Il ragazzo è stato bloccato dal titolare di un'officina, ubicata sulla via Buffolara, che lo aveva visto fuggire, inseguito dalla vittima del furto e da una ragazza: arresto un ventisettenne trapanese.
Parma, 4 marzo 2016
Il tentativo di borseggio gli è costato caro.
Pochi metri di fuga e poi l'arresto del ventisettenne trapanese, tossicodipendente e senza fissa dimora, che non si aspettava certo di essere inseguito e placcato dalla vittima, una veloce e coraggiosa sessantenne.
Nella tarda mattinata di mercoledì la squadra volante lo ha arrestato in flagranza di reato per il reato di furto con strappo.
Il ragazzo è stato definitivamente bloccato dal titolare di un'officina, ubicata sulla via Buffolara, che lo aveva visto fuggire, inseguito dalla vittima del furto e da una ragazza, la quale, attirata dalle urla della derubata, si era messa anche lei a rincorrere lo scippatore.
La vittima ha raccontato ai poliziotti che, poco prima, mentre riponeva un quotidiano appena acquistato presso un edicola di via Savani, nel cestino anteriore della sua bici, era stata avvicinata dall'uomo - con precedenti penali - che, con una mossa fulminea, le ha strappato dalle mani la borsa, dandosi poi alla fuga in direzione di via Buffolara. Senza perdersi d'animo, la derubata si è messa ad inseguirlo, gridando per attirare l'attenzione dei passanti. Durante la fuga a piedi il malfattore si era liberato della borsa scippata, che poi è stata recuperata dalla proprietaria, la quale non ha riportato lesioni.
Questa mattina l'uomo è stato processato per rito direttissimo.
I tre sono stati notati al Mercanteinfiera mentre pedinavano e osservavano le persone nel padiglione numero 5. Sono stati bloccati dai Carabinieri mentre salivano a bordo dell'auto con l'intento di scappare.
Parma, 4 marzo 2016
Due uomini e una donna peruviani di 36, 30 e 46 anni sono stati arrestati ieri, durante la manifestazione Mercanteinfiera, per furto in concorso. I Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile, grazie a controlli "discreti" svolti in abiti civili, hanno notato, nel padiglione numero 5, un uomo e una donna che pedinavano e osservavano le persone.
I militari hanno seguito la coppia che si stava dirigendo verso l'uscita del padiglione dove c'era un terzo uomo con cui hanno lasciato l'area espositiva avviandosi verso l'uscita.
Giunti in prossimità della loro autovettura, grazie anche al supporto di altro personale in divisa, i tre sono stati fermati per un controllo. Appena compresa la situazione la donna ha cercato di disfarsi di una borsa di colore nero gettandola in un fossato, mentre i due uomini sono stati bloccati mentre salivano a bordo dell'auto con l'intento di scappare. Dopo aver recuperato la borsa dal fossato i militari hanno verificato che al suo interno vi erano ancora i documenti della legittima proprietaria, a cui era stata asportata, oltre a 500,00 euro in contanti, carte di pagamento ed oggetti vari. Individuata la vittima del furto, un'espositrice della fiera, i Carabinieri hanno proceduto alla formalizzazione della denuncia ed alla ricostruzione dei movimenti dei tre arrestati tramite il sistema di telecamere di videosorveglianza interno ai padiglioni. I tre stranieri sono quindi stati arrestati per furto in concorso e trattenuti presso le camere di sicurezza di via delle Fonderie in attesa del processo.
L'incubo è finito per due italiani rapiti in Libia ma contemporaneamante si piangono gli altri due sequestrati, giustiziati mercoledi da un gruppo affiliato all'Isis. Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, ha spiegato la Farnesina, non sono più nelle mani dei loro rapitori.
Di A.K.
Parma, 4 marzo 2016
I due tecnici della azienda parmigiana Bonatti, rapiti in Libia lo scorso luglio, sono Filippo Calcagno e Gino Pollicardo. Purtroppo non è toccata la stessa sorte agli altri due sequestrati, Salvatore Failla e Fausto Piano, che invece sono stati uccisi mercoledi a Sabrata.
La moglie di Pollicardo, Ema Orellana, in lacrime ha fatto sapere di averlo sentito al telefono. La liberazione dei due ostaggi è stata in ogni caso confermata dalla Farnesina.
Calcagno e Pollicardo, ha spiegato la Farnesina, non sono più nelle mani dei loro rapitori e si trovano sotto la tutela del Consiglio militare di Sabrata. Sarebbero in buona salute.
I due ostaggi italiani sarebbero stati liberati con un blitz delle forze di sicurezza libiche "dopo irruzioni in diverse case a seguito di informazioni ricevute".
