viene eletto presidente direttamente dai cittadini. Elezione che si rinnova ancora nel 2005 e nel 2010. Alla presidenza del Consiglio siede prima Antonio La Forgia (2000 al 2005) poi, nel quinquennio successivo, il Consiglio regionale, nel frattempo denominato dal nuovo Statuto regionale Assemblea legislativa, vede alla presidenza Monica Donini (2005-2010). Infine, nella legislatura appena conclusa (2010-2014), si alternano alla guida dell'Assemblea Matteo Richetti e, dal 2013, Palma Costi.
Oggi, la nuova presidente dell'Assemblea legislativa: Simonetta Saliera. A guidare la Giunta, Stefano Bonaccini.
Tuttavia, appare ancora lontano un equilibro tra le due componenti di genere. 33 uomini e 17 donne.
Bologna 29 dicembre 2014 --
Ci saranno più donne nella nuova Assemblea legislativa, grazie all'introduzione della doppia preferenza di genere prevista nella legge elettorale regionale con cui l'Emilia-Romagna si è recata alle urne lo scorso 23 novembre. Tuttavia, appare ancora lontano un equilibro tra le due componenti maschile e femminile.
La fotografia della nuova Assemblea è la seguente: 33 uomini e 17 donne (che rappresentano il 34% degli eletti contro il 22% nella legislatura precedente). Le sole formazioni ad avere un sostanziale "equilibrio di genere" sono il Pd (14 elette su un totale di 30) e il M5s (3 su 5).
Nella nuova compagine assembleare figurano 10 consiglieri uscenti (compreso Stefano Bonaccini): 8 nel Pd, 2 in Forza Italia, cui si aggiungono due ex assessori della Giunta Errani.
Il consigliere più giovane è Matteo Rancan, classe 1991, eletto a Piacenza per la Lega nord dove, con 4.515 voti, ha ottenuto il maggior numero di preferenze tra gli eletti della sua formazione. Il più anziano Piergiovanni Alleva, nato nel 1946 e eletto a Bologna nella lista L'Altra Emilia-Romagna.
Esclusi i candidati presidenti, il consigliere che ha raggiunto il numero più elevato di preferenze è Simonetta Saliera (Pd) con11.947 voti, seguita da Galeazzo Bignami (FI) con 9.956, entrambi eletti a Bologna.
La provincia con il maggior numero di consiglieri è Bologna con 12 eletti, seguono Modena con 7, Reggio Emilia con 7, Forlì-Cesena con 5, Parma e Piacenza con 4 ciascuna e infine Ravenna, Ferrara, Rimini con 3.
Elenco consiglieri divisi per lista (a fianco il numero di preferenze ottenute)
PARTITO DEMOCRATICO: 30 consiglieri
Stefano Bonaccini (presidente);
BOLOGNA (6 consiglieri): Simonetta Saliera 11.947; Giuseppe Paruolo 6.614; Stefano Caliandro 6.292; Francesca Marchetti 5.548; Roberto Poli 5.435; Antonio Mumolo 4.353
MODENA (4 consiglieri) Palma Costi 7.418; Giuseppe Boschini 6.287; Luciana Serri 4.613; Luca Sabattini 4.407
REGGIO EMILIA (4 consiglieri): Andrea Rossi 8.747; Roberta Mori 7.564; Ottavia Soncini 6.150; Silvia Prodi 4.792
PARMA (3 consiglieri): Massimo Iotti 6.303; Barbara Lori 6.032; Alessandro Cardinali 4.386
PIACENZA (2 consiglieri): Paola Gazzolo 6.003; Gian Luigi Molinari 5.820
FERRARA (2 consiglieri): Marcella Zappaterra 6.678; Paolo Calvano 5.853
RAVENNA (3 consiglieri): Mirco Bagnari 5.753; Manuela Rontini 5.639; Gianni Bessi 5.186
FORLÌ-CESENA (3 consiglieri): Paolo Zoffoli 7.100; Valentina Ravaioli 5.367; Lia Montalti 4.914
RIMINI (2 consiglieri): Giorgio Pruccoli 4.518; Nadia Rossi 4.199
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTÀ: 2 consiglieri
BOLOGNA (1 consigliere): Igor Taruffi 1.839
REGGIO EMILIA (1 consigliere): Yuri Torri 479
LEGA NORD: 9 consiglieri
Alan Fabbri (candidato presidente)
BOLOGNA (1 consigliere): Daniele Marchetti 1621
MODENA (1 consigliere): Stefano Bargi 1.845
REGGIO EMILIA (1 consigliere): Gabriele Delmonte 796
PARMA (1 consigliere): Fabio Rainieri 2.649
PIACENZA: Matteo Rancan 4.515
FERRARA: Marco Pettazzoni 979
RAVENNA: Andrea Liverani 1.347
FORLÌ-CESENA: Massimiliano Pompignoli 1.685
FORZA ITALIA: 2 consiglieri
BOLOGNA (1 consigliere): Galeazzo Bignami 9.956
MODENA (1 consigliere): Enrico Aimi 2.924
FRATELLI D'ITALIA: 1 consiglieri
PIACENZA: Tommaso Foti 2.222
MOVIMENTO 5 STELLE: 5 consiglieri
MODENA Giulia Gibertoni 2.992
BOLOGNA (1 consigliere): Silvia Piccinini 1.767
REGGIO EMILIA (1 consigliere): Gian Luca Sassi 796
FORLÌ-CESENA (1 consigliere): Andrea Bertani 607
RIMINI (1 consigliere): Raffaella Sensoli 1.066
L'ALTRA EMILIA-ROMAGNA: 1 consiglieri
BOLOGNA (1 consigliere): Piergiovanni Alleva 1.315
Simonetta Saliera è stata eletta Presidente dell'Assemblea Legislativa mentre Ottavia Soncini (PD) e Fabio Ranieri (LN) sono i nuovi vice presidenti. Il M5S lamenta l'esclusione dall'Ufficio di Presidenza.
