Gli Uemanoidi hanno avuto la meglio e in Grecia salirà in cattedra il tandem Montis - Fornerakis offrendo il meglio delle riforme possibili asfaltando la strada ai conquistatori e sospendendo la democrazia a tempo indeterminato.
di Lamberto Colla - Parma, 19 luglio 2015 -
Alla fine ha vinto la linea ragionieristica, miope e cinica della Merkel.
Tsipras, probabilmente sotto ricatto, ha dovuto accettare condizioni peggiorative rispetto a quelle prospettate solo 48 ore prima del referendum da lui stesso promosso.
Il giovane premier ellenico non ha avuto la forza e il coraggio di tenere coperto il "bluff", potendo giocare la carta dell'importanza strategica della Grecia nel contesto geopolitico internazionale.
Infatti nessuno, USA per primi, avrebbe permesso che la repubblica ellenica uscisse dall'Unione Europea con il rischio che potesse, perciò, passare sotto la tutela Russa o, ancor peggio, regione di conquista dell'Isis.
Invece Tsipras è stato battuto dal "contro bluff" della cancelliera tedesca che gli ha prospettato chissà quali apocalittici scenari.
Tsipras ha perciò deciso di accettare il soffocamento lento del suo popolo scoprendo anzitempo le carte proprio nel momento in cui stava raccogliendo il consenso internazionale di coloro che vorrebbero una Europa diversa da quella attuale, tutta austerità e numeri, a trazione Merkeliana.
La Cancelliera tedesca ha vinto ma ha perso.
E pensare che, in questa partita greca, la Merkel avrebbe avuto l'occasione di rafforzare, ancor più, il suo ruolo politico internazionale se solo avesse ragionato come leader di una coalizione e operato nell'interesse di tutti. Invece, con questa linea dura, il Governo tedesco, si è fatto prendere la mano mostrando, ancora una volta, quell'irrefrenabile e ancestrale desiderio di dominare l'Europa.
Un'atteggiamento che, a dire il vero, non è piaciuto nemmeno a molti tedeschi e il filosofo 86enne Juergen Habermas, in una intervista al "The Guardian", è addirittura arrivato a sostenere che la cancelliera tedesca Angela Merkel si è "giocata", con la sua linea dura contro la Grecia, la reputazione tedesca, faticosamente ricostruita dopo la Seconda guerra Mondiale.
Se la Merkel avesse invece negoziato per la concessione di aiuti sostenibili alla Grecia, in grado quindi di promuovere una ripresa economica invece di una austerità che schiaccerà ulteriormente il già martoriato popolo ellenico, avrebbe avuto il merito di rilanciare, lei stessa, i valori che furono l'innesco per l'UE attuale.
Già perché all'epoca, si riuscì a creare l'europa grazie alla accettazione da parte di tutti i Paesi della cancellazione del debito tedesco, l'ultimo ostacolo alla realizzazione del sogno post bellico di una Europa federale, unita e prospera, in grado di negoziare con le superpotenze.
Invece, da otto anni, seppure senza cannoni e fucili, l'Europa è in piena terza guerra mondiale ancora per colpa dei tedeschi sempre troppo nazionalisti e incapaci di collaborare.
Grande responsabilità dell'insuccesso deve essere assegnata anche alla Francia di Hollande, al quale comunque va assegnato merito, almeno in quest'ultima fase delle trattative, di averci provato a indurre la Cancelliera a convincersi per una riduzione del debito negoziando un accordo economicamente sostenibile per la Grecia.
Per la Francia, oggi guidata da Francois Hollande e prima da Sarkozy, l'errore strategico fu di non avere voluto allearsi con l'Italia per promuovere, insieme, una politica mediterranea in contrapposizione a quella nordica capeggiata dalla Germania.
E ora veniamo alle responsabilità italiane e alla incapacità di fare valere il nostro oggettivo peso all'interno dell'UE.
Innanzitutto sarebbe da ricordare a Renzi, e ai due suoi illustri e accademici predecessori, che l'Italia, nonostante il tentativo di soffocamento durato otto anni, è la terza potenza economica continentale, la seconda manifatturiera, nonostante che il comparto abbia perduto 35.000 imprese durante quest'ultimo "conflitto", che l'Italia rappresenta quasi un quinto della intera popolazione con i suoi 60 milioni di abitanti e che per queste ultime due ragioni è uno dei massimi contribuenti dell'Unione.
Infine, se tutto ciò non bastasse, la strategica posizione geopolitica dell'italico stivale, ci colloca ai vertici della sicurezza NATO per tutto il bacino mediterraneo.
Un motivo in più perché le nostre navi militari, i nostri radar, le nostre forze armate e i nostri servizi di intelligence, dovrebbero essere destinati a protezione dell'europa invece di essere comandati al servizio di radiotaxi marino a disposizione dei trafficanti di umanità.
Ebbene, se Tsipras avesse tenuto duro ancora qualche giorno, forse Hollande avrebbe potuto finalmente illuminarsi, il nostro Renzi, molto probabilmente, sarebbe stato costretto a intervenire nella partita su spinta statunitense e forse, entrambi, avrebbero avuto il merito di passare alla storia per avere contribuito al restauro dell'Europa Unita.
Invece niente di tutto ciò e eccoci qui, ancora una volta, a testimoniare un nuovo disastro a opera dei ragionieri d'europa, quegli Uemanoidi, incapaci di elaborare politiche economiche perché invaghiti della contabilità che, ricordiamoglielo, altro non è che la storicizzazione puntuale dei fatti economici già accaduti.
In conclusione, proprio facendo leva su questa ignoranza abissale, condita da presunzione cosmica, che i burattinai della finanza mondiale confidano per completare il loro disegno "illuminato" di portare ai vertici dei paesi i loro inconsistenti ma ubbidienti rappresentanti.
In Italia ci sono riusciti e in Grecia ci stanno stanno riuscendo.
Per salvare l'Europa, la sua storia e i popoli che per questa storia hanno speso anche in vite umane è urgente la ribellione per scacciare l'invasore alieno.
Che quindi si dichiari guerra agli Uemanoidi, una guerra partigiana europea, per ripristinare la sovranità dei Paesi che oltre mezzo secolo fa decisero, grazie al contributo di politici veri, visionari e lungimiranti, che la loro e nostra nuova patria sarebbe stata l'Europa Unita.
La piccola Grecia ha tentato una ribellione ed è stata soffocata e punita, ma una coalizione di maggior peso come quella italo-francese potrebbe invece porsi alla guida di una nuova politica europea dello sviluppo e della coesione.
La piccola Grecia ha messo alle corde l'UE. E se invece la Merkel volesse distrarre l'opinione pubblica dai problemi finanziari della sua Germania riunificata?
di Lamberto Colla - Parma, 12 luglio 2015 -
"Come può uno scoglio arginare il mare" si chiedevano Mogol e Battisti negli anni settanta e oggi ci chiediamo come possa verosimilmente la piccola Grecia creare tanto scalpore e imbarazzo in Europa.
Un Paese di poco più di 11 milioni di abitanti (quindi la nostra Lombardia), la metà dei quali concentrati a Atene, per non avere ubbidito alle teutoniche (è proprio il caso di dirlo) regole europee ha portato lo scompiglio in seno ai parlamenti UE riscaldando gli animi di quasi tutti gli eurodeputati. E' sembrato di rivivere i giorni in cui Berlusconi diede del "Kapò" a Martin Schulz (correva l'anno 2003), quell'eurodeputato che, guarda caso, è l'attuale Presidente del Parlamento Europeo.
Una voce così fuori dal coro, gli euroburocrati e gli europolitici, non erano abituati ad affrontare, non essendo stati stati programmati per l'opzione "disobbedienza". Così gli UEmanoidi sono andati in "Tilt" e il loro capo, la portinaia del condominio europa Angela Merkel, subito dopo l'esito del voto greco ha cercato rifugio nell'amichetto del cuore, Francois Hollande, dimostrando di essere proprio alla frutta!
Chissà cosa si saranno detti e quali strategie avranno approntato per quest'europa nella quale, giorno dopo giorno, si vede montare la protesta.
All'Austria (261.000 firme raccolte nella petizione popolare quando ne sarebbero state sufficienti 100.000), sembra voglia aggiungersi anche la Slovenia e comunque i vari focolai antieuropeisti, distribuiti in almeno 16 Paesi, hanno ripreso vigore.
Dopo le "gesta" di Tsipras e Varoufakis, anche i più pecoroni hanno ripreso coraggio tornando a alimentare un sentimento antieuropeista facendo facilmente presa su quella fascia di popolazione, peraltro sempre più ampia, scontenta della propria posizione economica e che non nutre più alcuna speranza per il futuro. Un sentimento montante pericoloso che rischia la disgregazione dell'Europa minando i principi di pace e libertà che furono le fondamenta sulle quali si costruì il condominio europeo.
Ebbene oggi, in forza di una mandria di politici presuntuosi, ottusi, probabilmente al soldo delle multinazionali più spregiudicate, ostinati a muovere la politica attraverso le leve finanziarie piuttosto che ricercare le soluzioni finanziarie per realizzare progetti politici e sociali, quest'Unione Europea a trazione Merkel, rischia di sciogliersi come neve al sole riportando la lancetta dell'umanità indietro di molti decenni.
E' gravissimo, a mio personalissimo giudizio, non aver trovato, in tempi rapidi, una soluzione per la "piccola" Grecia e dimostra per l'ennesima volta, al di là delle indubbie responsabilità dei vari governi ellenici, l'inconsistenza dei negoziatori e la scarsa lucidità politica dei rappresentanti del governo europeo.
Una incapacità già ampiamente dimostrata con la crisi degli immigranti e che, sinceramente, non vorrei misurare con l'Isis.
L'Unione Europea non si tocca ma le donne e gli uomini che la conducono sarebbe il caso di estrometterli e che ai nuovi venga assegnato il compito di reimpostare la politica restaurando i vecchi e sani principi che furono dei costitutori a partire dal Trattato di Roma del 1957.
Già in altre circostanze avevo sostenuto che la Germania, probabilmente con la complicità di qualcuno, avesse nascosto qualcosa tra le righe dei suoi bilanci. E la conferma comincia a affiorare da oltreoceano passando dai circuiti web ma nella totale indifferenza dei media più accreditati, le TV nazionali.
Una casermetta esplosiva ripiena di 54,7 trilioni di euro in prodotti derivati (i famosi prodotti finanziari "tossici") sarebbero detenuti dalla Deutsche Bank (DB). Una somma che equivale a 20 volte il Pil tedesco, che è di 2,74 trilioni e almeno a cinque volte il Pil dell'intera Eurozona, che è di 9,6 trilioni.
Lo scrive il giornale Usa online zerohedge.com. Però nonostante questa situazione, nessuno ne parla mentre si fa un gran parlare della "pesantissima" questione greca come se si volesse addossare, solo a altri, la responsabilità di una politica europea inconsistente, egoista e esageratamente sbilanciata verso gli interessi della Germania targata Angela Merkel. Donna forte e intelligente ma che, probabilmente, si è fatta prendere troppo la mano rischiando ora di trascinare la sua Germania unita e l'Europa, che di questa riunificazione si è addossata tutti gli oneri, verso un pericoloso burrone.
Una proposta che potrebbe dare la possibilità ai cittadini di rendersi utili per la comunità ottenendo uno sconto sulle tasse. -
Parma, 8 luglio 2015 -
Il comunicato di Prima Parma - Territorio & Autonomia -
Tutti noi siamo oberati da pesanti tasse Comunali. L'amministrazione di Parma ha scelto di applicare le aliquote più alte tra quelle che vi sono in Emilia Romagna.
I Parmigiani sono da tempo oltre che indignati anche e soprattutto in gravi difficoltà per fare fronte a tutti questi oneri.
Proponiamo quindi alla Giunta Pizzarotti di avvalersi della legge dello Stato n.164 del 2014 – Art.24 "Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio".
Infatti, essa al comma 1 cita: «I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare».
E la novità sta nelle righe immediatamente successive: «Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio. I comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere».
Provvedimento tanto più efficace anche in considerazione dei tanti lavoratori in mobilità o, addirittura, senza lavoro!
Si tenga anche presente che tale modalità, già attiva in alcuni Comuni Italiani, è la proposta lanciata dal Movimento Cinquestelle nel Comune di Modena.
Allora, caro Comune, lamenti sempre una mancanza di risorse?
Giustifichi sempre lo stato di degrado della città con la mancanza di disponibilità economica?
Bene. Utilizza allora il lavoro dei Parmigiani per manutenzione verde pubblico, assistenza alle scolaresche, sgombero neve, custodia parchi ed edifici di interesse pubblico, ecc. Basta fissare un metro di valutazione del servizio svolto volontariamente da ogni cittadino, dargli un valore in euro e finalizzare questo impegno per ottenere uno sconto sul pagamento delle tasse. Questa non sarà forse la soluzione a tutti i problemi, ma ci sembra un' operazione di buon senso.
Prima Parma - Territorio & Autonomia
Cecilia Zanacca Giampaolo Lavagetto
L'Unione Europea in rotta di collisione. L'assedio di Atene non è certamente un buon esempio e prima o poi toccherà a altri paesi subire lo stesso trattamento. Intanto Regno Unito e Austria sarebbero al lavoro per progettare il distacco dall'Unione.
di Lamberto Colla - Parma, 5 luglio 2015 -
Il sogno di un'Europa forte e unita sta trasformandosi in incubo per le economie più deboli. La politica finanziaria ha preso in mano le redini del governo europeo lasciando alla politica, quella di governo, il compito di ratificare scelte attuate dai funzionari, euroburocrati scelti non si sa bene da chi, dalla presunzione di conoscere il futuro attraverso la mera lettura dei numeri.
La politica dell'Unione in mano a dei "cartomanti", per di più ben poco convincenti.
L'esempio di questa assurdità l'abbiamo tutti giorni davanti agli occhi.
Con tre fronti di guerra ai confini (crisi Russo-Ucraina, Isis a oriente e nord africa) e un esodo biblico di profughi in fuga dai teatri di guerra nel disperato tentativo di salvare almeno la vita tentando il rifugio nel Vecchio Continente, i premier sono in riunione permanente, da ormai due settimane, per imparare la lezioncina da impartire a Tsipras affinché si convinca di fare morire il suo popolo attraverso una lenta agonia altrimenti sarà una morte rapida. Un'alternativa ben poco allettante soprattutto per chi non ha più niente da perdere.
A questo punto mi domando dove sono finiti quei cantori, menestrelli moderni fieri di appartenere a quella sinistra radical chic, pronti a organizzare mega concerti in tutt'europa in favore dell'alienazione dei debiti del terzo mondo ma che, a favore della Grecia, non hanno organizzato nemmeno una messa cantata.
Che anche loro siano prezzolati dalla mano invisibile della finanza internazionale?
Fatto sta che tutti i giorni l'UE mostra i suoi lati peggiori.
Prima con l'Italia e la Spagna ora nei confronti della Grecia e del problema immigranti, e domani ancora con l'Italia e forse la Francia, l'Unione Europea non intende modificare la politica dell'abbraccio mortale porgendo così il fianco all'euroscetticismo dilagante che ha già fortemente contagiato Regno Unito e Austria. Della decisione del premier d'oltre Manica di aprire un referendum pro o contro la permanenza in UE già si sapeva ma dell'Austria e del suo progetto di fuoriuscita ben poco si è detto e tanto meno promozionato.
Nell'assoluto silenzio mediatico l'Austria, attraverso una petizione popolare (Volksbegehren) sta misurando la temperatura al popolo asburgico.
Secondo i promotori della petizione, che se supererà il numero di 100.000 firme obbligherà il parlamento a discutere e legiferare sulla questione, l'Austria trarrebbe notevoli benefici dall'uscita dall'UE consentendole di fatto di non aderire agli accordi transatlantici di libero scambio tra Ue, Usa e Canada; di recuperare parte dei miliardi di euro versati da vent'anni alle casse di Bruxelles per la "promozione Ue" senza aver alcun potere di codecisione nella destinazione dei medesimi fondi; di risparmiare i versamenti a favore dei «fondi di salvataggio per l'euro»; di risparmiare le obbligazioni di deposito per miliardi di euro a favore del «Meccanismo europeo di stabilità finanziaria»; di reintrodurre sovranità e politica monetaria proprie.
Insomma, anche l'aristocratica mitteleuropa si è rotta di partecipare o meglio subire una costrizione politica e monetaria, un "Superstato" costruito a misura di Germania sotto la vigilanza di Washington.
Un abbraccio mortale che, sino a quando si possiede qualche energia, varrebbe la pena sottrarsi o impuntando i piedi e facendo valere le proprie ragioni o, in ultima ratio, salutando l'allegra combricola come stanno proprio pensando di fare i sudditi di Sua Maestà Elisabetta e i ricchi Austriaci e come vorrebbero fare i Greci salvo diverso risultato della consultazione referendaria promossa, a sorpresa e in piena negoziazione con la ex troika, per oggi, Domenica 5 luglio.