Versione contrastante invece quella del capo del Consiglio municipale di Sabrata, Hussein al-Zawadi, che ha sostenuto che Pollicardo e Calcagno sono riusciti a sfondare da soli la porta principale della casa in un cui erano tenuti prigionieri nella parte nord-ovest della città libica, fuggendo dal gruppo affiliato all'Isis che li teneva prigionieri.
"Io sono Gino Pollicardo e con il mio collega Filippo Calcagno oggi 5 marzo 2016 siamo liberi e stiamo discretamente fisicamente, ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia". Questo l'ultimo messaggio scritto in stampatello su un foglietto di quaderno pubblicato da "Sabratha Media Center".
Pollicardo e Calcagno, stando a fonti di intelligence, sarebbero nelle mani della "polizia" locale e presto saranno trasferiti in una "zona sicura" e presi in consegna da agenti italiani che li riporteranno in patria.
Purtroppo questa liberazione corrisponde alla tragica scomparsa dei due colleghi che potrebbero anche essere stati giustiziati con un colpo alla nuca, forse a scopo dimostrativo, e non usati come scudo, come si era pensato in un primo momento.
Questa brutta storia apre la possibilità di coinvolgimenti dei servizi di sicurezza italiani in Libia.
Una banda armata di pistola è entrata nella storica Gioielleria Galli, in pieno centro a Vignola, e hanno legato con le fascette il titolare disabile, una commessa e un cliente. Indagano i Carabinieri.
Di Manuela Fiorini
Modena, 4 marzo 2016
Hanno approfittato del giorno di mercato per pianificare una rapina e fuggire mescolandosi tra la folla. Erano da poco passate le 10 quando, ieri mattina, una banda formata da tre banditi, armati di pistola, sono entrati nella storica Gioielleria Galli di via Garibaldi, in pieno centro storico, a Vignola. Dopo aver minacciato e strattonato il titolare disabile, una commessa e un cliente, li hanno legati ai polsi con delle fascette da elettricista e li hanno rinchiusi in una stanza accessoria dell'esercizio. A quel punto, hanno potuto agire indisturbati, rubando tutto quanto di prezioso era a portata di mano nelle vetrinette del negozio. Il bottino è ancora da quantificare. Sono poi fuggiti a piedi, mescolandosi alla gente che, a quell'ora, visitava il locale mercato cittadino. Per fortuna, nessuna delle persone sequestrate è rimasta finita. I Carabinieri di Vignola, intervenuti poco dopo sul luogo della rapina, hanno aperto un'indagine. I rapinatori sarebbero italiani.
Passano le ore e si fa strada l'ipotesi che i due italiani uccisi in Libia possano essere due dei 4 tecnici della azienda parmigiana Bonatti, sequestrati lo scorso luglio. La notizia arriva dalla Farnesina ma non c'è ancora certezza, in assenza dei corpi.
Parma, 3 marzo 2016
Non c'è ancora certezza, in assenza dei corpi, ma solo supposizioni, basate su testimonianze.
A comunicarlo è stata questa mattina la Farnesina, dopo un esame di alcune immagini di vittime di una sparatoria nella regione di Sabrata in Libia, "apparentemente riconducibili a occidentali".
Potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni 'Bonatti', e precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla. Ma "in assenza della disponibilita' dei corpi", sono in corso verifiche.
Gino Tullicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla erano stati rapiti lo scorso 20 luglio mentre rientravano dalla Tunisia nella zona di Mellitah, a 60 km di Tripoli, nei pressi del compound della Mellitah Oil Gas Company, il principale socio dell' Eni.
L' intelligence italiana aveva accreditato quasi subito l' ipotesi che gli italiani fossero stati sequestrati da una delle tante milizie della galassia criminale che imperversa nel Paese. Un sequestro a scopo di estorsione, dunque, opera di criminali "comuni".
La preoccupazione, quindi, e' stata sin da subito di scongiurare che venissero ceduti, in ' blocco' o, peggio ancora, singolarmente, ad uno o piu' gruppi legati all' Isis, ormai infiltrato in diverse aree della Libia e molto interessato a gestire i sequestri, anche per i notevoli risvolti mediatici.
Secondo una delle ipotesi accreditate nei mesi scorsi da fonti militari libiche, i quattro italiani sarebbero finiti "nelle mani di gruppi vicini ai miliziani di Fajr Libya", la fazione islamista che ha imposto un governo parallelo a Tripoli che si oppone a quello di Tobruk, l' unico riconosciuto a livello internazionale. Secondo questa ricostruzione, i miliziani avrebbero proposto uno scambio: i nostri connazionali con sette libici detenuti in Italia e accusati di traffico di migranti.