di Lgc Parma 29 dicembre 2014 ----
È iniziata ufficialmente questa mattina la decima legislatura regionale, con l'insediamento dell'Assemblea legislativa uscita dalle elezioni dello scorso 23 novembre. A presiedere in via provvisoria la prima seduta, il consigliere anagraficamente più anziano, Piergiovanni Alleva (AltraER); al suo fianco, in qualità di segretari, i consiglieri più giovani (uno per genere) Ottavia Soncini (Pd) e Matteo Rancan (Ln).
Nella prima seduta della nuova legislatura, Simonetta Saliera è stata eletta presidente dell'Assemblea legislativa regionale raccogliendo 43 voti a favore su 49 votanti; 6 gli astenuti.
Saliera è così risultata eletta alla prima votazione, nella quale erano richiesti i quattro quinti dei voti favorevoli (40 su 50 consiglieri).
Ottavia Soncini (Pd) e Fabio Rainieri (Ln) sono i due nuovi vicepresidenti dell'Assemblea legislativa. L'elezione è giunta al termine della prima votazione dell'Aula, che ha attribuito 32 voti a Soncini e 12 a Raineri.
Infine, l'organo assembleare regionale ha completato le nomine con l'elezione dei membri dell'Ufficio di presidenza. I nuovi consiglieri segretari sono risultati Yuri Torri (Sel) con 31 voti e Matteo Rancan (Ln) con 11 voti, mentre i due questori sono Giorgio Pruccoli (Pd) con 30 voti e Tommaso Foti (Fdi) con 11 voti.
Non sono mancate le polemiche da parte del Movimento 5 Stelle che, durante la discussione, ha chiarito come da loro, "per coerenza", ci sarebbe stato il voto di astensione sull'elezione del presidente dell'Assemblea. "Il terzo gruppo politico dell'Emilia-Romagna è stato escluso dall'Ufficio di presidenza, non possiamo accettare passivamente questa decisione- ha accusato la candidata presidente Giulia Gibertoni-, si parla di rinnovamento, ma intanto maggioranza e opposizione si sono spartiti gli incarichi senza rispettare il voto dei cittadini proprio come all'inizio della scorsa legislatura".
Mancano 72 ore al 2015. Giusto il tempo per smaltire gli eccessi di Natale e di Santo Stefano e approntare ogni scaramantico rituale per seppellire il 2014 e caricarsi di fresche speranze, raccolte chissà dove.
di Lamberto Colla - Parma, 28 dicembre 2014 -
Doveva esserlo il 2009, poi lo sarebbe stato il 2010 e così via sino al prossimo secondo semestre del 2015, ovvero l'alba della ripresa economica.
Ogni anno lo stesso rituale. Lanci di agenzia e TG tutti allineati nell'annunciare la ripresa ormai prossima e puntualmente smentiti dai dati trimestrali di consuntivo.
Speranze continuamente disilluse e donne e uomini ingannati. Già perché, e per fortuna che esistono, molti credono a quello che dicono i politici e gli organi di stampa. Molti sulla speranza cercano di immaginare un futuro migliore per sé e per i propri figli. Tirano la cinghia e resistono ma ogni anno aumenta il numero degli indigenti.
D'altronde come potrebbe essere diversamente? I nostri soldi, il frutto del sudore, li ha in mano lo Stato. Se pensa di ridarne un po' in mano ai cittadini (leggi TFR) è perché può intascare maggiormente dalla tassazione diversa a cui sarà sottoposto il trattamento di fine rapporto così anticipato.
Gli italiani sono alle prese con una contabilità "millesimata" per poter tirare la fine del mese, giocano anche solo per vincere una pizza e lo Stato, al contrario, ritarda all'infinito la Spending Review. Si sa soltanto che nel 2016 l'IVA verrà portata al 25,5% se non si raggiungeranno determinati obiettivi di risparmio e/o di Pil (clausola di salvaguardia voluta dalla UE).
E della lista dei tagli di Cottarelli non si sa più nulla! Il Commissario alla Spending Review dovrebbe avere esaurito il suo compito ma anziché vedere gli effetti di tale difficoltosa elaborazione, che avrebbe dovuto attuarsi tra il 2014 e il 2016, l'unico taglio al quale abbiamo assistito è quello relativo al Carlo Cottarelli stesso rientrato in famiglia a Washington e al suo posto di lavoro al Fondo Monetario Internazionale lo scorso ottobre.
La revisione della spesa pubblica è sempre stata lanciata dai premier come esca, per noi miserabili creduloni, di un nuovo corso che sarebbe stato intrapreso verso la trasparenza e l'eliminazione del fancazzismo e dei privilegi diffusi.
Invece prima Giarda poi Bondi e infine Cottarelli hanno intascato compensi importanti per non lasciare alcun beneficio in eredità, probabilmente non per colpa loro, ma solo per prender tempo, metterci in attesa e in atteggiamento fiducioso verso questo o quell'altro capo di governo. Una tattica sospensiva, una sorta di narcotico per le masse.