Così com'è strutturata e governata l'Unione Europea ha una aspettativa di vita molto breve.
Per immaginare un futuro è indispensabile un radicale cambiamento, riprogettando la politica dell'unione sulle basi originarie e relegando da subito i potenti ragionieri nei loro uffici.
Imperativo è trovare un accordo entro lunedi prima dell'apertura delle borse. Lo spauracchio di un lunedi nero serve solo per obbligare Tsipras a aumentare l'Iva al 23% e alzare l'età pensionabile a 67 anni. Una storia che si ripete.
di Lamberto Colla - Parma, 28 giugno 2015 -
Tutto doveva concludersi lunedi scorso in una seduta straordinaria dell'eurogruppo e dei capi di stato. Poi un primo rimando a martedi e quindi ancora, rimando dopo rimando si è arrivati a fine settimana e questo week end dovrà portare buon consiglio ai greci altrimenti le borse lunedi potrebbero aprire con un pesante segno negativo.
E' questa la velata minaccia della cancelliera Merkel.
Le borse ormai sono diventate le vere padrone del mondo.
Un tempo erano il termometro dell'economia reale, quell'economia fondata sulla manifattura, sulla produzione connessa al lavoro. Era un indicatore dei valori espressi da un'impresa sui suoi mercati di riferimento e più in generale del comparto industriale di una nazione. Misurava di fatto la capacità competitiva di stare sui mercati delle imprese . Oggi invece altro non è che l'isterica reazione ai "gossip" di natura politica. A ogni starnuto una reazione e a ogni frustata della borsa una reazione, guarda caso dei governi presi di mira volta per volta, nella direzione indicata dalla finanza internazionale che ha voce attraverso la troika.
Pochi privati con altissime disponibilità e solide relazioni personali che governano il mondo da dietro lo schermo di un PC.
Soggetti privatissimi che si sono accaparrati le redini di intere nazioni nell'anonimato totale.
Uomini senza volto e senz'anima che traggono enormi vantaggi dalle crisi spesso da loro stessi indotte per guadagnare sulle speculazioni quotidiane.
In questa prolungata crisi economica, questi anonimi governanti, hanno guadagnato fortune immense.
I miliardi che si bruciano nelle ricorrenti sedute borsistiche si materializzano nei loro conti azionari secondo il principio che nulla si crea o si distrugge ma tutto si trasforma.
Il crollo della borsa altro non è che il rapido trasferimento di sonante liquido che, dalle tasche di tantissimi, corre precipitosamente in quelle di pochissimi, i quali diventavano sempre più potenti e influenti.
E' qui che sta l'aberrazione del sistema economico e politico dell'occidente. Avere lasciato le redini della politica in mano a pochi privati e anonimi demoni della finanza.
Oggi è la Grecia a essere sotto torchio, a essere spremuta come un limone sino all'ultima Dracma, sino a quando anche gli ultimi gioielli verranno ceduti quasi gratuitamente e allora via che nuove imprese, ovviamente straniere, investiranno sulle rovine greche facendo riprendere il cammino a un'economia reale "colonizzata".
Dopo la Grecia i prossimi succulenti obiettivi saranno l'Italia, la Spagna e aggiungerei anche la Francia.
La ricchezza del Bel Paese, nonostante il bombardamento degli ultimi anni, è ancora un ghiotto boccone. Dalle imprese ai risparmi privati molto è ancora nel mirino degli speculatori. Da un lato prosciugano i conti correnti dei cittadini attraverso imposte e tasse deprimendo i consumi dall'altro soffocano le imprese per portare a casa gioielli a buon mercato.
Mentre si stanno ben ben cucinando la Grecia, stanno preparando la tavola imbandita per servire l'Italia e poi subito dopo addirittura la Francia.
I primi campanelli d'allarme giungono dai più autorevoli quotidiani finanziari del mondo il Financial Time e il Wall Street Journal.
E' proprio il "FT" che nei giorni scorsi scriveva che la 'Ue pensa ad Atene, ma Italia sarà nuovo problema: resta poco tempo'.
Problema per chi? Ma per noi cari lettori non certamente per loro, i finanzieri burattinai del mondo, i quali anzi, nell'Italia in disarmo, si arricchiranno ancor più.
Ma stavolta il Financial Time accende i riflettori anche sulla Francia "I problemi greci, sottolinea l'editorialista del Financial Time, mascherano il rischio crescente in Italia e in Francia". Un avvertimento o una minaccia indirizzata ai due governi che ancora non si sono completamente piegati al volere delle forze occulte che giocano al monopoli mondiale.
La resistenza Greca verrà, molto probabilmente, sopraffatta. Verrà dato in pasto all'opinione pubblica una notizia positiva e, dopo tanto clamore, per qualche mese non se ne sentirà più parlare ma, nel frattempo, scatteranno le trappole per l'Italia e verranno posizionate quelle per la Francia.
In questo modo il gioco potrà ripartire e come è consuetudine il "banco" vincerà.
Mi auguro di sbagliare ma ormai le cose sono così prevedibili che risulta incomprensibile come i nostri statisti non se ne siano accorti, a meno che siano complici o addirittura collusi con gli uomini "senza volto".
Intanto godiamoci quest'inizio d'estate che si preannuncia torrida, sotto tutti i punti di vista!
Anticipato alle 12 l'incontro dei Capi di Governo per decidere sull'ultima proposta della Grecia. Scommettiamo che...
di LGC Parma 22 giugno 2015 - -
Vedendo come vanno le cose in Europa ci si può scommettere che la decisione che verrà presa questa mattina sarà all'insegna dell'attesa.
L'Europa dei numeri e non certamente della politica e delle strategie, men che meno della solidarietà, uscirà dall'incontro di stamane, con un trionfante comunicato nel quale si annuncerà che la Grecia "sta facendo bene i compiti". Per il momento verrà concesso a Tsipras un periodo di assestamento, presumibilmente sino a fine anno, e nel frattempo verranno anticipati i finanziamenti necessari a rimpinguare le casse del povero Stato ellenico.
Un po' per non tentare la Russia a ricambiare la cortesia dell'UE (vedi ex paesi del Patto di Varsavia entrati a far parte dell'UE e della Nato), un po' per scongiurare gli imprevedibili effetti di un default della Grecia, peraltro ben sottolineati da Mario Draghi, e un po' per "finta solidarietà" verso il popolo greco, i Capi di Stato decideranno di "Non decidere".
Il risultato; un'ulteriore inasprimento della pressione fiscale con ulteriore abbattimento del potenziale di crescita mentre, al contrario, verrà annunciato che, attraverso questo passaggio, Atene potrà presto riprendere la strada della crescita economica, quindi dell'occupazione.
Attendiamo per credere le ore 12,00.
#NutellaGate. A rischio l'ecosistema globale. Dalla Francia la scoperta che salverà il mondo dalla catastrofe ambientale: togliere la #Nutella dagli scaffali.
di Lamberto Colla - Parma, 21 giugno 2015 -
Se non ci fossero state le scuse, peraltro solo via twitter, della stessa Ministra per l'Ecologia Ségolène Royal, la notizia sarebbe stata classificata nella categoria #fake supponendo fosse stata lanciata da qualche emulo dei tre giovani livornesi che 31 anni fa, in occasione del centenario della nascita di Modigliani, finsero il ritrovamento di tre teste, da loro stessi forgiate in pochi minuti, che gli esperti d'arte fecero carte false per autenticare anche dopo la confessione dei tre burloni.
Invece no.
La Ministra per l'Ecologia Francese, ex moglie dell'attuale Presidente e anch'ella in passato candidata all'Eliseo, la pesante accusa l'ha formalizzata veramente. Ségolène Royal, invitando a non mangiare la "Nutella" ha di fatto attaccato l'Italia perché, alla pari della Ferrari, il marchio della Ferrero è un patrimonio nazionale al punto tale da essere diventato il sinonimo globale di Crema spalmabile alle nocciole alla pari della "Coca Cola" per le bevande gassate alla cola.
Una presa di posizione resa ancor più grave perché si inserisce nel contesto di una crisi istituzionale tra i due Paesi che si sta consumando vergognosamente alla frontiera di Ventimiglia con i respingimenti, da parte della polizia transalpina, dei migranti in transito. Francesi tanto presi dalla foga di riportare in Italia i clandestini che hanno addirittura riportato a Ventimiglia un povero giovane in possesso del regolare permesso di soggiorno da loro stessi concesso.
Un altro sintomo che dimostra come, le istituzioni francesi, abbiano perduto la testa nonostante avessero ricevuto la solidarietà internazionale a seguito dell'attacco terroristico alla redazione del giornale satirico "Charlie Hebdo". La riconoscenza probabilmente non è di casa in Francia.
Meglio quindi avrebbe fatto l'ex signora Hollande a tacere e magari a preoccuparsi delle sue centrali nucleari, peraltro strategicamente poste ai confini italici.
Come esponente del Governo avrebbe fatto meglio a intervenire sulla questione degli immigrati e usare il suo ascendente, Valérie Trierweiler e Juliet Gayet permettendo, sul Presidente per portarlo a più miti consigli sulla questione mediterranea.
Niente di tutto questo e, rosica che ti rosica, l'orgoglio nazionalistico, da me sempre invidiato al popolo transalpino, si è trasformato in un mix di egoismo, immoralità e arroganza tale da condurre i vertici a comportamenti totalmente irresponsabili.
Loro, i francesi, che con i loro servigi alla UE hanno ottenuto, a differenza dell'Italia, l'autorizzazione a derogare al limite del 3% del del debito pubblico (nel 2014 è confermato al 4%), diventando in questo modo i fedeli "vassalli" della Germania, invece di schierarsi con i Paesi mediterranei contribuendo così a riequilibrare la trazione nordica dell'UE.
E' da un po' di tempo, quindi, che alla povera Ministra le cose sfuggono al suo rigido controllo, a partire dalla vita privata.
E' stata lei stessa, ad esempio, ad aver fatto conoscere al suo ex consorte quelle signore che, da lì a poco, avrebbero preso il suo posto nel cuore di Francois Hollande. Con la prima, Valérie Trierweiler, il Presidente si presentò addirittura come candidato all'Eliseo e lei ebbe perfino l'onore di diventare première dame di Francia.
La seconda, l'attrice Juliet Gayet, invece divenne l'amica intima e prima donna di Francia capace di far scappare il Presidente, in sella a una italianissima "Vespa" (un Piaggio MP3 in realtà) e non a un "cult nazionale" come il Peugeot Metropolis, dall'Eliseo per raggiungere l'alcova parigina. Il caso, scoperto dalla rivista Closer, ha addirittura ispirato un videogioco che sta spopolando su web: Aiuta Francois Hollande a raggiungere Juliet...
Chissà, se la Ministra e il suo ex avessero mangiato più #Nutella, forse questi errori strategici non li avrebbe commessi e i Francesi avrebbero un Governo più dolce e lucido.
Che non valga la pena di scaricare qualche tonnellata di #Nutella anche in centro a Roma?
E c'hanno ragione, la "Mucca deve magnà" per poter dare tanto latte. "Mafia Capitale" è un fenomeno emblematico per la sua collocazione geografica ma, di fatto, diffuso in tutto il tessuto socio-politico e economico nazionale.
di Lamberto Colla - Parma, 14 giugno 2015 - In modo più o meno organizzato ma il sistema venuto alla luce con le indagini "Mafia Capitale 1" e "Mafia Capitale 2" è talmente ben rodato e diffuso che fa parte del corredo cromosomico nazionale. Un sistema che garantisce agli affiliati, di fare affari con facilità in esenzione dalle dure regole di mercato, e a tutti i privati di ottenere piccoli e insignificanti privilegi che gli sarebbero comunque dovuti in quanto cittadino italiano.
Un meccanismo perverso sul quale però occorre che tutti noi si faccia un bell'esame di coscienza prima di assegnare responsabilità alla sola classe politica, la quale peraltro, è lo specchio della nostra società.
A chi non è capitato, senza essere indotto dal funzionario stesso ma solo per propria iniziativa, di donare un mezzo prosciutto, una bottiglia di "Magnum" (tanto per restare in tema) piuttosto che un chilo di "Parmigiano" a quello o quell'altra addetta o funzionario pubblico a titolo di ringraziamento?
Già perché, in quest'Italia dell'inefficienza pubblica e delle procedure machiavelliche, se non ti affidi, anche preventivamente, al funzionario di turno, si rischia di non riuscire a compilare il più banale modulo di richiesta.
E così l'impiegato statale, provinciale, comunale, dell'istituto di previdenza piuttosto che dell'agenzia delle entrate o delle centinaia, forse migliaia, "regni" ASL solo per citare alcuni "sportelli" si trasforma in "consulente".
Così, per riconoscenza, la "punta di formaggio" è il prodotto che, da quando è stato inventato il mitico "parmesan" si dona a colei o colui che ci ha levati dall'impiccio.
Molto spesso è uno scambio di cortesie, una piacevole consuetudine, un ringraziamento speciale per un lavoro extra che si presume si sia accollato il funzionario. Nessuna corruzione ma solo il frutto di una sana relazione umana.
Purtroppo, con l'andare del tempo, la punta di formaggio è diventata una "moneta" per fare smuovere la più semplice pratica, per fare rientrare prima la funzionaria dal suo giretto di spesa di metà mattina e così via.
La degenerazione ha preso il sopravvento su una pratica umana di relazione, e si è diffusa in ogni ganglio pubblico e para-pubblico diventando sistema.
Un sistema sopra il quale si sono affrancate delle "lobby" di interessi e potere che ne hanno preso il comando e, attraverso i loro uomini cardine reclutati a tutti i livelli decisionali, riescono pure a orientare le scelte politiche.
Prima si accaparrano i business a maggior margine e poi influenzano e orientano le scelte politiche ridistribuendo benefits di diversa natura.
In questo sistema di lobbying mediterraneo a farne le spese sono soprattutto le imprese, piccole e medie, che vivono i loro mercati di riferimento secondo onestà, li affrontano con investimenti tecnologici, in risorse umane qualificate, implementando costosi processi d'innovazione ma che, se non entrano nel sistema e i titolari non diventano amici del "potente" del rione, non avranno mai la possibilità di espandersi oltre un certo livello. E, siccome non tutte le imprese hanno la possibilità di giocarsi la strada dell'export, la loro storia, in questo momento di crisi, molto presto scriverà il capitolo finale.
In conclusione, in questa società disonesta, per poter fare business occorre essere non solo spregiudicati ma anche fortemente determinati a compiere atti illeciti, frodi fiscali dai grandi numeri e con il ricavato dei risparmi fiscali ridistribuire la ricchezza agli amici protettori i quali a loro volta doneranno a cascata alcune punte di formaggio o la licenza a assentarsi dal posto di lavoro per fare la spesa, andarsene al bar piuttosto che il secondo o terzo lavoro in nero.
Questo è il sistema al quale tutti noi, a partire dai nostri nonni, abbiamo contribuito a creare e che ora siamo chiamati a distruggere rapidamente, ognuno nella propria città o villaggio, prima che il sistema "se magni tutta Italia" noi compresi.
Alla conquista del sud. Il dissenso questa volta premia la Lega, unico partito in crescita, che guadagna voti, inaspettatamente, anche ben al di sotto del Po.
di Lamberto Colla - Parma, 7 giugno 2015 - Giuseppe Garibaldi iniziò dal sud con i suoi mille in camicia rossa e oggi sono le camice verdi della Lega, non più anti meridionalista, a fare il percorso inverso.
Da quest'ultima tornata elettorale è accaduto quello che non ci si aspettava ma che ancora una volta dimostra come l'italiano medio, quello che non va in piazza a spaccare fontane e picchiare i poliziotti, il proprio dissenso lo esprime con l'unico strumento utile per farlo: il voto.
Sarà perché è uno dei sei nomi da sempre più diffusi ma Matteo sembra proprio essere il nome guida del popolo italiano da un po' di tempo a questa parte. Un "Dono di Dio", come suggerisce l'etimologia del nome Matteo, al quale l'italiano si vuole affidare.
Dal Matteo Renzi, ancora ben saldo al potere, a quel Matteo Salvini che non t'aspetti e che in pochi mesi è riuscito a fare risorgere un partito decotto conducendolo alla riconquista del suo nord (Zaia si è riconfermato governatore del Veneto con oltre il 50% dei voti e la Lega è stata determinante per la conquista della "ex rossa" Liguria) ma addirittura è stata accolta a braccia aperte anche dalle regioni più meridionali rischiando, si fa per dire, il colpo grosso di portarsi a casa una storica regione rossa come l'Umbria rimasta in bilico sino alla lettura dell'ultima scheda.
