Massimo Miani, Presidente Nazionale della categoria:“Dalla relazione tecnica del decreto emerge la marginalizzazione delle centinaia di migliaia di lavoratori ordinistici”
Roma, 18 marzo 2020 – Dalla lettura della Relazione Tecnica che accompagna i 127 articoli del Decreto “Cura Italia” emerge che i 25 miliardi aggiuntivi di titoli di Stato, di cui viene autorizzata l’emissione, andranno a finanziare interventi che impattano sull’indebitamento 2020 per 3,2 miliardi euro, a fronte di misure di potenziamento del Servizio sanitario Nazionale;10,3 miliardi di euro, a fronte di misure di sostegno al lavoro; 5,1 miliardi, a fronte di misure di sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario; 2,3 miliardi, a fronte di misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese.
La parte restante è dedicata ad altre misure, tra cui i tanto discussi 500 milioni per il settore aereo, ma sostanzialmente riconducibili alla partita Alitalia. Dei 10,3 miliardi di misure a sostegno del lavoro: circa 7 sono relativi a misure fruibili solo da lavoratori dipendenti; circa 3 anche da lavoratori autonomi.
Sono i numeri messi in fila dal Consiglio nazionale dei commercialisti, dai quali emerge, secondo il presidente nazionale della categoria, Massimo Miani “una significativa emarginazione delle centinaia di migliaia di liberi professionisti iscritti agli ordini professionali con proprie casse previdenziali, posto che per questi ultimi viene consentito soltanto di provare ad accedere, in concorrenza però con tutti gli altri lavoratori dipendenti e autonomi, al cosiddetto “reddito di ultima istanza” per il quale il decreto stanzia 300 milioni appena degli oltre 10 miliardi dedicati a questo comparto di misure”.
Dei 5,1 miliardi di misure di sostegno della liquidità 1,6 miliardi sono riconducibili al rifinanziamento del fondo centrale di garanzia per le PMI; 1,7 miliardi sono riconducibili alle misure per la moratoria fino al 30 settembre della restituzione dei prestiti delle PMI; 400 milioni riconducibili alle misure per la sospensione dei mutui prima casa.
Con specifico riguardo alla moratoria del rientro dei prestiti a favore delle PMI , la relazione tecnica stima in 219 miliardi l’importo complessivo dei prestiti che ne beneficerebbero: 97 miliardi di linee di credito in conto corrente (di cui 66 miliardi utilizzati); 60 miliardi di finanziamenti accordati per anticipi su fatture e altri titoli di credito (di cui 35 miliardi utilizzati); 29 miliardi per altri prestiti a breve termine; 33 miliardi di sospensione rate relative a mutui, leasing e altri prestiti a medio-lungo termine.
Dei 2,3 miliardi di misure fiscali: 982 milioni sono riconducibili al blocco della riscossione dei ruoli; 880 milioni sono riconducibili al bonus di 100 euro per i dipendenti con redditi fino a 40.000 euro che a marzo vanno regolarmente al lavoro; 356 milioni sono riconducibili al credito di imposta pari al 60% dell’affitto di marzo di negozi e botteghe per gli esercenti “chiusi” per decreto.
“Sul punto – commenta Miani - va sottolineato che la Relazione Tecnica conferma come nessun costo per lo Stato, in termini di indebitamento, hanno invece le sospensioni dei versamenti di IVA, ritenute e contributi in scadenza a marzo e aprile, disposte per i “piccoli” e per le attività economiche delle filiere “più esposte”. Ciò dipende dalla brevità della sospensione (tutti gli importi sospesi devono infatti essere versati entro l’anno, a partire già dal mese di maggio). L’adeguatezza delle misure di sostegno al lavoro – commenta il numero uno dei commercialisti - è ovviamente fuori discussione, specie per tutte quelle attività che sono state costrette a chiudere per decreto. Così come significative sono alcune delle misure di sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario”.
“Quello che non funziona – conclude Miani - è l’evidente marginalizzazione di centinaia di migliaia di liberi professionisti ordinistici, tra i quali sono numerosissimi i giovani con redditi già bassi nei periodi di normalità economica che rischiano davvero di ritrovarsi ultimi tra gli ultimi e peggio che dimenticati, in quanto qui non c’è alcuna dimenticanza, ma scelte precise.Così come salta all’occhio l’assoluta assenza di misure straordinarie di effettiva riduzione del cuneo fiscale a carico del datore di lavoro: una scelta che, messa a fianco di quella opposta compiuta sul versante del potenziamento delle misure di cassa integrazione, rischia di trasformare il Decreto Cura Italia in un enorme spinta psicologica a ricorrere il prima possibile e il più possibile alla cassa integrazione anche per quei datori di lavoro che, con un mix di misure più accorto e bilanciato, potrebbero fare nelle prossime nove settimane scelte diverse”.
In allegato il Documento del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti " Le novità del decreto sull'emergenza da Covid-19 (D.L.n.18/2020 c.d. Cura Italia)
Quando le nostre "stalle" verranno riaperte avremo una visione del mondo e della vita molto distante dal 22 febbraio 2020. I valori, troveranno un'altra collocazione e soprattutto un altro ordinamento.