Attendiamo quindi il 2015 e crediamo fermamente che porterà ripresa economica e benessere, lavoro e occupazione, pace sociale e un Governo di larghe intese che operi a favore della collettività.
Babbo Natale è già passato quest'anno, e anche se è bello credere che esista, prima o poi bisogna svegliarsi!
Il 2015 sarà duro, probabilmente più pesante del 2014 soprattutto per quanto riguarderà l'occupazione e perciò occorre attrezzarsi per tirare a campare nella speranza che Renzi o chi per esso stavolta decida per noi, semplici e mortali.
E con questo auguro ai nostri lettori un Buon 2015 da affrontare con rinnovata serenità e caparbietà.
Vivere per resistere e resistere per vivere.
Si sta via via stemperando l'attenzione mediatica sull'inchiesta "Mafia Capitale". La municipalità capitolina non verrà sciolta e i "presunti capi" liberati perché il fatto non sussiste e avranno degna sepoltura (quando il fatidico giorno arriverà) in Sant'Apollinare. E' uno scenario plausibile?
di Lamberto Colla -
Parma, 21 dicembre 2014 -
Fosse accaduto, quello che è stato raccontato con dovizia di particolari, in un Comune diverso da Roma e a guida diversa dal Pd, la Giunta sarebbe già decaduta per "mafia" e il Commissario Prefettizio insediato.
No, su Roma non si può! Il Sindaco Marino, si proprio lui quello che in molti sino a pochi giorni prima dello scandalo avrebbero voluto destituito per non aver pagato le multe, per divieto di sosta, della sua Panda oggi è considerato una garanzia di moralità pur di scongiurare lo scioglimento del Comune per mafia. Per fortuna è scoppiato il caso della "terra di mezzo" e Ignazio Marino da inquisito diventa l'icona e il baluardo della "resistenza".
L'orsacchiotto Marino non sapeva nulla di quanto stesse accadendo nella sua città. Così impegnato nelle scorribande ciclistiche cittadine da non avere avuto il tempo di leggere il corposo dossier, già da diversi mesi protocollato, riguardo a strane e sospette operazioni.
Tutto ben dettagliato in una relazione sulla verifica amministrativo-contabile effettuata a fine 2013 dagli ispettori del ministero dell'Economia e Finanze Vito Tatò ed Enrico Lamanna a Roma Capitale e disposta dalla ragioneria Generale dello Stato.
Ma lui, uomo di sinistra, poteva non sapere di una cospirazione di "destra". E già perché, nonostante l'inchiesta abbia prevalentemente raggiunto uomini assegnabili alla sinistra, è offerta in pasto come di destra per l'appartenenza di Carminati all'ex NAR e l'iscrizione al registro degli indagati dell'ex Sindaco Alemanno.
Peccato che, almeno sino a oggi, non sia stato sfiorato dall'indagine nessun appartenente a Forza Italia. E' effetto di un miracolo o di una dimenticanza. Fatto così irrilevante che non viene ovviamente evidenziato dai media più importanti. Anche perché, siamo alle solite, in questa "ridicola Italietta" ogni fatto illecito viene ridondato su tutta un'area politica e l'operato dei Giudici utilizzati, spesso incolpevolmente, per colpire gli avversari.
Sarebbe anche ora di piantarla con questo ignobile comportamento che non fa onore ai magistrati e demolisce le istituzioni, partiti compresi che, al di là di chi li guidi sono i pezzi fondanti della democrazia.
Basta, un fatto è criminoso se è giudicato tale e la colpa individuale non può infangare tutto il partito di di appartenenza di destra, sinistra o pentastellato che sia.
Ma "Mafia Capitale" è un sistema da tempo i radicato nella nostra società.
Un sistema ben collaudato, "oliato" e diffuso sull'intero territorio nazionale. Un sistema di connessione tra politici (a vari livelli di importanza) e rappresentanti del mondo economico che trovano occasioni comuni per mantenere e aumentare la loro influenza: politica per il rappresentante eletto e di mercato per l'imprenditore o per il "faccendiere" o agevolatore d'interessi che sia. Un meccanismo che è entrato nel vivere comune e che ha prodotto generazioni di "mafie e mafiette locali". Un tessuto economico importante caduto in mano a pseudo imprenditori che tentano la fortuna creando misere lobbies di paese dal nepotismo dilagante e dal tasso di "consanguineità" elevato.
Alle donne e agli uomini di buona volontà e dalla sane capacità non resta che mettersi in stand by o espatriare.
A loro invece, quelli che delinquono, sono riservati gli onori (vedi il caso di "renatino" De Pedis capo storico della Banda della Magliana) e magari sepolto con i Papi in Sant'Apollinare.
Non ci sarebbe da stupirsi se "Mafia Capitale" si risolvesse in una bolla di sapone. Vediamo ora quali nomi "usciranno" dai libri neri della contabilità.
La nota stampa di Cinzia Rubertelli consigliere comunale di Grande Reggio e Progetto Reggio: «Sui temi della famiglia e dei diritti Lgbt si costruisca un dibattito senza ideologie, senza censurare chi non si uniforma al politicamente corretto» -
Reggio Emilia, 18 dicembre 2014 -
«Anche a Reggio Emilia, purtroppo, sui temi della famiglia e dei diritti Lgbt non si riesce a costruire un dibattito che non sia viziato dalle ideologie». Così Cinzia Rubertelli, consigliere comunale di Grande Reggio e Progetto Reggio, interviene nella polemica nata dopo che nei giorni scorsi il gruppo locale delle Sentinelle in Piedi era stato costretto ad annullare una conferenza sull'educazione dei bambini, programmata in una sala della parrocchia Regina Pacis, a causa delle proteste di numerosi cittadini.