Ed è proprio in questo cambiamento che va letto il messaggio che il popolo italiano, almeno nella Costituzione riconosciuto sovrano, ha voluto mandare alla classe politica nazionale: siamo maturi, scontenti e vogliamo cambiare.
Molto maturi direi. Una maturità democratica forte che si esprime perfettamente nel diritto di voto. Un diritto però sempre meno esercitato. Poco più del 50% degli aventi di ritto si è presentato alle urne contro l'oltre 60% delle precedenti votazioni. Ulteriori 10 punti perduti ma che vanno a alimentare il fonte dell'antipolitica sommersa, forse la frangia più ribelle e rigida del fronte del dissenso.
Una seconda valutazione che si può trarre dal voto di domenica scorsa è la conferma del partito di rottura con la tradizione politica nazionale ben rappresentata dal M5S. Nonostante il calo di voti e nessuna Regione conquistata, il partito "grillino" si conferma la compagine politica di maggioranza relativa in ben tre regioni.
Infine, il decisionismo di Matteo, questa volta Renzi, è apprezzato. Le dispute interne al PD hanno sicuramente arrecato danni al partito di governo - anche di opposizione a quanto pare - ma non così come avrebbero voluto e sperato gli anziani "trombati" da Renzi.
Dal baffetto dalemiano al giaguaro smacchiato di bersaniana memoria per passare alla signora delle commissioni, quella Rosy Bindi che si è beccata una bella querela, dall'impresentabile Vincenzo De Luca stravincitore in Campania (41%), per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali e abuso d'ufficio.
Nonostante tutto e tutti, a quanto pare, il popolo italiano vuole che Matteo Renzi prosegua la sua politica di revisione.
Lo vuole al punto tale che, oltre a confermargli la fiducia (comunque 5 delle 7 regioni saranno a guida PD), gli conferma la spina nel fianco del Movimento 5 Stelle e ora il "secondo Dono di Dio", quel Matteo Salvini che sta trasformando la Lega in un partito nazionale e soprattutto nazionalista.
E si sa che nei periodi bui l'Italia si unisce e le discriminazioni e separazioni rimangono argomenti solo da "bar sport".
Quindi cari partiti e apparati burocratici di servizio fate tesoro dei risultati e ponete rimedio ai dolori e alle preoccupazioni degli italiani prima che questi non le facciano venire a tutti voi, anche a quelli rintanati nei più remoti angoli degli uffici pubblici.
CONCLUSIONI
In sintesi il popolo italiano ha espresso, con grande maturità e senso di partecipazione democratica, per l'ennesima volta il seguente giudizio: c'avete rotto li c..j.ni!
E' ora di cambiare e ai Matteo l'invito di andare avanti per la loro strada; la stragrande maggioranza vi seguirà se farete la "rivoluzione" che il popolo si attende da voi.
Altrimenti... non voglio pensare alle conseguenze ma la tensione si fa sempre più insostenibile.
Prima Parma-Territorio e Autonomia, ufficializza la sua nascita come movimento civico. L'obiettivo e quello di partecipare alle Amministrative del 2017. -
Parma, 4 giugno 2015 -
Sabato 6 giugno p.v. , alle ore 10.45, presso la sede di strada Buffolara 26/a, PRIMA PARMA-TERRITORIO E AUTONOMIA, ufficializzerà la sua nascita come movimento civico. L'obiettivo e quello di partecipare alle Amministrative del 2017 e portare alla guida del governo cittadino i propri progetti. Nell'occasione verrà presentata la struttura organizzativa, la consulta degli amministratori locali, alla quale hanno aderito numerosi consiglieri cittadini volontari e il comitato scientifico, fatto di esperti e tecnici che dovrà redigere le linee guida di governo locale.
(Fonte: ufficio stampa Prima Parma-Territorio Autonomia)
E' sempre più evidente lo stato confusionale in cui versa quest'Europa senza leader e orfana di strategia e coerenza. L'Inghilterra sarebbe pronta a uscire da un'UE alla quale non ha mai completamente aderito e la questione dell'immigrazione sta tormentando tutti anche se non sembra che la si voglia affrontare con la dovuta serietà.
Che l'Europa si desti!
di Lamberto Colla - Parma, 31 maggio 2015 -
La risposta dell'UE ai problemi di surplus è sempre una sola: le quote.
Anche dopo l'unione monetaria e l'apertura delle frontiere interne sembra di essere ancora fermi agli anni '70 e '80 quando la "Comunità" emanava direttive prima e regolamenti poi che i paesi aderenti traducevano in norme nazionali. Anzi era addirittura meglio prima perché almeno le sovranità nazionali erano rispettate e i provvedimenti europei erano frutto di concrete negoziazioni tra Stati.
L'Unione Europea, che ha cominciato a delinearsi con il nuovo millennio, avrebbe dovuto maturare verso una forma di Stato Federale quindi con strategie di politica estera ben delineate e una strategia di difesa, anche militare, dei confini chiara e soprattutto codificata.
E invece eccoci qui a sentire argomentare solo su questioni di finanza mentre, quando l'interesse è politico, allora le diplomazie più forti scavalcano le autorità competenti della UE e si autoproclamano ambasciatori per tutti (si veda il caso della crisi Ucraina e la trasferta franco-tedesca in terra russa nemmeno assistita dalla rappresentanza UE)
L'Immigrazione non è un fenomeno che riguardi UE?
La questione della immigrazione e in particolare quella da Sud sta letteralmente lacerando quest'Europa alla pari delle questioni finanziarie.
Anche in questo caso, l'Unione Europea, sta affrontando un problema politico con risposte e soluzioni dall'amaro sapore burocratico senza peraltro nemmeno porsi la questione della gestione politica del fenomeno ovvero affrontare l'emergenza umanitaria e come contrastare il rischio di infiltrazioni terroristiche.
Nulla di tutto ciò! La questione dell'inarrestabile spinta migratoria viene affrontata alla pari del surplus di latte: l'adozione di quote migratorie.
Le quote, una soluzione per ogni problema.
Liberati da appena due mesi del trentennale problema delle quote latte ecco che ci si ritrova invischiati nelle quote migratorie. Una soluzione assurda per fronteggiare un problema umanitario e di sicurezza di portata enorme.
Ma non c'è più da meravigliarsi. L'Europa è in mano a cinici quanto incompetenti capi di governo e di ottusi burocrati. Pronti a schiacciare il grilletto (vedi Francia e Inghilterra nel caso della Libia) per interessi strategici nazionali senza preoccuparsi delle conseguenze per poi ritirarsi dal pagamento del danno cagionato.
Già perché, vale la pena di ricordare, gran parte dei flussi migratori dal Sud sono il risultato di quella operazione anti Gheddafi voluta fortemente dalla Francia pur di impadronirsi dei ricchi contratti petroliferi sino ad allora in mano ai suoi alleati italiani.
Noi italiani ci meritiamo le conseguenze per non avere tirato fuori i "cosiddetti" ponendo il veto all'operazione militare ma ora, a uova strapazzate, meglio convincere la Francia a pagare dazio invece di voltare le spalle opponendosi alle quote migratorie.
Cari Hollande e Cameron, i cocci sono anche vostri.
Invece Inghilterra e Francia in primis seguiti a ruota da Spagna, Polonia e molti altri, avrebbero già annunciato la decisione di non accaparrarsi quote di migranti in contrasto evidente agli accordi europei e alle motivazioni etiche che sottendono alla costituzione dell'UE.
Addirittura l'Inghilterra presto proporrà il referendum per scegliere di proseguire o meno l'avventura UE. Proprio loro che ancora non hanno adottato l'euro e nemmeno la misura metrico decimale, passi per la guida sinistra che possiamo considerare come fattore folkloristico quanto i loro taxi e i double-decker bus.
Una politica comune d'immigrazione. La cosa strane è che esiste!
D'altronde ormai sappiamo bene come l'Europa sia brava a sottoscrivere programmi bellissimi che, alla luce dei fatti, risultano solo demagogia spinta.
Infatti, quanto scritto nei sacri testi UE per Una politica d'immigrazione comune per l'Europa (leggi il summary del 2008), è stato immediatamente smentito alla prima reale e concreta occasione di mettere in pratica i 10 comandamenti sull'immigrazione: "La politica comune di immigrazione europea, descrive il documento, deve fornire un contesto flessibile che prenda in considerazione le singole situazioni dei paesi dell'Unione europea (UE) e deve essere attuata in collaborazione tra i paesi e le istituzioni dell'Unione Europea (UE). La presente comunicazione prevede 10 principi su cui fondare una politica comune e illustra le azioni necessarie per la loro attuazione. Tali principi mirano a garantire che l'immigrazione legale contribuisca allo sviluppo socio-economico dell'UE, che le azioni dei paesi dell'UE siano coordinate tra loro, che si rafforzi ulteriormente la cooperazione con i paesi che non fanno parte dell'UE e che l'immigrazione illegale e la tratta di persone siano combattute efficacemente."
Una domanda sorge spontanea: rispetto a quanto sta accadendo in questi giorni sembra che l'UE si stia muovendo secondo i principi che essa stessa ha deciso, accettato e sottoscritto?
Forse nel 2008 gli estensori del documento non pensavano sarebbe potuto accadere quanto successo e che la "primavera araba", tanto acclamata dall'occidente, potesse trasformarsi in un boomerang dalle conseguenze difficilmente prevedibili. Tutto può accadere perché tutto è fuori controllo, fatti salvi i conti della Grecia e degli altri Paesi raggruppati nel "simpatico" acronimo PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna)
E in questo delicato momento storico le cancellerie dei vari paesi Ue discutono sulle quote si o quote no?
Il pericolo è in mezzo a noi, e non mi sto riferendo ai terroristi dell'ISIS ma alle teste bacate che stanno governando l'UE e gli stati membri in questo infuocato periodo che tanto ripropone le tensioni che anticiparono la prima guerra mondiale di cui ricorse il centenario la scorsa domenica.
La visione lungimirante dei padri dell'Unione è ormai cosa sepolta da molto, anzi troppo tempo.
Peccato perché insieme potevamo essere la prima potenza economica mondiale invece siamo diventati lo zimbello globale e la terra di conquista di tutti, alleati USA compresi.
Procedendo di questo passo ne vedremo delle belle e la Disunione Europea prenderà il posto dell'Unione Europea con buona pace di USA e Russia che torneranno a dividersi il mondo.
Sarebbe anche ora che l'Europa, e non solo l'Italia, si desti!
La legge è uguale per ... quasi tutti. Già abbiamo visto che tra pensioni e vitalizi (leggi pensioni dei parlamentari) c'è differenza sostanziale e non solo formale ma, alla luce del decreto del governo di restituzione parziale del maltolto "Fornero", lo Stato può ledere i diritti acquisiti dei "poveri" perciò, e questa è logica, può farlo anche per i "ricchi".
di Lamberto Colla - Parma, 24 maggio 2015 -
Non passa giorno che non si scopra quanto sia malleabile e plasmabile il diritto italiano. Emblematico il caso delle pensioni.
La "lacrimosa" Ministra Fornero, complice del professor Monti il teorico dell'austerity, riuscì a fare risparmiare allo Stato oltre 18 miliardi di euro prelevandoli dalle pensioni. Un taglio lineare discutibile ma accettabile alla luce del rischio di default dello Stato.
Un diritto acquisito leso dei pensionati che, secondo la normativa vigente durante il loro periodo lavorativo, avrebbe garantito loro un determinato reddito una volta fuoriusciti dal circuito lavorativo.
Se a suo tempo costoro avessero avuto l'incertezza di realizzare questi ricavi avrebbero potuto decidere di risparmiare maggiormente e magari di destinare parte del risparmio in assicurazioni integrative o investimenti diversi da portare a reddito.
Invece niente. Decisero di fidarsi dello Stato e su di esso investirono anche perché, è bene ricordare che sino a metà anni '90, non vi erano alternative.
Purtroppo scoppia una crisi e lo Stato è a rischio insolvenza. Una motivazione che giustifica operazioni straordinarie e come in precedenza si fecero dei prelievi sui conti correnti dei cittadini e altre malefatte analoghe, con il Governo Monti Robin Hood se la prese con i poveri con buona pace di tutti o quasi. Già perché un buon numero di cittadini, eletti dagli stessi appena tartassati, avendo pensioni che vanno sotto il nome di "vitalizi" non vennero assoggettati ai tagli di cui sopra.
Vabbé passi. Prima o poi, era il pensiero comune, anche loro riusciranno a emanare quelle leggi e leggine che elimineranno questi benedetti privilegi.
Tre anni dopo, e è cronaca di questi giorni, la Consulta dichiara incostituzionale il provvedimento della "Fornero" e lo Stato dovrà restituire il maltolto (quasi 20 miliardi di euro) a quei pensionati utilizzati per fare cassa da tre anni a questa parte.
Giusto o sbagliato, fatto sta che sarebbe stato sancito il diritto acquisito anche per questa categoria di cittadini ex lavoratori, bene o male, alla pari di quegli altri che percepiscono e percepiranno i "vitalizi".
Invece no. Con una rapidità impressionante, nel giro di poche ore, il Governo è riuscito a firmare un decreto nel quale si sancisce che, invece di 20 miliardi, restituirà poco più di 2 miliardi. Giusto quella quota garantita dal "tesoretto" generato dal minor carico di interessi gravanti sul debito pubblico. L'UE applaude il Governo Renzi, che è riuscito a mantenere entro la soglia del 3% il patto di stabilità, e i pensionati piangono lacrime vere insieme a loro i nipoti disoccupati e figli inoccupati che sulla pensione degli antenati contavano per sopravvivere.
Ricordiamo che questi ex lavoratori sono il vero e più efficace ammortizzatore sociale adottato in questo lungo periodo di crisi e confusione giuridico/istituzionale.
Non tutto il male viene per nuocere.
In sostanza, facendo una rapida escursione sui fatti giuridici, è stato dapprima sancito il principio dei diritti acquisiti ma contestualmente anche normato che, in caso di straordinarietà, questi diritti possono essere revocati addirittura con decreto e non con legge parlamentare.
Lo stesso Presidente della Repubblica ne ha dato il buon esempio imponendo il tetto massimo per sé stesso e per tutti i dipendenti del Quirinale.
Si Può Fare!
Si può perciò, vista la straordinarietà, annullare o almeno rimodulare i principi che regolano i "vitalizi". Giusto per memoria ricordiamo che esistono parlamentari che hanno timbrato il cartellino per un solo giorno ai quali è garantito un vitalizio di circa 2.200€ mensile.
Facendo leva perciò sulle necessità dettate dalla straordinarietà e sulla questione etica, infine sui procedenti legislativi, ultimo dei quali il decreto legge sui rimborsi varato lunedi scorso dal Governo Renzi, ci sarebbero spazi ampissimi di manovra per andare a toccare gli interessi e i "diritti acquisiti" di quei tanti paperoni che hanno avuto il merito e la fortuna di lavorare per la pubblica amministrazione & dintorni.
Tra costoro ci sarebbero anche gli stessi Giudici della Corte Costituzionale; il cui stipendio è sensibilmente superiore a quello del Presidente della Repubblica e quasi il doppio di quello "ufficiale" di Obama. Insomma, sono i più pagati al mondo.
Vero che siamo nella terra del diritto però c'è un limite a tutto, soprattutto ai privilegi in tempi di "carestia".
A seconda del punto di osservazione l'Italia è in ripresa o in profonda crisi. Ma la realtà è tangibile e inconfutabile ogniqualvolta che occorre metter mano al portafogli, sempre più scontrini e sempre meno banconote.
di Lamberto Colla - Parma, 17 maggio 2015 -
Il balletto dei numeri che quotidianamente ci vengono proposti è quantomeno imbarazzante, almeno per coloro che hanno ancora un po' di libertà di giudizio, e l'enfasi con la quale vengono declamati è a scopo meramente propagandistico.
Il Governo, nonostante gli sforzi e la stragrande maggioranza dei consensi parlamentari, stenta a trovare la strada giusta per ottenere i i risultati promessi, primo fra tutti il rilancio del lavoro e dell'occupazione.
OCCUPAZIONE SI, OCCUPAZIONE NO?
E' proprio sulla questione dell'occupazione che vorrei puntare l'attenzione a partire dalle notizie che si sono rincorse in questi giorni. Una sequenza quasi interminabile di numeri buttati quasi a caso. Dapprima i trionfalistici commenti seguiti alla diffusione dei dati dell'INPS secondo il quale sarebbero 470.785 i nuovi rapporti di lavoro stabili registrati nel primo trimestre dell'anno; il 24,1% in più rispetto all'analogo periodo del 2014. Parrebbe la conferma che l'opera del Governo stia maturando i suoi frutti.