Di Lamberto Colla Parma, 15 marzo 2020 - Oggi è il 23esimo giorno dell'anno 1 da coronavirus e 4° giorno pandemico.
Da quel fatidico 22 febbraio la vita dei cittadini italiani si è stravolta.
Dapprima furono i 50.000 lombardi dell’area lodigiana a venire obbligati nelle loro abitazioni, quindi venne una gran parte emiliana e infine tutta la penisola è stata messa sotto protezione.
Ma da quel giorno in cui il mondo, terzo mondo compreso, venne a conoscenza dell’infettività italiana si iniziò a scrivere una storia rovesciata.
I barconi dei migranti si sono trasformati in lussuosi transatlantici da crociera respinti da ogni porto, gli italiani ospiti dei resort più cool del mondo messi in isolamento, altri rispediti al mittente senza nemmeno farli scendere dall’aereo che li aveva portati alla tanto agognata meta di villeggiatura. Da subito 14 paesi chiusero le frontiere agli italiani, tra i quali anche paesi africani e, giusto per dirla tutta, persino il Molise vietò l’ingresso ai lombardi, emiliani e veneti.
Ai primi di febbraio ancora si discuteva se chiudere i porti all’immigrazione e alla fine il mondo intero, UE compresa, chiuse le porte all’Italia.
Nell’arco di 24 ore, o poco più, il razzismo, la discriminazione etnica e i respingimenti alle frontiere, da terra, da mare e da cielo, si sono rivolti verso il Paese dell’accoglienza per eccellenza.
Nessuna titubanza, nessun ministro degli interni maldiviano, austriaco o rumeno è stato messo sotto processo.
Sotto processo sono invece andati gli italiani, untori del mondo come tedeschi, francesi e statunitensi ebbero l’impertinenza di dichiarare.
Da quel 23 febbraio l’Italia si è trovata isolata, ma non sola. Il miracolo Italiano si sta per realizzare nuovamente.
Nonostante le incertezze e titubanze, anche comprensibili del Governo, dalla maggioranza frastagliata all’opposizione, da nord a sud, tutti hanno iniziato a fare squadra.
Purtroppo la mamma degli imbecilli è sempre incinta e gli sbruffoni con la voglia di disobbedire alle indicazioni di buon senso per arrestare nel più breve tempo possibile la diffusione del ”testimone di morte” ci saranno sempre, ma alla fine anche costoro rientreranno nei ranghi, volenti o nolenti.
E ora l’Italia è osservata. Osservata per la forza e determinazione che sta dimostrando con la dignità e autorevolezza che riesce a mostrare tutte le volte che sta affondando.
Per risorgere l’Italia ha sempre bisogno di sbattere in una “Caporetto”.
Ma dopo non ce ne sarà più per nessuno! Perché “Andrà tutto bene!”
Milioni di euro già raccolti e donati agli ospedali, volontari usciti fuori come fossero funghi dopo una giornata di pioggia, medici in pensione che si ripresentano dal vecchio datore di lavoro, scouts che vanno a consegnare spesa e farmaci agli anziani, cittadini qualsiasi che assistono i vicini di casa più deboli perché questi ultimi sono stati isolati dai figli o nipoti confinati in una altro comune, magari a soli pochi chilometri.
Dignità, orgoglio e autorevolezza italica che è stata ben rappresentata dal nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. immediatamente dopo l'infelice uscita della presidente della BCE, Christine Lagarde. Un esempio di stile politico che ha raggelato il mondo intero. Poche efficaci, eleganti quanto incisive parole che hanno fatto tremare e che riproponiamo: "L’Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell’Unione Europea. Si attende quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione."
Oggi le città e i villaggi sono deserti. La gente è rintanata in casa in una promiscuità alla quale non era più abituata. La regina dei fornelli non è più sola, ha figli, nipoti e un marito che 24 su 24 e 7 su 7 gironzolano, sporcano e disturbano in contrasto con la frustrante solitudine di un tempo.
Non è infatti un caso che al 12 marzo già 700 ragazzi, oltre a qualche altro adulto, avessero chiesto sostegno a una organizzazione di psicologi (sportello online ‘Lontani ma vicini’ : Diregiovani.it, gestito da un team di 30 psicoterapeuti) che dall'altra parte del filo rispondono e danno sostegno a una popolazione che, dalla iper attività, spesso isolata, è passata alla convivenza forzata in una metratura che il più delle volte se fosse in zootecnia l'allevatore verrebbe deferito all'autorità giudiziaria per maltrattamenti, in spregio alle norme comunitarie scritte in favore del benessere animale..
Invece ora tocca a noi. Dobbiamo inventarci qualcosa per restare serenamente confinati per un tempo che non possiamo prevedere. E anche questo va contro le nostre abitudini moderne: la schedulazione di ogni cosa e azione, la programmazione di obiettivi che oggi, al 24esimo giorno dell'anno 1 e 4° pandemico da coronavirus appaiono inutili, superflue e appartenenti all'era dei dinosauri.