Per Rubertelli, queste proteste sono un segnale per nulla rassicurante: «Anche a Reggio Emilia è andata in scena una forma di censura verso chi non si uniforma al politicamente corretto e al pensiero unico ormai dominante – sostiene – Con la scusa della discriminazione contro gli omosessuali, una discriminazione che nessuno vuole e che anzi condanno fermamente, in realtà qualcuno ha iniziato a censurare l'opinione di chi in materia di famiglia ha opinioni diverse rispetto a quelle delle associazioni Lgbt».
Pur riconoscendo la legittimità di qualunque tipo di proteste, «non possiamo non dirci preoccupati quando vediamo che si cerca di impedire a una parte non indifferente della popolazione di esprimere pacificamente la propria idea – sostiene Rubertelli – Voler imporre un pensiero omologato, che non ammette repliche, rischia di far scivolare tutti lungo una china molto, molto pericolosa».
Per il consigliere di Grande Reggio e Progetto Reggio, è importante che Reggio Emilia sappia mantenere intatta la sua capacità di dibattere senza scadere in una sorta di razzismo a rovescio: «Riaffermiamo con forza la nostra posizione contraria a ogni tipo di discriminazione ingiustificata, ma al tempo stesso chiediamo che sia garantito anche nel nostro Comune la pacifica e libera discussione senza discriminare quelle organizzazioni che, senza usare metodi violenti, desiderano solo esprimere le proprie idee».
(Fonte: ufficio stampa Cinzia Rubertelli)
Due pesi e due misure. Declassato nuovamente il rating dell'Italia e nessuna protesta si è sollevata da parte di alcuno. Se ci fosse stato il "Berlusca" allora sì che ne avremmo sentito delle belle. Intanto Monti ha capito che la Germania ci ha fregati.
di Lamberto Colla -
Parma, 14 dicembre 2014 -
Siamo quasi spazatura. BBB- appena prima del giudizio "junk" ovvero spazzatura per i nostri titoli di Stato.
Il declassamento di Standard & Poor's non può, questa volta, sorprendere. Tutti gli indicatori economici del nostro Paese sono in costante caduta libera, le previsioni di lieve crescita sono state puntualmente disattese.
Secondo le stime preliminari dell'Istat, il Pil è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% tendenziale, cioè rispetto al terzo trimestre 2013. Ciò significa che per quest'anno il calo del Pil già acquisito è pari allo 0,3% in caso di un quarto trimestre a crescita zero: l'economia era infatti già rimasta ferma sullo zero nel primo trimestre 2014 ed era arretrata dello 0,2% nel secondo. Sono tre anni che i trimestri registrano un segno «meno», dal terzo trimestre 2011. Nel terzo trimestre di quest'anno l'economia italiana è tornata praticamente ai livelli del 2000, ossia di 14 anni fa.
Difficile credere che nel breve lasso di tempo di un anno si potesse far riprendere il cammino a un antico transatlantico esposto alle intemperie senza adeguate protezioni. Anzi volutamente esposto, per anni e anni, a artificiali turbolenze finanziarie il cui unico scopo era "far cadere Berlusconi" e portare al Governo un allineato alla finanza internazionale per creare i presupposti di una rapida conquista dei nostri gioielli industriali a buon mercato.
Tanto per essere chiari, l'Italia, dieci anni fa, aveva un rating di AA- e pure nel bel mezzo della tempesta finanziaria di fine 2011, la valutazione di Standard & Poor's era pari ad A.
Dall'inizio della crisi sono quasi 1.000 le aziende (PMI) passate in mani straniere. Machi storici e di prestigio che vanno dalla meccanica alle ceramiche per passare dalla moda e dal food. Pozzi-Ginori, Ducati, Lamborghini, Indesit e Poltrone Frau, Star e Eridania solo per fare alcuni esempi.
E non si creda che sia un arricchimento di capitai investiti in Italia! Una volta acquisiti i marchi, i brevetti e i know how, ovvero i cuori pulsanti di questi gioielli ex made in Italy, tutto verranno trasferito nei paesi d'origine lasciando sul Bel Paese soltanto i monumenti celebrativi del declino industriale, povertà e disoccupazione.
Quello che gli stranieri hanno lasciato è invece alla mercé delle mafie e mafiette locali. Un tessuto economico residuale caduto in mano a pseudo imprenditori che tentano la fortuna creando misere lobbies di paese dal nepotismo dilagante e dal tasso di "consanguineità" così elevato tanto da proliferare generazioni di faccendieri e imprenditori "deficienti".
Gli onesti intanto si tirano il collo e pagano le tasse per tutti anche per quelli che calpestano la propria e altrui dignità.
Infine il professor Monti Mario si è accorto che la Merkel ci ha fregati.
La politica dell'austerity imposta dalla cancelliera e cavalcata dal bocconiano ha dato il colpo di grazia a una Italia già sufficientemente compromessa ma con ancora residuali energie di ripresa. Il rating era AA e non BBB-.
