Una giovane vita spezzata dall'ennesimo incidente sul lavoro. Tragico episodio in una ditta di marmi a Lugagnano Valdarda, in provincia di Piacenza. Vittima il 31enne Davide Carlo Spinazzola. Inutili i tentativi di rianimazione, praticati anche con un defibrillatore.
di A.K.
Piacenza, 5 febbraio 2016
Aveva solo 31 anni Davide Carlo Spinazzola quando la sua vita è stata stroncata da una lastra di marmo.
L'ennesimo incidente sul lavoro con conseguenze tragiche è successo ieri, in una ditta di marmi a Lugagnano Valdarda, in provincia di Piacenza.
Il ragazzo ha perso la vita dopo essere stato travolto e schiacciato da una pesante placca di marmo che è caduta da un muletto in movimento.
Davide Carlo Spinazzola, stando ai primi accertamenti dei carabinieri di Fiorenzuola, è morto sul colpo. Sul posto l'eliambulanza di Parma e l'ambulanza della pubblica assistenza. Il 31enne, conosciuto in zona anche per il suo lavoro di volontario nella pubblica assistenza Val d'Arda, abitava a Castell'Arquato.
I tentativi di rianimazione, praticati anche con un defibrillatore, sono risultati vani.
Scoperte 9 rapine commesse tra Parma e Reggio Emilia in soli due mesi ai danni di ragazze che si prostituivano. Le indagini, iniziate alla fine del mese di dicembre 2015, hanno permesso di riscontrare lo stesso modus operandi fra tre rapine.
Di A.K. - ph. Francesca Bocchia -
Parma, 4 febbraio 2016
Andava a colpo sicuro: sapeva chi e dove cogliere nel segno. In due mesi un rapinatore seriale senegalese aveva derubato almeno nove prostitute. I Carabinieri della Compagnia di Parma hanno arrestato, a seguito di un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Tribunale di Parma su richiesta della locale Procura, un cittadino senegalese di 33 anni ritenuto responsabile di molte rapine consumate, principalmente, in danno di prostitute.
Le indagini, iniziate alla fine del mese di dicembre 2015, hanno permesso di riscontrare, fin dalle primissime battute, lo stesso modus operandi fra tre rapine commesse in danno di prostitute.
Tutte le vittime riferivano di essere state avvicinate da un uomo di colore che, dopo averle fatte salire su una utilitaria di colore grigio, le aveva minacciate con un coltello facendosi consegnare il denaro e gli oggetti in loro possesso per poi dileguarsi.
Sulla base degli elementi raccolti i militari hanno informato la Procura della Repubblica di Parma ed iniziato ad effettuare una serie di servizi per identificare i possessori di autovetture simili a quella indicata. Dopo alcuni giorni è stata individuata, in località San Pancrazio, una Peugeot 206 di colore grigio condotta da un cittadino di colore, che si aggirava sulla via Emilia in zone normalmente frequentate da prostitute.
Fermato ed identificato per un controllo, il 33enne è stato immediatamente riconosciuto da una delle sue vittime. Durante la perquisizione della vettura è stato inoltre rinvenuto, occultato sotto un tappetino, un coltello con lama lunga 22 cm mentre nella successiva perquisizione dell'abitazione sono stati rinvenuti molti telefoni cellulari risultati poi rubati.
In ragione di tutti gli elementi acquisiti il P.M. della Procura di Parma ha emesso, nell'immediatezza, un decreto di fermo a carico del sospettato che è stato quindi accompagnato in carcere.
La prosecuzione degli accertamenti sulla refurtiva rivenuta nell'appartamento ha permesso d'individuare altre 8 ragazze vittime di altrettante rapine, consumate dall'interessato, con le medesime modalità, tra il mese di novembre e dicembre nelle province di Parma e Reggio Emilia.