Peccato che al contrario l'ISTAT abbia, nelle stesse ore, certificato che la disoccupazione, invece di scendere, sia ancora salita passando dal 12,7% d febbraio al 13% di marzo. Il tasso più alto dal 13,2% di novembre scorso. Ma la "balla" sta anche nel fatto che quei 470.000 nuovi contratti scendono a poco più di 91.000 se vengono conteggiate le solo nuove assunzioni a tempo indeterminato.
PIL, DEBITO e TASSE, GIU'?
Ciononostante Renzi, basandosi prevalentemente sui primi dati INPS, ha colto al volo l'occasione per affermare che si sono fatti "Passi in avanti" sostenuto anche da quel misero +0,3% d'incremento di PIL realizzato ad aprile. E' bastato questo umiliante indicatore positivo per "urlare" che l'Italia è uscita dalla recessione scordandosi di riconoscere il merito a Mario Draghi e alla manovra di Quantitative Easing varata lo scorso gennaio, dopo quasi un anno di duelli all'arma bianca con tutti i capi di governo e delle banche centrali delle potenti economie germanocentriche.
Le cose stanno andando così bene che, è sempre di questi giorni, che il debito pubblico è nuovamente salito raggiungendo quota 2.184,5 miliardi di Euro (il precedente era di 2169).
Il Codacons tra l'altro stima che il debito pubblico pesa oggi su ogni singolo cittadino addirittura per oltre 36.400 euro, soglia record mai raggiunta prima. In sostanza le tasse per gli italiani continuano a lievitare seppur di poco mentre il debito pubblico non accenna a diminuire.
Ed eccoci giunti a sfiorare l'altro punto dolente e le false riduzioni di tasse, tanto vantate dai vari governi. Come si può evincere dalla tabella (si veda galleria immagini) che segue (tratta da ESPRESSO-REPUBBLICA) gli unici periodi nei quali le tasse sono state ridotte corrisponde ai due periodi Berlusconiani. I Governi di centrosinistra e tecnici invece hanno immediatamente "corretto" l'errore.
E, se lo dice l'Espresso, c'è da crederci.
CONCLUSIONI
Un disastro. L'economia non gira e a decollare, invece del lavoro, sono disoccupazione, debito pubblico e tasse. E come potrebbe essere diversamente se le leve economiche investite per lo sviluppo non raggiungono la base sociale.
Sinora gli incentivi sono stati concessi alle banche che invece di distribuire i vantaggi a imprese e consumatori hanno provveduto a fare cassa per coprire le loro magagne, o a altri soggetti intermediari come dimostra, ad esempio, il progetto cofinanziato dall'UE "Garanzia Giovani".
Un macchinoso quanto astruso meccanismo di selezione, formazione e addestramento di giovani (15-29 anni), privo di coordinamento centrale tanto che le diverse regioni applicano le loro varianti. Prendendo spunto da questo esempio, ancora una volta, invece di incentivare con mezzi semplici, immediati e soprattutto diretti sui beneficiari, l'occupazione giovanile si di fatto sovvenzionati prevalentemente le società interinali e gli enti di formazione professionale senza produrre alcun risultato evidente e tangibile sull'occupazione e sull'economia.
Infatti, questo piano del governo ha generato offerte di lavoro per appena 3 su 100 dei giovani ai quali si rivolgeva.
Un flop talmente evidente da essere ammesso dallo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi in persona nel corso di un incontro all'Università Luiss: «I numeri della Garanzia giovani non sono quella botta di vita che ci aspettavamo, anzi che qualcuno si aspettava. Non a caso, io ne parlo abbastanza poco».
Non meglio però sono le proposte dell'opposizione parlamentare e nello specifico il cavallo, o meglio "asino", di battaglia del M5S: il reddito di cittadinanza. 800 euro da dare a tutti. Una proposta interessante e appetibile solo a livello teorico che porrebbe in contrapposizione, col medesimo reddito, i neo assunti e i disoccupati sovvenzionati.
Una proposta indecente che ben poco incentiverebbe a cercare un lavoro o a investire su una propria attività individuale (artigianale, commerciale o di servizi), narcotizzando ancor più i già storditi e ansiosi disoccupati o inoccupati o sottoccupati sempre più numerosi in questa bell'Italia.
E' ora di dire basta a balle, balline e demagogiche quanto inutili proposte.
Cari signori politici, siate seri e attivate le uniche leve possibili. Se non le conoscete andate a ripassare le teorie dei grandi dell'economia, per primo e applicatele pedissequamente senza alcuna vostra interpretazione o ancor peggio di qualche moderno luminare tecnico.
No Grazie, abbiamo già dato!
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(*) « Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi. »
(John Maynard Keynes, Autosufficienza nazionale, 1933)
Fondato da Giampaolo Lavagetto e Cecilia Zanacca con l'obiettivo di partecipazione alle prossime elezioni amministrative del 2017 -
Parma, 14 maggio 2015 -
Nei giorni scorsi i soci fondatori hanno sottoscritto l'atto costitutivo del nuovo movimento civico "Prima Parma -Territorio e Autonomia".
Nato dalla fusione delle due associazioni, la finalità del nuovo movimento civico è la partecipazione alle prossime elezioni amministrative del Comune di Parma del 2017 con l' obiettivo di portare il proprio progetto alla guida della città.
Alla nuova formazione hanno aderito anche diversi neo eletti Consiglieri di Quartiere che, sotto la guida di un relativo coordinatore, costituiranno il primo nucleo di quella nuova classe dirigente che dovrà garantire competenza ed esperienza alla futura guida del Comune di Parma. Il movimento sarà supportato da un Comitato Scientifico costituito da esperti dei diversi settori strategici per la città i quali, avvalendosi della preziosa collaborazione degli eletti e dei club monotematici e territoriali, redigeranno, entro la fine dell' anno, le linee guida sulla base delle quali elaborare il progetto di governo.
Nei prossimi giorni si terrà l' Assemblea dei Soci Fondatori per l'elezione delle cariche all'ufficio di Presidenza e alla Segreteria. Entro la fine di maggio, quindi, presso la sede del Movimento, avvera' la presentazione ufficiale dell' Organigramma e saranno indicate nel dettaglio strategie ed operatività.
(Fonte: ufficio stampa Prima Parma -Territorio e Autonomia)
L'Italia diventerà un esempio mondiale di modello di Democrazia 2.0. Rapidità e efficienza; tutto a portata di mano come in un coltellino svizzero. A proposito dove è finito l'impegno per la spending review?
di Lamberto Colla - Parma, 10 maggio 2015 -
Ormai la maggioranza non sa più cosa fare per convincere il popolo e il resto d'Europa che l'Italia è una repubblica democratica. Maggioranza e opposizione tutto in uno, come un coltellino svizzero.
Lo sciopero per la riforma della scuola è stata l'ultima farsa. Invece di scioperare perché non si prendono provvedimenti urgenti per fare ripartire l'economia, invece di scioperare per il ricorrente uso della fiducia al Governo, invece di mettere in risalto le dispute interne al partito di maggioranza, al solo scopo di dimostrare che in questo Paese esiste una opposizione al lider maximo, gli stessi giornali che chiedevano la galera per Berlusconi a ogni suo respiro, pronti a dichiarare la sua appartenenza fascista a ogni ipotesi di "fiducia" ebbene oggi tacciono.
Fiducia su fiducia e il PD esegue. Basta un tweet di Matteo e tutti in aula come soldatini e, dopo il voto, lo sugartweet di ringraziamento. Già perché Matteo (Renzi) ordina come segretario del partito e come capo di governo e l'orchestra di somari esegue. E se una parte stona è solo una penosa farsa per far credere che siamo in regime democratico.
Nella romantica (per molti e non per tutti per fortuna) ex URRS, o CCCP come meglio piaccia, il Segretario era pure capo del parlamento, delle forze armate ecc... e per questo ci si sta attrezzando anche in Italia.
Si è partiti con l'Italicum e si arriverà all'ItalicURRS?
Premetto che Matteo Renzi mi è piaciuto sin dall'inizio per il suo determinismo e la chiarezza pragmatica di procedere in ordine con il cronogramma teso verso gli obiettivi e con l'idea di rottamare le palle al piede della vecchia nomenclatura attendista.
Però adesso è troppo. Non si può procedere oltre il buonsenso e l'eleganza. L'effetto narcotizzante degli 80€ sta svanendo. Un provvedimento della prima ora, una sorta di premio di benvenuto, viene da sospettare, servito a prender tempo e utile allo scopo di portare a compimento quello che gli italiani attendevano: rottamazione, equità e speranza.
E invece nulla di fatto a partire dai rottamandi. Questi fake-perbenisti della sinistra e della sinistra cattolica più becera sono ancora vivi, vegeti e con molto veleno in corpo, pronti a schizzare, campanellini alla coda, alle parti vitali del premier, chiunque esso sia, che voglia seriamente eliminare quelle sacche di consenso comprate con stipendi immeritati; bacini di voti che fanno capo a una o altra corrente di partito.
La gente si attende delle vere riforme, vuole tastare con mano che i sacrifici indotti da questa terribile crisi sono equamente distribuiti e he la riduzione delle spese non è solo la traduzione in italiano di una frase anglofona usata per riempirsi la bocca.
E' qui la spending review?
Dove è finito il buon intendimento di cancellare quelle centinaia di carrozzoni inattivi tra i quali si erge a simbolo il gran paradosso dell'Istituto per l'alienazione degli Enti Inutili, anch'esso inutile, inattivo e costoso (IGED)?
E del taglio del numero dei parlamentari non se ne fa più nulla?
L'alienazione delle Provincie deve restare incompiuta? Magari, nel frattempo, si potrebbe completare con l'eliminazione delle Provincie e delle Regioni a statuto speciale.
L'assalto alle migliaia di società partecipate da pubbliche amministrazioni non dovevano essere , almeno nella gran parte, liquidate?
Come detto, il simbolo del degrado amministrativo è ben rappresentato dall'Iged (Istituito Generale per gli Affari e per la Gestione del Patrimonio degli Enti Disciolti) carico di 14 sedi, 14 alti dirigenti, quasi 300 funzionari con un costo stimato di circa 50 milioni di euro annui. Costituito nel 1956 (millenovenentocinquantasei), per alienare 600 enti inutili, nel 2002 iniziò un tragicomico processo di autoliquidazione che costò, secondo la Corte dei conti quasi 100 milioni di euro (nel solo inizio millennio) senza nulla ottenere sino a quando fu inglobato nell'Igf (ispettorato Generale della Finanza) quindi solo nascosto, forse per la vergogna.
Varrebbe la pena perdere qualche minuto per riguardarsi una trasmissione di Report del 1998 (10 dicembre 1998) che ripercorreva la storia di quest'ente e delle commissioni di controllo delle commissioni e così via di seguito.
Attento Renzi, se mancassi l'appuntamento della revisione di spesa potresti essere colpito al collo dal tuo stesso boomerang. Se per caso dovrai aumentare l'iva (come previsto dalla manovra finanziaria e preteso dall'UE) il paese si bloccherà per sempre e riprendersi sarà impresa non difficile bensì impossibile.
L'Italia è stremata ma ancora qualche risicata risorsa ce l'ha. Ancora per poco e se non consentirai il restaurarsi di una classe borghese che "consumi" e, da buona formichina, accantoni le riserve, il patrimonio privato e nazionale si esaurirà e con esso l'economia nazionale.
La preghiera a Matteo nostro.
Caro Matteo prendi coraggio e vai contro i parlamentari, i privati interessi dei pochi potenti ma pensa ai tuoi concittadini.
Dacci ancora le provincie, togli le regioni (il vero buco nero nazionale) e applica una "flat tax" per fare riprendere gli investimenti anche esteri. Taglia il numero dei parlamentari e togli i privilegi dei dipendenti pubblici (tranne le forze dell'ordine) che possano finalmente essere parificati ai dipendenti privati. Infine fai applicare la legge e soprattutto la detenzione a chi la merita senza sconti.
La certezza della pena è una garanzia di stabilità sociale quanto la distribuzione del reddito.
Rimetti i puntini al loro posto e l'Italia sarà in grado di riprendersi da sola senza aiuti; è sufficiente che stacchi l'ago della trasfusione dal braccio delle imprese e dei cittadini (quelli che lavorano). Amen.
Il 1° maggio festeggiato con la disoccupazione galoppante. Unica nota positiva viene dai lavoratori di Expo e la commovente gara di solidarietà (gratuita!) per completare il padiglione del Nepal.
di Lamberto Colla - Parma, 3 maggio 2015 -
Ancora una batosta arriva dai dati Istat. La disoccupazione cresce ancora e a essere maggiormente colpita è la fascia giovanile. I commentatori, giusto per dare un po' di speranza, dicono che siamo alla soglia limite e che comunque è troppo presto per dare un giudizio sul "jobs act" e sulle altre misure messe in campo dal Governo a fine 2014, atte a favorire l'occupazione.
Fatto sta che altri 90.000 posti di lavoro sono stati bruciati. Due grandi imprese commerciali, "Auchan" e "Mercatone Uno" hanno annunciato il loro stato di crisi. La grande catena distributiva francese dovrà ridurre di circa 1.500 unità il proprio organico mentre per il Mercatone Uno i commissari (Stefano Coen, Ermanno Sgaravato e Vincenzo Tassinari) stanno tentando di acquisire la fiducia dei fornitori per poter procedere nell'attività; in ballo ci sono 3.700 dipendenti. Sono solo gli ultimi due esempi della settimana in corso, ma l'elenco delle aziende in stato di crisi sul tavolo del Ministero dell'Industria e sui tavoli provinciali sono migliaia e si allungherà sempre più se il Governo non si deciderà a fare una operazione forte non per incentivare l'occupazione ma per stimolare il lavoro.
E' imperativo abbattere le tasse, magari introducendo la flat tax, almeno in un settore a titolo di sperimentarne l'impatto.
Se le imprese non hanno lavoro come possono dare occupazione? Le stesse imprese che hanno la fortuna di avere ordinativi continueranno a fare fronte alle risorse umane in carico senza ulteriori acquisti in manodopera strette come sono nella marginalità e dalla stretta creditizia. A tale proposito, la laborioso Emilia Romagna, stando all'analisi di Confesercenti, è il fanalino di coda nazionale nell'erogazione di credito alle imprese commerciali e del turismo.
In questa situazione di congelamento persistente c'è poco da sperare che un misero incentivo all'assunzione possa stravolgere la situazione dell'occupazione; al limite verranno regolarizzati contratti di lavoro precari, niente più.
Nuova occupazione potrà essere offerta solo se le imprese, soprattutto le micro, piccole e medio imprese, saranno nelle condizioni di tornare a competere sui loro mercati di riferimento. E allora la fantasia , creatività e competenze degli italiani faranno la differenza e l'economia tornerà a volare.
Basta volerlo!
Occorre liberare i "tori infuriati " da eccesso di repressione fiscale e allora il mondo economico si troverà invaso nuovamente di prodotti e servizi tricolore.
Ci vuole coraggio a governare e si deve accettare il rischio di non piacere agli "pseudo alleati europei" come invece fece drammaticamente il governo Monti. I rigurgiti della politica di lacrime e sangue continuano a rialire verso la bocca.
E' proprio di poche ore fa la notizia che la Corte Costituzionale ha stabilito che la norma con cui per il 2012 e il 2013 era stato bloccato l'adeguamento al costo della vita delle pensioni di importo superiore a tre volte il minimo Inps è incostituzionale. Un costo di 5,3 miliardi di euro che va a soffocare il tesoretto appena scoperto di 1,7. La legge, contenuta nel Salva Italia varata dal governo Monti a poche settimane del suo insediamento era stata promulgata "in considerazione della contingente situazione finanziaria".
Una condizione evidentemente non sufficiente per la Consulta che ha sancito nuovamente il principio che "L'interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio" (sentenza numero 70 depositata giovedì 30 aprile, di cui è relatrice il giudice Silvana Sciarra.)
Ancora una volta i professoroni ci hanno dato dimostrazione di quanto sia distante la pratica dalla teoria.
Infine che dire del tormentone che ha attraversato la stampa più autorevole circa i migliaia di giovani, i choosy per dirla alla Fornero, che avrebbero rifiutato 1.300€/mese offerti da Expo2015. Una campagna di falsità alimentata gratuitamente e senza un apparente scopo se non quello di attrarre lettori affamati di gossip e senzionalismi. Quella stessa stampa autorevole che pur di raccogliere consensi tradotti in "click", "Mi piace" e commenti sgrammaticati, posta quotidianamente articoletti sulle "10 cose da fare per soddisfare una donna o un uomo", piuttosto che selfie desnudi con bacio saffico di starlette dello showbiz internazionale e altre amenità pruriginose.
