La rivoluzione postale si è avviata. Le azioni di Poste Italiane s.p.a. sono andate letteralmente a ruba a conferma del tradizionale rapporto fiduciario che lega le "poste" ai cittadini. Ma a chi giova l'ingresso in Borsa di P.I.?
di Lamberto Colla - Parma, 18 ottobre 2015 -
E' all'ufficio postale che i nostri anziani andavano a ritirare la pensione e sempre alle poste affidavano i loro risparmi stringendo con "le poste" un rapporto fiduciario quasi indissolubile perché, nel vissuto più remoto, Poste Italiane era sinonimo di Stato con tutte le garanzie che ne seguivano.
Una fiducia che si è radicata per effetto della prossimità degli uffici postali così ben distribuiti sul territorio nazionale da fare concorrenza, in termini numerici, solo ai campanili delle chiese.
Una diffusione che ha contribuito a saldare il rapporto con i più anziani e non solo, anche dopo l'avvento di internet, soprattutto nelle zone marginali, di profonda campagna o sperduta montagna. Pochi minuti e l'ufficio postale era comunque raggiungibile per ritirare i soldi della pensione, spedire il vaglia al figlio emigrato oppure studente in città o in servizio di leva, a volte per trasmettere un telegramma, l'antesignano dell'sms e di WhatsApp.
Tutto questo si inquadra in quello che è identificato "Servizio Universale", per svolgere il quale le "Poste" ricevono un contributo di 270 milioni di euro.
Non sono bazzecole e, alla pari del canone della RAI, serve o almeno dovrebbero servire, a garantire un servizio pubblico a tutti i cittadini, anche ai residenti nei villaggi più decentrati.
Questo legame con lo Stato, sfruttando perciò una posizione di privilegio e dominante, ha determinato, col trascorrere degli anni, una sempre più profonda obsolescenza delle tecnologie, dell'organizzazione e purtroppo, è brutto da dirsi, anche del tasso di qualificazione del personale agli sportelli.
Nonostante le inefficienze che si sono accumulate negli ultimi decenni "Le Poste" sono sempre rimaste, almeno questo è il diffuso sentimento in certuni strati della popolazione, un approdo sicuro, confermato anche quando la componente bancaria si è, un po' troppo rapidamente, evoluta e spregiudicatamente affacciata al campo minato dei titoli speculativi o verso le trappole dei prodotti derivati.
Una posizione di "privilegio", per di più in posizione di dominanza del mercato, che mal si coniuga con la spregiudicatezza finanziaria e con la corretta competitività commerciale.
Vero è che la privatizzazione dovrebbe condurre a confrontarsi liberamente con gli altri attori del mercato ad armi pari e diventare perciò uno stimolo al miglioramento della efficienza generale e dei servizi di cui dovrebbe, alla fine, goderne anche il consumatore finale.
Ma in queste condizioni, con la protezione del Tesoro, gli elementi di rischio vengono fortemente attenuati, se non addirittura annullati, e il regime di monopolio (protetto) di molti servizi potrebbero pregiudicare la corsa all'efficientamento dichiarato e prospettato.
"Cui Prodest?"
E' una domanda legittima che sorge spontanea, soprattutto quando si tratta di una società pubblica.
A chi giova perciò questa "pseudo privatizzazione" di Poste Italiane, detenuta ancora per il 60% dal Ministero del Tesoro?
Giova certamente all'azienda stessa che, attraverso il collocamento in borsa del 38% del capitale, rastrellerà sul mercato della finanza circa 4 miliardi, ma gioverà anche ai suoi concorrenti del sistema bancario che avranno a disposizione dei "Bond" paragonabili, per solidità, a quelli di Stato da dare in pasto alla propria clientela.
I tradizionali Titoli di Stato infatti sono merce sempre meno disponibili sul mercato del risparmio a seguito dell'operazione "Draghiana" denominata Quantitative Easying (QE) , una misura straordinaria con cui la Banca Centrale Europea effettua degli acquisti programmati di titoli finanziari - in particolare di bond, cioè di obbligazioni - negoziati sul mercato, immettendo perciò nel sistema finanziario una massiccia dose di liquidità che serve appunto per comprare i titoli.
Ecco quindi che l'operazione di privatizzazione di Poste Italiane apre uno spiraglio di mercato finanziario potendo offrire un "surrogato garantito".
Così le poste, di fatto fiduciarie del Tesoro, con la quotazione in borsa hanno garantito nuovi portafogli d'investimento che le Banche potranno vendere ai risparmiatori loro clienti, orfani ormai da qualche mese degli affezionati BOT.
Questo potrebbe essere un buon motivo per avere architettato, in fretta e furia, la privatizzazione di Poste Italiane spa cercando di mostrare, con una perfetta operazione mediatica e di camouflage, l'efficienza di una grande e moderna impresa pur mantenendo un solido rapporto col Tesoro e i privilegi che ne derivano dalla posizioni di dominanza e addirittura monopolistica di alcuni servizi.
E' difficile abbandonare i privilegi e gli ammortizzatori soprattutto se sono sorretti dalle spalle possenti del Ministero del Tesoro ma proprio per questa ragione, il management, dovrebbe orientare le sue attenzioni all'efficienza dei servizi verso l'utente cosa che invece sembra non essere ai primi posti nella scala degli interessi.
Oggi alle poste si può comperare di tutto, dai giochi, ai libri, dalle schede telefoniche ai fondi pensione. Una macedonia di servizi che rallenta le operazioni di sportello e mette a dura prova la pazienza dei tanti obbligati a servirsi degli uffici postali.
Un esempio per tutti, le contravvenzioni. Il solerte vigile lascia sul parabrezza dell'auto sia il rilevamento dell'infrazione sia il bollettino postale per agevolare l'incauto automobilista al pagamento della sanzione, magari entro i 5 giorni che consentono una sensibile riduzione dell'importo, e nessun'altra diversa modalità di pagamento.
Per quanto il pagamento, in teoria, sarebbe più semplice e comodo effettuarlo attraverso l'Home Banking, nell'avviso "giallo" non vi è l'indicazione dell'Iban di riferimento dell'Amministrazione alla quale fare pervenire quest'obolo straordinario.
Invece si è invitati a procedere attraverso lo sportello postale che per i due minuti d'operazione incassa 1,5 euro.
E così, il Comune ti sanziona e l'ufficio postale ci guadagna. Sembra un modello di salvaguardia e autoprotezione delle amministrazioni pubbliche.
Sarebbe stato molto più semplice e conveniente (per il cittadino soltanto a quanto pare!) adottare un sistema di pagamento diretto attraverso l'IBAN, magari direttamente collegato all'IBAN (IBAN to IBAN) dell'amministrazione beneficiaria senza l'obbligo di passare attraverso altri intermediatori tecnici "occulti" (tesorerie e piattaforme di transazione).
Il cittadino invece, cornuto e mazziato, ha dovuto spendere e sottrarre del tempo prezioso al proprio lavoro per recarsi in coda al più vicino ufficio postale (numero peraltro in sensibile riduzione a seguito del processo di razionalizzazione).
Infatti, nella rincorsa all'efficientamento si è proceduto alla razionalizzazione (leggi chiusura) di molti uffici postali scatenando spesso la rabbia dei residenti e dei loro sindaci i quali, un po' in tutta Italia hanno fatto ricorso al TAR. E effettivamente, per una società pubblica che per il servizio postale "universale" riceve 270 milioni di euro all'anno un maggiore riguardo nella cura delle relazioni territoriali si sarebbe apprezzata.
Ma la priorità, a quanto pare, era di correre verso la collocazione di Poste italiane in Borsa dimostrando agli investitori efficienza e profitti, saltando un passaggio fondamentale per una proficua, sicura e longeva vita sociale nell'elite della finanza, ovvero l'dentificazione precisa sell'asset da valorizzare.
Invece Poste Italiane S.p.a. si è presentata al pubblico borsistico come la macedonia di servizi che conosciamo da qualche anno. Dalla telefonia mobile ai servizi bancari, dai fondi pensione ai gadget di ogni tipo. Scorporarla sarebbe stato controproducente per due ordini di motivi.
Da un lato si sarebbero scoperti i nervi dell'inefficienza del suo "core business" e dall'altro avrebbe perduto la principale leva di successo legata ai privilegi monopolistici.
Insomma, questa operazione di privatizzazione sembrerebbe più strategica per l'azienda che per i cittadini come ha anche sottolineato, nei giorni scorsi, il Codacons sempre attento a intervenire a difesa del cittadini che, con una nota del 13 ottobre, interviene sull'argomento:
"PRIVATIZZAZIONE CONVIENE PIU' AD AZIENDA CHE A CITTADINI. Vogliamo garanzie su servizi postali e rispetto standard di qualità in favore degli utenti.
Dubbi e perplessità da parte del Codacons sull'operazione di privatizzazione di Poste Italiane. "Temiamo che l'ingresso di Poste in Borsa convenga più all'azienda che ai cittadini – spiega il Presidente Carlo Rienzi – Nel tempo infatti Poste Italiane è diventata sempre più banca e sempre meno servizio postale, con ripercussioni non indifferenti per l'utenza. Le nostre paure riguardano in particolare il servizio universale che, pur essendo poco remunerativo, deve essere garantito, indipendentemente dalla privatizzazione".
Il Codacons chiede dunque oggi all'azienda di garantire il rispetto degli standard di qualità, migliorando tutti i servizi resi da Poste che, negli ultimi anni, hanno subito un deterioramento testimoniato dalle crescenti segnalazioni e lamentele da parte dei cittadini, dai ritardi nella consegna delle lettera alla chiusura degli uffici postali nei piccoli comuni."
Staremo a vedere anche perché, a ben guardare, insospettisce questa mancanza di trasparenza diffuso sull'intero mondo del sistema finanziario dove il cliente/utente/cittadino sembra risultare una mucca da mungere a piccole ma costanti dosi.
Codacons denuncia: Padiglioni impossibili da visitare, rendere ingresso gratuito e restituire i soldi a chi ha biglietto. La diffida a Expo2015 spa: file troppo lunghe impediscono di usufruire dei servizi pagati. Si rischia l'inadempienza contrattuale.
di Virgilio - Parma 18 ottobre 2015 -
Rischia di finire malino l'Expo di Milano. Iniziato nel peggiore dei modi e addirittura quasi non finito, alla fine l'EXPO non solo è riuscito a rullare sulla pista di Rho ma addirittura a decollare per un volo trionfante.
Tanto trionfante che, chiuse le ferie per la maggior parte degli italiano, questi abbiano deciso di consumare gli ultimi sprazzi di sole attorno all'Albero della Vita e a tutto quanto si è riusciti a creare attorno ad esso nel giro di pochi mesi tra un'inchiesta giudiziaria e l'altra.
Nelle giornate del fine settimana non era assolutamente inusuale una folla di 230-250.000 persone al giorno e come anche noi avevamo rilevato, le code ai migliori padiglioni potevano registrare dalle 3 alle 7 ore di attesa.
Già ai primissimi giorni di settembre avevamo anche avvisato circa la necessità di prepararsi bene bene prima di intraprendere il viaggio. e la giornalista commentava "Decidere quando andare ad Expo è un po' come scegliere il giorno e l'ora giusti per una "partenza intelligente": si tirano i dadi e si tenta la fortuna. Solo che la fortuna non è utile esclusivamente all'ingresso, che anzi può essere addirittura rapido, bensì nel corso dell'intero giro turistico."
Da fine agosto è stato un crescendo e l'euforia del successo potrebbe, proprio in coda a Expo e in acconto a quello che verrà, trasformarsi in una macchia nera sulla maglia immacolata della macchina organizzativa.
E' il Codacons a intervenire nei giorni scorsi e a denunciare l'impossibilità di visitare i padiglioni e "suggerisce" a EXPO di restituire i soldi a chi ha acquistato i biglietti poiché, motiva il movimento dei consumatori, "... la necessità di coprire le spese sostenute per Expo 2015 ha portato a consentire accessi quotidiani praticamente illimitati all'area. Ciò ha determinato nelle ultime settimane un sovraffollamento eccessivo, con conseguente formazione di code insostenibili ai padiglioni. In sostanza gli utenti comprano un servizio di cui oggi non possono usufruire, o che possono fruire solo in parte..."
Meno di due settimane alla chiusura del sipario sull'Expo e poi, oltre al Giubileo romano, chissà quale altra diavoleria si inventeranno i lombardi per attrarre i pellegrini nel sito del "successo insperato".
Il comunicato CODACONS
DIFFIDA AD EXPO 2015 S.P.A.: FILE TROPPO LUNGHE IMPEDISCONO DI USUFRUIRE DEI SERVIZI PAGATI. SI RISCHIA INADEMPIENZA CONTRATTUALE
Il Codacons ha inviato oggi (13 ottobre ndr) una diffida urgente ad Expo 2015 S.pa., chiedendo la modifica immediata delle condizioni di accesso all'esposizione universale, e il rimborso di quanto pagato in favore di chi è ancora in possesso di biglietti di ingresso non usufruiti.
Al centro della denuncia dell'associazione dei consumatori, le lunghe code che rappresentano oramai da settimane una costante per qualsiasi servizio fornito dall'area, in modo particolare per la fruizione dei padiglioni. Al punto che le file comportano una attesa media di 3 ore per riuscire a visitare i padiglioni, con punte di 7 ore per quello del Giappone e di 6 ore per il Palazzo Italia.
I cittadini pagano un salato biglietto di ingresso ma non riescono a fruire di Expo – denuncia il Codacons – Questo per evidenti carenze ed errori imputabili all'organizzazione dell'evento: la necessità di coprire le spese sostenute per Expo 2015 ha portato a consentire accessi quotidiani praticamente illimitati all'area. Ciò ha determinato nelle ultime settimane un sovraffollamento eccessivo, con conseguente formazione di code insostenibili ai padiglioni. In sostanza gli utenti comprano un servizio di cui oggi non possono usufruire, o che possono fruire solo in parte, poiché le lunghe file permettono materialmente di visitare un numero ristretto e limitato di padiglioni.
Per tale motivo il Codacons ha diffidato Expo 2015 S.p.a. a modificare con urgenza le condizioni di accesso all'area, prevedendo da subito che gli ingressi siano a numero chiuso, gratuiti o a prezzo fortemente ridotto, e rendendo a pagamento i singoli padiglioni, così da eliminare le lunghe file che rendono impossibile la fruizione di Expo e permettere ai cittadini di pagare in base ai servizi realmente goduti. Expo dovrà inoltre restituire quanto pagato a chi è in possesso di biglietti di ingresso non ancora usufruiti. In caso di mancato accoglimento di tali richieste – conclude il Codacons – si potrebbe addirittura configurare una forma di inadempimento contrattuale nei confronti di Expo 2015 S.p.a.
Lunedi 12 ottobre andrà in scena il processo Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca mondiale e terzo gruppo bancario nazionale, all'epoca dei fatti riscontrati dalla magistratura. Un buco da 17 miliardi (3 miliardi più della Parmalat e quasi 4 in più di Enron) avvolto da misteri e coperto da silenzi a tutti i livelli con l'ausilio straordinario del Segreto di Stato.
di Lamberto Colla - Parma, 11 ottobre 2015 - Tutti a seguire e a inseguire le ridicole avventure dell'ex Sindaco Marino (forse, ha venti giorni per ripensarci come scrive lui stesso nella lettera ai Romani) le sue infantili bugie e i penosi tentativi di giustificare i suoi rimborsi spese. La fascia tricolore indossata negli USA al seguito del Papa sembrava anch'essa vergognarsi di essere mostrata in pubblico.
