In alcuni casi, le produzioni agricole certificate come biologiche erano di fatto ottenute con elevato contenuto di Organismi geneticamente modificati (Ogm) o contaminate da agenti chimici vietati nell'agricoltura biologica.
L'illecito sistema è stato posto in essere da società nazionali, che avevano la gestione finanziaria e il controllo di aziende operanti in Moldavia e Ucraina nonché degli Organismi preposti alla certificazione dei prodotti. In particolare, le suddette società, per sottrarsi al sistema di controlli, provvedevano allo sdoganamento delle merci a Malta, presso una società gestita da personale italiano, per poi destinarle in Italia.
In un'occasione, i prodotti agricoli hanno viaggiato su gomma e sono transitati presso la dogana di Trieste-Fernetti.
L'attività delegata dalla Procura della Repubblica di Pesaro, per accertare il loro ruolo e le responsabilità rispetto al funzionamento del meccanismo fraudolento, è stata condotta dall'Ispettorato Repressione Frodi (ICQRF) del Ministero delle Politiche Agricole di Roma e dalla Guardia di Finanza di Pesaro, ha interessato diverse Regioni (Marche, Emilia Romagna, Sardegna, Molise e Abruzzo), alcuni compiacenti utilizzatori dei prodotti e le sedi di due Organismi di certificazione coinvolti, ubicati a Fano e a Sassari.
L'indagine ha consentito di accertare una frode molto estesa nel settore delle produzioni da agricoltura biologica e di porre sotto sequestro 1.500 tonnellate di mais proveniente dall'Ucraina, falsamente certificato come biologico nonché circa 30 tonnellate di soia indiana lavorata, verosimilmente contenente prodotti chimici vietati, destinata all'industria mangimistica, per l'alimentazione zootecnica.
Ventitré le persone indagate, che, in caso di condanna, rischiano severe pene detentive; una decina le società coinvolte, anche estere. Guarda il video