"In Europa ci piace pensare, ha dichiarato nei giorni scorsi Mario Monti al giornalista Federico Fubini di La Repubblica, che le regole siano nel complesso rispettate, ma non credo si possa parlare di rispetto quando ci sono Paesi che anno dopo anno chiedono rinvii nel rispettare gli obiettivi e li ottengono senza difficoltà. Penso, quanto al Patto di stabilità, alla Francia e alla Germania nel 2003 e, negli ultimi anni, alla Spagna, di nuovo alla Francia, al Belgio. O ancora alla Germania oggi per i limiti agli squilibri macroeconomici eccessivi. E a tanti altri casi".
Meglio tardi che mai. Ma adesso raddrizziamoci concedendo risorse agli imprenditori piccoli e operosi che sono, da sempre, la spina dorsale di quest'Italia.
Rubertelli: «Il presepe è cultura, e quello allestito alla galleria Parmeggiani sta dando nuova vita a un quartiere penalizzato dai lavori del parcheggio sotterraneo» -
Reggio Emilia, 9 dicembre 2014 -
«La comunità non rinunci alle proprie tradizioni in nome del politicamente corretto»: è l'appello lanciato da Cinzia Rubertelli, consigliere comunale di Grande Reggio e Progetto Reggio, all'inizio del periodo festivo, in cui spesso il voler portare avanti usanze radicate in secoli di storia si traduce in scontro tra diversi modi di pensare.
«Pochi giorni fa abbiamo letto tutti di quel preside di una scuola di Bergamo che ha chiesto di non allestire il presepe nell'istituto per rispettare i bambini di religione non cattolica. Un atteggiamento che per me è profondamente sbagliato – afferma Rubertelli – Non si capisce perché noi dobbiamo rinunciare alle nostre tradizioni pur di non urtare le sensibilità di qualcuno. Non è agendo in questo modo che si manifesta il rispetto nei confronti degli altri: piuttosto si deve lavorare per favorire l'accoglienza e l'integrazione, rendendo ognuno libero di rispettare il proprio credo senza ignorare le regole».
Fortunatamente simili chiusure non fanno ancora parte delle abitudini di Reggio Emilia: «Pochi giorni fa, per esempio, è stato inaugurato alla galleria Parmeggiani il Presepe multietnico della Napoli del Settecento, una meraviglia di impianto barocco ampia diciotto metri quadri – continua Rubertelli - Quest'opera d'arte attira molti visitatori e di conseguenza porta nuova vita anche al quartiere attorno a piazza della Vittoria, fortemente penalizzato dai lavori del parcheggio sotterraneo; inoltre, l'allestimento permette di sfruttare a dovere la stessa galleria Parmeggiani, un museo di gran valore ma dalle potenzialità inespresse. Il presepe, in altre parole, è cultura, e attraverso la cultura vengono valorizzati i quartieri di una città ancora incapace di mostrarsi al meglio. Speriamo che a nessuno venga in mente che tutto questo vada cancellato in nome di un rispetto di facciata per le altre fedi».
Per Rubertelli non è nascondendo il proprio passato che si raggiunge una vera integrazione: «Tra le diverse religioni ci sono molti più punti di contatto di quanto sembri, ed è compito della politica metterle in luce – conclude - Al contrario, è quando si pensa di nascondere le proprie tradizioni in nome del quieto vivere che si creano motivi di scontro e di rivalsa».
(Fonte: Ufficio stampa Cinzia Rubertelli)
Difficile rimanere impassibili di fronte alle indiscrezioni giornalistiche sul caso Loris. Il Pensiero corre alla Franzoni e alla fragilità di questa nostra società che non rispetta nemmeno i bambini. Figuriamoci l'ambiente e il patrimonio pubblico.
di Lamberto Colla -
Parma, 7 dicembre 2014 -
Da culla delle civiltà a culla dell'aridità affettiva. Un nuovo periodo decadentista sta scuotendo l'Europa e l'Italia in modo ancor più preoccupante. L'aridità sentimentale si sta diffondendo a altissima velocità in tutti gli strati sociali sospinta dalla forza propulsiva di un giornalismo ipocrita e senza scrupoli alla continua ricerca del dolore e dell'orrore da buttare in prima prima pagina.
Le lacrime inondano lo schermo per emozioni costruite a tavolino, la telecamera indugia negli occhi lucidi di quel calciatore o ex velina che si emoziona per la finta lettera scritta dal figlio. Non quel figlio che non rivedeva da decenni (Carramba che sorpresa!) perché emigrato ma quello stesso pargolo col quale tutti i giorni condivide le mura domestiche e che avrebbe disponibili quotidianamente 24 ore per celebrare il proprio padre o la propria madre. Invece ormai va di moda il format D'Ursiano, quello dello scoop inesistente e dei sentimenti costruiti a tavolino per il compiacimento morboso di qualche milione di telespettatori incapaci, o forse nell'impossibilità, di vivere la propria vita con positività.
Il cinismo mediatico sfonda tutte le barriere del buon senso e del rispetto delle persone e dei defunti. Chiunque sia sfiorato, magari per propria volontà come il "cacciatore" che ha trovato il cadavere del piccolo Loris, viene passato al vaglio della giustizia, buttato in prima pagina con qualche allusione di responsabilità nel delitto e poi, una volta consumato perché riconosciuto estraneo alla vicenda buttato nella spazzatura della Tv Spazzatura senza nemmeno una scusa. "Dovere di cronaca" qualcuno obietterebbe.
E allora giù alla ricerca degli scheletri nascosti di Elena Ceste e il moltiplicarsi di presunti "amanti" alimenta la cronaca quotidiana anzi oraria. Loris è stato abusato poi probabilmente abusato e dopo tre giorni dal ritrovamento della salma esce l'indiscrezione che era stato oggetto di abusi da diverso tempo o forse no.