Quando le nostre "stalle" verranno riaperte son certo che avremo una visione del mondo e della vita molto distante dal 22 febbraio 2020. I soldi, i ritmi frenetici e soprattutto i valori, troveranno un'altra collocazione e soprattutto un altro ordinamento.
L’Italia s’è desta e “andrà tutto bene”!
(Foto e video di Francesca Bocchia)
Video Parma deserta Francesca Bocchia:
https://youtu.be/mHsEb7Rlk9Q
https://youtu.be/pIL8wrhjPIo
Nell’articolo precedente ho trattato il rapporto tra la gestione d’impresa, le prescrizioni del nuovo codice della crisi ed un caso di difficilissima previsione come gli effetti sull’economia aziendale del coronavirus.
di Mario Vacca Parma, 15 marzo 2020 - Ricordo che nei casi in cui l'imprenditore o gli organi di controllo dovessero verificare lo stato di crisi dell’azienda dovranno attivare la procedura di allerta ma l’impossibilità di poter prevedere gli effetti del virus sull’economia e le posizioni assunte da chi comanda le istituzioni pubbliche potrebbero ripercuotersi su migliaia di piccole e medie imprese. Queste ultime potrebbero subire le conseguenze del rallentamento dell'attività produttiva e la riduzione delle vendite e con molta probabilità non tutte saranno in grado di farvi fronte ed assorbire la diminuzione di liquidità con il risultato che chi già annaspava per restare sul mercato rischierà di trovarsi in condizioni di marginalità dove diventerà impossibile far fronte serenamente agli impegni futuri. Se a ciò dovessero unirsi gli effetti della nuova riforma poc’anzi assisteremo all’ecatombe di tantissime piccole realtà.
Ma nel concreto il piccolo imprenditore potrebbe far già da subito qualcosa quanto meno per controllare lo status quo dell’azienda ed attivarsi con alcune precauzioni da mettere in campo:
• Minimizzare ed anticipare il rischio derivante dall’impossibilità di adempiere alle prestazioni oggetto dei contratti sottoscritti (sia attivi che passivi), fermo restando che -in alcuni casi – nell’eventualità sia dichiarata dagli organi preposti la “pandemia” ci si possa appellare all’inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore indicata nell’art.1256 c.c. in cui si dice che: «l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa “impossibile”».
• Reagire prontamente nel caso vostri interlocutori si trovassero nell’impossibilità di adempiere alle obbligazioni assunte nei vostri confronti;
• Proporre preventivamente eventuali modifiche contrattuali sia con fornitori (proponendo da subito l’allungamento dei tempi di pagamento), che con istituti bancari e finanziari (chiedendo di procrastinare la scadenza di alcune fatture o ricevute bancarie);
• Contrastare immediatamente comunicazioni di controparti che tentino di giustificare ritardi od inadempimenti causa il Coronavirus;
• Lavorare sulla programmazione aziendale, sulle ipotesi di cash-flow atteso e sulle possibili implicazioni negative che si potrebbero generare, al fine di trovare soluzioni preventive;
• Implementare o migliorare un programma di controllo di gestione;
• Richiedere moratoria agli Istituti di Credito e Finanziari;
• Richiedere, se possibile, agli Istituti di Credito delle nuove linee, magari temporanee, per far fronte alla potenziale criticità;
• Se non ancora fatto, prevedere di poter assicurare i propri crediti o, nell’impossibilità, cedere in forma “pro-soluto” parte dei crediti;
• Sfruttare ogni possibile agevolazione messa in campo dal Governo.
Le azioni appena consigliate saranno tanto più efficaci quanto più la persona che le tratterà sarà esperto del settore e pertanto l’ultimo consiglio dell’articolo è di affidarsi a manager o consulenti di comprovata professionalità che potranno interloquire “con polso” con fornitori, clienti ed istituti bancari affiancando l’imprenditore anche nelle scelte aziendali.
La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito esperienza e ho potuto specializzarmi nel controllo di gestione e finanza d’impresa.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza tra Capri, Napoli e la penisola Sorrentina con il ruolo di Temporary Manager, per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di prevedere e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho voluto fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori e, alla gestione di società e conti esteri per favorire l'internazionalizzazione ed armonizzare la fiscalità tra i diversi paesi ove i clienti operano.
Nel frattempo ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni - nel ruolo di vice presidente - ottenendo una buona padronanza della dialettica, doti di Pubblic Relation e, una buona rete di contatti personali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio obiettivo è lavorare sodo ma, con Etica ed Urbanità.
Riferimenti
Mario Vacca Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Telefono: +39 347 2955391
WEB Linkedin: https://www.linkedin.com/in/vaccamario/?originalSubdomain=it
Editoriale: - Andrà tutto bene! Razzismo, discriminazione etnica e respingimenti al tempo del coronavirus - Una lenta agonia: "Breath Play", No Grazie - Lattiero caseario. Prezzi in flessione per gran parte dei prodotti in esame. - Cereali e dintorni. Borse a picco e le materie prime ne risentono -Macchine agricole: l’emergenza Coronavirus non ha fermato l’industria italiana - BCE, all'autorevolezza di Draghi abbiamo sostituito l'arroganza della Lagarde? -
SOMMARIO Anno 19 - n° 11 15 marzo 2020
1.1 editoriale
Andrà tutto bene! Razzismo, discriminazione etnica e respingimenti al tempo del coronavirus.