In ragione dei numerosi ulteriori riscontri acquisiti dai Carabinieri il Sostituto Procuratore titolare dell'indagine ha richiesto una misura cautelare a carico del cittadino senegalese per tutte le rapine commesse. I militari della Compagnia, ricevuta la misura di custodia cautelare in carcere, hanno quindi notificato il provvedimento all'uomo che si trovava ancora ristretto presso il carcere di Parma.
I pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi hanno chiesto condanne sostanziose per 71 degli imputati del processo di 'Ndrangheta Aemilia, nell'aula speciale predisposta alla fiera di Bologna. La sentenza è prevista tra fine febbraio e inizio marzo.
Di A.K.
Reggio Emilia, 4 febbraio 2016
Pene fino a 20 anni. I pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi hanno chiesto condanne sostanziose per 71 degli imputati del processo di 'Ndrangheta Aemilia, nell'aula speciale predisposta alla fiera di Bologna.
A gennaio del 2015 furono arrestate 117 persone accusate di far parte di una organizzazione mafiosa con radici in Calabria ma che si era sviluppata autonomamente, utilizzando come base Reggio.
Prima di Natale 167 erano stati i rinvii a giudizio, solo che molti imputati avevano scelto il rito abbreviato.
Per due capi, Nicolino Sarcone e Alfonso Diletto e per due organizzatori, Giuseppe Giglio e Antonio Silipo, sono stati chiesti 20 anni. Tra gli accusati di concorso esterno, 13 anni e 8 mesi sono stati reclamati per la fiscalista bolognese Roberta Tattini, 12 anni per il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, Giuseppe Pagliani.
Per altri tre accusati di essere i promotori dell'associazione di tipo mafioso contestata, Antonio Gualtieri, Romolo Villirillo e Francesco Lamanna, i Pm hanno richiesto 18 anni, 17 anni e 8 mesi, 16 anni e 8 mesi.
Per gli altri associati la richiesta dei pubblici ministeri scende di poco: Giuseppe Richichi (16 anni), Giulio Giglio (15 anni e 8 mesi), Donato Agostino Clausi (15 anni), Salvatore Cappa (14 anni e due mesi), Roberto Turrà (14 anni), Giuseppe Pallone (13 anni e 4 mesi), Francesco Frontera e Alfonso Martino (12 anni e 8 mesi), così come per Domenico Mesiano, poliziotto ed ex autista del questore di Reggio; 12 anni e 4 mesi per Pasquale Battaglia, 12 per Michele Colacino, Selvino Floro Vito e Francesco Lepera.
Dodici anni sono stati chiesti anche per Nicolino Grande Aracri, ritenuto il punto di riferimento della Cosca, ma che nel processo 'Aemilia' non risponde di associazione a delinquere di tipo mafioso: la sua è l'unica posizione per cui sono state chieste assoluzioni per alcuni capi di imputazione.
Tredici anni sono stati chiesti inoltre per un altro poliziotto, Antonio Cianflone, 14 anni per il giornalista Marco Gibertini, 12 anni per Fulvio Stefanelli, marito di Tattini e sei anni per Giovanni Paolo Bernini, ex assessore Pdl del Comune di Parma. La pena più bassa chiesta è stata di 10 mesi. La sentenza è prevista tra fine febbraio e inizio marzo.
La Dia (Direzione distrettuale antimafia), nella sua relazione semestrale, ha delineato un quadro inquietante dell'espansione di mafia, 'ndrangheta, camorra e criminalità organizzata pugliese in Emilia Romagna, nella relazione che fa riferimento al primo semestre 2015.
Di Alexa Kuhne
Parma, 3 febbraio 2016
L'Emilia Romagna è la nuova frontiera della mafia.
E' questo l'allarmante quadro che ha disegnato la Direzione investigativa antimafia nella sua relazione che fa riferimento al primo semestre 2015.