In fondo cosa sono 22.000 euro spesi per una trasvolata atlantica di tre giorni del Sindaco della Città Eterna in confronto ai 17 miliardi che si sono volatilizzati dalle casse senesi.
Questione di principio, risponderebbe qualche benpensante, dalla ferrea morale e immune da errori di cui questa nostra amata Penisola è popolata.
Già, così mentre tutti i riflettori sono accesi sul "marinato" di turno, le porcate passano e filano via indisturbate.
Nuovi personaggi in "Profumo" di santità emergono per sostituire i corrotti dell'ultimo scandalo e intanto si preparano i nuovi puliti che prenderanno il posto dei prossimi corrotti.
E così via senza soluzioni di continuità.
Lunedi 12 ottobre inizierà il processo MPS e ancora nessuno ne parla, tranne il Movimento Consumatori.
"In pochi giorni, il numero verde 800 168 636 dedicato agli azionisti Mps - scrive il Movimento dei Consumatori - ha superato i 1000 contatti
Il prossimo 12 ottobre è fissata l'udienza preliminare per il caso Mps. Entro questa data, gli azionisti sono legittimati a costituirsi parte civile e a richiedere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dei reati contestati, prima dalla procura della Repubblica di Siena e ora da quella di Milano.
La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio degli ex vertici Mps (Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gianluca Baldassarri) e di NOMURA International PLC (Sayeed Sadeq e Raffaele Ricci) per i reati di false comunicazioni sociali e di manipolazione del mercato, con l'aggravante del nocumento del pubblico risparmio per la rappresentazione infedele della situazione patrimoniale di Mps, conseguente ad una serie di complesse operazioni di finanza strutturata.
Si tratta di reati gravissimi che hanno duramente danneggiato una tra le più antiche banche del mondo e decine di migliaia di azionisti che hanno creduto nell'operato di top manager risultati inaffidabili. Per questa ragioni, Movimento Consumatori ha lanciato una campagna nazionale diretta ad agevolare la costituzione di parte civile degli azionisti."
I Misteri MPS.
Dal "suicidio" di David Rossi, responsabile della comunicazione e amico del Presidente Mussari, che tanto ricorda la macabra messa in scena del suicidio di Roberto Calvi (era soprannominato il Banchiere di Dio) trovato impiccato 33 anni fa sotto il ponte londinese dei Frati Neri, al Segreto di Stato apposto ai documenti, alle coperture offerte da Profumo, che prese il posto di Mussari alla guida di MPS, a sua volta promosso al vertice dell'ABI (Associazione Bancaria Italiana) e per finire ai silenzi del PD ma anche del PDL.
Troppi misteri in un solo caso. Un caso che vede coinvolta ancora una volta una banca che potrebbe essere stata lo strumento di interessi politici di una parte o di corporazioni trasversali che all'ombra di una ridente quanto provinciale cittadina toscana, sviluppava affari per conto di "qualcuno" in disprezzo degli interessi dei suoi incolpevoli azionisti e risparmiatori.
Un caso che non meriterebbe questo silenzio anzi dovrebbe diventare "il caso per eccellenza" contro il sistema bancario. Quello che dovrebbe spalancare le porte della rottamazione dei burattinai della vecchia e della nuova politica. Gli intoccabili, coloro che possono prendersi il lusso di non comparire davanti ai giudici perché impegnati in una qualche riunione. Lusso che non fu concesso nemmeno a Berlusconi Premier, inseguito da braccio violento della magistratura in ogni summit internazionale coprendo di ridicolo l'intera nazione.
Il tempo della vera giustizia è ancora lontano e per noi cattolici possiamo solo confidare che, almeno davanti a Dio, i colpevoli avranno quello che meritano.
Diverso il trattamento riservato al caso Parmalat dove alla fine si trovò un capro espiatorio e Callisto Tanzi fu mandato a marcire in galera mentre i banchieri, tanto vicini all'ex patron della multinazionale del latte, continuarono a scalare i vertici del mondo finanziario, quegli stessi che "consigliarono" di acquistare "a buon mercato" la Cirio di Cragnotti, di ristrutturarla per bene e che esultarono alla quotazione a New York, grazie a falsi documenti confezionati con la sola fotocopiatrice dell'ufficio senza nemmeno il contributo di photoshop. Ovviamente nessuno si accorse di nulla, nemmeno dei miliardi (inesistenti) di liquidi disponibili su conti paradisiaci e diligentemente ascritti a bilancio a copertura delle perdite. Da una parte uscivano lire e euro veri mentre dall'atra parte del mondo entravano numeri fittizi, e il gioco era fatto.
"La società - scrive il Sole 24 ore del 6 maggio scorso - era in stato di dissesto già nel 1990, al momento della quotazione in Borsa, ed è stata tenuta in vita per anni dalle banche pubbliche grazie alle coperture accordate a Tanzi da vasti settori della politica, a cominciare dalla sinistra Dc. Uomo di collegamento tra Tanzi e i partiti è stato Sergio Piccini, un ex sindacalista della Cisl scomparso nell'aprile 2000 per un incidente d'auto, che ha intavolato buone relazioni anche con gli alti gradi della Guardia di Finanza.
Poi, nella seconda metà degli anni 90, sono entrate in azione le grandi banche d'affari, che hanno spinto Parmalat verso le acquisizioni internazionali e hanno cominciato a montare le operazioni di finanza strutturata: finanziamenti a tassi elevati mascherati da aumenti di capitale, in modo da occultare al mercato le reali condizioni finanziarie del gruppo. Operazioni che, tra interessi e commissioni, hanno fruttato miliardi di euro alle merchant bank."
Staremo a vedere se, da domani, i media nazionali seguiranno il processo con la passione giornalistica dimostrata per la Parmalat e per Marino o per il funerale di Casamonica o per il processo che vede coinvolto Bossetti nell'omicidio della povera Yara dove sono riusciti a trovare rilevanza anche le scappatelle della bella moglie, avvenute peraltro dopo l'arresto del marito, fregandosene per bene dei figli della coppia.
Il segreto di Stato farà la sua comparsa più e più volte e i cittadini pagheranno per tutti, come è sempre stato.
Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Prima Parma - Territorio & Autonomia sulla raccomandata inviata al Prefetto di Parma per la Petizione "Città Sicura" sottoscritta da oltre 2.000 cittadini nel Luglio 2014. -
Parma, 6 ottobre 2015 -
"Non bastava che l'amministrazione comunale, in violazione dello statuto in vigore, da oltre un anno, non desse la dovuta risposta a tutti questi parmigiani; ora è la prefettura ad essere latente.
Mentre l'atteggiamento dell'amministrazione comunale rasenta quello dell'arroganza del potere, diversamente, la situazione creatasi con la prefettura è a dir poco disarmante, se non si trattasse di rispettare i diritti dei cittadini.
Nei giorni scorsi, non avendo ricevuto alcun riscontro da parte del Prefetto di Parma, abbiamo contattato gli uffici della prefettura stessa per avere notizie in merito alla nostra richiesta di intervento inviata proprio a mezzo della suddetta raccomandata con ricevuta di ritorno. Immaginerete il nostro stupore nell'apprendere dal funzionario preosto che la raccomandata, regolarmente giunta a destinazione, era stata da loro protocollata il 16.09.2015 ma, udite udite, ci veniva detto che al momento non si riusciva a ritrovare la nostra lettera. Sbigottiti siamo stati con molta naturalezza informati che si sarebbero attivati per recuperarla e ci avrebbero richiamato nel pomeriggio. Non ricevendo alcuna telefonata, il giorno successivo abbiamo ricontattato gli uffici prefettizi chiedendo delucidazioni. Ancora una volta ci veniva detto che si stava cercando di recuperare la lettera, assicurandoci che saremmo stati contattati nello stesso pomeriggio. Questa specie di parodia è proseguita anche nelle giornate successive. Alla fine abbiamo chiesto ci venisse fissato un appuntamento con il prefetto per chiarire la vicenda. Naturalmente, ci è stato detto che saremmo stati chiamati nel pomeriggio; ovviamente anche questa volta nessuno ci ha chiamato.
Spesso, giustamente, si chiede ai cittadini rispetto per le istituzioni. Alla luce di questa esperienza, ci chiediamo se da parte delle stesse si ritiene sia questo il modo migliore per ottenerlo.
Gent.mo Sig.Prefetto, i cittadini di Parma meritano una sua pronta risposta; non crede?"
Cecilia Zanacca - Gianpaolo Lavagetto
Prima Parma - Territorio & Autonomia
Ricordate l'Ebola? Quella malattia altamente contagiosa e mortale che ha imperversato per il centro d'Africa dalla primavera del 2014 sino alla primavera 2015? D'incanto le cronache di tutto il mondo l'hanno accantonata. Probabilmente è stata sconfitta. O no?
di Lamberto Colla - Parma, 4 ottobre 2015 - Di colpo si sono interrotti i bollettini sullo stato d'avanzamento della malattia nei corpi dei singoli e nella diffusione territoriale. L'estate anticipata ha preso il sopravvento e il bollettino "meteo mondiale" di colpo si è aggiornato con le temperature atmosferiche abbandonando le temperature virali.
Abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo quando il medico italiano Fabrizio Pulvirenti, contagiato dall'Ebola in Sierra Leone e ricoverato il 25 novembre 2014, fu dimesso alla vigilia dell'epifania.
Da lì in poi le notizie hanno cominciato a scemare sino a annullarsi definitivamente all'equinozio di primavera.
Più nulla. Si è passati da bollettini medici orari sullo stato d'avanzamento della malattia nei territori africani al numero di contagi che crescevano in modo esponenziale alle temperature degli infettati occidentali al silenzio totale.
O la malattia è scomparsa o non c'è più interesse a parlarne.
Un qualche dubbio che interessi ci fossero, più economici che umanitari, già mi era venuto nell'ottobre scorso ancora prima che il povero Pulvirenti si ammalasse e venisse condotto in Italia per essere sottoposto a quelle cure sperimentali e fuori protocollo ma autorizzate, proprio in forza dell'emergenza sanitaria, dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
Un battage mediatico insistente, continuo e accompagnato da immagini raccapriccianti di donne e bambini stesi a terra in attesa di poter essere visitati ci ha accompagnati per quasi un anno. E finalmente l'OMS ha accolto l'offerta di alcune case farmaceutiche di testare i loro vaccini piuttosto che le loro cure.
L'emotività mondiale era così elevata che nessuno avrebbe mai potuto e voluto opporre resistenza a questi tentativi e così è stato.
I primi risultati si sono conseguiti (almeno dalle cronache riportate dalle grandi agenzie) e i medici colpiti sono diventati, senza la loro volontà, perfetti testimonial del successo farmaceutico, non certo a buon mercato.
Già, perché per guarire il solo Pulvirenti, sarebbe stato necessario l'utilizzo di ben quattro diversi farmaci sperimentali. Secondo le stime, il costo complessivo sostenuto dal nostro sistema sanitario per salvare il medico dovrebbe essere stato di circa un milione di euro.
Avete letto bene, oltre un milione di euro! Da questa tragedia che ha colpito milioni di persone, contagiato circa 28.000 persone e contato quasi 12.000 morti dei quali 500 erano operatori sanitari, qualcuno ha sistemato bilanci, realizzato ricerche sostenute da altri e riempito i cassetti.
"L'epidemia di Ebola è stata spesso descritta come una tempesta perfetta: un'epidemia transfrontaliera in paesi con sistemi sanitari deboli, che non avevano mai conosciuto l'Ebola prima", dice Christopher Stokes, direttore generale di MSF (Medici Senza Frontiere). "Ma questa è una spiegazione di comodo. Perché l'epidemia di Ebola andasse a tal punto fuori controllo, molte istituzioni dovevano sbagliare. E così è stato, con conseguenze tragiche ed evitabili."
Tanto di comodo che quando chi doveva incassare che cosa e quanto (lo sanno solo gli interessati) ecco che l'emergenza sfuma, i media voltano pagina e i morti rimangono.
Per quanto nessuno ne parli più siamo ancora ben lungi dall'avere risolto il problema umanitario, come dimostra il rapporto di Medici Senza Frontiere dello scorso 23 marzo. "Per dichiarare la fine dell'epidemia, scrive l'MSF, è necessario identificare ogni singola persona che sia stata in contatto con un malato di Ebola. Non c'è spazio per errori e leggerezze.
Il numero di nuovi casi a settimana è ancora più alto che in qualsiasi precedente epidemia e i casi complessivi non sono diminuiti in modo significativo dalla fine di gennaio.
In Guinea, il numero di pazienti è di nuovo in aumento. In Sierra Leone, presentano il virus molte persone che non erano nelle liste di contatti Ebola conosciuti.
In Liberia si è registrato in questi giorni un nuovo caso, il primo dopo le dimissioni dell'ultimo paziente a inizio mese.
"Il trauma dell'Ebola ha lasciato persone diffidenti nei confronti delle strutture mediche, operatori sanitari demoralizzati e timorosi di riprendere servizio, comunità in lutto, impoverite e sospettose", si legge sul rapporto. Nei tre paesi più colpiti, quasi 500 operatori sanitari hanno perso la vita lo scorso anno, un duro colpo per la già grave carenza di personale prima dell'Ebola.
Ebola non è sconfitta, anzi l'ultima vittima è del 16 settembre scorso come riportato da BLOGO e altre 700 sono in quarantena: "Una ragazza di 16 anni è morta in Sierra Leone a causa del virus Ebola. Fonti sanitarie locali hanno riferito che la ragazza è deceduta presso in centro dell'International Medical Corps della città di Makeni, nella provincia di Bombali che si trova al Nord del Paese, al confine con la Guinea ed è una zona in cui da almeno sei mesi non si verificavano casi di contagio, come ha specificato il Centro nazionale di lotta all'Ebola che ha espresso la sua delusione per la notizia di questa morte ma ha anche assicurato la predisposizione di tutte le misure necessarie per affrontare il caso di contagio."
Forse si sono risolti i problemi economici di alcune aziende, non certo degli africani.
A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si prende! ... diceva qualcuno...
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa di Prima Parma – Territorio & Autonomia, a firma Zanacca - Lavagetto, sulla mancata risposta alla petizione sottoscritta da oltre 2.000 Parmigiani a sostegno del progetto "città sicura" come previsto dallo Statuto Comunale. -
Parma, 29 settembre 2015 -
Apprendiamo dai giornali on-line che oggi il Consiglio Comunale discuterà di sicurezza. Restiamo ancora una volta basiti nel constatare che nessuno dell'Amministrazione Comunale ha ancora dato risposta alla petizione sottoscritta da oltre 2.000 Parmigiani a sostegno del progetto "città sicura" come previsto dallo Statuto Comunale.
Eppure, dopo il nostro appello al Prefetto, ci era sembrato di capire che, a seguito della riunione dei capigruppo, la relativa mozione, dopo oltre un anno di attesa, era in dirittura di arrivo.
Inoltre, in risposta a quella presa di posizione, avevamo esplicitamente chiesto di essere avvisati qualora la mozione arrivasse in discussione in Consiglio Comunale, come atto di cortesia se non anche dovuto nei confronti di tutti gli oltre 2000 cittadini di Parma.
A questo punto, chiediamo ai consiglieri comunali di maggioranza e opposizione, compresi quelli che in questi giorni si stanno impegnando in analoghe iniziative, se ritengono che tale atteggiamento sia rispettoso nei riguardi delle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto la petizione.
Naturalmente, ci spiace pensare che, forse, il nostro atteggiamento collaborativo e sempre positivo, possa essere stato scambiato dall'Amministrazione come mancanza di forza nel concretizzare il nostro lavoro e le nostre proposte.
