Visitare Expo: più facile a dirsi che a farsi. Ecco una carrellata di situazioni per capire cosa aspettarsi veramente da una giornata tipo tra i padiglioni di questa Esposizione Universale.
Di Chiara Marando – Sabato 05 Settembre 2015 - (guarda la gallery in fondo all'articolo)
Decidere quando andare ad Expo è un po’ come scegliere il giorno e l’ora giusti per una ”partenza intelligente”: si tirano i dadi e si tenta la fortuna. Solo che la fortuna non è utile esclusivamente all’ingresso, che anzi può essere addirittura rapido, bensì nel corso dell’intero giro turistico.
Ma andiamo con ordine e proviamo ad analizzare una giornata tipo da visitatore all’interno di questo enorme “parco giochi” mediatico.
Non si discute sull’impatto scenico che conquista già ad una prima occhiata, ci si trova catapultati in un universo parallelo che racchiude parte del mondo, un brulicare di nazionalità che si avvicendano tra i vari padiglioni, bandiere di culture che si esprimono in architetture originali e fantasiose. La parola d’ordine non è tanto “essere”, piuttosto “stupire” per raccontare l’eccezionalità racchiusa in ogni Paese.
Quindi, ecco che dopo un momento di panico da smarrimento si afferra la cartina e si decide da dove cominciare. Bene, prima di buttarsi nel turbinio di gente il percorso quasi obbligato giunge in aiuto e conduce nel Padiglione 0, quello dell’ONU. Un’enorme biblioteca in legno a parete accoglie i visitatori e mostra loro una metafora visiva del “Sapere Universale” per poi lasciare spazio, nelle sale successive, ad un excursus sul genere umano ed il suo rapporto con il cibo: conservazione, coltivazioni protette, consumismo e spreco.
Ma la cartina con l’elenco delle “attrazioni” è ancora lì tra le mani e, terminato questo giro iniziale, è praticamente impossibile non consultarla, pena l’essere recuperati chissà dove da un cane San Bernardo verso l’orario di chiusura.
Certamente chi decide di esplorare Expo ci arriva già con qualche idea su quali padiglioni visitare ma, ahimè, la realtà potrà dimostrarsi molto più crudele: le code non perdonano.
No, non si tratta di un bollettino di guerra ma è giusto evidenziare una mancanza estremamente importante in fatto di organizzazione, ovvero che non può essere umanamente sostenibile il sopportare ore di coda in piedi sotto il sole per riuscire ad entrare in quelli che vengono considerati i padiglioni più meritevoli. Tutto questo non solo riduce drasticamente le possibilità di visita, ma è causa di veri e propri collassi. E poi diciamolo, che cosa ci sarà mai di così strepitoso da vedere per meritare una tale fatica?
A onor del vero, molti Paesi sono riusciti a realizzare dei veri e propri capolavori emozionali, racconti che parlano di territori, usi e costumi, popolazioni ed , ovviamente, cibi tipici e specialità strettamente legate alla loro terra. Per farlo sono stati scelti strumenti diversi: pannelli descrittivi, foto, filmati, ologrammi, musica, composizioni create con elementi naturali, proiezioni e spettacoli. L’innovazione si sposa con la tradizione e da vita ad un viaggio della conoscenza.
Quindi quali sono i padiglioni da visitare?
In realtà non c’è una vera e propria regola, ma il consiglio è di non escludere a priori i meno vistosi e monumentali perché possono regalare piacevoli esperienze, nonché far scoprire caratteristiche meno conosciute delle diverse nazionalità. E’ il caso dell’Inghilterra che ha scelto un alveare gigante per raccontare l’importanza delle api nel suo ecosistema, oppure dell’Austria che propone una camminata tra i boschi che caratterizzano le sue montagne, un inno all’aria pura ed all’attenzione verso la natura.
Inutile dire che la via dedicata alle regioni italiane non può mancare. La carrellata si conclude con il Padiglione Italia e, soprattutto, con l’ormai famoso Albero della Vita, simbolo di questa Esposizione Universale. Ecco, il vederlo illuminato ed assistere allo spettacolo serale di luci, acqua e musica fa venire la pelle d’oca.
Ritornando al tour, una menzione particolare, anche per l’organizzazione e le tempistiche, va alla Corea del Sud che, grazie a straordinarie trovate tecnologiche, è riuscita a trasformare poeticamente il suo personale concetto della filosofia “Nutrire il Pianeta”. Segue il Marocco che, con grande sensibilità, narra la storia delle sue tradizioni passando tra i vari territori e prodotti che ne rappresentano l’identità.
Poi ci sono i più ricercati, e qui la pazienza per l’attesa non è mai troppa: parlo ad esempio del Giappone, dove la delicatezza di una narrazione ricercata accompagna in un cammino alla scoperta delle radici culturali e gastronomiche; degli Emirati Arabi Uniti, la cui struttura ha pareti in sabbia increspata dal vento alte 12 metri; della Francia, che ricorda nella forma quella del mercato coperto, luogo simbolo della cultura alimentare francese; della Cina, il cui padiglione rispecchia l’atteggiamento di integrazione e rispetto del popolo nei confronti della natura.
A tutto questo si aggiunge la possibilità di gustare le diverse specialità perché, alla fine di ogni tour, ad attendere gli avventori ci sono ristoranti e bar che propongono cibo tipico take away, oppure pietanze più elaborate da mangiare comodamente seduti al tavolo.
Purtroppo, anche in questo caso, una scelta meticolosa è d’obbligo perché alla domanda frequente «Offrono qualcosa da mangiare giusto come assaggio?», la risposta è un secco «NO». Fin qui però nulla di strano, solo che i prezzi esposti risultano veramente esagerati a fronte di porzioni estremamente ridotte che possono essere considerate dei veri finger food. Quindi, un controsenso in piena regola che ben dimostra la volontà di sfruttare in tutto e per tutto quella che costituisce la “gallina dalle uova d’oro” del momento.
Ma poi, sarà oro zecchino oppure splendida e vistosa bigiotteria?