L'ultimo episodio di questa instabilità si è verificato la scorsa settimana, quando il leader della CDU, Friedrich Merz, ha tentato un azzardato colpo di mano per consolidare il proprio consenso. Il risultato? Un clamoroso fallimento che rischia di gettare la Germania in una lunga fase di ingovernabilità.
Nel tentativo di rafforzare la sua posizione e attrarre consensi, Merz ha proposto una votazione su misure più rigide per limitare l'immigrazione, cercando di far passare la legge con il sostegno, fino a oggi tabù, dell'estrema destra di Alternativa per la Germania (AfD). Una mossa che ha generato sconcerto sia tra i suoi alleati che nell'opinione pubblica. Alla fine, però, il calcolo politico si è rivelato errato: la legge è stata bocciata con 338 voti favorevoli e 349 contrari, anche a causa di dodici franchi tiratori interni alla CDU.
Il fallimento della proposta non solo ha minato la credibilità di Merz, ma ha anche evidenziato le divisioni interne alla CDU e le tensioni latenti tra le diverse anime del partito. L'esito del voto, invece di rafforzare la leadership del candidato cancelliere, ha lasciato il partito in uno stato di maggiore disorientamento.
L'instabilità politica della Germania non è una questione meramente interna: la sua fragilità rischia di avere conseguenze pesanti per l'intera Europa. Con un governo sempre più indebolito e incapace di prendere decisioni coese, il Paese sta diventando un epicentro di incertezza economica e geopolitica. La coalizione di governo guidata da Olaf Scholz si trova sempre più in difficoltà nel gestire le sfide interne, mentre l'opposizione non riesce a cavalcare il malcontento popolare con strategie convincenti.
La crisi tedesca si inserisce in un contesto geopolitico globale in rapido cambiamento. Con la guerra in Ucraina che continua a pesare sull'economia europea, si fa sempre più pressante la necessità di una soluzione diplomatica tra Russia, Stati Uniti e altri attori internazionali. La Germania, tradizionale pilastro dell'Unione Europea, appare ora incapace di guidare un processo di mediazione efficace.
Berlino (ma anche Roma) dovrebbe riconsiderare le proprie alleanze economiche e politiche, guardando con maggiore interesse ai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) per diversificare le proprie strategie di cooperazione internazionale. Una simile svolta rappresenterebbe un cambiamento epocale nella politica estera tedesca, ma potrebbe anche essere un tentativo disperato di uscire da un'impasse che appare sempre più difficile da gestire.
La Germania si trova dunque a un bivio. Da un lato, l'attuale situazione di paralisi politica potrebbe protrarsi per mesi, con conseguenze disastrose per l'economia e per la stabilità europea. Un governo debole e frammentato faticherebbe a varare riforme essenziali, lasciando il Paese esposto a turbolenze finanziarie, fughe di capitali e perdita di fiducia da parte degli investitori. Inoltre, l'incapacità di adottare una politica chiara sull'immigrazione, sull'energia e sulla difesa rischia di aggravare ulteriormente le tensioni sociali e istituzionali.
Dall'altro, l'urgenza di nuove strategie e alleanze potrebbe spingere il paese a una revisione delle sue politiche, tanto interne quanto internazionali. Una maggiore apertura a nuove forme di cooperazione, una rinnovata attenzione al rilancio industriale e una politica economica più pragmatica potrebbero rappresentare la chiave per uscire da questa crisi.
La Germania potrebbe trovarsi costretta a riconsiderare il proprio ruolo nell'UE, cercando di bilanciare le pressioni interne con la necessità di mantenere un'unità strategica con i suoi alleati storici. La questione cruciale sarà se le sue élite politiche saranno in grado di affrontare queste sfide con una visione chiara e una leadership forte, o se continueranno a navigare nell'incertezza, lasciando il Paese in balia degli eventi.
E il tempo per farlo sta rapidamente scadendo e il 24 mattina lo scopriremo.