Ora utilizzeremo ogni strumento possibile per fare rispettare la volontà ed i diritti di noi Parmigiani ed arrivare ad avere una risposta certa e veloce alla petizione, stanchi ormai di questo atteggiamento irrispettoso di chi ci amministra.
Cecilia Zanacca
Giampaolo Lavagetto
Prima Parma – Territorio & Autonomia
Tedeschi rivisti e (s)corretti. Prima o poi la corda si strappa. Il caso Volkswagen per quanto importante sia è solo la punta di un iceberg del (mal)costume tedesco. Essere i primi a tutti i costi e pure irriconoscenti.
di Lamberto Colla - Parma, 27 settembre 2015 - Bravi a tenere nascoste le loro magagne, spocchiosi e presuntuosi pensando che nessuno avrebbe potuto dire o fare qualcosa. Pronti a fare le pulci a tutti ma a alzare barriere insormontabili quando sono loro a essere posti sotto osservazione.
Intendiamoci, quello che è accaduto alla Volkswagen non è che un campanello di allarme che sta a indicare come il grande mercato Statunitense non sarà ceduto all'europa tanto facilmente e l'accordo transatlantico (TTIP o TAFTA Transatlantic Trade and Investment o Transatlantic Free Trade Area) dovrà muoversi secondo le linee proposte dagli USA e dalle sue potenti lobbies. Colpire uno per colpire tutti.
Quindi prepariamoci ai rigurgiti di questa vicenda i cui effetti negativi ricadranno su tutta l'economia europea o per effetto diretto, in quanto gran parte della componentistica dell'industria automobilistica tedesca viene prodotta in Italia, sia per effetto indiretto o traslato per le ripercussioni che avrà nella conclusione degli accordi di libero scambio transatlantico che Obama vorrebbe incassare prima della fine del suo mandato e tra i quali gli OGM sono una parte, non la sola, in contenzioso.
Tornando sul settore automobilistico, se la Volkswagen l'ha combinata bella grossa, introducendo un software di frode in grado di accorgersi del test di analisi dei parametri di emissione dei gas, tutte le altre case automobilistiche sicuramente qualche manomissione dei dati non possono non averla realizzata.
Non si comprenderebbe altrimenti come certi veicoli di elevatissima potenza possano dichiarare consumi degni di una utilitaria.
Ma quello che è accaduto altro non è che la rappresentazione del sistema Germania: una solidale complicità tra imprese, governo e sindacati.
Ricordiamo che nei board delle imprese un posto è sempre a disposizione dei sindacati e una frode di queste proporzioni non poteva non essere nota a molti; dagli operai ai consiglieri di amministrazione e quindi al Governo.
Governo che già a luglio era stato chiamato e rispondere a una interrogazione sulla vicenda confermando di esserne a conoscenza e se poi un qualche dubbio ancora ci fosse ecco che il repentino cambio di opinione della Merkel sulla faccenda dei profughi e la sua "marchetta" a favore della grande industria automobilistica tedesca invitando le grandi marche d'argento a assumere i profughi, alla luce dei fatti, altro non era che un infantile quanto spregiudicato tentativo di ripagare il danno inferto, nella speranza che tutto venisse insabbiato o quantomeno negoziato nelle segrete stanze di Berlino o Washington.
Che la ferrea "Portinaia del condominio Europa" si fosse trasformata, nel giro di poche ore, in un agnellino aperta a risolvere i problemi di tutto l'emisfero sembrava più una favola e non poteva che generare pesanti sospetti.
Infatti la posta in gioco è enorme sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista dell'immagine.
Un'occasione che dovrebbe finalmente fare ringalluzzire i partner europei muovendoli a chiedere con forza, finalmente, chiarimenti anche in merito al debito pubblico e ai bilanci delle tantissime banche popolari e regionali che la Cancelliera è riuscita a sottrarre al controllo della BCE attraverso le quali il Bilancio nazionale viene "pulito" o piuttosto realizzate operazioni di riacquisto di titoli invenduti nel mercato primario (l'articolo 101 del Trattato di Maastricht vieta l'acquisto sul mercato primario di titoli di Stato da parte delle banche centrali).
A questo si aggiunga che le obbligazioni emesse dall'analogo istituto della nostra Cassa depositi e Prestiti, il KFW (Kreditanstalt für Wiederaufbau), non rientra nel conteggio del debito pubblico tedesco (circa 500 miliardi) mentre i 300 miliardi della nostra CDP rientrano eccome. Ma sono almeno 5 i trucchi utilizzati per "ingannare" i partner europei e vengono ben illustrati nell'articolo di Francesco Cancellato pubblicato su "LINKIESTA" "del 8/7/2014.
Infine non si creda che la Germania non abbia le sue MPS da gestire e risanare e la crisi Greca è stata una manovra di aiuto alle banche, tedesche comprese, piuttosto che un sostegno alla economia ellenica e quindi al popolo greco.
Tedeschi rivisti e (s)corretti.
La perfezione tedesca scricchiola come era da immaginare. La perfezione non è di questo mondo e non poteva essere di esclusivo patrimonio tedesco.
Ma l'arroganza e supponenza tedesca ha offuscato tutti, loro compresi, incoscienti degli aiuti che l'europa ha, non si sa bene per quale motivo, loro destinato. Prima con il condono dei danni di guerra, poi con gli aiuti all'unificazione delle due germanie quindi con la concessione, agli inizi del 2000, a superare il tetto d'indebitamento infine nel concedere quegli artifici contabili vietati agli altri Paesi.
E loro, invece di starsene zitti, probabilmente ritenendo di essere una nazione eletta, hanno continuato a fare le pulci a tutti, a intervenire pesantemente nei fatti politici degli altri Paesi e soprattutto nei nostri. L'Italia unica nazione in grado di contrastare l'industria e la manifatturiera tedesca in ogni parte del mondo è stato per oltre vant'anni il principale obiettivo della germania.
Un'azione costante e spregiudicata di concorrenza sleale per indebolire le nostre aziende e passare all'acquisto a basso prezzo come avvenuto, restando in campo motoristico, con la Lamborghini e la Ducati.
Da questa vicenda non impareranno nulla come nulla impararono dai risultati delle due guerre mondiali e la prova sta nella risposta allo scandalo in corso in queste ore.
Solo una ammissione dei fatti, forse nella speranza di ottenere clemenza, ma nessuna scusa e una risposta di facciata con la "decapitazione" del vertice Volkswagen liquidato con una copiosa provvista economica per di più (si parla tra 28 e 33 milioni di euro).
Già perché Winterkom non era a conoscenza della manipolazione dei dati. Nel comunicato del board infatti si sottolineava che "Winterkorn non era a conoscenza della manipolazione dei dati" e veniva ringraziato "per il suo elevato contributo" alla società.
Ma il danno di immagine potrebbe avere conseguenze pesanti e quel che è peggio contagerà anche l'europa.
I tedeschi non cambieranno mai, toccherà a noi invece cambiare nelle relazioni con loro, aumentando la nostra autostima e soprattutto andando a mettere gli occhi e le mani nelle loro tasche.
Intanto comincino i tedeschi, almeno quelli onesti, a fare ammenda e a pulirsi in casa: Das(h) Auto.
Le inutili polemiche e le domande mai poste a Renzi. Per un volo di Stato si riempiono pagine e pagine di giornali ma delle domande insidiose con la pretesa di risposte chiare e circostanziate manco l'ombra. No, a quanto pare, su Renzi non si può.
di Lamberto Colla - Parma, 20 settembre 2015 -
Fossi stato al posto di Flavia Pennetta e Roberta Vinci sarei stato orgoglioso della presenza del "mio Premier" alla celebrazione di un evento tanto straordinario quanto irripetibile.
Tutti gli italiani, appassionati o meno di tennis, avrebbero, in quella serata del 12 settembre, voluto possedere l'accesso al canale televisivo detentore dei diritti di diffusione per ammirare e commuoversi con quelle due splendide ragazze pugliesi che si affrontavano in una finale del Grande Slam dopo avere fatto fuori le numero e due del tennis mondiale.
Appassionati e non avrebbero dato qualsiasi cosa per partecipare e condividere le emozioni di quelle due straordinarie gladiatrici.
E' per tutti questi italiani, per un giorno orgogliosi di essere nati sotto al tricolore, che la presenza di Renzi aveva grande importanza.
Le inutili polemiche giornalistiche che sono seguite al viaggio non hanno trovato riscontro sull'opinione pubblica e probabilmente erano finalizzate a qualcosa d'altro, forse a distrarre l'attenzione da qualcosa che doveva passare inosservato.
Il premier, se volete anche attraverso la sua spontanea e fresca, quanto estemporanea e inaspettata decisione a partecipare, si è concesso quello che gran parte dei suoi concittadini avrebbero voluto fare e perciò non solo non è stato criticato ma è risultato ancor più simpaticamente umano.
Invece di polemizzare sul costo di un viaggio di Stato, che per il nostro bilancio equivale all'acquisto di una risma di carta per una piccola media impresa, sarebbe meglio che i grandi giornali, quelli che contano, che influenzano e sono a loro volta troppo influenzati, avessero chiesto a Renzi di spiegare come potrà sostenere le promesse di taglio smodato delle tasse.
Infatti, il programma di Matteo Renzi sul fronte fiscale prevede: via tassa sulla prima casa, Imu agricola e tassa sugli imbullonati dal 2016 (tutte misure che saranno inserite nella legge di stabilità), interventi su Ires e Irap dal 2017 e misure sugli «scaglioni Irpef» dal 2018.
Una sommatoria di capitoli fiscali che stando a quanto riferito dal presidente Anci assommerebbe a 5 miliardi di euro.
«L'abolizione della Tasi sulla prima casa e dell'Imu agricola e sui cosiddetti imbullonati deve prevedere contestualmente risorse equivalenti per i Comuni pari a 5 miliardi». Lo ha riferito il presidente Anci Piero Fassino al termine di una riunione del coordinamento delle città metropolitane.
La domanda che dovrebbe sorgere spontanea: da dove provengono le risorse? E' questa la domanda legittima che dovrebbe essere posta, da parte dei grandi influenzatori, a Renzi & C. e di cui esigere una risposta plausibile.
Dalla revisione della spesa pubblica credo possano giungere solo che briciole.
La stima della spesa totale delle pubbliche amministrazioni è di 127 miliardi all'anno (di cui 67 riguardano la sanità) e avere la possibilità di incidere, anche di pochi punti percentuali, porterebbe risparmi enormi ma di ciò non si hanno notizie certe.
Certo è invece che ben tre "luminari" hanno assunto l'incarico della revisione e nessuno è riuscito a portare a termine il compitino.
Giarda, Bondi e infine Cottarelli hanno tentato ma invano e l'unica eredità è la costituzione della CONSIP, organismo cui spetta il compito di bandire le gare e fare da acquirente unico in grado di spuntare prezzi «convenzionati » più bassi di quelli di mercato, ma che per ora è stata in grado di gestire (gestire non vuol dire risparmiare) solo una minima partita per un valore non superiore a 38 miliardi.
E Ripresa economica sia!
Per fare "bilancio" quindi rimane solo un capitolo su cui contare - salvo qualche regalino da BCE e Ue - per compensare il taglio promesso: la ripresa economica del Paese.
Ed ecco che spunta, notte tempo, la ripresa economica che andrà a fare quadrare il bilancio di previsione e prontamente introdotti nel DEF (Documento di programmazione Economica e Finanziaria) approvato nelle scorse ore.
Le stime di crescita per il 2015 sono state aggiornate dallo 0,7 allo 0,9% mentre per il 2016 è previsto che il PIL cresca dell'1,6%.
Un raddoppio che profuma di miracolo all'italiana.
Non si comprende come si potrà, nel 2016, raggiungere quel livello di crescita senza riforme concrete e durature.
Di questo ne è convinto anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi il quale, riferendosi al risicato incremento di PIL registrato a fine agosto, aveva commentato che "Non basta e non è merito dell'Italia" - "La crescita del Pil dello 0,3% non basta, anche perché non è merito nostro ma è dovuto solo al dimezzamento del prezzo del petrolio a rafforzamento del dollaro e al Qe (Quantitative Easing - l'operazione voluta fortemente da Mario Draghi all'inizio del 2015. ndr)" e poco dopo aggiunge che "Noi non abbiamo fatto le pulizie interne, bisogna fare le riforme, solo in questo modo possiamo far ripartire il Paese".
A queste regalie vanno aggiunti i 13-14 miliardi che il Governo riuscirà a rastrellare dal buon cuore d'Europa per la maggiore flessibilità che sarà concessa oltre ai 3,3 miliardi che giungeranno per sostenere il programma di assistenza all'immigrazione. "L'indebitamento netto, si legge nella relazione al Parlamento allegata alla nota di aggiornamento al Def, potrà aumentare, rispetto al profilo tendenziale, fino ad un importo massimo di 17,9 miliardi nel 2016 (che include, ove riconosciuti in sede europea, i margini di flessibilità correlati all'emergenza immigrazione fino a un importo di 3,3 miliardi), 19,2 miliardi nel 2017, 16,2 miliardi nel 2018 e 13,9 miliardi nel 2019".
A fronte di questa ennesima presa per i fondelli, la stampa d'elite trova il coraggio di attaccare Renzi per un viaggio di rappresentanza al quale tutti avrebbero voluto partecipare, giornalisti accusatori compresi.
Sorge il sospetto che sia tutta una montatura, creata a arte per non dover porre domande troppo imbarazzanti d'altro tipo e al contempo di far credere all'opinione pubblica che una opposizione esiste e la critica giornalistica non teme di affrontare direttamente e a viso aperto il Premier.
Beato chi ci crede!
(caccia all'Alieno: di chi è quel viso immortalato sul trofeo di Roberta Vinci?)
(foto da Presidenza del Consiglio)
La nota stampa del Movimento 5 Stelle di Correggio sulla mozione che verrà presentata al Consiglio Comunale. Il "Baratto amministrativo" offrirebbe la possibilità, ai cittadini in difficoltà, di avere una riduzione sulle tasse grazie a lavori socialmente utili. -
Reggio Emilia, 17 settembre 2015 -
Come sappiamo il reddito di cittadinanza, benché attivo sotto diverse definizioni in in tutti i paesi fondatori della Unione Europea, non è ancora stato introdotto in Italia.
Per aiutare i cittadini con un reddito insufficiente, il Movimento 5 Stelle di Correggio proporrà al Consiglio Comunale la mozione sul "Baratto amministrativo": uno strumento che introduce la possibilità di ridurre la pressione della tassazione locale (IMU, TASI, TARI) ai cittadini in difficoltà economica che vogliano dedicare il proprio tempo ad attività di pubblica utilità.
Si tratta di istituire la possibilità di barattare ore di lavoro in cambio della riduzione dei tributi comunalidelle tariffe per i servizi comunali erogati.
Le ore di lavoro dei cittadini sarebbero utilizzate per lavori di interesse generale e cura del territorio come ad esempio:
Il Comune di Correggio beneficerebbe così di un doppio vantaggio:
Il Movimento 5 Stelle è sempre dalla parte dei cittadini, perché nessuno deve rimane indietro!
