I Carabinieri di Carpi e quelli di Novi, insieme ai volontari Oipa, sono intervenuti in un campo nomadi tra Carpi e Novi in seguito a una segnalazione e hanno trovato il cane rinchiuso in una gabbia artigianale e con una corda stretta al collo che gli aveva procurato ferite.
CARPI (MO) – Ha solo sette mesi, ma ha già conosciuto la cattiveria umana o, almeno, quella di chi lo teneva rinchiuso in una gabbia artigianale, senza protezione dal sole a picco o dalle intemperie, tra piastrelle rotte e rottami di vario tipo. In più, con una corda al collo così stretta da procuragli ferite al collo.
È stato trovato così, in seguito a una segnalazione, un cucciolo di pitbull, che era detenuto in condizioni disumane in un campo nomadi della Bassa modenese, tra Carpi e Novi di Modena.
Intervenuti sul posto, i Carabinieri di Carpi e di Novi di Modena, insieme ai volontari delle Guardie eco-zoofile Oipa, hanno anche verificato che il cane era privo del microchip obbligatorio per legge.
È stato quindi sequestrato, preso in custodia dalle guardie zoofile e trasferito al canile di Carpi per curare le ferite, quelle fisiche, ma, soprattutto, quelle dell'anima. Per la proprietaria, una nomade di 39 anni, è scattata invece la denuncia per maltrattamento di animali.
La ferita si trova proprio sotto all'occhio. L'esame autoptico ha rilevato anche un'ecchimosi sul labbro. Ma secondo il medico legale il decesso del bimbo di quattro anni è il soffocamento. Resta indagata la mamma 30 enne.
CARPI - Procedono le indagini sulla morte del piccolo Nicolas, il bambino di quattro anni deceduto dopo che la mamma, la 30 enne carpigiana Anna Beltrami, lo aveva trovato riverso sull'erba mentre giocavano a nascondino vicino all'argine del Cavo Lama, a Soliera.
La donna ha sempre detto di essere stata lei stessa a togliere di bocca al figlioletto un giocattolo di gomma, che ne avrebbe provocato il successivo soffocamento. Se da un primo esame il medico legale non aveva rilevato nella bocca e nella gola del bimbo ferite o lesioni, ora dall'autopsia emergono nuovi particolari.
Il piccolo avrebbe una lesione sulla fronte, proprio sopra agli occhi, e un'ecchimosi sul labbro. Ferite che, tuttavia, non sono collegabili al decesso. Secondo il medico legale incaricato dalla Procura, infatti, la causa è l'ipossia, anche se sul piccolo non sono trovate tracce esterne, come macchie sul collo o sotto agli occhi, tipiche di un soffocamento.
Resta quindi da stabilire come Nicolas si sia procurato le ferite alla fronte e al labbro. Secondo la mamma, che resta indagata come atto dovuto per consentire le indagini, e il suo avvocato Luca Brezigar, il bimbo potrebbe essersele procurate durante i concitati momenti che hanno seguito il suo ritrovamento privo di sensi. È stata infatti la mamma a caricarlo in macchina e a portarlo di corsa al Ramazzini di Carpi. Da qui, data la gravità della situazione, Nicholas è stato successivamente trasferito al Policlinico di Modena dove, purtroppo, è deceduto il mattino successivo.
In via Emilia Est un mezzo SETA di ventidue anni ha preso fuoco ieri sera attorno alle 19.30. A metà pomeriggio, invece, un magrebino ha aggredito un autista che lo aveva rimproverato per aver battuto troppo forte contro un vetro.
Utilizzare i mezzi pubblici al posto dell'auto privata aiuterebbe di sicuro l'ambiente. Tuttavia, salire su un autobus sta diventando ogni giorno più rischioso, sia per i passeggeri che per i conducenti.
Nella giornata di ieri, a Modena, lungo la via Emilia, sono stati ben due gli episodi spiacevoli che hanno visto coinvolti due mezzi di Seta. Il primo si è verificato nel pomeriggio in via Emilia Ovest, all'altezza della Comet, quando l'autobus della Linea 9 ha effettuato la fermata. Poco dopo essere ripartito, l'autista si è fermato di nuovo per consentire a tre persone uscite dal lavoro di salire sul mezzo. Appena le porte si sono chiuse, tuttavia, un giovane magrebino ha sferrato un gran colpo contro il finestrino per chiedere di salire anche lui, arrivato in ritardo.