Ebbene, questa autorevole stampa ha dovuto fare retromarcia solo dopo che la "stampa libera", rappresentata dai social media, ha raccolto le testimonianze di questi "schizzinosi" che invece di 1.300€ ne avrebbero presi 500 dovendo sopportare anche le spese di trasferta o di coloro i quali, dopo mesi spesi in attesa di una risposta da parte della società di selezione, hanno dovuto declinare l'invito perché, nel frattempo fortuna loro, avevano trovato altro impiego.
Così, in un momento di crisi di lavoro, si calpesta la dignità di chi cerca, non trova, e addirittura, piuttosto che restare a casa, lavora gratuitamente solo per acquisire esperienza nella vana speranza che un giorno possa diventare spendibile.
Nel giorno della ricorrenza del 1° maggio, festa del lavoro per chi ce l'ha, sarebbe il caso che Governo facesse un esame di coscienza e prendesse il coraggio di agire, mentre la "stampa", orfana dei governi di Berlusconi, indirizzi i suoi strali verso i detentori di privilegi statali tornando a assumere il ruolo di testimonianza e di critica, indispensabili per alimentare una sana democrazia.
Le atrocità della guerra sono ferite che mai alcuna pratica di chirurgia estetica riuscirà a far sparire. Il terrore delle incursioni notturne di "Pippo" sono ancora limpide nei ricordi di chi è sopravvissuto. Meglio non dimenticare.
di Lamberto Colla - Parma, 26 aprile 2015 -
Meglio non dimenticare. Sono trascorsi solo 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale da quel 25 aprile 1945 in cui vennero liberate Milano e Torino. Via via la resistenza conquistò le città, Bologna il 21 aprile, Genova il 23, Venezia il 28 aprile per concludersi con la Resa di Caserta del 29 aprile, data che sancisce la fine della seconda guerra mondiale.
Vendette e "conti in sospeso" proseguirono ancora per diversi anni a seguire ma chi era stato destinato alla guida provvisoria del Paese lavorò alacremente per condurre la nazione in un processo di rapida democratizzazione e, già il 2 giugno 1946, il referendum popolare decise per repubblica e quindi, via verso l'ultimo passo formale: la stesura della Costituzione.
Non dimenticare quegli anni, per coloro che hanno avuto la fortuna di non viverli, vuol dire andare a indagare, interrogando i nonni e gli amici dei nonni, andando a fare ricerche per comprendere cosa vuol dire vivere sotto bombardamento. Il terrore che i soldati venissero a fare rappresaglia nel cortile o a requisire il cibo e le scorte alimentari. In guerra la vita umana non ha valore salvo quando può essere utilizzata come merce di riscatto.
Sono trascorsi 70 anni, 70 anni di pace, o quasi.
La pace è una conquista che va alimentata con giudizio giorno dopo giorno. Non è un stato di fatto permanente, anzi è una combinazione di fattori altamente instabile. La naturale propensione del genere umano a prevaricare è impossibile da eliminare e può essere governata solo con intelligenza e con il solito ma efficace metodo della carota e del bastone.
70 anni di pace, tra gli ex alleati e gli sconfitti della seconda guerra mondiale, grazie a quei premier, così lungimiranti, che addirittura misero le fondamenta per una patria comune quell'europa che ancora stenta a decollare.
E, all'interno di questa Europa, in questi 70 anni di "quasi" Pace, abbiamo assistito all'erezione del Muro di Berlino e alla sua distruzione, allo smembramento della Jugoslavia e vissuto, da telespettatori, alla guerra in Bosnia. Ai confini invece assistiamo al conflitto ucraino e alla minaccia dell'ISIS ma anche una massa biblica di donne, bambini e uomini che fuggono dalle guerre, prevalentemente civili, nei loro paesi. Tentano una difficile fuga nella speranza di sopravvive vivendo nella certezza che morirebbero nel loro paese.
Si stimano circa 5.000 sbarchi a settimana e è fuori discussione che si debba intervenire nel salvataggio in mare, per norme marittime ma soprattutto per coscienza cristiana.
Il salvataggio però non è sufficiente e l'accoglienza non può essere compito della sola Italia, come invece pretenderebbero i partner europei. Il premier britannico, solo per fare un esempio, ha perentoriamente dichiarato che la marina di Sua Maestà andrà in soccorso, per due mesi, nel mediterraneo ma il Regno Unito non darà asilo a alcuno. Dopodiché David Cameron ha lasciato il vertice straordinario dell'UE mancando di presenziare alla conferenza stampa.
Un vertice dei capi di governo che, ancora una volta, ha dimostrato come l'Europa sia molto lontana dal traguardo di una confederazione tra Stati dimostrando al mondo intero la sua debolezza e la miopia dei premier, di statura ben diversa dai loro predecessori di 70 anni fa.
Non basta l'avere deciso di triplicare l'impegno economico a favore dell'operazione Triton, che da novembre scorso ha preso il posto di mare Nostrum, raggiungendo la medesima quota di spesa (9 milioni al mese) sostenuta dall'Italia durante l'operazione autonoma di salvataggio. Non basta anche per il fatto che la maggiore responsabilità sulla attuale situazione libica è da imputare ai Francesi e agli Inglesi. Non basta perché l'Italia potrà opporsi a sostenere i suoi impegni quando i problemi giungeranno da oriente o dal nord dell'europa.
Non basta perché la pace va conquistata, giorno dopo giorno, con la fiducia e non con il menefreghismo ostentato dall'Europa e dai suoi rappresentanti.
Alla luce di quanto sta accadendo nel mondo ma soprattutto nel vicino medio oriente, nell'est dell'europa e nel continente africano , il 25 aprile deve assumere il significato di proiettare nel futuro la storia, far comprendere e ricordare come gli errori si possono rapidamente trasformare in orrori.
Il 25 aprile, festa nostrana della liberazione, deve perciò trasformarsi nella festa della pace e della tolleranza, della fiducia e dell'orgoglio nazionale, della convinzione che, anche se armata, la pace non è una conquista definitiva ma un regalo per la buona condotta.
Di questo passo l'Europa presto non sarà più in pace!
Dai soffitti delle scuole ai ponti. I crolli di questi ultimi mesi dimostrano che, oltre all'incuria, vi è dolo o totale incapacità a costruire o ricostruire.
Bisogna ricominciare dai fondamentali.
di Lamberto Colla - Parma, 19 aprile 2015 -
Sino a qualche anno fa convivevo con la presunzione di stare in uno dei paesi più avanzati e democratici del mondo.
Un paese con molti difetti tra i quali l'accettazione, da parte della maggioranza della popolazione, di una quota sensibile di malcostume politico e istituzionale, ma dove era sicuro vivere e prosperare, immersi nella grande bellezza, diffusa in ogni angolo.
Mi consideravo fortunato perché facendo un computo tra pregi e difetti, i primi riuscivano a prevalere.
Questa pesantissima crisi economica invece sta mettendo in evidenza e assegnando sempre maggiore spazio a dilaganti quanto intollerabili e censurabili comportamenti criminali.
Avrei preferito veder cadere qualche muretto a secco di Pompei piuttosto che i soffitti delle scuole, magari appena restaurate, o ponti inaugurati una settimana prima. Un Paese che fa bella mostra di acquedotti d'epoca romana ancora intatti e moderne sopraelevate spezzate in due. A questo punto c'è da pensare che molte "mine" siano seminate qua e là sul nostro fragilissimo territorio.
Un Paese dove sono sufficienti due giorni di piogge abbondanti per mettere in ginocchio intere regioni, provocare danni miliardari e quasi sempre qualche morto.
In mezzo a tutti questi disastri quelli che maggiormente mi turbano e mi fanno veramente rabbia sono quelli che colpiscono le scuole, luoghi per eccellenza destinati al culto e dove la famiglia dovrebbe avere la certezza di avere consegnato in sicurezza il proprio figliolo.
Questo dovrebbe essere un elemento fondamentale dal quale mai prescindere. Così infatti lo è sicuramente all'estero e in nazioni la cui fama non è certamente positiva.
Proprio nei giorni scorsi, parlando con una signora rumena, in Italia per fare una campagna agricola, mi fece vedere le foto dei suoi bambini all'interno dei plessi scolastici.
Da non credere! Aule perfettamente ordinate e pulite, ampi spazi ricoperti da enormi e bellissimi tappeti dove i bambini, seduti a terra e in cerchio, svolgono alcune parti didattiche più socializzanti. Nei periodi di vacanza, mi raccontava la signora, e in quei giorni si stava consumando la Pasqua Ortodossa, le scuole svolgono comunque attività collettive, da ricerche a visite nei musei, a istruzioni di ballo di coppia e di lingue. Attività volontarie e non obbligatorie ma comunque altamente educative e formative.
Qui invece gli edifici scolastici sono fuori norma e i soffitti cadono in testa agli alunni. In quest'ultima settimana è stata sfiorata la tragedia per il crollo di un soffitto in una scuola appena ristrutturata di Ostuni con "solo" due allievi feriti. A Olbia invece è caduto un grosso lampadario e il fato, in quest'ultimo caso, ha voluto solo dare un avvertimento colpendo uno dei banchi da poco liberato in quanto gli alunni stavano uscendo dall'aula.
Ed è ancora vivo il ricordo del liceale di Rivoli (TO), morto sepolto a seguito del crollo del soffitto del Liceo Darwin che, oltre alla morte del 17enne Vito Scaffardi, in quel tragico giorno di novembre 2008 fece altri quattro feriti gravi.
A nulla servì il pesante richiamo del destino a rimettere in sicurezza gli edifici scolastici attraverso la tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia in provincia di Campobasso. A seguito della scossa sismica dell'ottavo grado che colpi il Molise il 31 ottobre 2002, l'istituto "Francesco Jovine" crollò lasciando intrappolati sotto le macerie 56 bambini, 4 maestre e 2 bidelle. Il bilancio definitivo delle vittime fu tragico: 27 bambini e una maestra, oltre a 35 feriti, molti dei quali con lesioni permanenti.
Da quel giorno del 2002 sono trascorsi quasi 13 anni ma nulla sembra sia stato fatto.
CONCLUSIONE
Occorre rifondare l'Italia partendo dai fondamentali e la scuola prima di ogni altra cosa. Non solo in termini di sicurezza ma anche in termini educativi e di sostegno sociale alle famiglie. Una buona e sana educazione produrrà una sana e educata società nel prossimo futuro.
Infine bisogna definitivamente chiudere il periodo delle emergenze e degli appalti al massimo ribasso. Nell'emergenza ormai è appurato, almeno sin dal terremoto dell'Aquila ma sicuramente anche da prima, ci sguazzano i soliti e spregiudicati noti.
Bisogna fare pulizia e tornare a essere quel Paese del Bengodi ammirato e invidiato.
Oggi di quel Paese è rimasto ben poco e in mano a pochissimi sciagurati e immorali che si arricchiscono sulle spalle dei tanti che sgobbano, soffrono e pagano.
Quei tanti invisibili che però diventano visbilissimi quando si tratta di affibbiare una multa, una tassa o una pena qualsiasi e che inermi osservano il super-buonismo destinato a chi delinque quotidianamente e ai quali una giustificazione sociale si riesce sempre a confezionare.
Un uomo qualunque compie una strage e scappa. Pazzo, stressato o uomo che viveva sopra le righe ma non c'è motivazione che tenga per giustificare quanto avvenuto al Tribunale di Milano giovedi mattina scorso.
di Lamberto Colla - Parma, 12 aprile 2015 -
E' paradossale ma mentre Claudio Giardiello compiva i suoi gesti eroici in tutta libertà all'interno del Tribunale di Milano, in Prefettura era in corso una riunione per discutere di sicurezza in presenza del Ministro dell'Interni Angelino Alfano. Certo che con l'inaugurazione dell'EXPO 2015 a meno di un mese e con l'ISIS a poche miglia dalle nostre coste, il Signor Claudio Giardiello, è riuscito a accendere tragicamente i fari sulle falle della sicurezza dei nostri obiettivi sensibili.
Quello che è accaduto al Tribunale di Milano sorprende ancor più se si pensa che da 12 anni "Striscia la Notizia" documenta le falle nella sicurezza dei Tribunali italiani, Milano compreso. Servizi giornalisti ben documentati che pare non abbiano ottenuto la necessaria attenzione da chi è preposto alla sicurezza di uno dei Fori più importanti del Paese.
E' stata necessaria l'impresa dell'uomo qualunque, il Claudio Giardiello, soffocato dalla crisi economica, a giudizio per bancarotta fraudolenta, armato di pistola vera e con due caricatori di scorta a svegliare l'opinione pubblica e fare cadere in disgrazia le famiglie delle 4 vittime, dirette o indirette, della lucida follia di un ex imprenditore.
Una persona qualunque, vestito della uniforme da professionista, è riuscita a entrare eludendo ogni controllo ben armato e, almeno da quanto hanno raccontato le cronache locali, a scorribandare all'interno del Tribunale per cercare le sue vittime e poi, mentre le teste di cuoio pensavano a come fare irruzione, ecco che l'assassino non è più asserragliato al 7° o al 4° piano bensì fuori dall'edificio e, in sella al suo scuterone, indirizzato verso il successivo obiettivo se non fosse stato finalmente intercettato presso Vimercate a 30 km dal luogo della strage.
Non un terrorista, dunque, ma una delle tante persone disperate, non un fanatico guerrafondaio addestrato nei campi dell'Isis, ma una cultura criminale acquisita solo dai telefilm polizieschi di cui era appassionato. Ebbene quest'uomo ha raggiunto il suo scopo, selezionando le sue vittime e colpendole a morte, tranne una persona colta da malore, ma avrebbe potuto essere una strage di ben altre proporzioni se l'agguato fosse stato preparato da professionisti del crimine, se invece di una beretta 7,65 fosse stato dotato di una mitraglietta o, ancor peggio, di bombe. Decine e decine sarebbero state le vittime accomunate nel tragico destino.
Prima che venga definitivamente e rapidamente sepolto l'episodio avremo da ascoltare le solite banalità dei benpensanti, di coloro che cercheranno di sminuire l'accaduto, e di altri che, come peraltro ha già dichiarato il giudice Gerardo Colombo, sosterranno che è frutto del clima avverso ai giudici.
Altri ancora cercheranno di dipingere l'assassino armato dalla Stato usurante, tant'è che già nel pomeriggio di giovedì era stata aperta una comunità su Facebook "Claudio Giardiello Vittima dello stato" che, all'alba del giorno successivo, contava già 232 fan.
Tante ne sentiremo per addolcire la pillola ma, c'è da scommetterci, ben presto calerà il silenzio, non per pudore ma per opportunismo.
Fatto sta che la gravità di quanto è accaduto giovedi scorso al Tribunale di Milano non può passare sotto l'uscio.
I responsabili della sicurezza del Tribunale dovranno essere perseguiti e la Sicurezza generale del nostro Paese dovrà essere rivista, meglio coordinata e soprattutto, accogliendo l'invito dell'arcivescovo di Milano, Cardinale Angelo Scola, a non lasciarsi coinvolgere da sterili polemiche auspicando invece che ognuno faccia la sua parte per garantire la sicurezza "Ogni Istituzione, scrive l'Arcivescovo di Milano, a partire dalla Chiesa, faccia la propria parte per prevenire e contenere il male che acceca e uccide, per educare al bene comune e per garantire sicurezza ai cittadini."
Il paradosso è che mentre l'uomo qualunque cercava le sue vittime, dentro e fuori il tribunale il Ministro dell'Interno, Angelino Alfano, era in Prefettura del capoluogo lombardo a discutere, guarda caso, sulla sicurezza potendo così vivere sul campo il tasso di protezione garantito agli obiettivi sensibili. Non voglio immaginare quanto possono essere esposti gli obiettivi meno sensibili.
Che nessuno si scandalizzi se ben presto saremo testimoni di una rincorsa a acquistare armi per la difesa personale.
E allora sarà veramente il far west!
L' Assessore al Welfare del Comune di Parma, Laura Rossi: "Il Governo finge di non togliere soldi agli italiani e scarica sugli Enti Locali. Stiamo rischiando tutti di non vederci garantiti i diritti essenziali nei prossimi anni". -
Parma, 9 aprile 2015 -
Riceviamo e pubblichiamo -
"Questo Def non è una manovra, che toglie i soldi dalle tasche degli italiani... Non ci saranno tagli alle prestazioni per i cittadini"... Matteo Renzi - 7 aprile 2015.