Si parla di abusi come di cioccolatini. Si indaga, peraltro malamente, nella vita e nel passato delle persone con una disinvoltura inquietante. Una spregiudicatezza intollerabile che alimenta morbosità collettive asfaltando, in breve, ogni insegnamento catechistico così duramente appreso durante le elementari e le medie (dei mie tempi ovviamente).
Il rispetto nella donna e nell'uomo come soggetto singolo, libero e riservato, è svanito del tutto perché immolato al "dio catodico".
Il venir meno del rispetto dell'individuo è l'apertura al male globale.
L'ambiente stesso è stato devastato dal genere umano inseguendo un progresso troppo poco collaudato e oggi ci si accorge di quanto forte sia la natura, capace di riprendersi in brevissimo quanto illegalmente sottratto. Una riconquista barbarica, a scapito di donne e uomini incolpevoli, che altro non è che il primo segnale del caos incombente.
Il prossimo scenario probabile sarà un conflitto sociale devastante i cui segnali d'allarme sono già stati lanciati da Tor Vergata in primis.
Una tensione sociale che si alimenta e prospera con la registrazione continua che chi è al potere se ne frega di tutto tranne che dei suoi interessi privati rendendosi complice delle nefandezze finalmente affiorate nella Capitale ("Terra di Mezzo") o nelle ricche regioni del Nord (MOSE e EXPO2015). Tutta l'Italia è attraversata dalla corruzione che sta minando le fondamenta socio economiche di quello Stato che fu anche al 4° posto tra le potenze industriali.
Una società anaffettiva e arida sta prendendo il posto della nostra civiltà romana, laboriosa, colta, e invidiata per il senso civico.
Così come a cavallo tra l'800 e il '900 il decadentismo letterario affiorò prepotentemente in un'Europa in piena crisi, che stava volgendo alla Grande Guerra, altrettanto oggi, le tensioni di fine secolo e di inizio millennio stanno, guarda caso, replicando quel periodo. Corsi e ricorsi storici: 1915-2015?
Non c'è proprio modo di imparare qualcosa dalla storia?
Qualità di vita: Parma fanalino di coda per la sicurezza urbana -
Parma, 3 dicembre 2014 -
Cecilia Zanacca, Prima Parma e Giampaolo Lavagetto, Territorio e Autonomia, alla luce dei preoccupanti dati sulla qualità di vita a Parma, lamentano il grave ritardo del Consiglio Comunale per il voto della petizione popolare Città Sicura; adesso l'Amministrazione non può più temporeggiare!
"I dati dell'indagine nazionale sulla qualità della vita nelle città italiana - dice Cecilia Zanacca - ci danno ragione di quanto urgente sia intervenire sul tema della sicurezza urbana nella nostra città. A luglio abbiamo consegnato all'amministrazione Comunale la petizione "Città Sicura", sostenuta da oltre duemila parmigiani che prevede una serie di interventi, alcuni dei quali già attivati in altre città, capaci di migliorare la qualità della sicurezza urbana. Dopo una preliminare discussione in consiglio Comunale a metà settembre, della mozione che avrebbe dovuto portare i consiglieri comunali ad un voto palese e di grande responsabilità per l'approvazione o meno della petizione voluta dai Cittadini di Parma, non ci è stato dato di sapere più nulla. Forse che gli stessi pensano di avere assolto con quella breve presentazione / discussione consigliare i loro doveri nei confronti della città ? No, non è accettabile. Chiediamo al Consiglio Comunale la massima celerità della calendarizzazione della petizione popolare che, alla luce dei dati sopra riportati ci sembra debba avere assoluta priorità.
"Sul tema della sicurezza urbana ed in generale sulle tematiche importanti per Parma, - sostiene Giampaolo Lavagetto - abbiamo tenuto in questi mesi un dialogo non strumentale ne prevenuto con l'attuale amministrazione comunale. Più volte abbiamo incontrato su diverse tematiche i diretti responsabili dei vari assessorati. Alla loro cordialità, però, fino ad ora non è seguita una concreta apertura in termini progettuali sulle nostre proposte. Sul tema della sicurezza urbana, ricordiamo all'amministrazione locale che gli oltre duemila parmigiani sottoscrittori della proposta Città Sicura meritano da parte del Consiglio comunale una celere risposta. Se non si da ascolto ai cittadini poi non ci si deve meravigliare del fenomeno preoccupante dell'astensionismo."
Cecilia Zanacca Giampaolo Lavagetto
(Fonte: ufficio stampa Prima Parma, Territorio e Autonomia)
Non erano certamente al mare o in montagna gli emiliano romagnoli disertori delle urne quel memorabile 23 novembre 2014.
di Lamberto Colla -
Parma, 30 novembre 2014 -
23 novembre 2014 è una data da tenere in mente. Una data che segna uno spartiacque tra cittadini e politica come non si era mai visto.
Prima fu il voto alla Lega Nord e la raccolta di consensi dell'Umberto Bossi prima maniera, a segnalare il disagio della base oltre 20 anni fa. Poi venne Grillo e il Movimento 5 Stelle che, dalla sera alla mattina, divenne il primo partito nazionale.