2.1 economia e politica
Una lenta agonia: "Breath Play", No Grazie
3.1 lattiero caseario Lattiero caseario. Prezzi in flessione per gran parte dei prodotti in esame.
3.1 Bis lattiero caseario Lattiero caseari. tendenza
4.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Borse a picco e le materie prime ne risentono
5.1 cereali e dintorni tendenze.
6.1 Parmigiano e Coronavirus Parmigiano Reggiano: la strategia di crisi del consorzio per salvaguardare la filiera e proteggere i lavoratori
6.2 agricoltura e coronavirus Agricoltura, Coronavirus. Rinvio scadenze e altro
8.1 macchine agricole Macchine agricole: l’emergenza Coronavirus non ha fermato l’industria italiana
9.1 BCE, spread e coronaìvirus BCE, all'autorevolezza di Draghi abbiamo sostituito l'arroganza della Lagarde?
10.1promozioni “vino” e partners
12.1 promozioni “birra” e partners
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(Scarica il PDF alla sezione allegati)
Lieve flessione nel 2019 dopo il record dell’anno precedente. Brusca frenata del metalmeccanico sul mercato tedesco (-3,7%), spagnolo (-6,9%) e del Regno Unito (-7,9%). Al recupero non basta l’aumento in Francia (+7,9%) e Usa (+1,9%).
Reggio Emilia 12 marzo 2020 - Nonostante abbia sfiorato i 10,7 miliardi di euro, nel 2019 l’export reggiano ha fatto segnare una leggera flessione, pari allo 0,3%, rispetto al livello record stabilito nell’anno precedente.
In calo, contemporaneamente, anche le importazioni che, con una contrazione dell’1,7%, sono scese a poco più di 4,2 miliardi, con un lieve miglioramento del saldo dei nostri scambi con l’estero.
Pur scontando la flessione delle vendite all’estero, il nostro territorio ha comunque confermato l’undicesimo posto, a livello nazionale, nella graduatoria delle province esportatrici.
Ad incidere particolarmente sulla contrazione registrata nel corso dell’anno passato, secondo l’analisi dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio su dati Istat, è stato sicuramente l’andamento delle vendite oltre frontiera delle settore metalmeccanico che, con quasi 5,6 miliardi, rappresenta oltre la metà dell’export reggiano. In questo comparto, la flessione osservata in un anno ha raggiunto il 3,1%
Le difficoltà delle industrie reggiane del settore si erano già evidenziate nel corso del 2019, dapprima con il progressivo calo della produzione e, soprattutto negli ultimi mesi, con l’aumento delle ore di cassa integrazione autorizzate.
Le esportazioni del comparto verso la Germania, il principale acquirente della metalmeccanica “made in Reggio Emilia”, ha registrato un calo del 3,7%, scendendo da 817,2 a 786,7 miloni di euro; in diminuzione anche le vendite verso la Spagna (-6,9% e un valore di poco più di 317,2 milioni) e verso il Regno Unito (-7,9%; 240,8 milioni). In decisa controtendenza, invece, l’andamento delle vendite della metalmeccanica destinate alla Francia – nostro secondo acquirente del comparto con 658,3 milioni -, cresciute del 7,9%, e agli Stati Uniti (+1,9%; 635,1 milioni).
In calo dello 0,3%, poi, le vendite del settore ceramico, passate da poco meno di 1.095 milioni a quasi 1.092 milioni, e quelle di apparecchi elettrici che scendono del 2,6% attestandosi a quasi 644 milioni.
Fra le eccellenze del manifatturiero reggiano, regge e si rafforza il settore moda che, con un incremento del 7,5%, nel 2019 ha superato 1,8 miliardi di esportato (erano poco più di 1,7 miliardi nel 2018). I primi quattro Paesi acquirenti del fashion reggiano – tutti del Vecchio Continente, ai quali sono destinati 894 milioni di merci del settore – registrano andamenti in crescita, anche a due cifre. Le vendite verso il Regno Unito mettono a segno un incremento del 24,4% superando i 300 milioni; alla Germania sono destinati 263,5 milioni di merci (+12%); passano da 179 a 182,8 milioni le vendite verso la Francia (+2,1%) e ammontano a 147 milioni quelle verso la Spagna (+5,8%).
Anche per i prodotti della trasformazione alimentare si osservano andamenti positivi: il settore, con oltre 630 milioni di prodotti venduti oltre frontiera registra una crescita dello 0,9%. In particolare aumenta l’export di prodotti dell’industria lattiero-casearia (Parmigiano-Reggiano) che, con un +8,6%, raggiunge quasi i 286 milioni; è del 3,1% l’incremento registrato dalle vendite di carne lavorata e conservata (salumi) che passano da 50,1 a 51,7 milioni. Si fermano 83,6 milioni, in lieve flessione pari allo -0,2%, le esportazioni di bevande (Lambrusco).
