Martedì, 20 Settembre 2022 06:41

“Obbedisco”: la musica è “sfatta” In evidenza

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Giorgia Meloni a Parma 2020 Giorgia Meloni a Parma 2020

La musica è cambiata o forse, è finita, sembra più quasi, sfatta.

Di Andrea Caldart Cagliari, 19 settembre 2022 (Quotidianoweb.it) - Oggi, per la pletora degli artisti schierati non prendere posizione contro Giorgia Meloni, equivale al fatto che, non riescano più a “cantare”.

Secondo la cantante Elodie, "Giorgia Meloni è una donna al potere? Non credo rappresenti gran parte delle donne. Sembra un uomo del 1922. I diritti dovrebbero essere alla base della politica, ma mi sembra che parli d'altro".

E, diventata oggi attrice, incalza dandole della coatta e della ignorante, proprio lei, figlia “der Quartaccio”, licenza di terza media.

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(Elodie - Instagram)

Ma poi ci sono state la Bertè, Giorgia, Ariete (chi è, boh) che suonano la campana della Melonifobia transgenerazionale, un po' alle “bimbeminkia” che si vendono su TicToc.

Oggi, se non gracchi le canzoni con messaggi inclusivi parlando di razzismo, immigrazione, xenofobie, famiglia tradizionale e discriminazioni varie, non entri nella top ten delle classifiche e non arrivi più a Sanremo.

E tutto questo perché?

Semplicissimo, se non entri nello “schema” del partito che controlla tutta la filiera dello spettacolo nazional popolare, il Pd, non sei omologato.

Ci ricordiamo il video postato da Fedez dell’isteria quando gli è partito l’embolo contro il dirigente della Rai? Tutto omologato, tutto secondo “schema”.

Chi sembra essersi “dissociata” è lei Laura Pausini che, in diretta in una trasmissione spagnola, si è rifiutata di cantare “Bella ciao” perché, secondo la cantante italiana: “è una canzone politica”,

Giù le mani dalla nostra brava Laura nazionale che ha tutto il diritto di scegliersi lo spartito della messa da cantare, non il conformismo di un’imposizione liturgica dei guardiani del “marchio rosso”.

Quanto scarso livello artistico abbiamo sentito in questi anni, ma la storia insegna che è sempre stato così; prima di Giorgia Meloni, c’era Salvini, che ha preceduto Berlusconi, e via via così da Giulio Andreotti a Giulio Cesare, la musica sempre la stessa, il ritornello sempre lo stesso.

E se dovesse vincere Giorgia?

Tranquilli, partirà il supino lecchinaggio di paraculi affaristi del karaoke de noantri, tutti in fila pronti a rimettersi nei pantaloni o, sotto le gonne, quella fluidità gender che fino ad un minuto prima, traspariva dalle loro facce.

Tutto questo latrare al “fascismo” non verrà scordato, perché troppo spesso pressantemente evocato in questa campagna elettorale, svuotata di ogni contenuto, in questo mondo capovolto.

Il problema che rimane è che, la certificazione del contenuto del messaggio con il “marchio rosso”, lanciato da questi “artisti”, si è provato di legittimare che quel messaggio è giusto, tutti gli altri no.

Una volta si insegnava a pensare, oggi invece si insegna a “ubbidire” anche a suon di canzonette, sistemando la libertà sotto i piedi, felici e allegri del ritornello: “con le mani, con le mani,  con il culo, con il culo, ciao ciao”.

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