Correggio 5 Stelle
Prima Parma-Territorio & Autonomia: "Ora almeno si invitino i firmatari a partecipare alla discussione della mozione." -
Parma, 16 settembre 2015 -
Riceviamo e pubblichiamo la replica a Marco Vagnozzi, Presidente del Consiglio Comunale, dopo la denuncia al Prefetto, di Giampaolo Lavagetto e Cecilia Zanacca per la mancata risposta in merito alla petizione "Città Sicura" che aveva raccolto oltre 200 firme. -
"Caro Presidente del Consiglio Comunale di Parma,
La sua "repentina" risposta alla nostra richiesta di intervento da parte del Prefetto di Parma al fine di vedere tutelate le richieste di oltre 2000 cittadini di Parma relativamente alla petizione "Città Sicura", più che da portavoce dei cittadini ( ci sembra che sia questo il modo in cui si facciano chiamare gli eletti del M5S), rischia di apparire come una stizzita replica stile Prima Repubblica. E' davvero questo il punto cui il logorio dell'amministrazione vi ha portato ? Speriamo davvero di no! Diversamente tutti i proclami che vi hanno portato ad amministrare la città, sarebbero svaniti nel nulla come una bolla di sapone!
Caro Presidente, a noi non interessa la polemica pretestuosa, ne tanto meno gli attacchi personali, ma il rispetto dei diritti dei Cittadini di Parma. Quello ci sta davvero molto a cuore!
Ci siamo infatti rivolti al Prefetto di Parma semplicemente perchè non avevamo avuto alcun riscontro da chi di dovere; soprattutto non l'avevano avuto più di 2000 parmigiani che, confidando nell'attuale amministrazione, avevano scelto un modo da voi caldeggiato (vedi attuale statuto comunale) per risolvere questioni particolarmente urgenti. Un anno di totale silenzio avrebbe scatenato reazioni ben più energiche di quelle da noi seguite, assolutamente in linea con quanto previsto dalla legge. Soprattutto perchè ci era parso che il suo movimento facesse di questo tema un cavallo di battaglia; non è forse vero?
Da 12 mesi le viene gentilmente chiesto dai primi firmatari della petizione di fare chiarezza sull' iter della medesima, visto che lo Statuto impone all'Ente di fornire agli interessati, risposta ai quesiti posti. Solo ora, purtroppo a seguito di quello che abbiamo ritenuto dover fare per tutelare la fiducia ricevuta da oltre 2.000 Parmigiani, ci si risponde che la responsabilità del ritardo sembra essere dell' intero Consiglio Comunale. Soprattutto, apprendiamo che in modo unilaterale si è deciso, senza interpellare gli interessati, di sciogliere la petizione in una unica seduta con altre iniziative dei Consiglieri, cosa che non ci sembra rispettosa dei cittadini firmatari ne dello stesso Statuto.
Naturalmente agendo nell'interesse dei cittadini di Parma, siamo ancora assolutamente pronti a riprendere il discorso in modo costruttivo con lei e con tutto il Consiglio Comunale, a patto che tutto si svolta con la massima urgenza e condivisione. A tale proposito, ci sembra doveroso che i primi firmatari della petizione siano invitati nella sede di quella che lei ha annunciato essere la prossima discussione della mozione, al fine di potere illustrare ai consiglieri il punto di vista degli oltre 2.000 parmigiani firmatari.
E' forse pretendere troppo?
Cecilia Zanacca - Giampaolo Lavagetto
Denuncia al Prefetto di Parma per mancato rispetto dello Statuto Comunale relativamente alla petizione "Città Sicura" da parte del Consiglio Comunale. -
Parma, 14 settembre 2015 -
Il movimento PRIMA PARMA - TERRITORIO & AUTONOMIA informa in una nota di aver presentato denuncia questa mattina al Prefetto di Parma relativamente al "comportamento grave e scorretto tenuto dal Presidente del Consiglio Comunale di Parma" per la petizione "Città Sicura" - si legge.
"Il Consiglio Comunale infatti a distanza di più di un anno deve ancora dare risposta agli oltre 2000 parmigiani che hanno sottoscritto la petizione di cui sopra.
Questo comportamento oltre al mancato rispetto dei cittadini firmatari, non tiene conto di quanto stabilito in materia dallo Statuto stesso del Comune di Parma.
Questa denuncia vuole essere un ulteriore tentativo perché le autorità competenti prendano in seria considerazione quanto denunciato / proposto dai cittadini di Parma e, senza ulteriori ritardi, si facciano carico dell'attuale grave situazione della nostra città per quanto riguada la SICUREZZA."
Alleghiamo lettera inviata al Prefetto di Parma
Cecilia Zanacca - Gianpaolo Lavagetto
La nota stampa di Cecilia Zanacca, leader di Prima Parma-Territorio & Autonomia sulla petizione per Parma "Città Sicura": "Bene la raccolta firme sulla differenziata. Ora, però, il Consigliere Ghiretti coerentemente si attivi i affinché il consiglio comunale dia risposta agli oltre 2.000 parmigiani che hanno sottoscritto la petizione." -
Parma, 14 settembre 2015 -
Da ormai oltre 1 anno, più di 2.000 parmigiani attendono che il Consiglio Comunale di Parma dia una risposta alla petizione sul progetto "Città Sicura". Nel settembre dello scorso anno, infatti, il Presidente del Consiglio Comunale, in chiusura della discussione, si era impegnato a trasformare in mozione la petizione affinché, come da Statuto, fosse data una risposta ai firmatari. Da allora numerosi appelli ai consiglieri sono stati fatti affinché venisse mantenuto l'impegno preso. Non ultimo, l' appello di oltre 10 consiglieri di quartiere inviato a giugno di quest'anno a tutti i capigruppo, ma anche questo toltalmente ignorato dai destinatari. Prendiamo atto che il consigliere Ghiretti, con il suo gruppo Parma Unita, in questi giorni ha avviato una condivisibile raccolta firma sulla petizione per un miglioramento della raccolta differenziata. Augurandogli il buon esito dell' iniziativa e complimentandoci per la meritoria iniziativa, ritenendo assolutamente condividibile il fatto che non esistano firme di cittadini di Parma di serie A e di serie B, chiediamo al Consigliere Ghiretti di attivarsi al fine di stimolare il Consoglio Comaunale a dare la doverosa risposta, ormai attesa troppo a lungo.
Ci auguriamo pertanto che, finalmente tutti i parmigiani sottocrittori della petizione "Città Sicura" abbiano la dovuta attenzione e risposta.
Cecilia Zanacca
Prima Parma - Territorio & Autonomia
Siamo tornati ad essere un grande Paese. Abolizione dell'IMU e della Tasi, maggiori risorse ai comuni, crescita industriale pari alla Germania (o forse è vero il contrario) e aumento dei contratti a tempo indeterminato. Come non si può riaccendere la fiducia godendo di condizioni così favorevoli. E allora fiato alle trombe di regime. Come rimpiangere la libertà di espressione degli anni 60 e settanta.
di Lamberto Colla - Parma, 13 settembre 2015 -
"Bisogna ridare fiducia" è il Renzi pensiero che nei giorni scorsi ha attraversato l'etere e si è diffuso nei milioni di tubi catodici degli italiani. E se qualcuno fosse stato distratto nel seguire i suoi amici su facebook, tranquilli, l'informazione di regime lo raggiunge anche lì.
Il premio per tanto penare di questi anni di crisi e per le politiche economiche poco efficaci messe in campo dal governo Renzi è l'annullamento della tanto odiata tassa sulla casa. Ecco che l'annuncio a sorpresa di Matteo Renzi squarcia il cielo e giura che l'IMU e la Tasi saranno rimosse e il 16 dicembre sarà l'ultima volta che saranno iscritte nel calendario dei pagamenti degli italiani.
L'annuncio del taglio dell'odiate imposte avviene una quindicina di giorni dopo il garbuglio della pubblicazione dei dati del Ministero del Lavoro che avrebbero dovuto sostenere il precedente claim ottimistico di Renzi "I segnali di ripresa ci sono ma vanno colti"
Dopo il pasticcio del 25 agosto - giorno della pubblicazione di dati del Ministero del Lavoro sbagliati del 100% - scorso c'era quindi Bisogno di una nuova iniezione di fiducia ed ecco che con la "sparata" del taglio dell'IMU il premier sale in cattedra nel talk show più visto da grandi e piccini, quel "Porta a Porta" che è sempre stato il rifugio sicuro per ogni nostro primo ministro.
Ma l'euforia alle volte gioca brutti scherzi e il nostro pirotecnico Capo del Governo si lancia in regali, premi e ricchi cotillon per tutti, Comuni compresi: "togliamo Imu e Tasi e daremo ai sindaci un assegno corrispondente".
Una frase che si può interpretare solo in modo, a meno che non si vada rubare all'estero, magari sul PIL della Germania, l'IMU e la Tasi saranno tolte ma, c'è da esserne certi, gli strateghi del ministero delle Finanze riusciranno nell'impresa di inventarne di altre o di fare qualche aggiustamento qua e là di qualche aliquota (già pronta l'Iva al 24% per il 2016), incrementando l'accise sui carburanti o qualche altra diavoleria.
Altrimenti con cosa si potranno alimentare i Comuni? Non certo con il maggior gettito d'Iva che tra riduzione dei consumi e evasione fiscale l'Italia si colloca ai vertici d'europa preceduta solo da Romania Lituania, Slovacchia e Grecia.
La fiducia che tanto si vorrebbe insufflare negli italiani non può venire così rapidamente depressa da incidenti di percorso che, seppure leggeri, sono stati colti da qualche giornalista, vorace di trovare notizie diverse dalle solite e a caccia di ogni dettaglio, sfumatura o inflessione dei rappresentanti del Governo.
Serve una bomba! E bomba sia.
L'ISTAT riesce, scavando a fondo, a tirare fuori il coniglio dal cappello a cilindro. A luglio La produzione industriale segna il +1,1%.
Finalmente una notizia positiva che non verrà smentita. La fiducia nel Governo e nelle sue politiche economiche tornerà a crescere perché, e qui il tocco di classe dell'improvvisazione scenica, "L'Italia è in ripresa, cresciamo come la Germania".
Peccato che ormai sia la Germania crescere come l'Italia e che il Bluff della ripresa Europea presto o tardi verrà a galla.
Un paio d'anni fa venne introdotto l'artificio contabile di inserire al bilancio nazionale dei Paesi UE, ovviamente nella quota attiva, le presunzioni di ricavi derivanti dal lavoro nero, dalla attività di prostituzione e altre amenità illecite, prossimamente saranno i profughi a dare un'aiutino ai bilanci potendo, stando alle anticipazioni dei giorni scorsi, gli Stati defalcare i costi sostenuti per l'accoglienza dei profughi.
Purtroppo c'é poco da essere ottimisti.
Nonostante gli slogan di fiducia del Premier, ridondati dai media come fossero degli uffici stampa presidenziali, ci sono due dati inquietanti che raccontano di una Italia diversa:
1. siamo il Paese OCSE che registra il maggior numero di crisi aziendali. Mentre gli altri Paesi hanno avviato un processo di arretramento l'Italia ha visto incrementare del 66,3% i fallimenti dal 2009 al 2014.
2. l'ISTAT dal 2012 ha interrotto la registrazione, o meglio la divulgazione, dei dati relativi al numero di suicidi. L'ultimo dato risale al 2010 con 187 casi e 245 tentativi. (121 suicidi nel primo semestre 2015 secondo l'Osservatorio dei Suicidi)
Rimpiango la libertà di espressione degli anni 60 e settanta. Una libertà all'epoca non percepita ma che, a ben guardare (vedi foto di copertina) la rassegna di manifesti esposti nell'archivio del CSAC (Centro Studi e Archivio di Comunicazione) dell'Università di Parma, la maggior parte di quelli oggi non sarebbero tollerati, gli autori denunciati e perseguiti con enormi ammende economiche stratosferiche.
Se questo è il prezzo della modernità ne farei volentieri a meno.
In fuga dall'inferno. Una crisi migratoria senza precedenti. La doppia responsabilità del'Europa: dai bombardamenti all'accoglienza, l'UE ha mostrato i lati peggiori di questo continente che da culla delle civiltà sta rapidamente virando a culla delle inciviltà.
di Lamberto Colla - Parma, 6 settembre 2015 -
Dal giorno in cui tutti popoli dell'Unione Europea festeggiarono, in contemporanea, l'introduzione dell'Euro a oggi sembra sia trascorso qualche secolo invece di soli 13 anni.
Era il primo gennaio 2002. Sembrava venisse realmente suggellato il definitivo processo di integrazione di diversi popoli che, solo poco meno di sessant'anni prima, si erano confrontati con le armi. La moneta unica europea che avrebbe dovuto fare da catalizzatore delle politiche comuni, faceva finalmente il suo ingresso trionfante nei salotti buoni della finanza.
Alla mezzanotte di tredici anni fa i fuochi artificiali illuminarono il cielo della Banca Centrale Europea a Francoforte; il Pont Neyf a Parigi venne illuminato di blu con 12 raggi di luce che simboleggiavano le dodici nazioni in cui l'Euro era divenuto la valuta corrente. Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica, spendeva i suoi primi 154 centesimi di euro per pagare due caffè, uno per sé e uno per la moglie al Caffé Gambrinus di Napoli e il Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, a Vienna, comprava un mazzo di rose per la moglie Flavia. Pagando in euro, ovviamente. Le abitudini di spesa cambiavano, quella notte, per 300 milioni di persone.
Dopo Shenghen, l'introduzione della moneta unica rappresentava l'ultimo passaggio per condurre l'UE verso quell'unificazione capace di fare definitivamente dimenticare gli orrori delle due guerre mondiali e con la forza del collettivo porsi come autorevole interlocutore internazionale ergendosi quindi a grande superpotenza.
Su Repubblica, Ezio Mauro scriveva un'editoriale che pur celebrando l'importanza dell'evento metteva in luce le debolezze con le quali l'Euro faceva il suo ingresso nella buona società elencando quelle previsioni che poi non si sono realizzate:
"La moneta appare nuda perché nasce senza uno Stato che possa batterla, senza un esercito che sappia difenderla, senza un governo che riesca a guidarla, e infine senza un sovrano capace di rappresentarla e politicamente di "spenderla" nel mondo. Ma la stessa moneta creerà da sola, e impetuosamente, identità europea, coscienza comune, sovranità."
Solo 5 anni dopo si manifestarono i primi effetti negativi di una operazione venuta alla luce senza il reale consenso politico e senza una chiara e forte politica condivisa. E' il 2007 e fa il suo ingresso in scena una crisi finanziaria senza precedenti alla quale segue quella economica che tutto travolge, compresi i valori etici, aprendo le porte a spinte nazionaliste e arroganze imperialiste che sembravano sopite. Invece, come un cancro, il male si è infiltrato a tutti i livelli andando rapidamente a distruggere, negli otto anni successivi, quanto costruito nei 50 anni precedenti falcidiando i Paesi Euro (da 12 a 19 con il regno Unito sempre fuori) e il sogno di identità europea, di coscienza comune e sovranità tanto auspicata da Ezio Mauro.
Il culmine però si è raggiunto con la questione mediorientale e del nord africa. Dalla complicità nei bombardamenti in Iraq ai diretti bombardamenti in Libia, dal non intervento (politico) in Siria alla posizione sanzionatoria e di appoggio militare della questione Ucraina - Russia, l'Europa è riuscita a esprime il peggio e il contrario delle aspettative di ciascuno di noi.
L'effetto di questa antipolitica europea l'abbiamo davanti a noi tutti i giorni con popolazioni intere che spingono alle frontiere degli Stati membri capaci di respingere, murare da un lato o accogliere e lasciare transitare senza ordine dall'altro migliaia di disperati in fuga dagli inferni creati dal mondo occidentale (USA e Europa).
