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Reskilling Revolution, come preparare 1 miliardo di persone all’economia e alla società di domani In evidenza

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Reggio Emilia 20 agosto 2024 Coopservice - La piattaforma di collaborazione pubblico-privato del World Economic Forum si propone di coordinare l’allineamento delle competenze alla 4^ Rivoluzione Industriale in corso

Il Reskilling necessario per dare gambe alla 4^ Rivoluzione Industriale

Il punto di partenza è la presa d’atto che siamo già corpo e piedi dentro la 4^ Rivoluzione Industriale. Per la quale si pongono 2 principali problemi: preparare le professionalità necessarie a dare gambe ad una nuova fase di progresso per l’umanità che la disponibilità delle nuove tecnologie rende possibile e, in modo speculare, non tagliare fuori dal mondo del lavoro una quantità enorme di persone che si è formata in un’altra epoca o che rischia di continuare ad apprendere all’interno di logiche superate. Perché i mutamenti in corso sono così giganteschi e repentini che occorre prendere atto che i sistemi educativi tradizionali hanno difficoltà a preparare le persone a un futuro in cui le esigenze lavorative di oggi sono già superate da quelle di domani. E l’intento del World Economic Forum (WEF) con il varo dal 2020 della piattaforma di incontro di iniziative pubblico-private Reskilling Revolution è proprio questo: trasformare su scala mondiale l'istruzione, le competenze e l'apprendimento per preparare 1 miliardo di persone all'economia e alla società di domani.

Dal vapore, all’elettricità, ai computer: le 3 Rivoluzioni precedenti

Per capire meglio, non è tempo perso riportare indietro le lancette della storia per contestualizzare il cambiamento in corso. Se la prima rivoluzione, introducendo le macchine (a vapore), ha moltiplicato la forza umana o animale, e se la seconda, con l’energia elettrica, il petrolio e il motore a scoppio, ha permesso di disporre in ogni parte del mondo dei propulsori che hanno consentito l’avvio delle produzioni di massa, così la terza, con la digitalizzazione indotta dall’informatica, ha posto le basi della crescente automazione industriale che si avvale dei sistemi elettronici e dell’Information Technology: un processo iniziato negli anni ’70 in cui il grimaldello della incessante innovazione tecnologica ha finito per cambiare radicalmente  i connotati delle strutture produttive e del tessuto socio-economico delle società avanzate. 

L’immaterialità che caratterizza Industria 4.0

Se però elementi molto materiali quali computer, robot, navicelle spaziali e satelliti rappresentano i simboli della rivoluzione dettata dai bit dell’informatica, il pantheon delle icone dell’Industria 4.0 non può ricorrere alle ‘fisicità’ precedenti facendo perno sulla Rete, il Cloud Computing, i Big Data, la Sicurezza Informatica, la Crittografia, l’Intelligenza Artificiale (AI o IA), un gigantesco sistema di interconnessioni destinato a svilupparsi all’infinito potendo contare su una massa di informazioni in continuo incremento e che attende di essere (sempre meglio) valorizzata. L’hardware rimane indispensabile ma è il ‘software’, l’immateriale delle reti e dei sistemi connettivi complessi, a dettare tempi, modalità e contenuti della 4^ Rivoluzione Industriale. Già questo dà l’idea del mutamento epocale: la maggior parte delle persone ancora oggi è abituata a ricorrere a strutture di interpretazione e comprensione del mondo che li circonda basate su riferimenti materiali. Pensare l’immateriale, anzi di più farne una professione, non è salto di poco conto.

Le 2 ‘issues’ e i 3 ‘macrotrend’ di un domani che è già presente

La piattaforma Reskilling Revolution si propone così come luogo di coordinamento planetario delle ‘riconfigurazione delle professioni’ e produce periodicamente Report che danno spunti a chiunque nel mondo (governi, organizzazioni, aziende, università, centri di ricerca e formazione) abbia a cuore il progresso e intenda cimentarsi positivamente con il cambiamento. Così il Rapporto ‘Future of Jobs Report 2023’ - che raccoglie il punto di vista di 803 aziende che impiegano complessivamente oltre 11,3 milioni di lavoratori in ogni parte del mondo - parte dalla considerazione che sono 2 le ‘issues’ che plasmeranno sempre più il nuovo mondo:
1. L’ascesa dell’intelligenza artificiale e del machine learning.
2. La transizione verde.
Più in generale, i mercati del lavoro si stanno già ora trasformando profondamente sotto la spinta di 3 macro-trend che rappresentano, al contempo, enormi opportunità ma anche grandi rischi per il futuro lavorativo di milioni di persone:
> i cambiamenti tecnologici;
> l’adeguamento, in ogni settore, agli standard ESG;
> le tendenze geo-economiche, con la rilocalizzazione delle catene di approvvigionamento.