Relativamente ai territori di destinazione delle nostre merci, l’Europa continua ad assorbire oltre il 70% delle vendite all’estero: sono infatti, oltre 7,6 i miliardi che hanno come destinazione il Vecchio Continete, in aumento, rispetto al 2018, dell’1,2%.
Flettono dello 0,6%, e scendono a poco più di 1,4 miliardi, le esportazioni reggiane verso l’America; a contenere il calo sono state le vendite destinate agli Stati Uniti che, in un anno, sono cresciute dell’1,7% raggiungendo i 983,7 milioni.
In forte contrazione le vendite destinate al continente asiatico che, con una flessione del 6,2%, scendono a poco meno di 1,1 miliardi. In calo del 4,7% le esportazioni verso la Cina che scendono a poco più di 300,6 milioni dai 315,3 del 2018.
Il Consorzio mette a disposizione una banca dati di casari in pensione ed ex addetti alla produzione che possono essere richiamati dai caseifici in difficoltà. Al Mipaaf si chiede una deroga al disciplinare per salvaguardare la produzione. Bertinelli: “Ci sono oltre 50 mila persone impegnate nella filiera e ovviamente la loro salute è la nostra priorità assoluta”.
Reggio Emilia, 11 marzo 2020 – In un momento di grave emergenza sanitaria il Consorzio del Parmigiano Reggiano vuole rassicurare i consumatori sulla salubrità della DOP e sul fatto che, come ribadito dall’Autority Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), attualmente non ci sono prove che il cibo sia fonte o via di trasmissione probabile del virus.
Il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli, ha dichiarato al riguardo: “È inaccettabile che paesi dell’Unione Europea, come anche paesi fuori dall’Unione, utilizzino questa crisi sanitaria per arrogarsi il vantaggio competitivo. È un fatto aberrante dal punto di vista etico e dal punto di vista legale è concorrenza sleale”.
I mercati esteri sono di primaria importanza per il Parmigiano Reggiano. Il giro d’affari al consumo della DOP si attesta infatti a 2,4 miliardi di euro e viene realizzato per il 60% sul mercato italiano e per il 40% su quelli esteri: Francia e Stati Uniti in testa, seguiti da Germania, Regno Unito e Canada.
“Il Parmigiano Reggiano è prodotto oggi come mille anni fa – ha affermato Bertinelli – solo con latte, sale e caglio e senza l’uso di additivi e conservanti. La produzione è regolata da un rigido disciplinare che non consente ai produttori di pastorizzare, centrifugare o refrigerare il latte. Per questi motivi il Parmigiano Reggiano deve essere prodotto ogni singolo giorno dell’anno. Fermare la produzione avrebbe conseguenze disastrose per la nostra filiera”.
“Allo stesso tempo – ha sottolineato il presidente del Consorzio - la quasi totalità dei nostri 330 caseifici si trova in province fortemente colpite da Covid-19 come Reggio Emilia, Parma, Modena, Mantova e quindi è impensabile sperare di restare immuni”.
Per far fronte alla potenziale carenza di organico dovuta ai contagi, il Consorzio ha creato una rete di coordinamento per mettere a disposizione delle aziende una banca dati di casari in pensione ed ex addetti alla produzione che possono essere richiamati dai caseifici in difficoltà.
“Dal punto vista operativo – ha aggiunto Bertinelli - non abbiamo problemi perché il trasporto del latte dalle stalle ai caseifici è consentito così come la produzione del formaggio che è considerata ‘comprovata necessità lavorativa’ dal Dpcm del 9 marzo”.
Una potenziale criticità riguarderebbe però la disponibilità di organico, motivo per cui Bertinelli si appella al Governo italiano e all’Unione Europea: “Chiediamo al Ministero delle politiche agricole e all'UE una deroga al disciplinare, come previsto da legge 1151/2012 che regola le DOP in caso di emergenze sanitarie, per consentire maggiore flessibilità ai tempi e vincoli di lavorazione al fine di evitare la chiusura di caseifici e allevamenti”.
Ricordiamo che sono 2.820 i produttori che conferiscono il latte ai caseifici del Parmigiano Reggiano e che sia i primi che i secondi devono essere situati all’interno della Zona d’origine. Nel 2018 la produzione di Parmigiano Reggiano ha impiegato 1,92 milioni di tonnellate di latte pari al 15,9% dell’intera produzione italiana.
“Il Parmigiano Reggiano è la prima DOP per valore alla produzione con 1,4 miliardi di euro. Ci sono oltre 50 mila persone impegnate nella filiera e ovviamente la loro salute è la nostra priorità assoluta. Tutti i caseifici hanno adottato le misure del Governo per limitare il contagio, a partire dalla distanza di sicurezza di un metro tra una persona e l’altra”, ha concluso Bertinelli.
E' arrivata un nuovo giro di vite alla "garrota", tanto inutile quanto invece dannoso per il procrastinare in avanti l'orizzonte della ricostruzione. Ogni giorno sprecato sono miliardi che se ne vanno e imprenditori sfiancati che pensano di ritirarsi dalla corsa.