Il risultato è morte e distruzione. Dapprima furono le carrette del mare a portare sul vecchio continente attraverso il più vicino approdo, l'isola di Lampedusa barconi di profughi.
Un fenomeno che da quel giorno si è mostrato in costante evoluzione e che l'Ue non ha assolutamente voluto osservare lasciando all'Italia il compito di soccorre e arginare, malamente, quei primi anni di esodo.
Il mediterraneo è perciò diventato un cimitero accogliente per migliaia di bambini, donne e uomini in fuga dai territori di guerra ma ancora nulla. L'Ue è sorda e, oltre a deridere l'Italia, non promuove nessuna azione di analisi e previsione del fenomeno nè tantomeno delle politiche condivise per intervenire e arginare questo esodo biblico che si stava annunciando e impietosamente materializzato a metà estate alle frontiere orientali e del sud europa prendendo alla "sprovvista" coloro che hanno la presunzione di governare l'UE.
Ormai la pressione umanitaria alle frontiere è incontenibile e non ci sono nè muri, nè filo spinato nè cordoni militari in grado di arrestarla e è di poche ore fa la dichiarazione del Pentagono che il fenomeno migratorio non si arresterà prima di vent'anni.
Un fenomeno fuori controllo come fuori controllo è la lucidità delle donne e degli uomini di governo.
Basti pensare che il premier Cameron nell'arco di 48 ore ha dichiarato la chiusura delle frontiere anche per gli europei sneza lavoro e in seguito ha affermato la disponibilità illimitata ai richiedenti asilo, altrettanto la Merkel prima mette in discussione Shengen e il trattato di Dublino poi chiede il sostegno di tutti a favore dell'Italia che non può essere lasciata sola sul fronte sud.
Ora è tardi per una politica estera e dell'accoglienza. Al massimo si potranno arginare e prevenire effetti ancor più nefasti ma niente più.
E pensare che il preambolo alla carta dei diritti dell'uomo del 2000 annunciava che "l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; (...) Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia."
E invece è l'apocalisse e il simbolo di questo sta nell'immagine di copertina del Manifesto e dal suo titolo, discutibile ma sicuramente d'effetto e comunque in sintonia con il cinismo europeo, che accompagna l'immagine: "Niente Asilo".
Già, niente asilo per quel bimbo, dell'apparente età di tre anni, con i calzoncini blu e maglietta rossa che a faccia in giù sembra dormire sulla spiaggia turca.
Calzoncini blu e maglietta rossa sono una divisa per i bambini di quell'età che dovrebbero solo pensare a giocare, mangiare e rincorrere le coccole dei genitori e dei nonni e invece...
D'altra parte è sempre stato così abbiamo fatto finta di non accorgerci delle miserie dell'altro mondo e ora che approdano sulle coste e spingono ai confini di stato si ergono barriere e si dà in isteriche escandescenze solo perchè la miseria non la si osserva più ma la si tocca con mano.
Mi auguro che il sacrificio di quel bimbo abbia realmente smosso le coscienze dei grandi della terra e chissà che un giorno si possa scoprire che il nome di quel bimbo fosse Salvatore.
Possa oggi Salvatore correre e giocare spensierato in Paradiso raccogliendo per sempre quanto in terra gli è stato negato.
Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa di Cecilia Zanacca, leader di Prima Parma sull'assegnazione degli alloggi ERP. -
Parma, 1 settembre 2015 -
A breve si aprirà il nuovo bando per l'assegnazione degli alloggi ERP a Parma.
Sono oltre 1600 le domande arrivate all'ufficio competente con la richiesta di assegnazione di detti alloggi.
Il regolamento che detta le condizioni ed il punteggio per avere queste case, è stato negli anni più volte fonte di polemiche e malcontento.
Indubbio che si debba dare priorità a quei cittadini di Parma che, da più tempo vi risiedono e che, con il loro lavoro, impegno ed attaccamento al territorio, hanno contribuito in modo importante al nostro benessere comune. Il regolamento in vigore certamente non assicura tutto questo.
Chiediamo quindi che chi incaricato per legge, metta mano immediatamente ad una revisione integrale di questo regolamento e che ne modifiche quelle parti che risultano decisive per rispettare la priorità di noi Parmigiani.
In primis modificare i punti B8 (relativo ai nuclei famigliari che rientrano in Italia) e B10 (anni di residenza nel Comune di Parma alla data di presentazione della domanda).
Non è più il caso di prendere sottomano questo problema; è invece obbligatorio portare rispetto ai nostri concittadini in evidente ed accertata difficoltà.
Si sa che in tempi di crisi come quello che tutti noi stiamo attraversando, ogni risorsa è preziosa; questi alloggi possono consentire una vita dignitosa a coloro che al momento davvero non riescono a farcela!
Lavoro, assistenza sanitaria, wellfare: tante cose dovrebbero essere migliorate!
Iniziamo allora da qui: diamo le case disponibili ai Parmigiani!
Cecilia Zanacca
Nell'interrogazione rivolta alla Giunta, la consigliera afferma che "le numerose crisi aziendali, che colpiscono segmenti chiave del manifatturiero emiliano-romagnolo, testimoniano purtroppo il perdurare di una crisi che continua a gravare sull'economia e sull'occupazione regionale". -
Bologna, 31 agosto 2015 -
"Rivedere le politiche in materia di lavoro" alla luce dei dati Inps dei primi sei mesi del 2015, da cui emerge che l'Emilia-Romagna, seppure aumentino i contratti a tempo indeterminato, è lontana da aver superato la crisi.
E, inoltre,"intervenire con politiche mirate per dare impulso alla crescita di imprese giovanili sul territorio regionale" e "attivare un piano diretto alla valorizzazione delle competenze dei lavoratori adulti espulsi e a forme di impegno condiviso, a livello territoriale, per il loro rientro al lavoro".
Sono queste alcune delle richieste rivolte alla Giunta regionale dalla consigliera Giulia Gibertoni (M5s), che, in un'interrogazione, afferma come i dati rivelino "l'inefficacia delle costosissime politiche di sostegno attuate dalla Regione per le imprese interessate, drenando per anni fondi europei, regionali e statali, senza centrare l'obiettivo di salvataggio delle aziende e dei posti di lavoro".
La consigliera sollecita quindi il governo regionale a richiedere, in particolare nella Conferenza Stato-Regioni, la revisione delle politiche per il lavoro che poggiano su azioni dirette a salvaguardare i servizi esistenti (Garanzia giovani) o sulla convinzione che il lavoro si crei con nuove norme (Jobs Act) per indirizzare queste politiche su strategie di investimento e di riqualificazione dei servizi.
La Giunta dovrà anche richiedere, nelle sedi di confronto fra Regioni, "l'adozione di strumenti condivisi, trasparenti, chiari e non mendaci per la misurazione dei fenomeni in corso nel campo dell'occupazione, evitando le clamorose smentite del ministero".
Gibertoni, infine, invita l'esecutivo regionale a sostenere il progetto di legge del M5s 'Misure regionali denominate Reddito di Cittadinanza', finalizzato a "promuovere reinserimenti lavorativi, nuova occupazione e sostegno economico a chi è in difficoltà".
Nel testo, la consigliera sostiene che "la scommessa del Presidente della Regione di creare 120.000 posti di lavoro in cinque anni, con un abbassamento al 4,5% della disoccupazione (oggi all'9%), sembra lontana dalla sua realizzazione" e che dai dati emergerebbe come la tendenza in regione a una contrazione sia delle imprese giovanili che delle altre sia "più pesante di quella nazionale".
"Le numerose crisi aziendali che colpiscono segmenti chiavi del manifatturiero emiliano-romagnolo, sono purtroppo una testimonianza- afferma- del perdurare di una crisi che continua a gravare sull'economia e l'occupazione regionale, segnata da difficoltà strutturali anche nel comparto agricolo ed in quello turistico" e che gli strumenti messi in campo, come il Patto per il lavoro, recentemente siglato, o come le ultime leggi regionali di riordino o sulle persone con fragilità e vulnerabilità, non concorreranno a superare.
(Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell'Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa )
(cr)
(fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Per Cecilia Zanacca, leader di Prima Parma - occorre riportare i cittadini a essere protagonista dei progetti della città e lamenta l'inconsistenza della minoranza in consiglio comunale.
A seguire il comunicato stampa di Prima Parma - Territorio & Autonomia -
Consiglieri di Minoranza. .. se ci siete battete un colpo!
Noi parmigiani, quandanche non impegnati direttamente in politica, non abbiamo proprio il sentore della presenza dei Consiglieri di Minoranza in Consiglio Comunale, eccezion fatta per qualche sparuto e poco incisivo intervento a volte anche solo opportunistico.
Fotografia del Consiglio Comunale: Maggioranza - sindaco in primis, più impegnati a salvare la faccia anche sfruttando l'impatto mediatico del M5S a livelli nazionale che desiderosi di risolvere situazioni al limite. Minoranza assolutamente priva sia di una linea politica che di progetti operativi, capace di sfruttare scelte infelici dei vari assessori (per loro fortuna hanno molto materiale a disposizione!) o di vestire gli abiti di angeli custodi di cittadini in difficoltà ... senza peraltro risolvere nulla !!!
È ben vero che ormai la politica a Parma non appartiene più al Consiglio Comunale ma ai singoli cittadini, alle associazioni ed ai nuovi movimenti politici che avranno l'ardito compito di lavorare con costanza, onesta e senso etico; perchè solo così sarà possibile riprendere a CRESCERE
Solo riportando i cittadini ad essere protagonisti dei progetti della città considerando la qualità della loro vita come elemento essenziale e prioritario (e per qualità della vita, parliamo di casa, lavoro, scuola, disabili, ecc.) rispetto a tutto il resto, ridaremo loro fiducia nelle istituzioni e negli amministratori.
Noi di Prima Parma - Territorio & Autonomia vogliamo riportare la nostra città a quel ruolo di protagonista che le compete per storia e cultura; un ruolo quasi raggiunto anni fa, perso poi per i fatti a tutti noti ...
Faremo anche di più; vigileremo sulla correttezza ed opportunità delle scelte dell'attuale amministrazione (es. Nomina di Giorgi a Direttore Generale...) non credendo più da tempo nel lavoro della maggioranza ma neppure in quello della Minoranza che, ahimè, tanto parla ma nulla fa!
Cecilia Zanacca
Prima Parma - Territorio & Autonomia
Ripresa, "I segnali ci sono e vanno colti", dice Renzi. Una ripresa ci sarà pure, diciamo noi, ma nessuno la vede. Più dell'ottimismo occorre una gran dote di fantasia per leggere i segnali positivi. Se poi i dati da interpretare sono quelli del lavoro, dobbiamo aggiungere i dubbi sulla correttezza delle fonti.
di Lamberto Colla - Parma, 30 agosto 2015 -
Renzi: "Abbiamo una cornice complicata, ma la ripresa c'è": "I segnali ci sono e vanno colti".
Sono per caso i dati dell'occupazione che dovrebbero mettere il buonumore, diffusi il 25 agosto e rettificati, nientepopodimeno che dimezzati, il giorno successivo? O forse dovremmo brindare al prossimo aumento dell'aliquota iva (25,5%) che darà il definitivo colpo di grazia ai consumi e alla ripresa economica?
C'è poco da essere ottimisti, le uniche promesse che siamo sicuri verranno mantenute riguarderanno l'imposizione fiscale che, di governo in governo, è sempre cresciuta, fatto salvo il periodo berlusconiano. L'unica condizione che potrebbe fare sfumare l'introduzione automatica relativa all'incremento dell'aliquota iva (introdotta nella legge di stabilità 2015) sarebbe l'attuazione di una drastica riduzione delle spese (spending review) o una forte ripresa economica.
Considerato che i segnali della ripresa sono debolissimi - l'OCSE ha calcolato che nel secondo trimestre il pil dell'Italia è salito di appena lo 0,2% - e che di spending review non se ne sente più parlare da quando Cottarelli se ne è tornato al suo ufficio del FMI in quel di New York, ecco che, non può essere diversamente, la definitiva botta ai consumi e di conseguenza all'occupazione, verrà con gli scatti delle aliquote Iva programmate.
Forse per addolcire la pillola o forse per eccesso di protagonismo, dal palco di CL Renzi è tornato a promettere un riduzione delle tasse e soprattutto l'eliminazione di quelle sulla casa per tutti.
Il tempo di un panino e il Premier è stato prontamente sbugiardato dal ministro Padoan. Così, sempre dal palco del Meeting di Rimini, il ministro, senza ma e senza se, ha richiamato il Premier alla realtà sottolineando che, in merito alla prospettata ipotesi renziana di tagliare le tasse sulla casa per tutti, «per essere credibili bisogna tagliare la spesa».
Una pugnalata alla schiena ma è, purtroppo, la sacrosanta realtà.
Il tempo sta per scadere e la bomba a orologeria sta per esplodere se non verrà disinnescata con la spending review. L'aumento dell'Iva sarà automatico, ossia non saranno necessarie né nuove norme, né decreti, provvedimenti o quant'altro per consentire al governo di valersi di tale clausola di salvaguardia. Clausola di salvaguardia, voluta dall'UE, da applicarsi nel caso in cui non si fosse dato seguito alla revisione della spesa pubblica.
Dunque, se tutto rimarrà così com'è, tra circa 4 mesi scatterà il primo dei tre aumenti programmati. In particolare: dal 10 al 12% nel 2016, al 13% nel 2017 e dal 22 al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 ed al 25,5% nel 2018.
Tutto questo è certo, scritto, certificato e sottoscritto.
Difficile che nel corso dell'imminente autunno si riesca a pianificare una riduzione di circa 20 miliardi. L'obiettivo complessivo di 32 miliardi (pari al 2% del PIL) avrebbe dovuto completarsi con la ripresa economica e da realizzarsi nel periodo 2014-2016.
Orbene il 2014 è trascorso e il 2015 sta finendo. I consumi stagnano e la ripresa misura 0,2%. Dei tagli alla spesa pubblica non v'è segnale. Il risultato perciò sarà la deflagrazione dell'Iva al 24% dal 1 gennaio 2016.
Sul fronte occupazionale non è che stia andando benissimo nemmeno lì.
Gli effetti delle manovre (alleggerimento della contribuzione, jobs act e il programma Garanzia Giovani) messe in campo dal Ministero del Lavoro stentano a manifestarsi.
I conti non tornano e il Ministero del Lavoro, come sopra anticipato, ha dovuto correggere i dati sul numero dei contratti resi noti il giorno precedente dopo che ad accorgersi dell'errore erano stati "Il Manifesto" e "Repubblica", perché quelli su cessazioni, collaborazioni e apprendistato erano stati calcolati male. In conclusione il numero dei contratti aggiuntivi a tempo indeterminato è stato dimezzato passando da 630.585 a 327.758 rispetto allo stesso periodo del 2014 (gennaio- luglio). Un insieme di valori che comprende anche le stabilizzazioni, favorite dagli sgravi contributivi concessi da gennaio al datore di lavoro che trasforma un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato.
Non si può negare che un effetto positivo non ci sa stato, ma i numeri sono ancora irrisori.
E non potrebbe essere diversamente considerato che l'occupazione c'è se c'è lavoro e se c'è lavoro c'è consumo.
Invece i consumi stagnano nonostante tutto.
