Due pesi e due misure. Declassato nuovamente il rating dell'Italia e nessuna protesta si è sollevata da parte di alcuno. Se ci fosse stato il "Berlusca" allora sì che ne avremmo sentito delle belle. Intanto Monti ha capito che la Germania ci ha fregati.
di Lamberto Colla -
Parma, 14 dicembre 2014 -
Siamo quasi spazatura. BBB- appena prima del giudizio "junk" ovvero spazzatura per i nostri titoli di Stato.
Il declassamento di Standard & Poor's non può, questa volta, sorprendere. Tutti gli indicatori economici del nostro Paese sono in costante caduta libera, le previsioni di lieve crescita sono state puntualmente disattese.
Secondo le stime preliminari dell'Istat, il Pil è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% tendenziale, cioè rispetto al terzo trimestre 2013. Ciò significa che per quest'anno il calo del Pil già acquisito è pari allo 0,3% in caso di un quarto trimestre a crescita zero: l'economia era infatti già rimasta ferma sullo zero nel primo trimestre 2014 ed era arretrata dello 0,2% nel secondo. Sono tre anni che i trimestri registrano un segno «meno», dal terzo trimestre 2011. Nel terzo trimestre di quest'anno l'economia italiana è tornata praticamente ai livelli del 2000, ossia di 14 anni fa.
Difficile credere che nel breve lasso di tempo di un anno si potesse far riprendere il cammino a un antico transatlantico esposto alle intemperie senza adeguate protezioni. Anzi volutamente esposto, per anni e anni, a artificiali turbolenze finanziarie il cui unico scopo era "far cadere Berlusconi" e portare al Governo un allineato alla finanza internazionale per creare i presupposti di una rapida conquista dei nostri gioielli industriali a buon mercato.
Tanto per essere chiari, l'Italia, dieci anni fa, aveva un rating di AA- e pure nel bel mezzo della tempesta finanziaria di fine 2011, la valutazione di Standard & Poor's era pari ad A.
Dall'inizio della crisi sono quasi 1.000 le aziende (PMI) passate in mani straniere. Machi storici e di prestigio che vanno dalla meccanica alle ceramiche per passare dalla moda e dal food. Pozzi-Ginori, Ducati, Lamborghini, Indesit e Poltrone Frau, Star e Eridania solo per fare alcuni esempi.
E non si creda che sia un arricchimento di capitai investiti in Italia! Una volta acquisiti i marchi, i brevetti e i know how, ovvero i cuori pulsanti di questi gioielli ex made in Italy, tutto verranno trasferito nei paesi d'origine lasciando sul Bel Paese soltanto i monumenti celebrativi del declino industriale, povertà e disoccupazione.
Quello che gli stranieri hanno lasciato è invece alla mercé delle mafie e mafiette locali. Un tessuto economico residuale caduto in mano a pseudo imprenditori che tentano la fortuna creando misere lobbies di paese dal nepotismo dilagante e dal tasso di "consanguineità" così elevato tanto da proliferare generazioni di faccendieri e imprenditori "deficienti".
Gli onesti intanto si tirano il collo e pagano le tasse per tutti anche per quelli che calpestano la propria e altrui dignità.
Infine il professor Monti Mario si è accorto che la Merkel ci ha fregati.
La politica dell'austerity imposta dalla cancelliera e cavalcata dal bocconiano ha dato il colpo di grazia a una Italia già sufficientemente compromessa ma con ancora residuali energie di ripresa. Il rating era AA e non BBB-.
"In Europa ci piace pensare, ha dichiarato nei giorni scorsi Mario Monti al giornalista Federico Fubini di La Repubblica, che le regole siano nel complesso rispettate, ma non credo si possa parlare di rispetto quando ci sono Paesi che anno dopo anno chiedono rinvii nel rispettare gli obiettivi e li ottengono senza difficoltà. Penso, quanto al Patto di stabilità, alla Francia e alla Germania nel 2003 e, negli ultimi anni, alla Spagna, di nuovo alla Francia, al Belgio. O ancora alla Germania oggi per i limiti agli squilibri macroeconomici eccessivi. E a tanti altri casi".
Meglio tardi che mai. Ma adesso raddrizziamoci concedendo risorse agli imprenditori piccoli e operosi che sono, da sempre, la spina dorsale di quest'Italia.