"Dopo sei anni diciamo basta ai tagli ai Comuni. Quando si parla di spesa nei Comuni bisogna sapere che cosa significa: asili nido, scuole materne, assistenza domiciliare, disabili, trasporti, riassetto del territorio e promozione cultura. Dal 2010 i Comuni hanno contribuito al risanamento con oltre 17 miliardi, di cui 8,5 miliardi per il Patto di Stabilità e altri 8,5 come riduzione della spesa. Sforzo mai chiesto in uguale misura a nessuna altra amministrazione pubblica, partendo dai ministeri alle regioni. Alle amministrazioni che hanno la maggiore responsabilità del debito e della spesa pubblica, non è stato chiesto un sacrificio pari a quello che hanno dovuto sopportare i sindaci. Dopo sei anni diciamo basta. Siamo stufi di sentirci spiegare come bisogna gestire i Comuni da dirigenti ministeriali che un Comune non lo hanno mai visto. E non hanno mai amministrato nemmeno un condominio. Vogliamo che la forbice si fermi... Piero Fassino - 7 aprile 2015.
Piero Fassino, presidente dell'ANCI, ha temporeggiato quanto poteva, per rispetto del Presidente del Consiglio che è anche segretario del suo partito ma, infine, ha tuonato...
I Comuni devono, per legge, chiudere i bilanci di previsione 2015 e anche i Sindaci del PD sono costretti a dire ciò che a Parma stiamo dicendo da Novembre.
Il Governo finge di non togliere soldi agli italiani e scarica sugli Enti Locali quei tagli lineari ed indiscriminati, che costringono i Sindaci ad aumentare le tasse e a ridimensionare i servizi, riorganizzandoli, poiché non ci sono più le coperture di legge.
Le affermazioni di Matteo Renzi e Piero Fassino sono evidentemente in contraddizione l'un l'altra e la politica locale è incapace di proporre soluzioni ma sa bene come sfruttare ed organizzare la protesta per meri scopi elettorali.
La proposta, essere capaci di proposta, anche se dall'opposizione, è prassi politica Italiana sconosciuta ma riconoscere nelle parole di Piero Fassino la reale preoccupazione che hanno tutti gli amministratori locali di non essere più in grado di garantire livelli di servizi precedentemente conquistati, è realtà, è evidente a chiunque.
Cari cittadini, intellettualmente onesti non organizzati dalla politica, non lasciatevi incantare dalle sirene della politica locale, la verità è che stiamo rischiando TUTTI di non vederci garantiti i diritti essenziali nei prossimi anni se il Governo non cambia veramente verso, ve lo stiamo dicendo da mesi...
Lavoriamo tutti i giorni per trovare soluzioni, nell'ostracismo quotidiano di chi non ha a cuore la crescita della Città ma il solo obbiettivo di "riconquistare" il potere, sfruttando qualsiasi argomento o occasione.
Spero che la voce di Piero Fassino tuoni più forte della nostra...
Laura Rossi
Assessore al Welfare del Comune di Parma
www.assessorelaurarossi.it
Dalla tragedia della Lufthansa alla cerimonia di Tunisi in commemorazione della strage del Museo Bardo. Le occasioni mancate della Cancelliera Merkel.
di Lamberto Colla - Parma, 05 aprile 2015 -
Seppure la stampa, anche quella più autorevole e internazionale, non ne abbia dato il giusto risalto, ma la assenza di Angela Merkel, o di un suo degno rappresentante, alla "Marcia di Tunisi" alla quale invece ha partecipato il nostro Matteo Renzi è stato un enorme errore di stile e politico.
Troppi lutti, forse, per la cancelliera in quei giorni o forse troppa la vergogna per il disastro causato dal suo fanatico concittadino, del quale meglio non riportare il nome per non dare soddisfazione al suo egocentrismo omicida.
Una vicenda, quella della compagnia di bandiera tedesca, che urla vendetta e la dice lunga sulla infallibilità dei tedeschi, capaci più a vanagloriarsi e a nascondere le magagne a differenza di noi "stupidi" italiani che tutto invece mettiamo in piazza, soprattutto le magagne.
La portinaia del condominio "europa", che tutto sa e su tutti ha da dire, l'onnipresente cancelliera che in barba ai protocolli e ruoli istituzionali di cui lei si fa portabandiera, prende a braccetto il bambolotto transalpino e corre ai tavoli della pace con Putin, la cancelliera che si fece immortalare a fianco di Hollande e degli altri grandi della terra (assente solo Obama) per manifestare contro l'assalto al giornale satirico parigino, è mancata all'analoga occasione tunisina. Viene da chiedersi del perché di una tale differenza di trattamento.
Forse che gli incolpevoli turisti fossero meno importanti dei "maleducati" vignettisti satirici e comunque inermi vittime della follia jihadista?
La sua presenza, così come quella di tutti rappresentanti politici dell'occidente, sarebbe stato di grande conforto per la nazione magrebina simbolo della riconversione democratica dei paesi nord africani. Da lì ebbe inizio la "primavera araba" e da lì sono partiti il maggior numero di terroristi arruolati nelle fila di Abū Bakr al-Baghdādī, il sanguinario leader dell'Isis, a dimostrazione di quanto sia difficile e oneroso ristabilire la democrazia dopo il caos.
Ma si sa, la Germania è lontana dalla Libia, dall'Algeria e dagli altri porti da dove si muoveranno le forze jihadiste per la conquista dell'Europa.
Così come non la toccavano i problemi dei confini mediterranei e la disperazione dei profughi accolti da "marenostrum" altrettanto, probabilmente, non toccano la Cancelliera i problemi di Tunisi.
Però che nessun commento sia stato registrato a seguito dello schianto dell'aereo della Lufthansa sorprende e, questa volta, non lo si può giustificare. Non si pretende che faccia harakiri, alla pari di quell'ingegnere giapponese 51enne suicidatosi col rito dei samurai a seguito del crollo del ponte da lui stesso progettato, ma che almeno si scusasse col mondo intero per l'incidente aereo costato la vita a neonati, ragazzi in gita premio, genitori in attesa di un nuovo fiocco rosa o azzurro non si sa, comunque di donne e uomini ognuno con una vita ancora da consumare.
Niente, nessun commento dalla portineria del litigioso condominio europa.
Adesso però che non le venga in mente di trovare qualche escamotage per sostenere la compagnia di bandiera a rischio di fallimento (peraltro in forte difficoltà già prima dell'incidente) per il monte risarcitorio a cui dovrà far fronte. Escamotage che in diverse circostanze la furbetta ha adottato. Come ad esempio quando si è trattato di dichiarare il Pil sommerso o di nascondere i problemini delle sue banche e, purtroppo, nessuno l'ha contrastata concedendo il lusso di "taroccare" i conti.
A noi italiani, è inutile nasconderlo, non va giù il boccone che la Germania ci fece ingoiare, in piena crisi economica, vendendo, in pochi giorni - maggio 2011 - , quasi tutti i nostri titoli di stato innescando una turbolenza finanziaria e politica di cui stiamo ancora curando le profonde ferite.
Questa volta tocca a noi rammentarle, preventivamente, che gli aiuti di Stato sono banditi dagli accordi UE e che non si azzardi a mettere in campo azioni di salvataggio della ex gloriosa Lufthansa.
Quindi, gentile Angela Merkel, faccia un esame di coscienza e, nel tentativo di riabilitarsi, provi a immaginare un'Europa di cooperazione piuttosto che un campo di sfruttamento economico. Ne gioverebbe anche la grande Germania, almeno in simpatia.
Buona Pasqua anche a lei signora Angela e che la Colomba le porti quel pizzico di umanità che, almeno all'apparenza, le manca per diventare un leader da tutti riconosciuto.
L'avranno vinta i "gufi" o le migliaia di maestranze e tecnici che stanno turnando giorno e notte per consegnare al mondo l'efficienza italiana? Anche Hannover non debuttò nel migliore dei modi tanto da essere rimasto come simbolo negativo nell'albo delle esposizioni universali. E che dire dei mondiali di calcio del Brasile?
di Lamberto Colla - Parma, 29 marzo 2015 -
Trentatre giorni all'inaugurazione di Expo2015. Un count down inesorabile scandito dalle pillole, quasi quotidiane, del Commissario Giuseppe Sala sullo stato di avanzamento dei lavori. 4 o 5 i padiglioni in ritardo sul crono-programma, stando all'ultimo resoconto di giovedi scorso del Commissario. Un ritardo sul 70% delle opere stando a altre fonti di informazione.
Un gap troppo elevato anche in ragione del fatto che l'accesso ai cantieri è giustamente protetto. Chi ha avuto modo di osservare da vicino (una cinquantina di giornalisti sono stati invitati alla inaugurazione del padiglione di Intesa San Paolo) ha potuto constatare un diffuso ottimismo tra gli operatori che non può che far ben sperare nell'ennesimo miracolo italiano.
Un po' come la liquefazione del sangue di San Gennaro, il primo maggio si alzerà il sipario di EXPO2015 di Milano e il teatrino dedicato al cibo andrà in scena regolarmente per 6 mesi in barba ai gufi.
A meno 50 giorni, preso dalla curiosità, ho tentato un avvicinamento all'area espositiva, giusto per curiosare e annusare l'atmosfera. Non nego di essere rimasto deluso, prima di tutto per la difficoltà di accesso.
Il traffico milanese non si può certamente considerare tra i più fluidi e le nuove infrastrutture sono ancora ben lontane dall'essere completate. Un esempio è il grande ponte ad arco progettato dagli architetti Antonio Citterio e Patricia Viel, difficile che possa essere inaugurato per tempo. Per chi dovesse invece giungere con la metropolitana dovrebbe farsi una sgambinata di circa un chilometro per raggiungere l'ingresso.
L'impressione e tengo a precisare, solo una impressione, è stata di un cantiere ancora in alto mare ben diversa dalla reale constatazione che tutti possono apprezzare seguendo le evoluzioni del Drone messo a disposizione da EXPO (Expo 2015: Belvedere in città) e che settimanalmente, postato su youtube, aggiorna sullo stato d'avanzamento dei lavori.
Infine ben venga l'investimento di quasi tre milioni di euro destinati a "pulire" il panorama, mimetizzare quanto ancora incompiuto e quello che rovinerebbe l'estetica. In fondo avremo ospiti importanti da tutto il mondo e sarebbe sconveniente e poco educato ospitarli nel disordine.
E allora via con le operazioni posa in opera, degli "External exhibition elements", degli allestimenti delle quinte di camouflage, nonché dell'installazione dell'arredo urbano del Sito Espositivo.
A questo punto, che siano 20 milioni o solo 15 milioni i visitatori, l'importante è aprire e dimostrare l'efficenza e la caparbietà della gente normale di questo piccolo grande paese.
La forza e la maestria di migliaiai di anonimi che con il sudore e l'ingegno fanno fare gran belle figure a incapaci, spesso disonesti, rappresentanti delle istituzioni.
Per tutte queste belle persone che lavorano giorno e notte dobbiamo fare il tifo. E se l'Expo 2015 avrà successo sarà prevalentemente per merito loro che, in piccolo, rappresentano la maggioranza del Paese, quelle donne e uomini che con umiltà e in silenzio con orgoglio responsabilità portano avanti, in gravi difficoltà, le loro famiglie.
L'Italia c'è!
Il volo del Drone del 16 marzo 2015
Non la pensi come noi, allora ti boicottiamo. Accadde a Guido Barilla nel settembre 2013 e ora a Dolce e Gabbana di essere oggetto di boicottaggio per avere espresso un pensiero personale fuori dal coro.
di Lamberto Colla - Parma, 22 marzo 2015 -
Pare sia vietato esprimersi a favore della famiglia tradizionale. Chi osa prendere le sue difese , eterosessuale o omosessuale che sia , viene immediatamente soffocato dalla violenta reazione della lobby gay.
Il primo a farne le spese fu Guido Barilla, nel settembre 2013, quando intervistato a "la zanzara" se ne uscì con una infelice quanto imprudente affermazione a favore della famiglia tradizionale escludendo categoricamente la possibilità di produrre "spot" pubblicitari con famiglie gay perché, insiste Guido, "...non la penso come loro e penso che la famiglia cui ci rivolgiamo noi è comunque una famiglia classica. Nella quale la donna, per tornare al discorso di prima, ha un ruolo fondamentale, è il centro culturale di vita strutturale di questa famiglia».
Un'opinione che ha immediatamente avuto eco sulla stampa tradizionale e viralizzata sui social media e l'hashtag #boicottabarilla è entrato tra i trend, diventando velocemente internazionale con la versione inglese #boycottbarilla. Una reazione che ha obbligato il presidente della multinazionale della pasta a scusarsi e a giustificarsi.
Episodio che, per certi versi, fu utile alla azienda parmense per riposizionare le proprie politiche interne e le campagne "gay friendly" oriented al punto tale da essere diventato un modello internazionale riuscendo a conseguire un punteggio perfetto dalla Human Right Campaign, un'importante associazione per i diritti degli omosessuali che stila ogni anno il Corporate equality index, una graduatoria basata sulle politiche interne ed esterne aziendali.
Molto probabilmente, gli stilisti Dolce e Gabbana, prenderanno esempio dalla Barilla e seguiranno un percorso di redenzione sempre che ne abbiano necessità.
Sorprende ancor più la presa di posizione, verso una famiglia tradizionale, da parte di Domenico Dolce e di Stefano Gabbana che non hanno mai fatto mistero della loro relazione, vissuta, come dovrebbe essere per tutti, nella totale normalità. Una relazione vissuta pienamente con amore prima e con affetto dopo la loro separazione. Una vita privata condotta con la discrezione di ogni coppia etero, senza clamori, lasciando che gli eccessi venissero apprezzati solo nelle collezioni ideate e prodotte dai due artisti e imprenditori.
Dolce e Gabbana da innamorati hanno rappresentato la normalità e come tale sono stati accettati.
Ciononostante il loro pensiero sulla famiglia tradizionale, non è stato apprezzato. E questo ci sta pure peccato che alla loro legittima opinione si sia contrapposta la solita violenza verbale con hashtag #boycottdolcegabbana compreso che in pochi giorni hanno generato ben 455.000 pagine di google.
Una violenza verbale alla quale i social media ormai ci stanno abituando e che rischia la disaffezione, da parte dei più moderati, all'utilizzo di questi straordinari mezzi di comunicazione.
Non concordo pienamente con l'opinione di Fabio Brinchi Giusti dalle colonne de Linkiesta etichetta come "cattivi" la maggioranza dei commentatori di facebook seppure sia indiscutibile che alcuni assidui frequentatori dei social utilizzino il "commento facile", molto spesso con arroganza. Ma quel che è peggio, postando ad libitum, questi opinionisti infaticabili riescono a rendere popolare l'opinione negativa e spesso violenta a discapito di quella più moderata e disponibile al confronto dialettico e culturale.
Vero è che il linguaggio muta con il mutare della società ma non vorrei mai che prendesse il sopravvento l'urlo, l'ingiuria e la vendetta.
Forse la modernità è anche questo prendere la storia, l'etica, il buon senso e la genetica e farne un bel rogo.
Come sarebbe bello, invece, consumare una buona pasta Barilla, inguainati in un elegante outfit di Dolce e Gabbana, coinvolti dalle dolci note di Elton John, in compagna della persona amata.
Cosa rimane dopo il caso Ruby. Macerie della giustizia, macerie della politica e della credibilità nazionale. La giustizia nostrana sempre più simile alla sharia? Per fortuna esiste il terzo grado di giudizio.
di Lamberto Colla - Parma, 15 marzo 2015 -
L'assoluzione dell'ex premier e ex cavaliere Silvio Berlusconi per il caso "Ruby" non può e non deve essere archiviata ma diventare oggetto di studio politico, economico, deontologico, sociale e religioso.
Non tanto per la sentenza finita a favore del signor B. qualsiasi, ma per gli interrogativi che spalanca sulla conduzione ma soprattutto sulla pubblicizzazione delle varie fasi del percorso giudiziario e degli effetti privatistici e pubblici che questo ha comportato.
Una magistratura inquirente che, alla luce dei risultati, è apparsa più dedita alla moralizzazione piuttosto che a offrire il meglio del nostro ordinamento giuridico.
Una giustizia, che almeno nelle prime fasi, si è mossa alla pari della sharia (diritto penale islamico. Nel Corano stesso sono descritte le pene da applicare ai casi più gravi lasciando solo i reati minori al sindacabile giudizio degli amministratori della giustizia) mettendo in evidenza, se comunque ce ne fosse stato bisogno, il grado di degenerazione raggiunto dalla nostra classe politica e il ridottissimo tasso di moralità, limitato alla quasi esclusiva facciata di circostanza.
Ben diverso invece il comportamento tenuto dai giudici francesi nel caso che ha visto coinvolto l'ex direttore del FMI (fondo Monetario Internazionale) e candidato all'Eliseo Dominique Strauss-Kahn "reo" di avere il vizietto orgiastico. Una debolezza, peraltro confessata, venuta fuori di pubblico dominio a seguito della denuncia di una inserviente dell'Hotel che lo ospitava a New York che poi si è rivelata solo frutto di una macchinazione, molto probabilmente, ordita per intralciare la sua ascesa alla poltrona più ambita di Francia e proseguita con l'accusa di favoreggiamento della prostituzione nel processo che lo vedeva coinvolto sul giro di squillo all'Hotel Carlton di Lille.