Il lavoro della Dia ha delineato i contorni del fenomeno, in costante crescita, dell'espansione delle cosche italiane. Evoluzione, traffici e nuove frontiere fanno immaginare un futuro definito dagli analisti della Dia "inquietante".
Camorra, Cosa Nostra, 'Ndrangheta e Criminalità organizzata pugliese si stanno facendo largo in tutto il nord Italia, soprattutto in Emilia Romagna. I clan riciclano imponenti quantità di denaro. Ma non è solo questo: puntano a entrare nei gangli vitali della vita pubblica e della politica per arrivare al cuore delle istituzioni.
Gli esperti della Dia, parlando di Cosa Nostra, segnalano che nella regione "pregresse attività info- investigative hanno fatto emergere la presenza di soggetti provenienti dalla Sicilia legati alle varie organizzazioni dell'isola e tendenzialmente dediti al riciclaggio e al reimpiego del denaro".
Si tratterebbe di esponenti delle famiglie di Cosa Nostra palermitane, nissene e catanesi, attive nelle varie provincie e nel capoluogo di regione. C'è la mafia siciliana e c'è anche quella calabrese. Gli 'ndranghetisti sono ovunque "è stata documentata l'operatività, tra le provincie di Reggio Emilia, Modena, Parma e Piacenza". Le analisi "evidenziano la capacità di attuare una pervasiva infiltrazione nel tessuto economico emiliano - soprattutto nell'edilizia, nel movimento terra, nello smaltimento dei rifiuti e nella gestione delle cave - e di inserirsi nei lavori di costruzione post terremoto 2012, anche attraverso la compiacenza di imprese locali e di alcuni amministratori pubblici". Non lavorano soli i calabresi: le indagini hanno evidenziato anche contatti tra il gruppo criminale calabrese e quello camorristico dei casalesi - principalmente attivi in provincia di Modena - per la "creazione di un sodalizio affaristico- mafioso da impiegare nei lavori di ricostruzione post terremoto in Abruzzo".
L'Emilia è un punto strategico, un volano da cui partire per poi lavorare ovunque.
Per la Camorra "il contesto economico dell'Emilia Romagna continua a rappresentare un fattore di attrazione". Gli affiliati "tendono a inserirsi in attività produttive commerciali e del terziario, privilegiando la gestione di società di costruzione, di trasporto e di movimento"
Il settore edile rappresenterebbe il fulcro di tutte le attività criminose. Gli interessi sarebbero collegati al collocamento di manodopera, e "alla possibilità che offre di stabilire contatti con professionisti e rappresentanti delle pubbliche amministrazioni". Il territorio emiliano romagnolo è stato eletto a domicilio pure dai pugliesi. Anche nel caso della criminalità organizzata che ha origine in Puglia la Dia registra "segnali di espansione economica verso l'Emilia Romagna".
Lettera di Pasquale Brescia, uno degli imputati per mafia dell'inchiesta Aemilia, al sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, per chiedere le sue dimissioni. L'assessore alla Legalità Mezzetti difende il primo cittadino: "Lo schema embra essere quello tristemente conosciuto. Piena solidarietà".
Di C.N.
Reggio Emilia, 3 febbraio 2016
Pasquale Brescia, 48 anni, imprenditore, in carcere perché ritenuto un anello di congiunzione importante fra cosche, istituzioni e forze dell'ordine chiede le dimissioni del sindaco reggiano Luca Vecchi, accusandolo di essere stato "intellettualmente disonesto".
E lo fa con una lettera indirizzata a Vecchi dal penitenziario di Bologna, dove si trova recluso con le accuse di associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta Aemilia.
Brescia vuol dire la sua sulla vicenda della casa, acquistata dalla moglie da un altro imprenditore coinvolto nell'inchiesta. La lettera è stata consegnata alla redazione reggiana del Resto del Carlino dall'avvocato dell'imprenditore imputato, Luigi Antonio Combierati. Brescia ha chiesto al sindaco di dimettersi perché, secondo lui, quest'ultimo avrebbe cominciato a difendere i cutresi solo ora che è stata attaccata la moglie, Maria Sergio, originaria appunto del paese della Calabria, nel Crotonese. Accuse anche sulla sua campagna elettorale.