Fu un vero e proprio choc per i politici di professione e, molto probabilmente, lo fu ancor più per Piero Fassino - oggi presidente della associazione dei sindaci d'Italia ma all'epoca ai piani alti della corazzata PDS. La sfida lanciata da Fassino nel 2009 fu, per certi versi, profetica: "Se Grillo vuol fare politica fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende".
E così fu, dal web al M5S, la magia si realizzò. Il voto di reazione trovò nuova accoglienza dopo la delusione della Lega e del berlusconismo con una sinistra che, oltre a minacciare la smacchiatura dei leopardi, non era capace di esprime una politica originale, così concentrata a schermare di fioretto con Silvio Berlusconi, in persona, tralasciando di parlare e soprattutto di fare politica.
Quasi inevitabilmente venne il commissariamento da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e i governi tecnodemenziali di Monti e Letta, che diedero il "la", finalmente, per un cambiamento radicale sia in termini di vetustà sia nella comunicazione politica. L'energia emozionale di Matteo Renzi, anch'egli imposto dal "coach della nazionale dei politici" Napolitano, ha scaldato i cuori di tantissimi e raccolto la fiducia in men che non si dica. Ma alla luce degli ulti avvenimenti e delle opposizioni interne e esterne al suo partito sta rischiando, altrettanto rapidamente, di perdere il consenso se non rivolterà l'Italia come un calzino.
L'italiano ha fretta di cambiamento. Ha bisogno di lavoro, di sicurezza, di dignità, di speranza nel futuro.
E i linguaggi per farsi intendere il popolo li ha usati tutti come abbiamo visto. L'urlo del silenzio, espresso dall'astensionismo soprattutto emiliano, ne è una riprova se ancora ce ne fosse stato bisogno.
Mai, nemmeno nelle corse alla bocciature dei referendum si era assistito a un simile risultato. Solo il 37,7% della laboriosa, democratica e sanguigna Emilia Romagna è andato a votare.
Un urlo di rabbia che ha squarciato i cieli. Gli emiliano romagnoli, fieri di andare a esprimere il loro "voto" coscienti di contribuire a consolidare la democrazia sono invece, questa volta, rimasti a casa. Non c'era la scusa di mari o dei monti, quel 23 novembre 2014 gli italiani hanno deciso per lo sciopero dell'urna. Ma i votanti avrebbero potuto essere ancora meno. Molti si sono quasi fustigati per partecipare all'esercizio democratico del voto e, forse, si sono pentiti di non aver contribuito a ridurre ancor più quella percentuale votante.
E, alla luce di questo risultato, il Premier osa dichiarare che l'"Affluenza è un problema secondario".
Sogno o son desto! Quello che non avrebbe dovuto dire l'ha detto. Si potrebbe anche interpretare che quel 37,7% che è andato, per di più malvolentire, a votare poteva anche starsene a casa. La vittoria e la riconquista delle due regioni da parte del Pd era l'obiettivo da raggiungere, con o senza voti.
Bene, con o senza voti, qualcuno prima o poi conquisterà il Campidoglio, il Quirinale, l'Aventino e tutti i sette Colli e al voto non verrà più chiamato nessuno. Questione di Spending review ovviamente.
Attento Matteo! Non montarti la testa.
Ormai gli italiani le hanno provate tutte per dichiarare "democraticamente" il loro disappunto. Non resta che l'uso della irragionevole "forza".
A Modena e provincia ha dominato Stefano Bonaccini. Sette i consiglieri regionali modenesi: Palma Costi, Giuseppe Boschini, Luciana Serri e Luca Sabattini per il Pd. Per la Lega Nord, Stefano Bargi, per Forza Italia Enrico Aimi, per il Movimento 5 Stelle Giulia Gibertoni -
Modena, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Modena e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 102.406 voti pari al 51,3%, seguito dal candidato del centro destra Alan Fabbri con 55.158 voti pari al 27,6%. Giulia Gibertoni (Movimento 5 stelle) ha ottenuto 28.784 voti 14,4% , poi, Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 6.444 voti pari al 3,2%, Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) con 3.488 pari al 1,7% e Maurizio Mazzanti (Liberi Cittadini) con 3.350 voti pari al 1,7%.
I consiglieri regionali modenesi della nuova assemblea legislativa sono sette: Palma Costi, Giuseppe Boschini, Luciana Serri e Luca Sabattini per il Pd. Per la Lega Nord è stato eletto Stefano Bargi, per Forza Italia Enrico Aimi. Per il Movimento 5 Stelle Giulia Gibertoni.
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
A Reggio e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 76.431 pari al 55,8%. I consiglieri regionali reggiani della nuova assemblea legislativa sono Andrea Rossi, Roberta Mori, Ottavia Soncini e Silvia Prodi del Pd. Poi Yuri Torri di Sel, Gabriele Delmonte (Lega Nord) e Gianluca Sassi (M5S) -
Reggio Emilia, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Reggio e provincia ha dominato Stefano Bonaccini della coalizione del centro sinistra con 76.431 pari al 55,8%, seguito dal candidato del centro destra Alan Fabbri con 32.097 pari al 23,4%. Giulia Gibertoni (Movimento 5 stelle) ha ottenuto19.135 voti pari al 14,0% seguita da Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 5.641 voti pari al 4,1%. Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) ha ottenuto 3.356 pari al 2,4% e Maurizio Mazzanti con 384 pari al 0,3%.
I consiglieri regionali reggiani della nuova assemblea legislativa sono Andrea Rossi, Roberta Mori, Ottavia Soncini e Silvia Prodi del Pd. Poi Yuri Torri di Sel, Gabriele Delmonte (Lega Nord) e Gianluca Sassi (M5S).