In questo caso la magistratura transalpina decise di non procedere in quanto nulla di legalmente rilevante fu riscontrato. Non venne in mente a alcun magistrato di costruire una linea d'accusa sulla base di comportamenti che rientrano nella esclusiva sfera privata. Al contrario lo stesso pubblico ministero fece richiesta di proscioglimento «puro e semplice». Poi, come era da attendersi, il giudizio morale si è abbattuto sul collo dell'uomo politico emarginandolo come era giusto che fosse.
Uno sviluppo processuale ben diverso da quello riservato all'ex premier italiano.
Già perché se il signor B. è stato assolto perché il fatto non sussiste, la qual cosa comunque non scioglie il giudizio morale sulla persona che ognuno potrà far valere nella segretezza dell'urna.
Ma come si diceva, la questione apre molti interrogativi. Il primo e più scontato è quello che la complicità tra alcuni giornali nazionali e alcuni giudici sia stata orchestrata per favorire la decadenza del potente leader del partito di maggioranza relativa e Capo del Governo senza curarsi degli interessi reali del Paese.
Le bastonate mediatiche provenienti anche dalle testate estere hanno giudicato ancor prima della sentenza contribuendo a scatenare il tornado finanziario che si è potuto misurare con lo spread a "forza" 585 registrato nel 2011 ovvero quasi 500 punti superiori al 2007 quando misurava stazionario intorno ai 90 punti. Proprio quel valore, 585, fu la goccia che fece traboccare il vaso e portò alla sostituzione imperativa del Capo del Governo orchestrata dal Presidente Giorgio Napolitano.
Ed ecco che, dopo anni di saccheggio, lo spread è in questi giorni tornato ai valori del 2007 lasciando però sul terreno le testimonianze della devastazione.
E per fortuna che esiste il terzo grado di giudizio, quello della Corte Suprema di Cassazione che, a quanto pare, sta diventando sempre più l'ultimo baluardo a difesa del diritto, di quella giustizia giusta che cittadini vorrebbero avere come alleata.
Quella Corte Suprema che ha il coraggio di ribaltare anche le sentenze dei due precedenti gradi, come il caso recente degli allevatori lombardi coinvolti nella vicenda "quote latte", o come la vicenda che vedeva contrapposti produttori di un salame tipico e una multinazionale dell'alimentare e, per finire, al caso Berlusconi premier.
Il ricorso alla cassazione sta diventando indispensabile per fare valere i propri diritti. Il guaio è che in pochi possono permetterselo. Il ceto medio è stato sepolto dalle macerie dello spread e il diritto a una giustizia equa si è perciò limitato alla estrema minoranza del Paese e non più alla maggioranza. E poiché è un diritto individuale la difesa del cittadino, se questa non può essere perseguita causa impossibilità economica, il diritto stesso viene compromesso.
Non è proprio il caso, in questo periodo di forte e diffuso sconforto, mettere in cattiva luce il potere giudiziario e con esso le forze dell'ordine, argini maestri di contenimento del fiume "insofferenza" al colmo della sua portata.
Ecco perché sarebbe il momento che, separatamente, il potere politico e il potere giuridico ripensassero i loro comportamenti, o meglio quello di alcuni loro illustri, mediatici e telegenici rappresentati, e sotterrando l'ascia di guerra ricominciassero a dare il buon esempio.
Sono i cittadini che lo vogliono è lo Stato di Diritto che lo pretende.
Non è scritto da nessuna parte che debbano esserci dei vinti e dei vincitori, si può benissimo ripartire azzerando tutto pensando esclusivamente agli interessi della nazione.
Progetto di legge approvato all'unanimità dall'Assemblea legislativa regionale dell'Emilia-Romagna: ridotte le indennità, abolita quella di fine mandato e azzerati i fondi ai gruppi per un risparmio complessivo sui costi della politica di 7,5 milioni di euro -
Parma, 11 marzo 2015 -
Sì unanime da parte di tutti i Gruppi assembleari: Pd, Sel, Ln, M5S, Fi, Fdi, AltraER, - che peraltro hanno condiviso emendamenti al testo - sui tagli ai costi della politica previsti dal progetto di legge approvato dall'Assemblea legislativa regionale dell'Emilia-Romagna.
L'indennità mensile dei consiglieri regionali fissata a 5 mila euro lordi, dagli attuali 6.104; l'abolizione dell'indennità di fine mandato e l'azzeramento dei fondi ai Gruppi per il funzionamento, per un risparmio complessivo sui costi della politica, considerati tutti gli interventi, di 7,5 milioni di euro nell'arco dei cinque anni della legislatura cominciata dopo le elezioni regionali del novembre scorso. Fondi che, per decisione condivisa da maggioranza e opposizione, verranno destinati a finanziare politiche di sicurezza, legalità e qualità del lavoro, il sostegno al microcredito per lo sviluppo dell'imprenditorialità, il reinserimento lavorativo e l'inclusione sociale
Il provvedimento, presentato da Pd e Sel (i capigruppo, rispettivamente Paolo Calvano e Igor Taruffi,primi firmatari) razionalizza anche le modalità di assunzione del personale delle strutture speciali e modifica più leggi regionali - spiega la nota.
Presentato dalla maggioranza e scelto come testo base, è composto da 15 articoli ed è finalizzato a ridurre le spese dell'Assemblea legislativa in ordine al trattamento economico dei consiglieri e al funzionamento dei Gruppi. Il progetto di legge è arrivato in Aula dopo che in commissione Bilancio, affari istituzionali e generali sono stati accolti numerosi emendamenti presentati sia dai proponenti sia dai consiglieri di opposizione.
Nel dettaglio, le misure più rilevanti -
L'indennità mensile di carica lorda dei consiglieri regionali è fissata a 5 mila euro (rispetto a 6.104,47), con un risparmio annuo di 662.682 euro per un totale di 3.313.410 euro nell'arco della legislatura. A questo risparmio va sommato quello derivante dalla diminuzione delle indennità di funzione, calcolate in percentuale sull'indennità di carica, per un totale di altri 346.582,69 euro per legislatura. Contestualmente, diminuiscono le indennità di funzione anche di assessori, presidente e vicepresidente di Giunta. Il rimborso forfetario mensile delle spese per l'esercizio del mandato riconosciuto ai consiglieri viene fissato a 2.258.65 euro. Viene eliminata l'indennità di fine mandato dei consiglieri, misura che genera un risparmio totale per la legislatura di 1.526.117,5 euro. Infine, l'eliminazione del fondo per le spese di funzionamento dei Gruppi garantisce un risparmio pari a 472.962,3 euro annui, che diventano 2.364.811,5 nella legislatura.
In totale, i risparmi conseguiti per questa legislatura ammontano a 7.550.921,69, equivalenti a 1.510.184,338 euro all'anno.
Sulla materia erano stati presentati altri due disegni di legge, abbinati al testo della maggioranza: uno del Gruppo M5s, intitolato "Norme per l'eliminazione dei privilegi e l'abolizione definitiva dei vitalizi, legati alla carica di consigliere regionale dell'Emilia-Romagna", e quello di iniziativa popolare, su "Modifiche alla legge regionale 14 aprile 1995, n.42 'Disposizioni in materia di trattamento indennitario agli eletti alla carica di consigliere regionale".
La destinazione delle cifre risparmiate
In Aula sono stati approvati alcuni emendamenti, il più significativo dei quali definisce la destinazione delle cifre che verranno risparmiate grazie a questa legge: la Regione adotterà provvedimenti finalizzati a finanziare politiche di sicurezza, legalità e qualità del lavoro, sostegno al microcredito per lo sviluppo dell'imprenditorialità, il reinserimento lavorativo e l'inclusione sociale. Si è previsto di incentivare la forma del tirocinio formativo fra quelle a cui potranno aderire i Gruppi assembleari, e si è sottolineata l'esigenza di garantire appropriate postazioni lavorative alle persone con disabilità. Infine, è stata estesa l'esclusione dell'erogazione dei vitalizi ai consiglieri condannati in via definitiva per delitti a sfondo mafioso.
(Fonte: ufficio stampa Regione Emilia Romagna)
Dalla bufala del rogo alla conquista dei titoli al femminile passando dalle quote rosa.
di Lamberto Colla - Parma, 8 marzo 2015 -
Stavo facendo la conta per scegliere l'argomento principale di cui avrei voluto trattare nella mia rubrica domenicale - chiamarla editoriale mi sembra troppo -, il campo si era ormai ristretto tra il brutto esempio che il calcio sta offrendo (dagli hooligans olandesi alla penosa vicenda del Parma Calcio e la decisione di sospendere il campionato greco, poi rientrata, da parte del nuovo e indeciso premier Tsipras) e un commento sulla "real politik" stimolato dalla affermazione del vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, il quale in occasione dell'ennesimo naufragio ha lasciato trapelare l'apertura al dialogo con i dittatori. Due argomenti ghiotti sui quali avrei potuto spendere fiumi di polemiche e sfogare la mia rabbia di cittadino immedesimandomi, senza difficoltà, nei milioni di italiani increduli di assistere a tanta orgogliosa incapacità degli uomini e delle poche donne che a vari livelli ci governano.
E invece, osservando il calendario, folgorato sulla via di Damasco, non ho saputo sottrarmi dalla mischia delle banalità e delle demagogie penose che l'8 marzo riesce a stimolare alla pari di quelle nere pilloline purificatrici.
Una giornata nella quale si disperdono fiumi di parole di circostanza, copia incolla degli articoli di decenni precedenti, che con il passare del tempo hanno perduto l'antica origine ai quali si contrappone l'anima consumistica che, almeno per un giorno, fa felici i ristoratori e i fiorai.
Poco o nulla è rimasto della festa originale nata per ricordare tutte le conquiste delle donne in campo economico, politico e sociale ma anche le discriminazioni e le violenze cui le donne sono state sottoposte in molte parti del mondo Italia compresa. Quasi tutti i sacrosanti giorni la cronaca nera ci sbatte in faccia la realtà. Tragedie familiari nelle quali la stragrande maggioranza sono vittime le mogli o le figlie a dimostrazione che i cambiamenti culturali all'interno delle società avvengono di gran lunga più lentamente di quanto ci si possa immaginare. Quindi tutti i giorni andrebbe celebrata la donna, quell'altra parte del cielo senza la quale non ci sarebbero figli e sulle quali grava gran parte dell'educazione della prole e della gestione familiare. Contabili esperte che in caso di necessità riescono a fare miracoli di spending review. Così impegnate tra il lavoro, la casa e la cura dei bambini che non hanno spazio nemmeno per consumare una lacrima in solitudine.
E' a tutte queste donne che la società deve dare protezione. A loro che sono la base e il punto di riferimento familiare e quindi della società tutta che occorre dare sostegni e servizi concreti senza se e senza ma. E' nel rispetto che si deve a loro, in quanto cittadine, donne e madri che la politica deve orientare l'attenzione concreta e non demagogica, a partire dalla scuola.
L'8 marzo è invece diventata la sagra delle banalità, e dimostra come certe donne interpretino l'emancipazione acquisendo e addirittura inasprendo i difetti del genere maschile.
Ancora tanti sarebbero gli obiettivi di conquista di cui il genere femminile potrebbe farsi portabandiera. Dalla difesa della dignità delle minoranze alla lotta per la riforma della società attraverso la meritocrazia abbattendo nepotismi e scambi di favori, sessuali compresi.
E infine se veramente le donne intendono onorare il loro genere chiedere, a gran voce, di annullare questa ricorrenza che sta esaltando la discriminazione offrendo un brutto esempio di emancipazione piuttosto che la celebrazione delle conquiste di un passato ormai remoto. Oppure, in alternativa, porsi nuovi obiettivi di conquista.
Uno di questi obiettivi lo suggerisce, da quasi un anno, la Signora Presidente della Camera, Laura Boldrini, la quale ancora pochi giorni fa proprio in previsione della festa della Donna ha nuovamente richiamato i colleghi parlamentari a utilizzare i titoli al genere femminile quando ci si rivolge a una donna. Quindi Avvocata, dottora e, seppure queste parole non abbiano una sonorità gradevole è giusto abituarsi, per principio, a utilizzarle nel rispetto delle signore.
L'ultima "grande conquista" risale a pochi anni fa con l'introduzione delle "Quote Rosa". Alla pari dei centri commerciali e dei Park scambiatori anche la politica ha voluto riservare alcuni stalli al mondo femminile.
Una conquista non da poco se si pensa che finalmente, alla pari degli uomini, anche il genere femminile può offrire il peggio negli organismi rappresentativi pubblici. Il principio della meritocrazia calpestata non poteva essere di esclusiva pertinenza maschile.
Buona Festa!
A scuola. Bisogna che tutti si ritorni a scuola. Abituati a comunicare con gli "emoticons", i moderni geroglifici tanto in uso con i vari Twitter, Facebook, iMessage, WhatsApp, che stiamo dimenticando l'uso della parola e le basi grammaticali.
di Lamberto Colla - Parma, 1 marzo 2015 -
Matteo Renzi e ancora prima il popolo M5S ci ha catapultati nella politica 3.0. Twitter sembra essere diventato l'organo di stampa ufficiale del Premier ma anche di Matteo Salvini e via via più giù sino a Federico Pizzarotti, sindaco di Parma e grillino della prima ora.
Ma si sa, la comunicazione via "digital media" è più consona alla tempestività che alla correttezza, alla "viralizzazione" piuttosto che alla meditazione e, come è ovvio, nella fretta ci casca l'errore.
Così che, tra abbreviazioni ormai entrate nel "nuovo lessico 2.0" e lo smodato utilizzo di "faccine gialle" e altre iconografie in constante aggiornamento, un nuovo linguaggio si sta diffondendo e, aimè, sta invadendo barbaricamente la lingua italiana abbattendo i dogmi grammaticali così come i talebani e gli jihadisti hanno abbattuto i millenari monumenti afgani e siriani.
La velocità del fare deve andare di pari passo con la velocità del pensare. Mai come in questi tempi l'esclamazione "Detto fatto" è diventata uno stile di vita, soprattutto politica.
A inaugurare la nuova stagione della velocità "uber alle" è stato proprio il nostro giovane premier Matteo Renzi con lo slogan: "Una riforma al mese". Alcuni mesi dopo, a seguito della prorompente vittoria alle elezioni europee, il cronoprogramma si è trasformato in un "piano dei mille giorni" e verifiche "passo dopo passo" ma pur sempre di corsa.
Parlamentari obbligati a nottate in parlamento per discutere le riforma o meglio per ascoltare l'ostruzionismo delle opposizioni. Un pesante impegno al quale non erano abituati e che tanto fa felice il popolo nel vederli sgobbare e loro fieri dei privilegi e compensi che adesso, finalmente, risulta noto a tutti che meritano.
Intanto il Premier da Firenze vola a Roma o viceversa, poi in men che non si dica si apprende, dal suo "cinguettio", che è a Bruxelles o in medioriente e magari nel frattempo si è concesso una sciatina flash e, giusto per non perder tempo, durante la risalita in seggiovia, ha molto probabilmente convocato un direttivo del PD (posto che è ancora il segretario rottamatore del partito di maggioranza relativa) o una qualche commissione parlamentare, prima di presenziare alla inaugurazione di un edificio scolastico in precedenza danneggiato da qualche terremoto o alluvione del recente passato sperduto in qualche remoto angolo della bell'Italia.
Un folletto (da non confondere con il noto marchio d'aspirapolvere), uno gnomo che della velocità e onnipresenza ha fatto il suo principale strumento di lavoro e il cinguettio ne garantisce la presenza.
Ma non tutti riescono a tenere il suo passo. Riesce la giovane, brava e bella ministra Maria Elena Boschi la quale, nei giorni scorsi, commentava che un tempo faceva le 5 del mattino in discoteca e adesso le fa in Parlamento.
Fatto sta che corri di qua, corri di là, twitta e convoca, l'errore è sempre alle porte.
La legge di stabilità approvata di corsa a fine anno, dimenticando il mondo delle giovani partite iva, ne è un tragico esempio.
Infine, e non vorrei essere nei panni del grafico, il volantino distribuito per celebrare un anno di successi nella scuola, nella sua prima stesura pubblica, riportava in alto a sinistra, un errore grossolano di grammatica che, proprio per l'argomento che trattava, si è trasformato in barzelletta.