Pronta la risposta dell'assessore alla Legalità della Regione Emilia Romagna, Massimo Mezzetti: "Le allusioni minacciose contenute in questa lettera sono di una gravità che richiede tutta l'attenzione necessaria da parte delle autorità competenti e solidarietà da parte della comunità politica e sociale".
Mezzetti ha poi sottolineato come "lo schema sembra essere quello tristemente conosciuto: prima si getta l'ombra del sospetto su persone, uomini di legge o amministratori che siano, impegnate a far rispettare la legalità nel proprio territorio, per isolarle, poi si passa alle minacce e infine le si colpiscono. Abbiamo già visto in passato questo film – ha detto - e non dobbiamo ricadere di nuovo nell'insidiosa trappola".
L'Assessore ha poi sottolienato come "le vicende poste all'attenzione dell'opinione pubblica nei giorni scorsi che riguardano il sindaco non hanno alcun risvolto penale e saranno chiarite nei modi e nelle sedi dovute e che non possono e non devono nel modo più assoluto indurre ad alcuna debolezza o timidezza nel denunciare le minacce e gli avvertimenti di stampo mafioso giunti a Luca Vecchi e alla sua famiglia, cui va tutta la solidarietà e la vicinanza mia personale e a nome della Giunta regionale".
La giovane nigeriana ha reagito con violenza aggredendo i carabinieri per proteggere tre connazionali: due arresti e una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, minacce. Dopo aver bloccato i due stranieri i militari hanno perquisito involucri in cellophane pronti per il confezionamento di dosi di stupefacente.
Di CN
Parma, 2 febbraio 2016
I Carabinieri non credevano di certo di trovarsi a dover fare i conti con una donna inferocita e manesca quando hanno tentato di acciuffare un giovane che li ha insospettiti, già noto per spaccio di droga.
Sabato notte il Nucleo operativo e radiomobile dell'Arma ha arrestato due giovani di 20 e 22 anni, entrambi di origine nigeriana ma residenti in città, e denunciato un loro connazionale 29enne per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, violenza e minaccia, danneggiamento.
La pattuglia del Nucleo radiomobile, transitando in via Bologna, ha notato il 29enne, già ben conosciuto per pregresse vicende, in prossimità dell'androne di un condominio. Appena avvistata l'automobile dei carabinieri, lo straniero è entrato repentinamente nel palazzo insospettendo ulteriormente l'equipaggio che ha quindi cercato di bloccarlo lungo la rampa di scale. Il giovane, vistosi quasi raggiunto, ha spintonato i militari riuscendo a rifugiarsi in un appartamento dello stabile.
Grazie all'arrivo di una pattuglia della Stazione di Parma, giunta in supporto, i militari hanno individuato l'abitazione dove si era rifugiato lo straniero ma, giunti in prossimità della porta, sono stati "accolti" da una giovane di origine nigeriana che, improvvisamente, gli si è gettata contro cercando di morderli e di colpirli con calci e pugni. La ragazza è stata imitata subito dopo dal connazionale, 20enne, appena uscito dall'appartamento.
Dopo aver bloccato i due stranieri i militari hanno perquisito involucri in cellophane pronti per il confezionamento di dosi di stupefacente e trovato la somma, in contanti, di circa € 8.000,00. Tutto il materiale ed i soldi sono stati sequestrati ed i tre stranieri accompagnati negli uffici di via delle Fonderie per la conseguente denuncia per il 29enne e l'arresto dei due più giovani. Ieri, dopo il rito direttissimo, i due sono stati condannati ad 1 anno e 4 mesi di reclusione. La donna è stata posta agli arresti domiciliari, mentre per il 20enne ha potuto beneficiare della sospensione della pena.