Di Lamberto Colla Parma 12 marzo 2020 - Basta Presidente! Nonostante abbia ricevuto il plauso di tutte le forze politiche per le nuove disposizioni introdotte con il DPCM del 11 marzo, riteniamo che ancora non sia sufficiente quanto imposto.
Non si fa altro che allungare l'agonia e i 15 giorni che Lei ha indicato non saranno sufficienti e allora si vedrà costretto allungare il periodo e a consentire a un ulteriore giro di vite.
Per quanto il tafazzismo sia dilagante, siamo molto distanti dal masochismo e ancor più dal Breath Play, quella pratica erotica per la quale alcuni raggiungono l'orgasmo attraverso il soffocamento.
Esimio Presidente Giuseppe Conte, ben vengano le sue lusinghiere parole verso i comportamenti degli italiani, comunque mi auguro non fossero a riferimento di coloro che presero d'assalto i treni a Porta Garibaldi la notte dell'8 marzo, per fare rientro al Sud, ma lasciare ancora semi aperte delle porte consente al virus di propagarsi senza che l'economia riceva alcun beneficio.
Meglio sarebbe stato concedere alcuni giorni alla popolazione per riorganizzarsi (indicando le modalità per attuarlo), quindi chiudere tutto, passare a sanificare tutte le strade dei centri abitati, vigilare sulle "fughe" ma al contempo sostenere chi si trovasse in difficoltà a causa dell'isolamento. Arrivare anche impiegare l'esercito in sostegno alla protezione civile, alla sicurezza (forze dell'ordine) e ai vari servizi di volontariato che si stanno impegnando dove lo Stato non riesce o non può arrivare.
Allora sì che presumibilmente nel giro di 15 giorni si sarebbe raggiunto l'obiettivo e se non fossero stati 15 sarebbero divenuti trenta, mentre così procedendo l'orizzonte si allontana e le tenebre caleranno, ancor più pesantemente, sulle famiglie, sulle imprese, sul lavoro e quindi sulla tenuta sociale di questo meraviglioso Paese.
Signor Presidente, prima usciamo da questo tunnel, prima risorgeremo e prima andremo a "fare i conti" con i nostri splendidi alleati.
La prego, assuma la responsabilità e l'autorevolezza del "comandante in campo".
Se avrà il coraggio di raccontare onestamente come stanno le cose e quale è l'obiettivo, gli italiani la seguiranno, diversamente andremo a schiantarci e … non voglio nemmeno immaginarmi lo scenario post "coronavirus".
Forza, l'Italia s'è desta!
Dopo le Torri Gemelle, dopo la crisi Lehman Brothers e dopo il referendum Brexit ecco la nuova nefasta data da ricordare: 9 marzo 2020 ovvero crisi da Coronavirus.
Di LGC Parma 10 marzo 2020 - La Borsa ormai funge da termometro della situazione socio economica di un Paese e con il 12% di crollo registrato ieri, il 9 marzo 2020 entra di diritto nel novero delle date nefaste di questo millennio. L'11 settembre 2001 la borsa crollò del 7,47% mentre il 6 ottobre 2008, all'indomani del crack della Lehman Brothers, l'indice statunitense scese del 8,24% , Il 24 giugno 2016 a seguito del referendum a favore della Brexit, la borsa invece crollò del 12,46%.
E' invece storia di ieri il crollo del 12% della borsa milanese a seguito del "Coronavirus". Dall'Australia all'Europa il domino delle borse renderà indelebile la data del 9 marzo 2020.
In Italia al crollo della borsa del 9 marzo 2020 vanno anche attribuiti altri episodi nefasti; dai 7 morti registrati al carcere di Modena, risultato delle 27 insurrezioni in altrettanti carceri del Paese, alla diffusione della notizia ben poco rassicurante dei 20.000 marines americani sbarcati in Europa, tra Olanda, Belgio, Lettonia e Estonia per l'Operazione (esercitazione?) "Defender Europe 20" e infine a sera tarda, il premier Giuseppe Conte che, a reti unificate, annuncia l'allargamento della zona arancione (ex rossa) a tutta la penisola, a seguito di una escalation rapidissima del contagio che ha visto oltre 1.000 nuovi infettato e circa un centinaio di nuovi decessi nelle 24 ore precedenti, portando l'Italia a secondo posto della speciale classifica da Coronavirus, preceduta dalla sola Cina.
Alle 18,00 del 9 marzo la situazione nazionale registrava 9172 i casi totali, delle quali positive sono 7985, 463 deceduti e 724 guariti.
Non c'è che dire, il 2020 è iniziato rimarcando la leggenda che vorrebbe gli anni bisesti funesti. Avanti a noi ci sarebbero ancora 9 mesi per smentire le tradizioni.
(PH. Francesca Bocchia)
L'ultima disgustosa infografica della CNN è la conferma di una volontà di affossare l'Italia da parte dei nostri antichi alleati. Ormai, tra le vignette di Charlie Hebdo, piuttosto che del video di Canal+ o delle satire dei media tedeschi, siamo diventati un bersaglio troppo facile. E' ora di svegliarsi e rispondere colpo su colpo e dopo l'emergenza dettata dal coronavirus occorre ripensare seriamente alla nostra posizione nello scacchiere occidentale. Siamo pur sempre la settima potenza mondiale e la seconda manifatturiera europea.