A questo punto, l'autista gli ha aperto la porta, ma lo ha redarguito per la violenza con cui aveva sferrato il colpo contro al vetro, rischiando di romperlo. Il giovane, allora, ha cominciato a provocare il conducente del bus: "Stai calmo, stai calmo...", continuava a ripetere a raffica.
L'autista, infastidito, ha "osato" rispondere con un "Altrimenti?". Il magrebino, allora, è sceso dal mezzo approfittando del fatto che la porta fosse ancora aperta e ha afferrato un sasso con il tentativo di colpire il conducente. Ma questi ha prontamente chiuso la porta e ha avvisato le Forze dell'Ordine. A questo punto, il giovane si è dileguato. All'arrivo della Polizia, gli altri passeggeri hanno testimoniato a favore del dipendente Seta.
Da via Emilia Ovest, ci spostiamo in via Emilia Est, dove, alle 19.30 circa un altro mezzo Seta, un "veterano" con alle spalle ventidue anni di onorato servizio, ha preso fuoco per un guasto meccanico.
Durante la corsa della Linea 1, alcuni passeggeri hanno segnalato all'autista un odore acre, come di cavi bruciati, che sembrava provenire da sotto il mezzo. Poco dopo, un automobilista di passaggio ha segnalato la presenza di fumo proveniente proprio dalla parte posteriore. Il conducente ha quindi accostato e ha chiamato i Vigili del Fuoco, che hanno provveduto a domare le fiamme prima che si propagassero.
È il quinto mezzo Seta ad andare a fuoco nel giro di un mese, e il nono in quattordici mesi.
Nel maxiprocesso per le infiltrazioni mafiose in Emilia, chieste le condanne per tutta la famiglia Bianchini, inclusi i figli minori che hanno fatto da prestanome, e per l'ex patron del Modena Volley.
23 maggio 2018
Centinaia di udienze, 148 persone imputate e più di mille anni di carcere richiesti. Sono questi i numeri del maxiprocesso Aemilia sulle infiltrazioni e relazioni di stampo mafioso tra Modena e Reggio Emilia.
Ieri sera, nell'aula bunker del Tribunale di Reggio Emilia, al termine di tre lunghe udienze, in cui sono stati riassunti anni di indagini, intercettazioni e prove, i PM Marco Mescolini e Beatrice Ronchi della DDA di Bologna hanno formulato le richieste di condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, specificando le richieste di condanna a carico di ciascun imputato. Operazione per la quale hanno impiegato più di mezz'ora.
Per quanto riguarda il "filone" modenese del processo Aemilia, sono stati chiesti diciassette anni e 10 mesi, con tanto di pene accessorie, tra cui due anni di casa di lavoro, per Gino Gibertini, imprenditore modenese del ramo petroli ex presidente del Modena Volley. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, Gibertini si sarebbe rivolto alla 'Ndrangheta per "convincere" un debitore a pagare.
I PM Mescolini e Ronchi hanno poi chiesto pene per tutta la famiglia Bianchini, imprenditori di Rivara di San Felice accusati di aver favorito e sostenuto l'infiltrazione e il radicamento delle cosche mafiose nelle zone terremotate, approfittando della ricostruzione, traendone reciproci vantaggi. Con l'aggravante di aver distribuito e sepolto amianto nei cantieri della ricostruzione post sisma. Sono quindi stati chiesti quindici anni e sei mesi con pene accessorie e confische, per entrambi i coniugi Bianchini, Augusto e la moglie Bruna Braga. Dodici anni e dieci mesi per il figlio maggiorenne Alessandro, cinque anni e sei mesi per la figlia Alessandra e sei anni per il figlio Nicola, questi ultimi minorenni, ma accusati di avere fatto da prestanome ai genitori per aggirare i blocchi imposti dalla white list alla Bianchini Costruzioni di San Felice.
Ora tocca alla difesa e alle parti civili, tra cui i Comuni modenese dell'Area Nord, sindacati, associazioni e imprenditori.
Questa mattina, presso l'Aula Magna della facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, si è tenuta una giornata di formazione e aggiornamento professionale congiunto delle Forze di Polizia, in attuazione di quanto previsto nel Patto per Modena Sicura.
Al convegno hanno partecipato oltre 120 operatori tra Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Municipale.