Nonostante che per restare a galla molte famiglie abbiano fatto incetta di ogni catenina, anelli, orecchini sparsi nei cassetti di casa e venduti ai vari "compro oro" e similari cresciuti come funghi in tutta la penisola. Ma anche le medagliette d'oro della cresima sono finite e i gli stessi negozi, sorti sull'onda della crisi, stanno chiudendo. Dei 35.000 che erano nel 2011 sono rimasti circa 20.000 e a detta di Oroitaly, l'associazione nazionale che associa tutta la filiera orafa di alta qualità dagli artigiani, alle piccole e medie imprese del settore, dai grossisti ai negozi di gioielleria, "gli italiani hanno esaurito il loro 'tesoretto - afferma all'Adnkronos Gianni Lepre, segretario generale di Oroitaly - hanno venduto tutto quello che avevano, compresi i gioielli che avevano in casa".
E' un'ulteriore segnale che la difficoltà è distribuita sul territorio e prende sempre più in largo. Ogni intervento attuato oggi dal Goerno sarebbe in ritardo ma meglio di niente; salviamo il salvabile.
Quello che penso è che il conto alla rovescia è quasi al termine e andrà a termine perché le istituzioni sono nella più totale confusione.
La farsa del funerale di Vittorio Casamonica ne è l'emblema.
Con l'isis alle porte fa venire i brividi pensare che un elicottero sia riuscito a sorvolare Roma spargendo petali rossi.
Ma il siparietto più brutto è stato offerto proprio dai vertici delle istituzioni. Un coro di "non siamo stati avvertiti", "non sapevamo" che lascia perplessi sulle loro capacità ma anche sulla dignità di chi rappresenta quelle istituzioni, statali, periferiche e locali che siano.
Finora a farne le spese è stato solo l'elicotterista ma credo che l'elenco dei signori da "decapitare" sia lungo anche se, come è probabile, oltre al commissariamento del Municipio di Ostia non si andrà e l'elicotterista, vista la sua perizia, verrà assunto da qualche corpo speciale.
Caro Renzi, c'è ben poco da brindare!
«La vicenda dei profughi in servizio alla festa dell'Unità (ops, Festa Reggio) offre l'occasione di riflettere su regole e privilegi» è l'invito di Donatella Prampolini Manzini, presidente di Confcommercio – Imprese per l'Italia Reggio Emilia, che interviene su una questione i cui contorni non sono ancora ben definiti. «Chiaramente non ci riferiamo ai profughi, quando parliamo di privilegi. Bensì ai partiti» continua Donatella Prampolini Manzini: «Non si capisce perché tante e sempre più soffocanti regole, tasse e obblighi burocratici debbano gravare sui cittadini e le imprese, e sempre più privilegi, esenzioni, eccezioni siano consentiti alla politica e ai propri engagé. Che poi sono quegli stessi soggetti che da un lato deliberano libertà, emolumenti, incarichi e privilegi per se stessi, e dall'altro impongono tasse, vincoli e adempimenti al Paese.»
«Le regole, dicevamo. Quelle che riguardano la somministrazione, ad esempio –spiega Donatella Prampolini Manzini- possono avere diverse finalità. La tutela del consumatore, per cominciare. Allora ci chiediamo: se un'impresa che fa ristorazione deve rispettare una lunga serie di adempimenti e standard per l'igiene, la manipolazione degli alimenti, la loro qualità, provenienza e confezionamento, ecc., davvero le feste di partito non sono tenute al rispetto integrale di quegli stessi standard? Se la lente è quella della sicurezza del consumatore, ma per tanti altri aspetti il discorso non cambia, le due posizioni non possono essere diverse: o non devono essere consentite certe eccezioni al ristorante della festa di partito, perché ne va della salute del consumatore, oppure certe regole sono eccessive o inutili e allora vanno tolte anche al ristorante-impresa».
«Anche agli imprenditori, poi, piacerebbe avere dei "volontari". Fuori dalla provocazione –spiega Donatella Prampolini Manzini- intendo dire che noi non possiamo neppure sognarci di farci dare una mano, ad esempio, dai nostri famigliari. L'anno scorso un pizzaiolo si tolse la vita perché aveva ricevuto una sanzione pesantissima in quanto la moglie lo aveva aiutato ed era stata pizzicata dall'ispettorato del lavoro. Quanto ai requisiti professionali dei volontari se, ad esempio, manipolano degli alimenti, occorre che abbiano svolto un corso di abilitazione».
«Abbiamo parlato anche di benefici –prosegue Donatella Prampolini Manzini-: per esempio quelli fiscali. Perché mai questa politica che chiede a cittadini e imprese sempre più sforzi continua ad arrogarsi il diritto dell'esenzione, della prebenda, del trattamento favorevole? Non si capisce perché il ricavato dell'impresa debba essere tartassato, il reddito del lavoratore falcidiato, e i ricavi della festa di partito... esentati! Li versassero integralmente a soggetti di utilità e interesse generale, quei ricavi: al centro di ricerca o di cura di malattie particolari; all'associazione di volontariato che si dedica a questo o quel problema che riguarda le persone, l'ambiente o quant'altro; ecc. diversamente, che le feste di partito continuino ad avere tutti questi vantaggi proprio non si giustifica e, francamente, non se ne può più».
A seguire il comunicato stampa pervenuto dall'avvocato Massimo Rutigliano. "PIZZAROTTI – GIORGI E PD!!! " Nei giorni scorsi sulla stampa locale è apparsa la notizia che il dott. Marco Giorgi, attuale Presidente di ASP di Parma, sarebbe stato nominato quale nuovo Direttore Generale del Comune di Parma.
Due riflessioni:
A) sono convinto che tale nomina sia avvenuta quantomeno in violazione dell'art. 4 D.L.vo n. 39/2013 posto che ASP, stando al bilancio al 31/12/2014, ha ricevuto finanziamenti dal Comune di Parma quale contributo "per le spese di funzionamento generali aziendali". Dubito che tale fondamentale circostanza sia stata adeguatamente valutata e portata a conoscenza di chi dovrebbe aver esaminato la questione.
Le conseguenze sono molto gravi e sono certo che il Responsabile Anticorruzione del Comune di Parma vigilerà al riguardo. In ogni caso la sottoporrò direttamente anche all'Autorita' anti corruzione presieduta dal dott. Cantone ed alla Corte dei Conti;
B) quale iscritto al PD mi auguro che si sia trattato di una mera (quanto – ma solo sul piano personale - legittima) ambizione del dott. Giorgi e non già di un tentativo di inciucio di una parte del PD con l'ormai ex 5S Sindaco Pizzarotti che, resosi conto della sua totale inadeguatezza quale amministratore (anche se all'esterno cerca di vanitosamente raccontare il contrario), stà cercando in tanti modi di trovarsi una qualche nuova collocazione, evidentemente ritenendo che il suo "genio" non meriti di tornare al suo precedente lavoro.
Senonchè un tale tentativo di inciucio sarebbe una delle operazioni politiche più stupide che chi lo volesse praticare potrebbe compiere (indipendentemente da ipotetiche induzioni in errore extra comunali).
Ritengo che tale operazione sarebbe gravemente stupida in quanto:
1) la politica è fatta di confronto di idee e non di giochini (ancor più se giocati da pessimi giocatori) la cui perpetuazione ha portato le persone ad allontanarsi dalla politica (le percentuali dei votanti lo confermano, così come lo confermano i voti in favore di movimenti politici di protesta che, però, alla resa dei conti, una volta conquistato il "potere", hanno manifestato la loro incapacità di amministrare e la loro piena capacità di "banchettare" a spese della collettività. Ci ricordiamo il cerchio magico di Bossi, maestro di Salvini?);
2) Federico Pizzarotti, politicamente parlando, è ormai un sorridente "cadavere che cammina". Camminare con un cadavere è vivamente sconsigliato;
3) Il consenso si conquista con le idee e la capacità di amministrare, non con altro. Il Sindaco, purtroppo per Parma, queste qualità ha dimostrato di non possedere;
4) Il PD ha l'obbligo di presentare alla città un programma serio e realistico, aprendosi al contributo ed alla partecipazione delle persone che hanno davvero a cuore l'interesse della città.
Se questo non dovesse accadere (ma il PD della città di Parma stà operando proprio in questo modo, a partire dalla lodevole iniziativa ParMap) altre, più amare e piu drastiche non potranno che essere le riflessioni e le scelte.
Parma, 26 agosto 2015
Massimo Rutigliano
Una risoluzione, a firma del consigliere Foti, impegna la Giunta regionale a verificare, insieme ai competenti organi di Polizia, la reale situazione in cui versano le maggiori stazioni dell'Emilia-Romagna e in particolare quella di Bologna e a promuovere azioni che garantiscano la tutela e la sicurezza dei viaggiatori e di chi opera in quei contesti
La situazione in cui versano le principali stazioni ferroviarie non è più tollerabile visto il "costante aumento" di "borseggi, scippi, rapine, aggressioni verbali e fisiche da parte di persone di varie etnie che inducono, quando non obbligano, i viaggiatori a usufruire dei loro servigi in cambio di denaro e, in caso di risposta negativa, fanno oggetto il malcapitato di insulti e maltrattamenti".
Lo scrive il consigliere Tommaso Foti (Fdi-An) in una risoluzione, dove segnala che le stazioni, e in particolare quella di Bologna, si stanno riducendo sempre più a ricettacoli di "emarginati di ogni genere".
"Non è difficile ritenere- si legge nel testo- che molti di coloro che si prestano a 'fornire aiuto' ai passeggeri (sia proponendosi per il trasporto delle valigie, sia per procurare il titolo di viaggio) sono il braccio operativo di violenti organizzati in racket che sovrintendono qualsiasi attività: l'invalido che fa la questua, il portabagagli abusivo, il clochard per poter dormire 'tranquillamente' nel proprio cartone, solo per citarne alcuni, devono tutti versare il 'pizzo' al racket".
Di qui, l'invito alla Giunta regionale ad assumere iniziative per verificare, in accordo con i competenti Corpi di Polizia, quale sia la reale situazione delle stazioni dell'Emilia-Romagna e, in primo luogo, di quella del capoluogo regionale "così da promuovere un'azione coordinata, congiunta e condivisa che garantisca la tutela e la sicurezza dei passeggeri e di coloro che prestano regolarmente la propria attività nelle stazioni, a partire dalle donne e dagli uomini in divisa".
(Fonte Regione Emilia Romagna) - (Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell'Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa (ac)
Festareggio al centro di polemiche. A contestare, dopo la Lega Nord, è RACMI (Rete delle Associazioni della Comunità Marocchina in Italia). "Ribadiamo, come abbiamo fatto sempre, che è apprezzabile l'azione umanitaria, ma, è nostro dovere attirare l'attenzione sullo sfruttamento di questi piccoli per ragioni politiche e la loro strumentalizzazione per i bisogni della propaganda dei separatisti del Polisario..."
segue comunicato stampa RACMI
Noi nella Rete delle Associazioni della Comunità Marocchina in Italia (RACMI) esprimiamo la nostra sorpresa e il nostro sdegno della strumentalizzazione politica in cui sono stati vittime i bambini provenienti dai campi di Algeria, alla festa del PD di Reggio Emilia, e protestiamo con forza sull'atteggiamento ostile all'integrità territoriale del Marocco espresso dal signor Andrea Costa, responsabile di questa festa.
Ribadiamo, come abbiamo fatto sempre, che è apprezzabile l'azione umanitaria, ma, è nostro dovere attirare l'attenzione sullo sfruttamento di questi piccoli per ragioni politiche e la loro strumentalizzazione per i bisogni della propaganda dei separatisti del Polisario che non perdono occasione per servirsi delle popolazioni dei campi – quali che siano le loro età e le loro sensibilità – per utilizzarli a fini politici, militari e soprattutto sfruttare le loro sofferenze ed il dramma che vivono per ottenere più aiuti e fondi. Da sottolineare che il Bambino Soldato è sempre reclutato nelle milizie armate dei campi algerini.
Da informare, altresì, che arrivano in Italia solo i figli privilegiati dei capi del Polisario, mentre i figli dei poveri o dei schiavi di colore nero non avranno mai la possibilità di uscire dai campi d'isolamento.
In questi campi il bambino, come il resto della popolazione, non ha diritti di spostarsi o d'integrarsi in Algeria; è affamato e malnutrito perché la sua razione offerta dal mondo viene dirottata da algerini come denuncia, nel gennaio 2015, un rapporto dell'Ufficio Europeo della Lotta Anti Frode (l'OLAF); è gravemente malato come testimoniano alcuni medici di Bologna; mai censito malgrado le numerose risoluzioni dell'ONU; è insicuro perché nei campi algerini regnano i pericoli dell'incertezza nel futuro, dell'insicurezza per la presenza di varie sigle di terrorismo internazionale, proprio per questo, sia la Farnesina che tutto il mondo sconsigliano le visite a questi campi.
Sottolineiamo che Algeria è la responsabile di questi crimini contro l'umanità e chiediamo ai Piddini marocchini, e alla nostra comunità marocchina di protestare contro questo grave atteggiamento del responsabile del PD reggiano; e chiediamo a tutti che hanno a cuore i diritti del fanciullo di rispettare i diritti dei bambini e di far pressione su Algeria per rispettare i diritti dei bambini.
Sabato 22 agosto 2015
Yassine Belkassem, Coordinatore nazionale di RACMI, Siena
Koubi Elhassane, Associazione Hilal, Bologna
Naima Daoudagh, Associazione INSIEME, Brescia
Abdallah Khezraji, Circolo ricreativo Hilal, Treviso
Bensadiq Abdellah, Unione dei Centri di Cultura Islamica nell'Emilia-Romagna
Federazione Islamica dell'Emilia Romagna
Abdesselam Bouhadi, Associazione Alhoria, Brescia
Berriria Abdellah, Associazione Marocchina Assalam, Piombino e Val di Cornia, Livorno
Nezha El Ouafi, Forum Marocco delle Competenze
Zouhair El Youbi, Consiglio delle Relazioni Islamiche in Italia, Brescia
Rabia Amadid, Unione Associazioni Marocchine in Emilia Romagna
Balboula Abdel Ilah, Federazione Regionale Islamica, Toscana"
(Immagine di copertina allegata al comunicato stampa RACMI)
Rifiuti: gestione del servizio sempre più oneroso e sempre meno efficiente. Gli italiani schiavi di sacchetti colorati e orari di consegna. Al disagio di un sempre più sofisticato ciclo casalingo di separazione il premio è un buon salasso.
di Lamberto Colla - Parma, 23 agosto 2015 - Il vasetto dello yogurt deve essere lavato prima di riporlo nello speciale contenitore di raccolta della plastica, bisogna ricordare che la confezione delle merendine, almeno per la maggior parte, deve essere collocata nel recipiente della carta mentre è un po' più complicato smaltire le cartucce della stampante in quanto rifiuto speciale vanno riconsegnate al negoziante o portata all'isola ecologica attrezzata. E poi il vetro, le plastiche e l'umido.
Ormai la gestione dei rifiuti casalinghi è diventata una specialità familiare a metà tra la logistica e la chimica.
La tradizionale pattumiera posta sotto il lavabo è roba da preistoria. Adesso occorrerebbe una stanza dedicata alla separazione dei rifiuti. E fin qui ci si può arrivare, più sfiancante invece il doversi ricordare le giornate e gli orari di consegna dell'uno o dell'altro prodotto della separazione e guai a sbagliare, si rischia pure la multa.
E pensare che quando la raccolta differenziata venne promossa venne anche promessa una sensibile riduzione di costi a fronte del maggior onere richiesto al cittadino e il sensibile miglioramento delle performance delle aziende municipalizzate.
La solita fregatura.