Ma non c'é mai stata alcuna conferma e per mesi non ci sono state notizie.
Secondo un testimone libico rientrato a Tunisi da Sabrata, i due italiani uccisi sarebbero stati usati come scudi umani dai jihadisti dell' Isis, negli scontri con le milizie di ieri a sud della citta', nei pressi di Surman.
La Bonatti di Parma, invece, per ora tace, limitandosi a un ''non siamo autorizzati a rilasciare alcun commento''.
L' azienda attende di avere maggiori riscontri prima di esprimersi.
Anche per i referenti degli italiani scomparsi c'è ancora poco da dire. "Ho sentito in mattina la moglie di Salvatore Failla: e' una donna disperata che chiede che il suo dolore venga rispettato. Non c' e' ancora assoluta certezza che sia proprio suo marito uno dei due italiani morti, per questo sta vivendo queste ore con infinita angoscia", ha detto l' avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, legale della famiglia
Failla.
La vittima è Alberto Savigni, 83 anni, di San Cesario (MO). La tragedia al culmine di un diverbio con il figlio 47 enne Alberto per questioni legate alla gestione del podere. Disposta l'autopsia.
Di Manuela Fiorini
Modena, 3 marzo 2016
Stava discutendo con il padre per una questione legata alla gestione del podere, quando, all'improvviso, la lite è degenerata. Davide Savigni, 47 anni, ha dato una spinta al padre Alberto, 83, che ha perso l'equilibrio. L'anziano ha battuto la testa contro il muro ed è morto sul colpo. La tragedia è avvenuta a San Cesario, in località San Bernardino. E' stato proprio il figlio a chiamare i soccorsi, ieri mattina verso le 9.30. Quando il personale del 118 è giunto sul posto, tuttavia, non ha potuto fare altro che constatare il decesso dell'83 enne.
I soccorritori, tuttavia, si sono resi subito conto che Savigni non poteva essere morto per cause naturali ed hanno allertato i Carabinieri. Portato prima in caserma a Castelfranco, il figlio Alberto, sotto choc, continuava a ripetere che si era trattato di un incidente e che non aveva intenzione di fare del male a suo padre. L'uomo è poi stato trasferito nel carcere di Sant'Anna in stato di fermo con l'accusa di omicidio.
Sul corpo della vittima è stata disposta l'autopsia, per capire se il decesso è dovuto al colpo in testa causato dalla caduta, oppure se ci sono altri segni o ferite non riconducibili alla dinamica dichiarata dal figlio. Gli uomini del Ris già dai primi momenti hanno effettuato rilievi nel cortile e nella casa a due piani dove Alberto e il padre vivevano soli. E' stata sentita anche la sorella di Davide, che vive poco distante, per capire quali fossero i rapporti tra padre e figlio e se c'erano state tensioni tra di loro anche in precedenza.
Davide Savigni rimarrà in carcere fino all'interrogatorio di garanzia. Dopodiché il giudice deciderà quali misure cautelari adottare. Con ogni probabilità, date le circostanze, la difesa chiederà per Davide Savigni gli arresti domiciliari. L'indagine è coordinata dal procuratore Luca Guerzoni.
L'uomo, un 38 enne di nazionalità marocchina, stava coprendo le buche sulla tangenziale. Nonostante i colleghi ne segnalassero la presenza, è stato travolto da un Ducato ed è morto sul colpo.
Di Manuela Fiorini
Formigine (MO) 2 marzo 2016
Tragico incidente sul lavoro, ieri alle 16, all'altezza di Corlo di Formigine. Un uomo di 38 anni di nazionalità marocchina, residente a Spilamberto e operatore della ditta "Boschiva srl", specializzata in manutenzione stradale, stava effettuando lavori di ripristino dell'asfalto sulla Strada Statate 724, la tangenziale che da Modena porta a Sassuolo per conto di Anas.
Nonostante la presenza dei colleghi, che con il mezzo della manutenzione stradale stavano segnalando la presenza dell'uomo, intento a ricoprire con il catrame le buche tra gli svincoli 30 "Formigine – Ponte Fossa" e 29 "Casinalbo", un furgone Ducato condotto da un 57 enne ha travolto e ucciso operatore.
Immediato l'intervento del personale del 118, che ha tentato di rianimare il 38 enne, che purtroppo è spirato poco dopo l'arrivo dei medici. Sul posto anche la Polizia Stradale e la Municipale di Formigine che hanno proceduto a effettuare i rilievi del caso. Pesanti i disagi al traffico dovuti alla chiusura del tratto della tangenziale interessata dall'incidente. La circolazione è tornata regolare verso le 21.