Relatore dell'incontro l'avvocato Guido Sola, Presidente delle Camere Penali di Modena, che ha approfondito la tematica relativa agli atti di Polizia Giudiziaria. Hanno aperto i lavori, portando il proprio saluto ai presenti il Questore Filippo Santarelli e il Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Luigi Foffani.
L'episodio alle ieri alle 23 nel centro storico di Modena, dove un 22 enne, in regola con il permesso di soggiorno, in preda a una furia cieca, è prima entrato nell'androne di un palazzo, poi ha aggredito due ristoratori.
MODENA – Notte brava per un 22 enne georgiano, in regola con il permesso di soggiorno, completamente ubriaco e molesto, che ieri sera attorno alle 23, tra via San Giacomo e via Stella, nel centro storico di Modena, ha creato panico e scompiglio.
Il ragazzo è stato visto aggirarsi in strada scalzo, con il volto coperto di sangue, a causa di una ferita procuratosi chissà come, in preda a un delirio alcolico che gli faceva urlare frasi senza senso e lo ha dotato di una furia difficile da calmare.
Prima, infatti, si è introdotto nell'androne di un palazzo, poi ha raggiunto gli appartamenti ai piani superiori prendendo a calci e a pugni le porte, spaventando a morte i residenti, che si sono barricati in casa in preda al terrore. Non pago, è sceso di nuovo in strada e ha cominciato a prendersela con le auto parcheggiate, danneggiandone tre.
L'uomo, indomabile, ha poi rivolto la sua furia contro le persone accorse per calmarlo, in particolare i gestori del vicino ristorante l'Incontro. Uno dei due titolari, accorso per difendere un collega, ha ricevuto un pugno in faccia dal georgiano.
A quel punto, qualcuno aveva provveduto a chiamare le Forze dell'Ordine. La Polizia e un'ambulanza del 118 sono quindi intervenute sul posto, ma il giovane non aveva nessuna intenzione di farsi ammansire. Prima si è scagliato contro gli agenti con calci e pugni, poi, una volta ammanettato e fatto salire in auto, nel tragitto verso la Questura, ha cominciato a prendere a testate il separé di plexiglass che divide il sedile posteriore dall'abitacolo di guida.
Finalmente, la forza fisica e la sbronza, sono andate scemando e l'uomo è stato tranquillizzato e medicato. Una bella denuncia a piede libero per danneggiamento aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, però, non gliel'ha evitata nessuno.
La donna, una 30 enne di Carpi è indagata per omicidio volontario come atto dovuto. L'auto, una Lancia Musa con la quale la madre portò il piccolo esanime al Pronto Soccorso dell'ospedale di Parma sarà passata al setaccio alla ricerca di eventuali indizi e tracce biologiche.
I RIS di Parma analizzeranno la Lancia Musa di Anna Beltrami, 30 enne carpigiana, mamma del piccolo Nicholas, il bambino di 4 anni deceduto lo scorso 24 aprile al Policlinico di Modena, dove era stato trasferito in codice rosso dall'ospedale Ramazzini di Carpi, in seguito a un arresto cardiocircolatorio.
Era stata proprio la mamma a portarlo al Pronto Soccorso del nosocomio carpigiano, raccontando di aver trovato il figlio esanime nelle campagne vicino a Soliera, dove stavano giocando a nascondino. La donna aveva anche raccontato che il bambino aveva in bocca un giocattolo di gomma, che lei stessa aveva provveduto a togliere prima di caricare il figlioletto in auto e recarsi all'ospedale.
Il personale del triage del Ramazzini aveva trovato il bambino riverso sotto il cruscotto della Lancia Musa della madre, probabilmente a causa una frenata brusca che lo aveva fatto cadere dal sedile anteriore.
In seguito al decesso del piccolo, Anna Beltrami è stata iscritta nel registro degli indagati come atto dovuto, al fine di poter procedere con le indagini. Proprio dall'autopsia, è emerso che all'interno della bocca del piccolo Nicholas non sono state trovate lesioni o ferite. Da qui la decisione di passare al vaglio l'auto con cui la donna ha trasportato il figlioletto al Ramazzini di Carpi, alla ricerca di eventuali tracce biologiche.
Intanto, è stato identificato anche il giocattolo che, secondo il racconto della donna, Nicholas aveva conficcato in bocca quando lei lo ha trovato privo di sensi: si tratta di un pupazzetto di Gattoboy, personaggio del cartone animato I Super Pigiamini, di plastica dura, con un'altezza di 9,5 cm e una larghezza di 4.
