Le decisioni sempre più assunte a livello sovranazionale (basti pensare, a titolo esemplificativo, all'approvazione del Piano di Ripartenza e Resilienza), i partiti politici dove la classe dirigente è composta da soggetti non all'altezza, ossequienti rispetto al leader ed incapaci di proporre precise visioni del mondo, il consolidamento di centri di potere privi di qualunque responsabilità politica, la globalizzazione selvaggia iniziata negli anni '70 e '80 del secolo scorso la con una inversione del rapporto crescita/occupazione, la manipolabilità dell'opinione pubblica etc… devono costituire il punto di partenza per cogliere le pieghe e le contraddizioni cui la postdemocrazia, oggi strutturale negli Stati c.d. "liberi", ci ha condotti.
Non è un caso, allora, se l'ultima opera di Crouch si intitoli proprio "Combattere la postdemocrazia" edita nel 2020. Non bastano istituzioni "formalmente democratiche", ma in realtà ispirate ad una logica di bulimia del potere e mancanti di un vero ricambio generazionale (lo abbiamo visto con la rielezione di Sergio Mattarella per un nuovo settennato in occasione della quale il Parlamento italiano ha dimostrato tutta la sua penosa mediocrità o con l'accettazione acritica di Mario Draghi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel febbraio 2021), è necessario e doveroso non tanto, come propone Crouch, individuare "nuove categorie unificanti" (l'ambiente, la scienza con i loro profeti e le loro profetesse "di sventura" etc...), quanto porre le premesse per un cambio di paradigma filosofico-politico in senso giusnaturalistico classico con una visione del potere non "creatrice, ma ordinatrice", un rafforzamento del controllo del corpo elettorale sugli eletti (ad esempio introducendo, a certe condizioni, l'istituto giuridico del "recall"), un ripensamento della partecipazione del nostro Paese ad alcune organizzazioni sovra-nazionali quali l'Unione Europea e l'Alleanza Atlantica, una articolazione del rapporto centro-periferia ispirata non all'elencazione di materie ("pagine bianche" le definiva Livio Paladin) bensì alla elaborazione di precise politiche pubbliche, un recupero della tradizione depurandola da una visione sia illuministica, sia romantica affinché venga compresa e, dunque, accettata (Gadamer), una presa d'atto del fallimento della democrazia rappresentativa "ingoiata" dall'astensionismo (si vedano le recenti elezioni amministrative dell'ottobre 2021), dalla logica lobbistica/affaristica che la pervade e dall'incalzante scientismo tecnocratico degli ultimi tempi. Scriveva il drammaturgo irlandese George Bernard Shaw (1856-1950): "La democrazia è un meccanismo che ci assicura che non saremo governati meglio di quanto meritiamo".
(*) Costituzionalista
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(*) Prof. Daniele Trabucco
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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