E' una corsa contro il tempo per la liberazione dei quattro dipendenti della Bonatti di Parma rapiti domenica scorsa in Libia. Il caso di Vanessa e Greta avevano riacceso la discussione sulla opportunità o meno di pagare i riscatti.
di Lamberto Colla - Parma, 26 luglio 2015 -
Sono 5 gli italiani ancora in mano alle "forze del male" che stanno spadroneggiando in terra islamica.
Agli ultimi 4 rapiti in Libia occorre aggiungere che, da oltre due anni, non si hanno notizie certe di Padre Paolo Dall'Oglio, sequestrato in Siria nel luglio 2013.
Senz'altro però le polemiche più accese l'hanno scatenate Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le cooperanti rapite e poi liberate in Siria lo scorso 15 gennaio. Mentre del sacerdote ancora nulla si conosce sulla sua sorte e di lui si torna a parlare solo in occasione di altri rapimenti, delle due "fanciulle dei fiori" si è abbondantemente parlato e sparlato anche e soprattutto per il riscatto milionario che sembrerebbe essere stato pagato dallo Stato italiano.
La posizione dell'Italia di fronte al terrorismo è sempre stata quella di non "trattare" ma è altrettanto noto che, così come i cugini francesi, i nostri negoziatori dispongono di provviste riservate che spesso sono state il fattore decisivo per giungere alla liberazione degli ostaggi.
Una dote fortemente appetibile sia per i "ladroni del deserto" sia per le milizie dell'Isis costantemente alla ricerca di soldi e femmine per soddisfare e gratificare i suoi drogati tagliagole.
Un'inchiesta del New York Times del 2014, in piena esplosione dello famigerato Stato Islamico di Siria e Iraq (ISIS) ha dimostrato quanto gli europei rappresentino per le organizzazioni terroristiche, un'invitante e relativamente facile fonte di guadagno. L'indagine del quotidiano americano ha scoperto che dal 2008 Al Qaeda e i suoi diretti affiliati abbiano incassato dai rapimenti una cifra non inferiore a 125 milioni dollari, di cui 66 nel solo 2013.
Negoziare e pagare per salvare vite: questo è il dilemma e anche la ratio che sta dietro le politiche.
Stati Uniti e Gran Bretagna, che prediligono le forze speciali ai riscatti, sono da sempre gli unici in controtendenza. Risultato: scrive il NYT, «dei 53 ostaggi rapiti dalle associazioni affiliate ad Al Qaeda negli ultimi cinque anni, un terzo sono francesi. E piccole nazioni come Austria, Spagna e Svizzera, che non hanno grandi comunità di espatriati nei paesi in cui si verificano i rapimenti, rappresentano oltre il 20 per cento delle vittime. Al contrario, solo tre americani sono stati rapiti da Al Qaeda o dei suoi affiliati, solo il 5 per cento del totale».
Approccio diverso è quello di Israele che negozia la liberazione dei suoi cittadini (o le loro spoglie) anche con scambi di prigionieri: tuttavia, le forze speciali danno la caccia a chiunque venga coinvolto nei rapimenti e nelle trattative, prigionieri rilasciati compresi.
La vita umana, di chiunque, ha un valore incommensurabile e, forse, se l'Italia non avesse la fama di "buona pagatrice" Salvo, Filippo, Gino e Fausto sarebbero ancora liberi o forse no, uccisi per rappresaglia in quanto cittadini di uno Stato nemico.
Difficile capire quale sia la strategia migliore ma, a livello teorico, propenderei per avere a disposizione il maggior numero di soluzioni possibili per riportare a casa quelle donne e uomini che, per varie ragioni, hanno dovuto o voluto operare in zone a alto rischio.
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I Precedenti non sempre andati a buon fine negli ultimi 10 anni.
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16 gennaio 2015
Mentre tornavano finalmente a casa Vanessa Marzullo e Greta Ramelli erano ancora nella mano dei sequestratori altri due italiani. Padre Paolo Dall'Oglio - il gesuita romano fondatore della Comunità Mar Musa, rapito in Siria nel luglio 2013 - e Giovanni Lo Porto, il cooperante palermitano di cui si erano perse le tracce nel gennaio 2012, in Pakistan, dove lavorava per la ONG tedesca Welt Hunger Hilfe si occupava di costruire alloggi di emergenza. Di quest'ultimo purtroppo si seppe che fosse deceduto durante un raid aereo statunitense avvenuto diversi mesi prima l'ufficializzazione del suo decesso il 23 aprile scorso.
Fabrizio Quattrocchi, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio, Iraq, 2004
I contractors vennnero sequestrati a Baghdad. Verranno tutti liberati tranne Quattrocchi che, secondo quanto riportato dall'allora ministro degli Esteri Franco Frattini, avrebbe detto: "Vi faccio vedere come muore un italiano".
Simona Pari e Simona Torretta, Iraq, 2004
Dura tre settimane il sequestro delle cooperanti dell'associazione "Un Ponte Per".
Giuliana Sgrena, Iraq, 2005
La giornalista del Manifesto resta per 30 giorni nelle mani dei sequestratori. Dopo la liberazione, rimane ucciso in un agguato sulla via verso l'aeroporto di Baghdad l'agente del Sismi Nicola Calipari.
Daniele Mastrogiacomo, Afghanistan, 2007
Due settimane di sequestro per il giornalista di Repubblica che racconterà tutto nel suo libro "I giorni della paura", uscito nel 2009.
Sergio Cicala e Philomène Kabouré, Mali, 2010
Rapita in Mauritania e liberata in Mali la coppia stava andando a trovare il figlio della donna in Burkina Faso.
Domenico Quirico, Elisabetta Rosaspina, Giuseppe Sarcina e Claudio Monici, Libia, 2011
Un sequestro-lampo, due giorni di paura per il giornalista della Stampa e i tre colleghi, due del Corriere e l'ultimo di Avvenire.
I 6 italiani della nave Rosalia D'Amato, largo dell'Oman, 2011
A bordo del mercantile sequestrato dai pirati somali ci sono 22 membri dell'equipaggio, tra cui sei italiani. Liberi dopo 7 mesi.
Gli 11 italiani della Savina Caylyn, Somalia, 2011
Presa in ostaggio dai pirati somali, la petroliera dei Fratelli D'Amico. Dieci mesi da incubo finiti prima di Natale.
Maria Sandra Mariani, Algeria, 2011
Per oltre 14 mesi la turista fiorentina è stata nella mani di Al Qaida per il Maghreb Islamico.
Rossella Urru, Algeria, 2011
Dopo il rilascio della cooperante, l'allora ministro Andrea Riccardi commenta: "E' figlia dell'Italia migliore"
Franco Lamolinara, Nigeria, 2011
Sequestrato dai jihadisti viene ucciso dalle forze speciali di Londra che volevano liberare l'ostaggio britannico che si trovava con lui.
Domenico Quirico, Siria, 2014
152 giorni di terrore che racconterà sulla Stampa il giorno dopo il rilascio.
Marco Vallisa, Libia, 2014
Rapito a luglio, il tecnico emiliano è stato liberato in novembre.
Gianluca Salviato, Libia, 2014
Anche lui tecnico, di stanza a Tobruk, Salviato è stato liberato pochi giorni dopo Vallisa.
(ricostruzione effettuata attraverso Fonti RAI)
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(Foto copertina tratta dal post di Manuel Bianchi ex collega dei quattro rapiti in Libia dipendenti della Ditta Bonatti di Parma)