Di Lamberto Colla Parma, 8 marzo 2020 - E' indubbio che il nostro Governo, nella questione coronavirus, si sia mosso in modo assolutamente criticabile; inizialmente intervenendo in ritardo, concentrato come era a polemizzare su ogni osservazione o provocazione dell'opposizione, poi muovendosi nella comunicazione con la delicatezza di un elefante in una cristalleria.
Una comunicazione altamente distonica tra immagine e testo. Un premier, noto per l'eleganza della sua pochette a 5 punte, stona e insospettisce quando si presenta in maglioncino tattico (alla Salvini per esempio) e si rivolge alla popolazione italiana dal bunker asettico e tecnologico della Protezione Civile.
Il Bisogna stare calmi, che a molti ha riportato alla memoria il "stai sereno" di Renzi, perché le azioni preventive messe in atto sarebbero state efficaci a contenere l'espansione del virus è stata percepita come una bufala quando, in una bella mattina a Codogno in Lombardia, Vo' in Veneto e dintorni, la popolazione si svegliò nella stessa situazione di Whuan: chiusi nei loro "ghetti" e cinturati dalle forze dell'ordine. Nessuno più sarebbe potuto uscire e entrare dalle due zona rosse, mentre alle zone gialle, molte delle quali da oggi sono state promosse a rosse, ovvero Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, vennero imposte rigide prescrizioni in accompagnamento alla chiusura di scuole, teatri, musei, e sospese tutte le manifestazioni pubbliche e private, sportive e laiche.
A questo punto la popolazione è naturale che si isterizzi e si polarizzi in due fronti opposti, entrambi giustificati ma altrettanto pericolosi per l'elevata instabilità sociale:
- Chi accoglie l'invito alla calma e si adegua un po' scettico su tutto questo can-can del governo e tra questi molti però nemmeno prendono in considerazione di adattarsi alla prudenza invocata;
- Chi invece non crede alle parole e si allarma per gli effetti concreti delle frequentissime comparsate di un Giuseppe Conte, impeccabile nel ruolo di "comandante in campo" ma con la pecca di non avere la situazione sotto controllo, troppo attento a giustificare il suo operato "sentiti i tecnici".
Un disastro comunicativo che ha rallentato enormemente l'adeguamento della popolazione alle più sane e responsabili modalità utili a affrontare una emergenza che mette a rischio la vita di molti e non solo "degli anziani", come per molti giorni hanno tento di giustificare pensando di ridurre l'allarme, sia navigati politici che giornalisti un po' distratti, come se gli anziani avessero minore dignità e diritto a una vita sana.
Insomma meglio gli anzianotti di altri, sembrava il messaggio sottostante.
Ma a fronte di questo teatrino ridicolo c'era un servizio sanitario che si dimostrava impeccabile. Tamponi su tamponi, riorganizzazione di reparti, allargamento delle aree di clinica, apertura di triage esterni, ricerca scientifica sulle molecole del virus, richiamo dei medici e degli infermieri in pensione e inserimento dei medici militari, adattamento a turni infernali del personale medico e paramedico ai quali è stato chiesto sacrificio in termini di salute e di isolamento dagli affetti familiari.
Di fatto una reale emergenza improvvisa che ha quindi colto impreparata mezza Italia e gli ospedali stessi che si sono trovati decine e decine di pazienti alle porte, alcuni gravissimi, ai quali dare un'assistenza e nel frattempo a ricercare il fantomatico paziente zero. Stranamente tutto partiva dal paziente numero 1, peraltro uno sportivo 38enne ancora in terapia intensiva.
Mentre gli ospedali si muovevano rapidamente verso il collasso per la concentrazione contemporanea di molti, troppi contagiati, ogni 12 ore un bollettino "di guerra" aggiornava sullo stato del contagi; degli infettati, dei morti e delle nuove zone aggredite dal coronavirus.
E così ci accorgiamo che dopo la Cina i malati si contavano praticamente soltanto in Corea del Sud, in Iran, e in Italia.
E guarda caso, come d'incanto, l'Italia diventa il bersaglio preferito di mezzo mondo e in tutto questo dall'Unione Europea il nulla, solo silenzio.
Un silenzio assordante, spaventosamente chiassoso. Un continente dove al solo contagiato Belga (ovviamente infettato a Lodi) si associavano circa 130 morti e 81000 contagiati tedeschi, ma di sola influenza, si sono preoccupati di dire, e i cuginetti francesi che invece avevano testato la malattia con soli 300 tamponi, gli stessi che nel medesimo periodo in Italia erano stati utilizzati nella sola provincia di Piacenza, si divertivano a schernirci come nella più classica delle tradizioni transalpine.