"Abbiamo cominciato con la scuola perché sappiamo che se non c'è Istruzione non c'è l'Italia" recitava il comunicato stampa al quale era allegato il volantino celebrativo ignorante di una regola fondamentale che si impara, appunto, a scuola: "un anno" deve essere scritto SENZA apostrofo e non, come nel volantino, con l'apostrofo come se fosse un sostantivo femminile.
Un errore di cui si è accorto il giornalista Danilo Chirico che ne ha segnalato, via twitter, l'errore consentendo al PD di cancellare il post sostituendolo con quello corretto ma, come si sa, la viralizzazione e il web sono una brutta bestia così che il volantino resiste ancora in rete.
Un refuso, si è giustificato il PD fatto sta che l'errore da matita blu c'è e, quel che è peggio, "in collaborazione con il dipartimento istruzione del partito democratico". Ma per "gli Stati Generali" non è la prima volta che il Pd inciampa in "refusi" tanto da far credere loro che siano veri e propri errori grammaticali.
A onor del vero dobbiamo però segnalare che la frase "save the date" è riportata correttamente quindi un bell'otto in inglese non glielo toglie nessuno!
Sgozzano 21 egiziani e ne versano il sangue nel mare, bruciano vivi 45 iracheni e rapiscono 35 cristiani il cui destino sarà lo sgozzamento o l'inferno. La Merkel e Hollande candidati a negoziare la resa dell'Isis in Libia.
di Lamberto Colla - Parma, 22 febbraio 2015 -
Sogno o son desto? Con l'ultima dichiarazione dell'ONU che sollecita una azione diplomatica per la Libia un brivido di terrore mi sale dai piedi alla testa. Gli hooligan dell'Isis hanno lanciato l'ennesimo attacco mediatico, che pare una promessa, con l'hashtag su twitter #stiamo arrivando a Roma (#We_ Are_Coming_O_Rome) e l'occidente è pronto a opporre resistenza con una efficace azione diplomatica.
La Giordania e l'Egitto entro le 24 ore successive all'uccisione dei propri connazionali, senza ma e senza se, hanno scagliato i loro aerei sopra le postazioni del Califfato e l'occidente, Italia compresa, opta per una azione diplomatica!
Peraltro non sarà imminente la trasferta libica del team di negoziatori "Pacifix-chic". Gran bagarre all'interno del palazzo di vetro, si stanno già tutti accapigliando per ottenere un posto nella delegazione diplomatica che farà viaggio a Tripoli. I commessi dell'ONU hanno già ricevuto ordine di mettere in pre allarme i sarti che dovranno confezionare le tute arancioni a misura per ciascun componente della delegazione. Non potranno sfigurare quando avranno l'onore della visìbilità. Davanti alle telecamere dell'Isis dovranno mantenere una certa immagine anche una volta inginocchiati con il coltello alla gola. La forma è sostanza, o forse no?
Il nostro inviato da New York ci sta riportando indiscrezioni circa feroci accapigliamenti tra i rappresentanti di tutti i paesi per fare parte della delegazione. E sino a quando l'elenco non sarà deciso non si potranno trasmettere le misure al sarto per confezionare le splendide tute arancioni di rappresentanza.
Speriamo che nel frattempo le bandiere nere con il motto coranico non arrivino a fare i danni che fecero gli hooligans olandesi lo scorso giovedi.
In tutto questo stupisce che la coppia Merkel - Holande non sia partita in avanscoperta a risolvere, da soli, la questione come fecero con Putin.
Ma sorprende anche di non vedere sui cieli libici (ma anche sui cieli di qualche isoletta italiana - leggi Ustica) i Mig francesi sempre pronti a partire e colpire per un interesse (inter)nazionale come per primi partirono insieme ai britannici, 4 anni fa, per "liberare" la Libia da Gheddafi e dalle aziende petrolifere italiane.
No, oggi sui cieli della Libia non vola niente e nessuno almeno per ora.
Potrebbe essere che, tra non molto, possano arrivare nuovi armati clandestini da terra e gli scud dell'arsenale di Gheddafi, sulla nostra terra e sulla nostra testa.
Forse i primi cento missili non arriveranno a bersaglio ma presto o tardi anche gli uomini dell'Isis impareranno a usare l'armamento missilistico a medio raggio. Forse ancora prima che le loro cellule dormienti in Italia vengano attivate per agire con la popolazione già in panico.
Il Corano, se questa volta arriverà in Italia, non sarà donato alle 100 ragazze spontaneamente offerte a fare visita a Gheddafi, ma verrà imposto con lama e fuoco con buona pace dei nostri pacifisti radical chic che magari, nel frattempo, si saranno ricongiunti con i loro soldi depositati in svizzera.
La crisi Ucraina apre il sipario del teatrino europeo e dimostra al mondo intero la disunione sempre più marcata. L'Italia deve impedire che in Ucraina si commetta lo stesso errore commesso in Libia.
di Lamberto Colla - Parma, 15 febbraio 2015 -
Quanto accaduto in Ucraina affonda in radici profonde sin dalla riunificazione delle due germanie e forse ancor prima, alla metà degli anni '50. L'apertura alla riunificazione della Germania da parte dell'URSS, guidata all'epoca da Gorbaciov, si reggeva anche e soprattutto sulla clausola, "non scritta" ma sostanziale, che l'europa e la NATO non sarebbero avanzate di un centimetro verso la Russia.
Invece, prima una poi l'altra, diverse regioni dell'ex Unione Sovietica vennero attratte dalle lusinghe delle "Sirenette" europee.
Grandi concessioni economiche e privilegi vari furono messi a disposizione dei poveri Paesi dell'est per indurli a abbandonare le coperture della Russia e passare oltre cortina richiamati dalla prosperità e dalla democrazia occidentale.
Uno specchietto per allodole creato appositamente per allargare il mercato dell'UE e contestualmente per ridurre l'ingerenza politico militare della Russia sui Paesi di confine. Poco poté contrastare la Russia, in quel periodo stretta come era nella lotta alla povertà da un lato e alla riorganizzazione politico amministrativa dall'altro, e ancora molto lontana dalla valenza economica conquistata sotto l'era Putin.
La goccia che fece traboccare il vaso di Putin fu la Crimea, regione Russa da sempre, che solo per ragioni amministrative interne, a seguito di in un processo di decentralizzazione dei poteri avviato dal leader sovietico Nikita Chruščëv nel 1954, venne sottoposta al controllo della "provincia" Ucraina. Un processo interno come avvenne in Italia quando si costituirono le Regioni e a loro venne trasferito anche il potere legislativo, seppure limitato al settore agricolo.
Tant'è che sarà ben difficile trovare un nativo della Crimea dichiarare di non sentirsi Russo. L'errore di Mosca fu di non riportare quella regione sotto il controllo centrale d'orgine storica e etnica appena prima dello scioglimento dell'URSS non immaginando, forse, che sarebbe potuto accadere quanto invece è successo.
Oggi, a quasi 25 anni di distanza, l'Unione Europea ma soprattutto il Patto Atlantico è alle porte della Russia e la cosa non può far dormire sonni tranquilli al leader Vladimir Putin il quale, come ultima ratio, ha deciso l'uso della forza a difesa dei connazionali e dei confini nazionali. Non che si giustifichi, con questa affermazione, l'azione di Putin ma, se la corda si è strappata, l'UE e gli Stati Uniti sono altrettanto responsabili quanto la Russia per il conflitto civile che si è scatenato in quella regione dell'est.
Proprio per questa ragione, l'Unione Europea avrebbe dovuto intervenire per spegnere le fiamme sul nascere invece di buttare altro liquido infiammabile. Unita avrebbe dovuto dialogare con Putin prima e con la nuova leadership ucraina per negoziare una pace duratura. Già se l'Europa fosse unita e invece, come ormai siamo abituati a vedere, l'UE è di pochi legati come burattini agli USA. Obama chiama e Francia, Germania e Inghilterra rispondono. Ma questa volta hanno di fronte una rinnovata superpotenza, militare come la era prima del muro di Berlino ma anche economica e piegarla sarà ben difficile.
Forse meglio sarebbe stato coinvolgere Putin nella lotta al terrorismo internazionale e alle minacce dell'ISIS piuttosto che sfidarlo in casa propria.
L'Europa avrebbe dovuto alzare la testa e porsi come interlocutore unico e autorevole.
Invece è riuscita a perdere l'occasione per dimostrare che da "Je suis Charlie" qualcosa avesse imparato e che realmente un processo di cambiamento si sarebbe avviato nel vecchio continente.
Quel bel ritratto dei capi di Stato accoccolati attorno al "ferito" Hollande è servito solo a fare rialzare la popolarità del presidente francese, decaduta per sue colpe di natura politica e di natura personale.
Un ritratto che, alla luce dei fatti odierni, appare ancor più patetico e falso; l'ennesimo simbolo di demagogia sulla quale stanno proliferando le politiche europee.
E per non smentire il teorema ecco che, a discutere la ripacificazione prendono l'iniziativa Francia e Germania dimenticandosi a casa nientemeno che l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, quella Federica Mogherini che ricopre l'incarico da poco più di due mesi e lo manterrà per i prossimi 5.
Tanto era contenta la Merkel di andare a Minsk che ha persino fatto concessioni alla Grecia giusto per far capire quanto gliene freghi del popolo ellenico. L'importante è non cacciar moneta e prendersi i meriti.
Si sta riproponendo lo stesso errore commesso in Libia.
Allora furono Francia e Regno Unito a partire con i bombardamenti oggi Francia e Germania a spadroneggiare la situazione al soldo di Obama ma le conseguenze negative verranno equamente ripartite tra i soci di minoranza della "UE spa".
Questa volta, a differenza della crisi libica, l'Italia bene farebbe a imporsi soprattutto alla luce del fatto che l'Europa è definitivamente consumata.
Val la pena di rialzare la cresta e far valere la forza della ragione invece della ragione della forza e il veto all'ingresso dell'Ucraina in UE sarebbe il primo passo per riportare l'attenzione sulle questione prettamente politiche.
E, dopo la fase ostruzionistica, aprire un confronto aperto ma duro sul fronte dei confini terrestri e del mediterraneo e sulla sicurezza del continente e in questo la Mogherini dovrebbe fare valere il proprio ruolo internazionale per stimolare una rinnovata politica internazionale dell'Unione.
Altrimenti tutti a casa propria come era un tempo e... chi ha più filo fa più tela!.
L'ultimo "spot", in ordine di tempo, dell'ISIS conferma, se ancora ce ne fosse stata la necessità, che l'obiettivo è la guerra di conquista senza esclusione di colpi. Cattolici, cristiani, sciiti o sunniti, nessuna confessione è esclusa, sono nel mirino. Quello rappresentato dall'Isis non è terrorismo ma attacco bellico e il terrore è l'arma in più che hanno messo in campo.
di Lamberto Colla - Parma, 8 febbraio 2015 -
Stanno crollando le ultime barriere a difesa della pace raggiunta e faticosamente mantenuta a seguito della seconda guerra mondiale.
Il Giappone, dopo l'assassinio del reporter, sta pensando di modificare la propria costituzione per poter intervenire a difesa dei propri cittadini fuori dal territorio nazionale. Il paese del Sol Levante dimostra come siano ben diversi i comportamenti tra gli Stati a forte connotazione democratica e quelli a cultura diversa, tutto un altro mondo. Non che sia peggiore o migliore ma diverso.
Tant'è che il confronto tra i due diversi pensieri e culture l'abbiamo avuto in parallelo nei giorni scorsi.
Se il Giappone ha reagito confrontandosi sulla necessità di modificare la costituzione, la Giordania ha risposto con la legge del taglione. E' stata eseguita immediatamente la pena di morte nei confronti della terrorista che fu oggetto di trattativa per la liberazione del pilota catturato dall'Isis, altri sei terroristi anch'essi passati alle armi e, come se non bastasse, senza chiedere permesso, l'aviazione ha attaccato le postazioni Isis in territorio siriano. Nessuna modifica di carta costituzionale, di protocolli da seguire, di scale gerarchiche e sovranità territoriali da rispettare. In guerra si applica il codice di guerra . Nessun tentennamento e dopo il primo attacco il Sovrano Abdullah, fresco di un accordo con Obama per sostegni militari per 1 miliardo di dollari all'anno, ha rilanciato la sfida ai miliziani del Califfo Nero Abu Bakr al-Baghdadi: "Saremo il vostro incubo. E' solo l'inizio".
E l'occidente cosa fa? Apparentemente nulla. Sembra che assista alle barbarie su bambini, donne e uomini perpetrati in nome del "profeta" che, a sua volta, molto probabilmente si starà rivoltando nella tomba non riconoscendo egli stesso i comandamenti del Corano applicati dal Califfato e dai tanti islamici estremisti sparsi in tutto il mondo occidentale.
C'è chi ragiona, su cosa fare, come il Giappone e chi invece, come l'Italia, che persegue il doppio binario dell'ambiguità. Da un lato il Ministro Gentiloni sbandiera che nessuna operazione militare potrà essere intrapresa senza una decisione politica e vorremmo ben vedere, ma dall'altro si apprende che ci sarebbero truppe speciali italiane impegnate in operazioni d'alto rischio sul teatro di guerra. Sarebbe la Task Force 45, attivi da circa quattro settimane. Una unità italiana ufficialmente inesistente - come riporta il "difesa on Line" lo scorso 27 gennaio commentando la notizia di un attacco a un convoglio canadese - e schierati alle dirette dipendenze della Combined Joint Task Force nella città di Arbil, nel Kurdistan iracheno. I 50 elementi della TF45 dovrebbero fungere da "moltiplicatori" per le truppe locali ed utilizzati in missione di ricognizione. Nello stesso articolo si apprende che sarebbero ben 7 le guarnigioni speciali dislocate sul territorio di guerra.
Se questa notizia fosse confermata, e non si comprende perché non dovrebbe, ci troveremmo di fronte all'ennesimo inganno, a decisioni prese in totale autonomia e discrezionalità. Volenti o nolenti sono missioni di guerra e come tale la popolazione deve essere informata.
La sensazione è che la politico occidentale non abbia ancora deciso cosa e come agire, mentre i generali invece parrebbe di sì.
Auguriamoci che in Europa non si alzi la bandiera nera del califfato. Cerchiamo di mantenere i confini attuali che già troppe volte sono stati stravolti.
(VIDEO allegato: Storia dell''Europa in 7 minuti)
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(A seguire i reparti speciali schierati sul teatro di guerra dell'Isis - Da "Difesa on Line")
Le truppe speciali dislocate (da Difesa on line del 27 gennaio 2015)
USA: Navy Seal/Delta Force/Tier 1
La missione prioritaria dei reparti speciali americani è quella di scardinare la struttura di comando Isis. I gruppi agiscono in missioni di contro guerriglia, imboscate, eliminazione bersagli di alto profilo, caccia all'uomo. Fallite alcune missioni per liberare ostaggi.
Gran Bretagna: SAS
Diverse squadre di SAS sono state schierate da mesi in Iraq. Scopo prioritario è quello di seminare il panico tra i terroristi, agendo esclusivamente di notte. Agiscono da una base segreta nel deserto definita inespugnabile, l'Area 51 irachena. Formato il gruppo dei "Sessanta" con lo scopo di portare a Londra la testa di John il Jihadista.
Francia: Legione Straniera
Non c'è mai stata guerra in cui la Legione Straniera non sia scesa in campo per difendere Parigi. Il contesto iracheno è il perfetto habitat dei legionari del deserto che hanno ricevuto l'ordine di vendicare "La Strage di Parigi".
Canada: Joint Task Force 2 / 427° Special Operations Aviation Squadron
I commando del Joint Task Force 2 e del 427° Special Operations Aviation Squadron sono stati schierati a sostegno delle forze speciali della coalizione. Tre scontri a fuoco contro i jihadisti in due settimane. Numerosi bersagli abbattuti, nessuna perdita.
Australia: Special Air Service Regiment
Due squadroni della SARS (200 uomini) sono stati schierati in Iraq lo scorso novembre, ufficialmente con il compito di fornire assistenza alle milizie locali. Non si hanno notizie di scontri a fuoco. I SARS sono il terrore dei fondamentalisti per la loro conoscenza del terreno e per le numerose esperienze sul campo. Operano in Iraq fin dal 2003 in operazioni di contro-insurrezione ed in missioni ombra.
Olanda: Korps Commandotroepen
Imminente il rischieramento di due squadre del Korps Commandotroepen, i reparti speciali dei Paesi Bassi esperti nella guerriglia non convenzionale.
Italia: Task Force 45
Attivi da circa quattro settimane, gli uomini della Task Force 45 (unità italiana che ufficialmente non esiste) sono stati schierati alle dirette dipendenze della Combined Joint Task Force nella città di Arbil, nel Kurdistan iracheno. I 50 elementi della TF45 dovrebbero fungere da "moltiplicatori" per le truppe locali ed utilizzati in missione di ricognizione.
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