Il mezzo pesante si è ribaltato sulla rotatoria tra via Bellaria e la complanare Einaudi, in direzione Modena. Traffico in tilt fino a tarda sera. Il camionista, rumeno di 46 anni, è risultato con un tasso alcolemico superiore al limite.
Modena, 2 febbraio 2016
Per il camionista rumeno denuncia e patente sospesa; fermo amministrativo per il mezzo che rovesciandosi in rotatoria ha causato problemi alla viabilità della zona. L'uomo ha imboccato la rotatoria tra via Bellaria e la complanare Einaudi, in direzione Modena, ad una velocità troppo sostenuta e si è ribaltato causando molti disagi alla viabilità. L'autoarticolato, carico di prosciutti ha infatti imboccato la rotonda a 85km/h.
E' accaduto domenica scorsa, nel primo pomeriggio, alle 14.30 circa. Sul posto sono intervenute tre pattuglie della Polizia municipale di Modena per i rilievi di legge, la messa in sicurezza dell'area e le operazioni di viabilità; inizialmente con l'ausilio di una pattuglia della Stradale.
Il conducente del mezzo pesante è risultato positivo al test dell'etilometro somministrato dagli agenti della Municipale i quali hanno anche appurato la velocità al momento dell'incidente attraverso il cronotachigrafo in dell'autoarticolato. Il camionista, un rumeno di 46 anni, P.I. le iniziali, è risultato avere un tasso alcolemico pari a 1, mentre come autista professionale avrebbe dovuto essere completamente sobrio (tasso alcolemico zero). Per lui quindi sono scattate denuncia per guida in stato di ebbrezza, sospensione della patente, decurtazione di 10 punti e fermo provvisorio per 30 giorni del mezzo, con contestuale ritiro della carta di circolazione, che, una volta confermato dall'Autorità giudiziaria, si trasformerà in fermo per complessivi sei mesi. La stessa autorità sancirà la durata del ritiro della patente e dell'ammenda pecuniaria che potrebbe essere particolarmente pesante viste le circostanze in cui è avvenuto l'incidente.
Per recuperare il mezzo sono intervenute due autogru private; il traffico nella zona ha subito forti rallentamenti e le operazioni di viabilità condotte dalla Municipale si sono protratte fino a tarda sera.
Intensa attività di spaccio di cocaina scoperta grazie all'attività investigativa. La donna si serviva del bambino per non destare sospetti. Arrestati due coniugi 25enni per spaccio di stupefacenti residenti a Novi di Modena.
Modena, 1 febbraio 2016
I Carabinieri del Nucleo operativo di Carpi hanno arrestato una coppia di coniugi 25enni nordafricani residenti a Novi di Modena – frazione Rovereto, per spaccio di stupefacenti. Le attività investigative avevano fatto emergere un'intensa attività di spaccio di cocaina da parte dei due: il marito gestiva le richieste dei clienti mentre la donna, spesso accompagnata dal figlioletto di 1 anno per non destare sospetti, si occupava delle consegne. Ieri i Carabinieri hanno eseguito le 2 ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale di Modena Dott. Andrea Salvatore ROMITO, su richiesta del Pubblico Ministero dott. Sa Claudia NATALINI che ha coordinato le indagini.
Federico Bertoncini, 22 anni, di Collecchio (Pr) è stato colpito mentre si trovava nel noto locale di Taneto di Gattatico, nel reggiano. Trauma cranico e 5 punti di sutura. Il giovane ha postato sul suo profilo Facebook anche le foto che lo ritraggono in ospedale, sanguinante e con la benda in testa.
