Dai soffitti delle scuole ai ponti. I crolli di questi ultimi mesi dimostrano che, oltre all'incuria, vi è dolo o totale incapacità a costruire o ricostruire.
Bisogna ricominciare dai fondamentali.
di Lamberto Colla - Parma, 19 aprile 2015 -
Sino a qualche anno fa convivevo con la presunzione di stare in uno dei paesi più avanzati e democratici del mondo.
Un paese con molti difetti tra i quali l'accettazione, da parte della maggioranza della popolazione, di una quota sensibile di malcostume politico e istituzionale, ma dove era sicuro vivere e prosperare, immersi nella grande bellezza, diffusa in ogni angolo.
Mi consideravo fortunato perché facendo un computo tra pregi e difetti, i primi riuscivano a prevalere.
Questa pesantissima crisi economica invece sta mettendo in evidenza e assegnando sempre maggiore spazio a dilaganti quanto intollerabili e censurabili comportamenti criminali.
Avrei preferito veder cadere qualche muretto a secco di Pompei piuttosto che i soffitti delle scuole, magari appena restaurate, o ponti inaugurati una settimana prima. Un Paese che fa bella mostra di acquedotti d'epoca romana ancora intatti e moderne sopraelevate spezzate in due. A questo punto c'è da pensare che molte "mine" siano seminate qua e là sul nostro fragilissimo territorio.
Un Paese dove sono sufficienti due giorni di piogge abbondanti per mettere in ginocchio intere regioni, provocare danni miliardari e quasi sempre qualche morto.
In mezzo a tutti questi disastri quelli che maggiormente mi turbano e mi fanno veramente rabbia sono quelli che colpiscono le scuole, luoghi per eccellenza destinati al culto e dove la famiglia dovrebbe avere la certezza di avere consegnato in sicurezza il proprio figliolo.
Questo dovrebbe essere un elemento fondamentale dal quale mai prescindere. Così infatti lo è sicuramente all'estero e in nazioni la cui fama non è certamente positiva.
Proprio nei giorni scorsi, parlando con una signora rumena, in Italia per fare una campagna agricola, mi fece vedere le foto dei suoi bambini all'interno dei plessi scolastici.
Da non credere! Aule perfettamente ordinate e pulite, ampi spazi ricoperti da enormi e bellissimi tappeti dove i bambini, seduti a terra e in cerchio, svolgono alcune parti didattiche più socializzanti. Nei periodi di vacanza, mi raccontava la signora, e in quei giorni si stava consumando la Pasqua Ortodossa, le scuole svolgono comunque attività collettive, da ricerche a visite nei musei, a istruzioni di ballo di coppia e di lingue. Attività volontarie e non obbligatorie ma comunque altamente educative e formative.
Qui invece gli edifici scolastici sono fuori norma e i soffitti cadono in testa agli alunni. In quest'ultima settimana è stata sfiorata la tragedia per il crollo di un soffitto in una scuola appena ristrutturata di Ostuni con "solo" due allievi feriti. A Olbia invece è caduto un grosso lampadario e il fato, in quest'ultimo caso, ha voluto solo dare un avvertimento colpendo uno dei banchi da poco liberato in quanto gli alunni stavano uscendo dall'aula.
Ed è ancora vivo il ricordo del liceale di Rivoli (TO), morto sepolto a seguito del crollo del soffitto del Liceo Darwin che, oltre alla morte del 17enne Vito Scaffardi, in quel tragico giorno di novembre 2008 fece altri quattro feriti gravi.
A nulla servì il pesante richiamo del destino a rimettere in sicurezza gli edifici scolastici attraverso la tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia in provincia di Campobasso. A seguito della scossa sismica dell'ottavo grado che colpi il Molise il 31 ottobre 2002, l'istituto "Francesco Jovine" crollò lasciando intrappolati sotto le macerie 56 bambini, 4 maestre e 2 bidelle. Il bilancio definitivo delle vittime fu tragico: 27 bambini e una maestra, oltre a 35 feriti, molti dei quali con lesioni permanenti.
Da quel giorno del 2002 sono trascorsi quasi 13 anni ma nulla sembra sia stato fatto.
CONCLUSIONE
Occorre rifondare l'Italia partendo dai fondamentali e la scuola prima di ogni altra cosa. Non solo in termini di sicurezza ma anche in termini educativi e di sostegno sociale alle famiglie. Una buona e sana educazione produrrà una sana e educata società nel prossimo futuro.
Infine bisogna definitivamente chiudere il periodo delle emergenze e degli appalti al massimo ribasso. Nell'emergenza ormai è appurato, almeno sin dal terremoto dell'Aquila ma sicuramente anche da prima, ci sguazzano i soliti e spregiudicati noti.
Bisogna fare pulizia e tornare a essere quel Paese del Bengodi ammirato e invidiato.
Oggi di quel Paese è rimasto ben poco e in mano a pochissimi sciagurati e immorali che si arricchiscono sulle spalle dei tanti che sgobbano, soffrono e pagano.
Quei tanti invisibili che però diventano visbilissimi quando si tratta di affibbiare una multa, una tassa o una pena qualsiasi e che inermi osservano il super-buonismo destinato a chi delinque quotidianamente e ai quali una giustificazione sociale si riesce sempre a confezionare.