Invece di diminuire le tariffe sono aumentate così come è notevolmente aumentato l'onere della gestione casalinga sia per quanto riguarda il tasso di specializzazione richiesto per la selezione sia per quanto concerne lo spazio che deve essere dedicato alla "differenziata". Per chi ha la fortuna di vivere in campagna un luogo isolato e nascosto alla vista e alle narici riesce a metterlo a disposizione, ma per chi vive in città la cosa si fa più complicata se non si ha la fortuna di avere un balcone.
E poi c'è la schiavitù dei tassativi orari di consegna calendariati dal lunedì alla domenica a seconda della categoria di rifiuto da consegnare.
Italiani diligenti come sempre, amanti dell'ambiente e sognatori di un mondo più pulito, primeggiano in coscienza civica ma subiscono l'ennesima fregatura.
La sensazione ormai ampiamente diffusa di essere oppressi e tartassati dalla gestione dei rifiuti è stata confermata dalla CGIA di Mestre, la potente organizzazione degli artigiani veneti specializzata nelle indagini socio economiche.
Mentre a Parma, nelle stesse ore, si è scatenata la protesta sulla raccolta "Porta a Porta" dando vita anche a una petizione web "Parma non è una discarica" che, nel corso delle prime 48 ore aveva già raccolto ben 800 adesioni mentre, al contrario, il Sindaco pentastellato Federico Pizzarotti, la proponeva come modello nazionale al premier Renzi, la CGIA di Mestre se ne usciva con la fotografia del Paese dei rifiuti che, manco a dirlo, è sempre più pesantemente onerosa per il cittadino mentre è una gallina dalle uova d'oro per le municipalità, sempre più in difficoltà per i tagli imposti dalla amministrazione centrale.
Un pozzo d'oro per i gestori e un salasso costante per il cittadino.
Tra il 2010 e il 2015, fa notare l'Ufficio studi della CGIA, una famiglia con 4 componenti che vive in un casa da 120 mq ha subito un aumento del prelievo relativo all'asporto rifiuti del 25,5 per cento, pari, in termini assoluti, ad un aggravio di ben 75 euro. Quest'anno dovrà versare al proprio Comune ben 368 euro di Tari. Un'altra di 3 componenti, che abita in un appartamento da 100 mq, ha subito un aumento del 23,5 per cento (+57 euro). Nel 2015 dovrà versare quasi 300 euro. Un nucleo di 3 persone che risiede in un'abitazione da 80 mq, invece, ha dovuto pagare il 18,2 per cento in più (+35 euro). In questo caso, l'importo complessivo che dovrà pagare per i rifiuti sarà pari a poco più di 227 euro.
Per le attività economiche, le cose sono andate anche peggio. Nonostante la forte riduzione del giro d'affari, ristoranti, pizzerie e pub con una superficie di 200 mq hanno subito un incremento medio del prelievo del 47,4 per cento, pari, in termini assoluti, a +1.414 euro. Un negozio di ortofrutta di 70 mq, invece, ha registrato un incremento del 42 per cento (+ 560 euro), mentre un bar di 60 mq ha dovuto versare il 35,2 per cento in più, pari ad un aggravio di 272 euro. Più contenuto, ma altrettanto pesante, l'aumento subito dal titolare di un negozio di parrucchiere (+23,2 per cento), dai proprietari degli alberghi (+17 per cento) e da un carrozziere (+15,8 per cento).
Questi risultati, sottolinea la CGIA, sono stati ottenuti dopo aver preso in esame le tariffe sui rifiuti applicate alle famiglie e alle imprese nei principali Comuni capoluogo di regione.
Con l'introduzione della Tari, è stato ulteriormente confermato il principio che il costo del servizio in capo all'azienda che raccoglie i rifiuti dev'essere interamente coperto dagli utenti, attraverso il pagamento della tassa. E il problema, purtroppo, sta proprio qui. Segnala Paolo Zabeo della CGIA:
"Queste aziende, di fatto, operano in condizioni di monopolio, con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e imprese, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi che in molti casi sono del tutto ingiustificati. Proprio per evitare che il costo delle inefficienze gestionali vengano scaricate sui cittadini, la legge di Stabilità del 2014 ha ancorato, dal 2016, la determinazione delle tariffe ai fabbisogni standard. Grazie all'applicazione di questa nuova modalità, è probabile che dall'anno prossimo la tassa sui rifiuti diminuisca".
Sebbene in questi ultimi anni il costo economico sulle famiglie sia decisamente aumentato, dall'inizio della crisi ad oggi la produzione dei rifiuti urbani ha subito una forte contrazione. Se nel 2007 ogni cittadino italiano ne "produceva" quasi 557 kg, nel 2013 (ultimo dato disponibile) la quantità è scesa a poco più di 491 Kg per abitante. "In buona sostanza – conclude Zabeo - nonostante abbiamo prodotto meno rifiuti, la raccolta e lo smaltimento degli stessi ci sono costati di più".
In conclusione, con l'aumento del tasso di raccolta differenziata si è assistito a una impennata delle tariffe e delle imposte, un aumento del disagio familiare a fronte di un cospicuo arretramento sia della massa di rifiuti da smaltire sia della qualità del servizio.
In sintesi il risultato ottenuto è perfettamente il contrario di quanto vorrebbero logica e principi economici.
I soliti miracoli italiani.
L'ex commissario straordinario per la spending review Cottarelli aveva previsto una drastica riduzione delle partecipate da 8.000 a circa 1.000; la legge di stabilità 2015 ha imposto agli enti locali l'avvio di un processo di razionalizzazione. La stessa legge Madia della Pubblica Amministrazione recentemente approvata conferma una forte riduzione di queste società che a volte diventano il "cimitero degli elefanti".
Alcuni criteri su cui si basa il processo di razionalizzazione sono:
· sopprimere le società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
· eliminare le partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni
Il comune di Novellara possiede direttamente quote o azioni di 11 società ma l'amministrazione ha deciso di eliminare la sua partecipazione societaria in solo una di queste ossia Infrastrutture Fluviali srl.
Quindi manterrà in piedi le sue quote in Agac Infrastrutture e Piacenza Infrastrutture che sono due società che svolgono la medesima attività, non hanno dipendenti ma solo amministratori.
Ricordo che l'amministratore unico di Agac Infrastrutture è Verona Alessandro, fratello della sindaca di Guastalla e tuttora presidente del collegio sindacale di Sabar (vedere sito www.sabar.it).
Presumo che come Novellara tutti i comuni reggiani abbiano deciso di mantenere in piedi queste due società, una doppione dell'altra, alla faccia della razionalizzazione.
Cordiali saluti
Mauro Melli
Consigliere Lega Nord Novellara
In allegato Piano di Razionalizzazione di Novellara
Non sono le democristiane prese di posizione di Buzzi e Gambarini, neppure le ecumeniche difese di Pellacini e Santi, ne tantomeno, le sguaiate e cialtrone prese di posizioni di Ranieri che mi sorprendono. Solo un mare di ovvietà, parole senza respiro e contenuto. Ciò che mi sbalordisce sono i commenti del Parlamentare PD, Pagliari, del compagno di partito Pagliari.
Cosa significa sostenere che "L'accoglienza è doverosa come i bisogni degli italiani"?
Ciò che più mi preoccupa è che il continuo soffiare sul fuoco, con le cialtronerie alla leghista con codazzi del centro-destra, o le improbabili proposte alla Grillo, possano creare un clima di "invasione" che realizzerà, prima o poi, un contesto talmente irrespirabile a cui seguirà una inevitabile caccia all'uomo.
(nella foto Marco Maria Freddi)
Insinuare il dubbio che il Governo, le leggi e i trattati cui siamo obbligati a rispettare, possano discriminare "gli Italiani" in favore di migranti, persuadono la "brava gente italiana – senza memoria" che ciò sia vero.
Se un parlamentare, che appoggia le politiche del Governo, se un compagno, si allinea alla corrente della timidezza nel prendere posizioni serie, questo davvero mi preoccupa.
Mi sarei aspettato da Pagliari critiche, anche aspre, sui trattati internazionali, delle lacune legislative che derivano dalla "Bossi-Fini", avrei voluto che spiegasse l'inefficacia della repressione quando chi lascia la terra d'origine è in fuga da guerre e carestie.
Avrei voluto che spiegasse degli sforzi, lenti, troppo lenti, della comunità internazionale nel trovare una soluzione per la Libia e che il fenomeno immigrazione non è una emergenza ma un fenomeno con cui dovremo convivere per molti anni ancora.
Rinunciare ai principi fondanti della nostra civiltà è ciò di cui dovrebbe preoccupare un esponente della sinistra, mi aspetto abbia il coraggio della verità, sempre, anche se scomoda, e non appagante dal punto di vista elettorale.
Mi piace ricordare che 15 anni fa, l'allora commissario della Ue, Antònio Vitorino, politico e giurista portoghese, del gruppo socialista, fece sua una proposta Radicale, proponendo una politica comune sull'immigrazione. Tutti i Paesi membri la bocciarono sostenendo che si trattava di una questione affidata alle politiche nazionali che ne erano titolari.
Fu miopia, scarsa lungimiranza ma oggi tutti urlano che ci vuole più Europa!
Dopo Baganzola e il comunicato di qualche giorno fa, chiedo al mio compagno di partito Pagliari, di lasciare democristianerie, pressapochismi ed ecumenismi ad altri e di caricarsi di quella responsabilità che è chiesta ad un Parlamentare serio e di sinistra.
Marco Maria Freddi
MILITANTE RADICALE
Romagna e Salento accomunati dal medesimo tragico destino in questa prima quindicina d'agosto. Divertimento e morte di giovanissimi. Adolescenti con voglia di divertirsi ma ancora incapaci di difendersi dalle trappole che si annidano nelle "movide".
di Lamberto Colla - Parma, 16 agosto 2015 - Chiuso il Cocoricò, trovato e punito il "colpevole" (la discoteca) e il problema non esiste più.
Così, a seguito del decesso del diciassettenne avvenuta lo scorso 4 agosto nella fabbrica del divertimento romagnolo, si è provveduto a "narcotizzare" l'opinione pubblica con la chiusura del locale. Non poteva mancare, nemmeno in questa circostanza la consueta dose di demagogia che contraddistingue ogni azione governativa e, il 10 agosto, il ministero dell'interno se ne uscì con una direttiva indirizzata ai prefetti atta a "rafforzare i servizi di prevenzione e controllo del territorio, anche a seguito di apposite riunioni di coordinamento e tavoli tecnici con le Forze di Polizia."
«Con la direttiva di oggi - ha affermato il ministro Alfano - ho predisposto l'adozione di misure preventive di vigilanza e sicurezza più opportune, soprattutto nelle ore serali e notturne, con particolare riguardo ai locali pubblici e di intrattenimento, nonché ai luoghi di ritrovo interessati da una numerosa affluenza di persone e di giovani.In questo quadro, riserveremo una particolare attenzione al rispetto degli orari di chiusura e della effettiva capienza dei locali, al fine di rendere più sicuri i luoghi di divertimento e di incontro, specialmente per i nostri giovani. Un conto è il ballo che diverte, altra cosa è lo sballo che uccide».
Carta straccia, le forze dell'ordine, che già sono sufficientemente impegnate su ben altre e più gravi questioni, intensificheranno l'attenzione per qualche giorno sul nuovo obiettivo ma ben presto tutto passerà nel dimenticatoio e verrà assorbito del programma e dell'emergenza quotidiana. Del contrasto della piaga sempre più diffusa della microcriminalità, al presidio degli stadi di calcio, al controllo dell'immigrazione e ai fenomeni connessi con le difficoltà di integrazione sociale.
Nel frattempo, alla discoteca del sud Guendalina di Santa Cesarea in Salento, un altro giovane ha trovato la morte, seppure in questo caso la causa sembrerebbe da imputare a una cardiopatia congenita, mentre su una spiaggia messinese viene trovata cadavere la giovanissima Ilaria di 16 anni. Un decesso che, dalle prime testimonianze raccolte dagli inquirenti, parrebbe dovuto a seguito dell'ingestione di droghe mal confezionate.
Tutti e tre giovanissimi e tutti e tre alla ricerca, si presume, dello sballo forse per sentirsi più grandi di quanto non fossero realmente.
Adolescenti con voglia di divertirsi ma ancora incapaci di difendersi dalle trappole che si annidano nelle "movide".
Che sia la discoteca che sia la "movida" all'aperto un dato è certo: se non vuoi la droga non la trovi.
Non esistono i distributori di ecstasy, di marijuana o di eroina nelle discoteche o agli angoli dei bar della movida cittadina.
Devi, se vuoi, cercare i contatti che ti portino allo spacciatore di "professione" o a un suo "vettore di fiducia", quel consumatore della porta a fianco che non avresti mai immaginato ne facesse uso.
E' sempre stato così. Lo era pure ai miei tempi. Negli anni '70 e '80 i miei genitori e i genitori dei miei amici consideravano le discoteche dei luoghi di perdizione e di distribuzione e consumo facile di droghe. Erano letteralmente terrorizzati perché condizionati dal solito refrain negativo sulle discoteche.
Così invece non era o almeno lo spaccio non era tra i servizi offerti dai gestori mentre, al contrario, i servizi di sicurezza cercavano, per quanto possibile, di intercettare gli spacciatori.
Ma anche all'epoca, quando la "mariagiovanna" e la "coca" erano roba da "fighi," se non la volevi provare non la trovavi e nessuno si avvicinava per offrirtela.
Tutto partiva dal soggetto, dalla volontà di provare e allora sì che le porte si aprivano verso i diversi paradisi dello sballo sintetico.
Dopo la fase iniziale, ovvero lo sballo da alcol, il giovanissimo o si redime o, purtroppo, salta sul carro delle droghe, più o meno leggere, ma sempre micidiali per la psiche e per l'organismo.
Forse oggi gli stupefacenti sono a molto più buon mercato, ma le modalità di approccio sono sempre le medesime, e le motivazioni che spingono i giovanissimi a provare sono personali e non inquadrabili solo nei problemi della "società" o della "famiglia", tantomeno alle discoteche.
Chiudere il Cocoricò o altra discoteca, salvo la accertata responsabilità dei gestori, vorrebbe dire chiudere tutte le strade dei centri storici, le spiagge e qualsiasi altro luogo di ritrovo dei giovani, di quei tantissimi giovani che per divertirsi non hanno bisogno di chimica esogena ma dal loro cervello, dalla loro creatività e dal loro interesse a socializzare raccolgono stimoli e scatenano quelle droghe endogene, adrenalina e serotonina (ormone del buonumore), in grado di condurti all'estasi magari in piacevole compagnia.
La maggior parte delle discoteche sono nient'altro che fabbriche del divertimento e sta poi a ciascuno individuo decidere se "suicidarsi" dentro o fuori la fabbrica, ma non per questo l'industria del divertimento deve essere necessariamente responsabile delle scelte personali.
Mi verrebbe invece da dire che una responsabilità maggiore l'hanno quei genitori che consentono ai figli e alle figlie quindicenni di restare fuori di casa sino all'alba.
La realtà è che l'adolescenza è una fase molto critica e il disagio, a quell'età, molto diffuso.
Ma qui è compito dei sociologi indagare e degli analisti intervenire sui singoli e sui loro nuclei familiari.
Per contenere i costi, da ottobre e in via sperimentale le consegne potrebbero avvenire a giorni alterni
Poste Italiane SpA starebbe inoltrando in questi giorni, a mezzo raccomandata, una comunicazione a numerosi Enti ed associazioni emiliano-romagnole con la quale si specifica che, in relazione alle misure di contenimento dei costi del servizio postale introdotte dalla Legge di stabilità del 2015, a partire da ottobre - in via sperimentale - la consegna degli invii postali potrà "essere effettuata a giorni alterni, dal lunedì al venerdì su base bisettimanale (lunedì, mercoledì e venerdì in una settimana - martedì e giovedì in quella successiva": lo scrive Tommaso Foti – gruppo Fratelli d'Italia-AN – rivolgendo un'interrogazione alla Giunta.