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
A Piacenza e provincia domina Alan Fabbri, candidato del centro destra, con 37.340 voti pari al 47,1%. I consiglieri regionali piacentini della nuova assemblea legislativa sono Gazzolo e Molinari (Pd), Matteo Rancan (Lega Nord), Tommaso Foti (Fratelli d'Italia) -
Piacenza, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Piacenza e provincia ha dominato Alan Fabbri, candidato del centro destra, con 37.340 voti pari al 47,1%, seguito da Stefano Bonaccini candidato del centro sinistra che ha ottenuto 29.795 voti pari al 37,6%. Terza, Giulia Gibertoni (Movimento 5 Stelle) con 8.041 voti al 10,1%. Seguono Maria Cristina Quintavalla (L'Altra Emilia Romagna) con 2.457 voti al 3,1%, Alessandro Rondoni (NCD - UDC - Emilia Romagna Popolare) con 1.458 pari al 1,8% e Maurizio Mazzanti (liberi Cittadini) con 195 pari al 0,2%.
I consiglieri regionali piacentini della nuova assemblea legislativa sono Gazzolo e Molinari (Pd), Matteo Rancan (Lega Nord), Tommaso Foti (Fratelli d'Italia).
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
Le Elezioni Regionali in provincia di Parma: Stefano Bonaccini candidato del centrosinistra ha ottenuto 51.537 voti pari al 45,1%. I consiglieri parmigiani eletti sono i tre candidati del Pd Massimo Iotti, Alessandro Cardinali, Barbara Lori, Alessandro Cardinali del Partito Democratico e Fabio Rainieri della Lega Nord -
Parma, 25 novembre 2014 -
Queste elezioni, dominate dal partito dall'astensionismo, hanno visto votare in Emilia-Romagna, per l'elezione del Presidente della Regione e dei consiglieri dell'Assemblea Legislativa, il 37,67% degli aventi diritto, un dato in forte flessione rispetto alle precedenti regionali del 2010 quando si erano recati alle urne il 68,07%.
Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra (Partito Democratico, Emilia Romagna Civica, Sinistra e libertà) è il nuovo presidente della Regione, eletto con il 49,05% dei voti. La coalizione che lo ha sostenuto ha raggiunto il 49,69% con 597.185 voti. In regione al primo posto il Partito democratico con il 44,52% dei voti (535.109), al secondo la Lega Nord con il 19,42% (233.439 voti).
A Parma e provincia Stefano Bonaccini ha ottenuto 51.537 voti pari al 45,1%.
Per la provincia di Parma segue Alan Fabbri, candidato di Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale, che ha ottenuto 38.924 voti fermandosi al 34,0%. Terza l'esponente del Movimento 5 stelle, Giulia Gibertoni, con 14.504 voti pari al 12,7%.
A seguire, Maria Cristina Quintavalla (L'altra Emilia-Romagna) con 6.011 pari al 5,3%, poi Alessandro Rondoni (Ncd-Udc) con 2.318 al 2,0%. Maurizio Mazzanti (Liberi cittadini) con 1.061 allo 0,9%.
I consiglieri parmigiani eletti sono i tre candidati del Pd Massimo Iotti, Alessandro Cardinali, Barbara Lori e Fabio Rainieri della Lega Nord.
La provincia dove si è votato di più è Ravenna con il 41,30% (nel 2010, 73.35%). Seguono le province di Bologna con il 40,17 % (nel 2010, 70.80%), Reggio Emilia con il 35,98% (nel 2010, 70.13%), Modena con il 38,92% (nel 2010, 78,80%), Ferrara con il 37,38% (nel 2010, 68,20%), Forlì-Cesena con il 36,93% (nel 2010, il 67.71%), Parma con il 34,03% (nel 2010, il 61%%), Piacenza con il 36,29% (nel 2010, il 62.01%) e Rimini con il 33,45% (nel 2010, il 62,25%) che è la provincia in cui si votato di meno.
(Fonte dati: Regione Emilia Romagna)
L'urlo del silenzio scuote l'Emilia Romagna. Il partito degli assenti deve fare riflettere tutti e non poco. Solo il 37,63% degli aventi diritto al voto si è presentato alle urne.
di Lamberto Colla - Parma, 24 novembre 2014
La vera notizia non è la conferma in Emilia Romagna del PD e conseguentemente la vittoria del suo candidato Stefano Bonaccini bensì il crollo verticale dei cittadini votanti.
-30,4% rispetto le precedenti regionali del 2010 (era il 68,13%) e del 32,3% rispetto alle europee di sei mesi fa (era il 70,0%).
Un dato storico, per il suo aspetto negativo, soprattutto se contabilizzato in una regione dove l'affezione al voto è stata sempre altissima.
Il distacco da chi rappresenta la politica, donne e uomini che siano, è diventata una frattura enorme e, seppure fosse stato nell'aria, non era assolutamente prevedibile un risultato di questa portata.
Il partito trasversale dei non votanti ha raccolto consensi da tutti i partiti e movimenti a conferma di un disagio ormai intollerabile soprattutto se, l'urlo del silenzio, proviene da una delle regioni tradizionalmente più attaccate al diritto di voto. Una regione dove la politica è alla tavola di tutti, fa parte del corredo cromosomico dell'emiliano romagnolo.
Meditate signori, meditate e soprattutto fate, prima che il gap con la vita reale sia incolmabile e le conseguenze inimmaginabili.
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