Dopo aver picchiato la compagna per l'ennesima volta e minacciata con un coltello da cucina ha cercato di sdrammatizzare l'accaduto. Arrestato dai Carabinieri, per il 38enne è scattato il "Divieto di avvicinamento".
Bologna, 2 marzo 2016
I Carabinieri della Stazione di Budrio, in provincia di Bologna, hanno arrestato un 38enne salernitano per maltrattamenti in famiglia.
E' successo lunedì sera, poco prima delle ore 20:00, quando un Carabiniere addetto alla ricezione del pubblico, presso la Stazione dell'Arma di Budrio, ha ricevuto la richiesta di aiuto di una donna terrorizzata dal compagno che poco prima, colto da un raptus di gelosia, l'aveva presa a schiaffi. La notizia è stata comunicata velocemente a una pattuglia di Carabinieri che si trovavano in zona per un servizio di controllo del territorio. Immediatamente, i militari sono andati a bussare a casa della vittima. La dona, italiana, sulla quarantina, oltre a confermare quanto detto telefonicamente, ha raccontato che il compagno, dopo averla picchiata sul volto, per l'ennesima volta, e minacciata con un coltello da cucina, dicendole: "Io ti ammazzo!", si era allontanato a piedi.
Pochi istanti dopo, il 38enne ha telefonato alla compagna suggerendole di chiamare subito i Carabinieri, perché aveva deciso di tornare a casa e uccidere lei e la figlia minorenne che la donna aveva avuto con l'ex marito. Gli inquirenti hanno impedito che l'azione fosse portata ad ulteriore conseguenza, intercettando l'uomo, pochi istanti dopo, sotto casa della donna e arrestandolo per maltrattamenti in famiglia.
"Sono cose che capitano tra conviventi", è quanto il violento ha dichiarato ai militari che lo stavano ammanettando, cercando di sdrammatizzare quello che aveva fatto.
In sede di rito direttissimo, celebratosi ieri mattina nelle aule giudiziarie del Tribunale di Bologna, l'arresto è stato convalidato e il 38enne è stato rimesso in libertà con la Misura cautelare personale del "Divieto di avvicinamento ai luoghi normalmente frequentati dalla persona offesa", con obbligo di mantenere una distanza di almeno 100 metri dalla stessa, art. 282 ter del C.P.P.
È il quarto arresto per droga eseguito nei primi due mesi del 2016 dai militari di Carpi. I Carabinieri della Stazione di Carpi hanno eseguito una carcerazione per l'espiazione di una pena definitiva di 1 anno e mezzo a carico di un nordafricano.
Modena, 1 marzo 2016
I Carabinieri della Stazione di Carpi hanno eseguito una carcerazione per l'espiazione di una pena definitiva di 1 anno e mezzo a carico di un nordafricano per spaccio di stupefacenti avvenuto a settembre del 2015: l'uomo, un 40enne, era stato arrestato perché trovato in possesso di 100 grammi di cocaina pronta per essere smerciata. È il quarto arresto per droga eseguito nei primi due mesi del 2016 dai militari di Carpi. Gli altri sono rispettivamente due nordafricani sorpresi a spacciare cocaina ed un italiano trovato con più di mezzo chilo di marijuana.
All'aggressore era già stato vietato di avvicinarsi alla ex moglie per i suoi atteggiamenti violenti. L'ennesimo alterco è stato più feroce degli altri. L'ex marito respinto ha tirato fuori un coltello e a pagarne le spese è stato il nuovo compagno di lei.
Di A.K.
Parma, 1 marzo 2016
L'ennesima storia di violenza su una donna. Solo che questa volta, a pagarne le spese, è stato il nuovo compagno di lei che, per difenderla e per difendere se stesso, è stato accoltellato a una mano.
All'aggressore, in realtà, era già stato vietato di avvicinarsi alla ex moglie per i suoi atteggiamenti violenti. Il tribunale lo aveva ritenuto responsabile di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali da quando la coniuge, stanca di dover subire soprusi e mani addosso, aveva trovato la forza di denunciarlo, per poter cominciare, finalmente, una nuova vita con un altro compagno.
Ma il 52enne di Parma non ha voluto sentire ragioni. Acciecato dalla gelosia, ha continuato a seguire la donna, a imporre la sua presenza, insistente e minacciosa, prendendo di mira anche il convivente della ex coniuge.
L'ennesimo alterco è stato più feroce degli altri. L'ex marito respinto ha tirato fuori un coltello e ha colpito la vittima a una mano.
La Procura di Parma, informata dalla Stazione Carabinieri di San Pancrazio, ha richiesto la custodia in carcere dell'arrestato poi concessa dal Tribunale.
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