Foti chiede alla Giunta se sia a conoscenza dell'iniziativa di Poste Italiane SpA, come la giudichi, e se intenda assumere "idonee iniziative volte ad accertare se e quali comuni dell'Emilia-Romagna saranno effettivamente interessati dalla stessa e da quando".
(Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell'Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa)
(Bologna 14 agosto 2015 (rg))
Fuga di notizie dai tribunali, è colpa dei giornalisti, intercettazioni telefoniche riportate sui giornali, è colpa dei giornalisti, Insomma i giornalisti sono "crocetta" e delizia dei giudici e dei politici
di Lamberto Colla - Parma, 02 agosto 2015 -
Come un tormentone, ciclicamente, torna la necessità di mettere il bavaglio ai giornalisti.
Anche se, dobbiamo confessarlo, l'editoria nazionale non si sia mai particolarmente distinta per inchieste giornalistiche tali da fare tremare i palazzi di corte. Il più delle volte ci si è limitati a qualche scoop su locazioni concesse a buon mercato a qualche politico piuttosto di un orologio donato in cambio di favori con il sospetto, comunque, che la notizia fosse stata diffusa per scopi ben specifici di avvantaggiare l'una o l'altra parte politica colpendo nella vita privata un suo esponente di vertice.
Della "velina" invece vi è larga diffusione. E, come bombette a orologeria, ecco che vengono alla luce piccoli e grandi misfatti, di natura professionale e molto spesso di natura privata che nulla c'entrano con l'accusa, ma utili da fare orientare l'opinione pubblica verso giudizi di colpevolezza ancor prima che il processo, quello vero, abbia addirittura inizio.
Insomma, sembra quasi che il giornalista sia, in questi casi, il mero staffettista, e qui sta la vera colpa della categoria, dell'informazione o della "bufala" di turno a servizio occulto di qualcuno.
Alcuni giornalisti, vuoi per protagonismo, vuoi per eccesso di zelo e con la speranza, magari, di diventare il nuovo Indro Montanelli, raccolgono con superficialità la "velina", la confezionane egregiamente e la sbattono in prima pagina con buona pace dell'etica professionale e della dignità personale.
Questa categoria di professionisti dell'informazione sono i preziosissimi "utili idioti", molto spesso ignari di essere al servizio di potenti corporazioni, che lanciano il primo sasso nello stagno della disinformazione, della informazione guidata verso una verità distorta o comunque di parte.
Per quanto becera, servizievole e fedele al proprio padrone possa essere un giornalista non riesco assolutamente a credere che non abbia a cuore il proprio lavoro e soprattutto la propria dignità.
Ed il bubbone Crocetta / Borsellino, guarda caso venuto a galla alla vigilia della cerimonia di commemorazione del 23esimo anniversario dall'attentato di via D'Amelio che portò la morte al Giudice Paolo Borsellino e ai suoi 5 agenti di scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina e Claudio Traina, rischia di essere l'esempio perfetto del malcostume e delle strane relazioni che connettono, politica, uffici giudiziari e distributori d'informazione.
Già perché nessuno, nemmeno il più masochistico autolesionista avrebbe pubblicato una notizia come quella relativa alla intercettazione telefonica nella quale il Professor Matteo Tutino avrebbe recitato, al governatore della Sicilia Crocetta, la fantomatica frase, poi pubblicata da l'Espresso, «Laura Borsellino va fatta fuori. Come il padre» senza averne minimamente verificato l'esistenza e la autorevolezza della fonte.
Tutto e il contrario di tutto è accaduto poi nell'arco di poche ore e la farsa siciliana è andata in onda.
Andiamo con ordine.
L'Espresso esce con lo scoop e lo stordimento è universale. Talmente accecante è la notizia che lo stesso Rosario Crocetta non ha reazioni immediate, non alza barricate a difesa di un'altra verità, non smentisce anzi, completamente impallato, mi verrebbe da dire, si "auto-sospende" dall'incarico di Governatore della Sicilia passando il testimone proprio a chi sostituì l'Assessore alla Sanità, Lucia Borsellino appunto, che si dimise per contrasto con il governatore stesso.
Di fatto una ammissione di colpevolezza seppure limitata al fatto che, a seguito di quello che avrebbe dovuto ascoltare, non avesse replicato ma se ne fosse stato zitto (come molti comuni mortali avrebbero fatto in una sorta di compatimento per quanto udito) o quantomeno una "silente" ammissione della esistenza della telefonata, dei contenuti della stessa e riportati dai due giornalisti, Piero Messina e Maurizio Zoppi, oggi indagati.
Un respiro di sollievo il Crocetta deve averlo tirato quando il Capo della Procura di Palermo, Francesco Lo Voi, dichiara che quelle intercettazioni non esistono. Una affermazione che per Crocetta, ha il medesimo effetto dei sali per sincopatici e, lancia in resta, va al contrattacco dichiarando che chiederà all'Espresso ben 10 milioni di euro a titolo di risarcimento danni.
Quindi, nell'arco di poche ore, si è passati dall'auto-sospensione alla richiesta di risarcimento milionario del danno.
A questo punto cresce il sospetto che chi racconta balle non siano i giornalisti in questione bensì altri, e tra i sospettati non può essere escluso lo stesso Capo della Procura palermitana, forse indotto a a farlo per salvaguardare indagini tutelate da riservatezza.
Intanto, giusto per non sbagliare, sono i giornalisti a essere indagati.
E che non mi si venga a dire che l'indagine è una forma di tutela per loro.
Per la cronaca, Messina è indagato per calunnia e pubblicazione di notizie false, Zoppi soltanto per questo secondo reato.
La perentoria negazione di Lo Voi, in merito alla esistenza delle intercettazioni, è difficilmente contestabile e contrastabile soprattutto perché sarà difficile, e comunque sconveniente per l'attività di inchiesta giornalistica, dichiarare la generalità della "talpa" e che questa infine abbia il coraggio e la convenienza dii confermare il suo coinvolgimento e sia nelle condizioni di fornire le prove.
La farsa siciliana è andata in onda e nella terra di Pirandello e Sciascia non poteva che essere così.
In conclusione, allo stato attuale, la colpa è dei giornalisti e intanto la "mafia" gongola.
La nuova consigliera regionale, subentra alla dimissionaria Paola Gazzolo. Formazione universitaria negli Stati Uniti, ex assessore al Comune di Piacenza, prima dei non eletti nella lista Pd della circoscrizione piacentina alle ultime regionali. Il benvenuto dell'Aula e gli auguri di buon lavoro della presidente Saliera. -
Parma, 27 luglio 2015 -
In apertura della seduta di oggi, l'Assemblea legislativa ha proclamato Katia Tarasconi (Pd) nuova consigliera regionale, dopo aver preso atto delle dimissioni irrevocabili da consigliera dell'assessore Paola Gazzolo, comunicate in una lettera alla presidente dell'Assemblea legislativa, Simonetta Saliera, lo scorso 21 luglio.
Come ha precisato Ottavia Soncini, vicepresidente dell'Assemblea legislativa, in quel momento alla presidenza dell'Aula, Tarasconi subentra in quanto prima dei non eletti nella circoscrizione di Piacenza della lista Pd alle elezioni regionali del 23 novembre 2014. Con voto unanime per alzata di mano, l'Aula ha preso atto delle dimissioni di Gazzolo, dopodiché la presidente Soncini ha proceduto alla proclamazione di Tarasconi, con un saluto di benvenuto a nome di tutta l'Assemblea legislativa.
La presidente dell'Assemblea legislativa, Saliera, assente per impegni istituzionali, ha chiamato al telefono la neo consigliera per augurarle buon lavoro.
Doppia cittadinanza, italiana e americana, esperta di comunicazione e web engineering, formazione universitaria negli Stati Uniti, dal 2007 Tarasconi è stata assessore del Comune di Piacenza all'Innovazione e informatizzazione, Servizi al cittadino, Finanziamenti europei, Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, Pari opportunità e Tutela animali.
E' una corsa contro il tempo per la liberazione dei quattro dipendenti della Bonatti di Parma rapiti domenica scorsa in Libia. Il caso di Vanessa e Greta avevano riacceso la discussione sulla opportunità o meno di pagare i riscatti.
di Lamberto Colla - Parma, 26 luglio 2015 -
Sono 5 gli italiani ancora in mano alle "forze del male" che stanno spadroneggiando in terra islamica.
Agli ultimi 4 rapiti in Libia occorre aggiungere che, da oltre due anni, non si hanno notizie certe di Padre Paolo Dall'Oglio, sequestrato in Siria nel luglio 2013.
Senz'altro però le polemiche più accese l'hanno scatenate Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le cooperanti rapite e poi liberate in Siria lo scorso 15 gennaio. Mentre del sacerdote ancora nulla si conosce sulla sua sorte e di lui si torna a parlare solo in occasione di altri rapimenti, delle due "fanciulle dei fiori" si è abbondantemente parlato e sparlato anche e soprattutto per il riscatto milionario che sembrerebbe essere stato pagato dallo Stato italiano.
La posizione dell'Italia di fronte al terrorismo è sempre stata quella di non "trattare" ma è altrettanto noto che, così come i cugini francesi, i nostri negoziatori dispongono di provviste riservate che spesso sono state il fattore decisivo per giungere alla liberazione degli ostaggi.
Una dote fortemente appetibile sia per i "ladroni del deserto" sia per le milizie dell'Isis costantemente alla ricerca di soldi e femmine per soddisfare e gratificare i suoi drogati tagliagole.
Un'inchiesta del New York Times del 2014, in piena esplosione dello famigerato Stato Islamico di Siria e Iraq (ISIS) ha dimostrato quanto gli europei rappresentino per le organizzazioni terroristiche, un'invitante e relativamente facile fonte di guadagno. L'indagine del quotidiano americano ha scoperto che dal 2008 Al Qaeda e i suoi diretti affiliati abbiano incassato dai rapimenti una cifra non inferiore a 125 milioni dollari, di cui 66 nel solo 2013.
Negoziare e pagare per salvare vite: questo è il dilemma e anche la ratio che sta dietro le politiche.
Stati Uniti e Gran Bretagna, che prediligono le forze speciali ai riscatti, sono da sempre gli unici in controtendenza. Risultato: scrive il NYT, «dei 53 ostaggi rapiti dalle associazioni affiliate ad Al Qaeda negli ultimi cinque anni, un terzo sono francesi. E piccole nazioni come Austria, Spagna e Svizzera, che non hanno grandi comunità di espatriati nei paesi in cui si verificano i rapimenti, rappresentano oltre il 20 per cento delle vittime. Al contrario, solo tre americani sono stati rapiti da Al Qaeda o dei suoi affiliati, solo il 5 per cento del totale».
Approccio diverso è quello di Israele che negozia la liberazione dei suoi cittadini (o le loro spoglie) anche con scambi di prigionieri: tuttavia, le forze speciali danno la caccia a chiunque venga coinvolto nei rapimenti e nelle trattative, prigionieri rilasciati compresi.
La vita umana, di chiunque, ha un valore incommensurabile e, forse, se l'Italia non avesse la fama di "buona pagatrice" Salvo, Filippo, Gino e Fausto sarebbero ancora liberi o forse no, uccisi per rappresaglia in quanto cittadini di uno Stato nemico.
Difficile capire quale sia la strategia migliore ma, a livello teorico, propenderei per avere a disposizione il maggior numero di soluzioni possibili per riportare a casa quelle donne e uomini che, per varie ragioni, hanno dovuto o voluto operare in zone a alto rischio.
___________________________________________________________
I Precedenti non sempre andati a buon fine negli ultimi 10 anni.
___________________________________________________________
16 gennaio 2015
Mentre tornavano finalmente a casa Vanessa Marzullo e Greta Ramelli erano ancora nella mano dei sequestratori altri due italiani. Padre Paolo Dall'Oglio - il gesuita romano fondatore della Comunità Mar Musa, rapito in Siria nel luglio 2013 - e Giovanni Lo Porto, il cooperante palermitano di cui si erano perse le tracce nel gennaio 2012, in Pakistan, dove lavorava per la ONG tedesca Welt Hunger Hilfe si occupava di costruire alloggi di emergenza. Di quest'ultimo purtroppo si seppe che fosse deceduto durante un raid aereo statunitense avvenuto diversi mesi prima l'ufficializzazione del suo decesso il 23 aprile scorso.
Fabrizio Quattrocchi, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio, Iraq, 2004
I contractors vennnero sequestrati a Baghdad. Verranno tutti liberati tranne Quattrocchi che, secondo quanto riportato dall'allora ministro degli Esteri Franco Frattini, avrebbe detto: "Vi faccio vedere come muore un italiano".
Simona Pari e Simona Torretta, Iraq, 2004
Dura tre settimane il sequestro delle cooperanti dell'associazione "Un Ponte Per".
Giuliana Sgrena, Iraq, 2005
La giornalista del Manifesto resta per 30 giorni nelle mani dei sequestratori. Dopo la liberazione, rimane ucciso in un agguato sulla via verso l'aeroporto di Baghdad l'agente del Sismi Nicola Calipari.
Daniele Mastrogiacomo, Afghanistan, 2007
Due settimane di sequestro per il giornalista di Repubblica che racconterà tutto nel suo libro "I giorni della paura", uscito nel 2009.
Sergio Cicala e Philomène Kabouré, Mali, 2010
Rapita in Mauritania e liberata in Mali la coppia stava andando a trovare il figlio della donna in Burkina Faso.
Domenico Quirico, Elisabetta Rosaspina, Giuseppe Sarcina e Claudio Monici, Libia, 2011
Un sequestro-lampo, due giorni di paura per il giornalista della Stampa e i tre colleghi, due del Corriere e l'ultimo di Avvenire.
I 6 italiani della nave Rosalia D'Amato, largo dell'Oman, 2011
A bordo del mercantile sequestrato dai pirati somali ci sono 22 membri dell'equipaggio, tra cui sei italiani. Liberi dopo 7 mesi.
Gli 11 italiani della Savina Caylyn, Somalia, 2011
Presa in ostaggio dai pirati somali, la petroliera dei Fratelli D'Amico. Dieci mesi da incubo finiti prima di Natale.
Maria Sandra Mariani, Algeria, 2011
Per oltre 14 mesi la turista fiorentina è stata nella mani di Al Qaida per il Maghreb Islamico.
Rossella Urru, Algeria, 2011
Dopo il rilascio della cooperante, l'allora ministro Andrea Riccardi commenta: "E' figlia dell'Italia migliore"
Franco Lamolinara, Nigeria, 2011
Sequestrato dai jihadisti viene ucciso dalle forze speciali di Londra che volevano liberare l'ostaggio britannico che si trovava con lui.
Domenico Quirico, Siria, 2014
152 giorni di terrore che racconterà sulla Stampa il giorno dopo il rilascio.
Marco Vallisa, Libia, 2014
Rapito a luglio, il tecnico emiliano è stato liberato in novembre.
Gianluca Salviato, Libia, 2014
Anche lui tecnico, di stanza a Tobruk, Salviato è stato liberato pochi giorni dopo Vallisa.
(ricostruzione effettuata attraverso Fonti RAI)
____________________________________
(Foto copertina tratta dal post di Manuel Bianchi ex collega dei quattro rapiti in Libia dipendenti della Ditta Bonatti di Parma)
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