Protagonista della brutta avventura una 45 enne che mercoledì sera è stata inseguita mentre si recava a prendere l'auto. L'intervento dei colleghi ha scongiurato il peggio.
MODENA – Il centro storico di Modena si conferma ancora una volta poco sicuro, soprattutto per le donne. L'ultima brutta avventura che vede, suo malgrado, protagonista una donna di 45 anni si è verificata mercoledì sera quando B.M, queste le sue iniziali, ha finito di lavorare in un noto ristorante di via Canalchiaro e si è diretta verso la sua auto, parcheggiata in via Testi.
Pochi passi, ma compiuti con il cuore in gola, come spesso accade a chi si trova a dover attraversare da sola e di notte quello che un tempo era il "salotto buono" della città, oggi spesso frequentato da gente poco raccomandabile. Come è solita fare, forse per scongiurare i malintenzionati, la donna cammina con il cellulare in mano e i numeri di emergenza impostati.
Tuttavia, proprio quella sera, il peggiore degli incubi si concretizza. Dalla parte opposta della strada, nota un cittadino straniero che comincia a fissarla. Lei accelera il passo, ma l'uomo, dopo una rapida occhiata per assicurarsi che intorno non ci fosse nessuno, attraversa la strada e comincia a seguire la donna, forse con l'intenzione di rapinarla o peggio.
B.M accelera il passo e, impaurita, fa partire la telefonata al ristorante per chiedere aiuto ai colleghi. Purtroppo, nessuno risponde, forse perché impegnati a riordinare. Nel frattempo, la donna si accorge che lo straniero non è più alle sue spalle. Nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo che se lo ritrova proprio davanti, a pochi metri. L'uomo comincia a rincorrerla, lei fugge terrorizzata, continuando a chiamare al lavoro. Finalmente, risponde la titolare del ristorante alza il ricevitore. B.M chiede disperatamente aiuto e le comunica la sua posizione. I colleghi, per fortuna, non sono lontani. Le vanno incontro e lei comincia a chiamarli a gran voce a distanza. A quel punto, lo straniero desiste dalle sue cattive intenzioni e si dilegua nella notte, facendo perdere le sue tracce.
Fino alla prossima donna che deciderà di inseguire e terrorizzare, che magari non avrà la fortuna e la presenza di spirito di B.M.
Le fiamme sono divampate alle 5.30 del mattino in via Belgio, dove i mezzi erano parcheggiati in un deposito industriale. Nessun ferito, ma le indagini sono aperte.
MODENA - Nove furgoni, appartenenti a ditte diverse e parcheggiati in un'area di sosta recintata, tra via Belgio e via Cavazza, nella zona industriale di Modena, sono andati completamente distrutti in un incendio.
I Vigili del Fuoco sono stati allertati alle 5 di questa mattina e, data l'entità del rogo, sono intervenuti con quattro mezzi e una decina di uomini. Ci sono volute più di due ore per domare le fiamme, ma si sta proseguendo anche per mettere in sicurezza i mezzi distrutti o danneggiati, affinché non presentino un pericolo per le persone.
Data l'ora, non era presente nessuno e non c'è stato nessun ferito. Sul posto è intervenuta anche la Polizia che ha aperto le indagini per stabilire le origini del rogo. Non è esclusa l'ipotesi, infatti, che si sia trattato di un atto doloso, o dell'azione di un piromane.
L'Azienda sanitaria informa le forze dell'ordine e avvisa: "Non si tratta di personale autorizzato".
In questi giorni, alcune persone di Langhirano hanno segnalato di aver ricevuto telefonate da presunti volontari del Centro di Cure Progressive dell'AUSL, in cerca di donazioni in denaro da devolvere a questa struttura aziendale.
Nella telefonata, viene anche concordato un giorno, in cui questi sedicenti volontari passeranno a casa per riscuotere la donazione.
L'Azienda USL di Parma, che ha informato le forze dell'ordine, invita i cittadini a non consegnare somme di denaro e accettare visite a casa: queste persone non sono dipendenti del Centro, né personale volontario autorizzato dall'Azienda a svolgere tale attività.
I cittadini che ricevono questa richiesta sono invitati a contattare tempestivamente le forze dell'ordine.
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