WEF: l’assoluta urgenza di una riconfigurazione delle professionalità su scala mondiale 

Si tratta di volani potentissimi di sviluppo economico e sociale che, però, se non approcciati a partire dalle loro indispensabili esigenze, rischiano di tagliare fuori milioni di persone dal mercato del lavoro. Basta un solo dato per l’idea dei cambiamenti che ci attendono: il più recente ‘Future of Jobs Report’ pubblicato dal World Economic Forum riporta che le aziende interpellate prevedono che entro il 2027 il 42% delle attività lavorative sarà automatizzato (oggi è il 34%). È del tutto evidente, dunque, che si rende necessaria una riconfigurazione urgente del capitale umano, a partire dall’aggiornamento dei sistemi educativi e investendo nell’apprendimento permanente degli adulti, elemento strategico del futuro su cui attualmente viene ricollocato solo lo 0,5 del PIL globale. Eppure, lo stesso Report indica che gli investimenti nella riqualificazione dell'attuale forza lavoro globale hanno il potenziale per aumentare il PIL globale di 6,5 trilioni di dollari entro il 2030, così come l'istruzione calibrata sul futuro per la generazione odierna di bambini in età scolare potrebbe aggiungere ulteriori 2,54 trilioni di dollari nello stesso periodo.

Non è tanto questione di competizione uomo-macchina: ma di lavoratori formati che sostituiranno chi formato non è

Perché il futuro del mondo del lavoro non va visto semplicisticamente in un’ottica di contrapposizione tra macchine/robot e uomini. Il discorso è molto più complesso: l’intelligenza artificiale generativa, per rimanere al principale driver di cambiamento atteso, costituisce una gigantesca opportunità di incremento della produttività e dell’innovazione. In particolare, i miglioramenti della produttività sono attesi in settori ad alto valore aggiunto di conoscenza, tra cui IT e comunicazioni digitali, servizi finanziari e professionali, servizi medici e sanitari, commercio elettronico, produzione, ingegneria e costruzione, energia e logistica. Da ciò si capisce come la chiave di volta sia possedere gli strumenti per trarre vantaggio dall’utilizzo dell’IA e delle tecnologie digitali, in quanto, come ha sottolineato nel Meeting di gennaio 2024 del WEF il fondatore e CEO di Code.org Hadi Partovi, “il rischio reale, per la maggior parte dei lavori, non è che sia l’IA sostituire il lavoratore ma bensì che quel lavoratore stia perdendo il posto a favore di qualcun altro che è formato per l’utilizzo dell’IA. Per il semplice motivo che nello svolgere quel lavoro può essere molto più produttivo”.

Essere digitali ma anche molto umani: le soft skills indispensabili alla 4^ Rivoluzione Industriale 

Ecco allora che il World Economic Forum prevede che il 44% delle competenze fondamentali dei lavoratori cambierà nei prossimi 5 anni, e che le conoscenze richieste dalla digitalizzazione (hard skills) dovranno essere necessariamente integrate dall’importanza crescente delle ‘soft skills’ cognitive e relazionali, attività non sostituibili del fattore umano che, a fronte della crescente complessità della risoluzione dei problemi sul luogo di lavoro, costituiscono il background indispensabile per produrre soluzioni innovative e creative:
- pensiero analitico;
- pensiero creativo;
- capacità di resilienza, flessibilità, agilità;
- motivazione e autocoscienza;
- curiosità e apprendimento permanente;
- affidabilità e attenzione ai dettagli;
- capacità di leadership ed empatia e relazione con le altre persone.

L’emergenza delle competenze: i processi di Reskilling e Upskilling

Il necessario incremento delle competenze, sia tecniche che personali, rappresenta dunque il viatico indispensabile per porre milioni di intelligenze e talenti al servizio di una nuova stagione di progresso su scala globale, resa possibile dalla crescente digitalizzazione e dalla transizione verde. Una gigantesca opportunità che, per essere colta, porta con sé un’autentica emergenza delle competenze su scala globale. Da qui la crescente centralità assunta nelle strategie aziendali dai concetti di Reskilling e Upskilling. Se il primo è un processo che porta i dipendenti allo sviluppo di nuove competenze che possono anche essere la premessa per un radicale cambiamento di ruolo, il secondo è riferito ad un processo continuo di aggiornamento e miglioramento delle skill professionali sia in termini ‘hard’ che ‘soft’, con il risultato di incrementare la produttività aziendale o semplicemente di rendere i lavoratori stessi più competitivi sul mercato del lavoro. Non a caso è uno dei mantra dell’iniziativa del WEF: da qualunque parte li si guardi, investire su Reskilling e Upskilling porta comunque benefici all’economia, alla società e, soprattutto, alle persone.

Un motivo in più per affrontare il Gender Gap

Un tema, quello dell’emergenza delle competenze, che si pone sia sul piano qualitativo che quantitativo e che si ricollega direttamente a quello del Gender Gap se è vero, come ha spiegato al meeting di gennaio Reshma Saujani, Fondatore e CEO di Moms First, che “nel mondo ci sono 606 milioni di donne in età lavorativa nel mondo che non lavorano a causa dei loro impegni in lavori di cura non retribuiti, rispetto a 40 milioni di uomini nella medesima condizione". Per dire che hai un bel da parlare di produttività e riqualificazione se prima dimentichi, molto banalmente, di assicurare i servizi di assistenza all’infanzia e agli anziani alle famiglie dei lavoratori. Una condizione che chiama in causa le politiche degli Stati ma anche le scelte aziendali. “L’assistenza all’infanzia si ripaga da sola – ha concluso Reshma Saujani -. In Moms First conosciamo oltre 130 aziende di ogni settore che lamentano la carenza di lavoratori. Con queste aziende stiamo lavorando per ridisegnare i loro pacchetti di assistenza all'infanzia e aumentare i loro sussidi”.

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