Di Manuela Fiorini
Reggio Emilia, 1 febbraio 2016
"Io pensavo che si andasse in discoteca per ballare, stare con amici e bere qualcosa. Ma ieri sera ho scoperto quale è il nuovo passatempo preferito dei cerebrolesi: lanciare sassi dai binari adiacenti al Fuori Orario addosso alla gente che sta ballando o sta prendendo da bere, tutto ciò ha comportato un trauma cranico lacero contuso alla mia testa: 3 cm di taglio profonto tanto da vedere la scatola cranica ergo 5 punti di sutura".
Così scrive Federico Bertoncini, 22 enne di Collecchio (Pr), che la sera tra il 30 e il 31 gennaio è stato protagonista di una brutta avventura mentre si trovava al Fuori Orario, noto locale di Taneto di Gattatico, nel reggiano. Secondo la ricostruzione, mentre il ragazzo stava ballando con gli amici, è stato colpito alla testa da una grossa pietra, scagliata da ignoti dai binari che passano vicino all'ingresso del locale, probabilmente per fare una bravata che poteva avere conseguenze ancora peggiori.
Il giovane ha postato sul suo profilo Facebook anche le foto che lo ritraggono in ospedale, sanguinante e con la benda in testa. Oltre al trauma cranico dovuto all'impatto, la pietra gli ha causato anche una profonda ferita lacero contusa per medicare la quale sono stati impiegati 5 punti di sutura.
I genitori avevano segnalato i fatti a novembre, preoccupati dall'atteggiamento dei piccoli, che non volevano andare all'asilo. Le intercettazioni e le indagini hanno consentito ai Carabinieri di rilevare i comportamenti aggressivi della donna, M.G, 52 anni, ora ai domiciliari. -
Di Manuela Fiorini
Modena, 1 febbraio 2016
Un altro caso di maltrattamenti, offese e ingiurie nei confronti dei più piccoli. A Pavullo, sull'Appennino modenese, le indagini compiute dai Carabinieri, coordinate dal PM Marco Imperato, hanno portato all'arresto di M.G, 52 anni, insegnante e coordinatrice di un asilo che ospitava bambini dai 3 ai 5 anni.
Frasi offensive, aggressive e minacce come "sei brutta", "stordita", "sei una pecora", "ti do una microfonata in faccia", ma anche bestemmie e punizioni eccessive sono state rilevate, anche con intercettazioni ambientali e hanno consentito al Gip di Modena Eleonora de Marco di emettere l'ordine di custodia cautelare nei confronti dell'insegnante, ora ai domiciliari.
"L'ira si scatenava all'improvviso", hanno spiegato i Carabinieri, "anche di fronte a situazioni normali, come nei confronti di un bambino che chiedeva di andare in bagno o di un altro che non gradiva il cibo. E' stato quindi necessario porre fine ai rapporti che la stessa intratteneva con i minori, per non pregiudicare ancora di più la loro crescita intellettuale e fisica".
Alle ingiurie si aggiungono anche le punizioni, vere e proprie vessazioni nei confronti di bambini così piccoli. In particolare, una bambina sarebbe stata presa di peso e sbattuta fuori dalla scuola, al freddo. Considerando che Pavullo si trova a 700 metri di altitudine, sull'Appennino, dove spesso le temperature scendono sotto lo zero e nevica, emerge tutta la violenza del provvedimento nei confronti della piccola vittima.
I genitori si sono accorti che qualcosa non andava già lo scorso novembre quando, confrontandosi tra di loro, avevano rilevato gli stessi atteggiamenti di rifiuto e paura di andare all'asilo da parte dei figli. Era così partita la segnalazione ai Carabinieri che hanno raccolto alcune testimonianze e avviato gli accertamenti servendosi anche di telecamere nascoste, che hanno rilevato le violenze, fisiche e verbali nei confronti dei piccoli alunni e portato all'arresto dell'insegnante che, alla notifica del provvedimento, avrebbe dimostrato una freddezza degna della "strega cattiva" delle favole come, probabilmente, appariva agli occhi dei bimbi maltrattati.
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