Anche quest'anno, come del resto ogni anno, leggiamo purtroppo affermazioni che esaltano la riconquista della libertà dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l'esperienza del fascismo.
Il problema è: quale libertà?
Qual ne è il fondamento, la base, il presupposto? E davvero la Costituzione repubblicana vigente del 1948 è stata in grado di evitare derive "brutali" del potere politico oggi dominato dagli interessi dell'alta finanza e da logiche globaliste e cosmopolite che "uccidono" popoli, tradizioni e culture e di cui la penosa sinistra "ceocapitalista", ben rappresentata dal Partito Democratico, ne è l'espressione più evidente in quanto abile ad utilizzare la stampa e la cultura (le famose "casematte del potere" di gramsciana memoria) per imporre la propria ideologia?
Per rispondere a queste domande vanno svolte due riflessioni:
1) le libertà oggi retoricamente sventolate nei soliti "canovacci" da 25 aprile sono il prodotto di quel pensiero costruttivistico-volontaristico che porta ad identificare kelsenismo e schmittismo, o meglio sono "libertà negative" che favoriscono anziché ridurre la conflittualità sociale. In altri termini, le libertà, grazie al carattere "anfibio" delle Costituzioni e "procedurale" delle democrazie, finiscono per svincolare la persona umana da qualunque ordine precostituito, riducendola ad individuo monadico "insaziabile" di diritti e "impaurito" di fronte al divenire;
2) il potere ha dimostrato, in nome della "προσκύνησις" allo scientismo, come è in grado, pur nella formale vigenza della Costituzione formale, di comprimere in modo non proporzionato diritti costituzionalmente tutelati senza garantirne il "contenuto essenziale" (sent. n. 67/1990 Corte cost.): il lavoro, la retribuzione etc..
Siamo stati ridotti a "evento scientifico"... e noi lo festeggiamo...
Daniele Trabucco