Canal+ se ne è uscito con quel vergognoso spot "Corona Pizza" di dubbia eleganza e nemmeno spiritoso come d'altra parte ben poco spiritose furono le vignette di Charlie Hebdo sul ponte di Genova, sul terremoto del Centro Italia, o di altri fumettisti sia francesi che tedeschi (vedi la raccolta in gallery).
Il nostro tafazzismo è stato perciò accolto a braccia aperte dai nostri splendidi alleati per schiacciarci ancor più economicamente fingendo, con la complicità dei vertici della UE (Gentiloni compreso), di essere praticamente immuni dal coronavirus solo per il fatto di non averlo cercato.
Ma adesso l'inganno sta per uscire allo scoperto in tutta la sua gravità e quel contagiato numero "zero" italiano non si trovava per il solo fatto che era un manager tedesco di 33 anni che aveva ereditato il virus (24 gennaio!!) da una collega di Shangai e poi portato all'interno del nostro territorio. Il sospetto è diventata certezza quando nelle scorse ore finalmente i tedeschi hanno ammesso di avere i focolai come in Italia e Francia e predisposto anch'essi la chiusura delle scuole e individuate le zone rosse nel Nordreno-Vestfalia.
E allora adesso basta! Di questa infame Europa non se ne può più. Complice nel silenzio pur di far piacere alla Merkel. Una Unione Europea sempre più simile a uno scassato condominio (Condominio Europa) con una pettegola per portinaia.
Una UE, che sino a pochi giorni prima del virus, tutti sacrosanti giorni mandava in TV qualcuno a raccontare di quanti peli era composto il lato B di chiunque, preferibilmente italiano, che ogni tre per due imponeva nuove regole e sindacava su ogni parola che non fosse inquadrabile perfettamente nella classificazione del "politically correct", da oltre un mese tace su tutti i fronti e soprattutto non ha speso parola per il coronavirus.
Ci accorgiamo quindi che l'inutile e costoso apparato burocratico europeo aveva dimenticato di pianificare un protocollo di emergenza sanitaria e quel che è peggio non è intervenuta a sostegno di una nazione in difficoltà rendendosi complice della negligenza "mortale" dei tedeschi, dei francesi e probabilmente di tutti gli altri paeselli dell'area di influenza germanica.
Ebbene, ancora pochi giorni e il coronavirus si scoprirà diffuso in tutto il mondo e in Europa a portarlo sono stati proprio i tedeschi i quali, solo venerdi 6 marzo, hanno ammesso di avere circa 700 casi in 24 ore e che a portarlo non sono stati gli italiani.
Una ammissione tardiva che giunge all'indomani di una inguardabile infografica diffusa dalla CNN in cui vengono elencati i paesi infettati a partire dall'Italia.
Un danno di immagine e economico difficile da quantificare e soprattutto un danno alla nostra salute per aver taciuto dei loro focolai e conseguentemente per non essere intervenuti, almeno in misura analoga all'Italia, a contenere il virus della cui aggressività reale si saprà solo fra qualche anno perché ora sembra classificato "TOP SECRET". Bocche cucite tra i medici e nessun comunicato stampa si è visto pervenire dalle ASL. Di risultati di autopsie non vi è traccia e tuto ciò fa pensare che sotto i ferri dei medici legali si sia trovato qualcosa di molto strano e forse sconosciuto, dalla forza devastante nell'area polmonare e bronchiale.
Supposizioni, ovviamente, ma legittimate dal silenzio inquietante che è calato sulla malattia e sugli effetti.
Alla fine di questo pesantissimo periodo si dovrà ripensare alla nostra posizione all'interno dello scacchiere occidentale, alla nostra posizione cooperativa nei confronti di una UE inutile e dannosa, arrivando a riposizionarci su posizioni autarchiche almeno per quanto concerne i prodotti strategici: agricoltura (latte compreso) di cui siamo altamente deficitari per avere ottemperato alle direttive socio economiche della CEE 159. 160 e 161 del 1972 e ai "Montanti Compensativi" a favore della Germania che poi diedero origine ai regolamenti sulle quote latte) e quant'altro fosse necessario per la nostra salute e difesa.
Infine sarebbe opportuno fare la conta dei danni e chiedere il risarcimento anche ai vertici UE, per non essere intervenuti sul fronte sanitario e avere assecondato il mimetismo di Germania, Francia e degli altri Paesi UE che hanno così penosamente mascherato la bomba sanitaria del coronavirus, pregiudicando il contenimento del contagio e favorendo il decesso, presumibilmente, di centinaia di migliaia di persone, anziani o meno che saranno, schernendo gli italiani che invece, con tutti i difetti sopra descritti, hanno affrontato da soli e responsabilmente, una emergenza epocale.
Links:
https://www.welfarenetwork.it/coronavirus-la-germania-ammette-abbiamo-focolai-come-italia-e-francia-20200307/
https://www.gazzettadellemilia.it/politica/item/18735-anche-il-die-welt-interviene-sull-italia-ma-se-pensassero-ai-problemi-loro.html
https://www.gazzettadellemilia.it/politica/item/7331-la-portinaia-del-condominio-europa.html
https://www.gazzettadellemilia.it/politica/item/26026-ciaone-italiani-prima-vi-spolpiamo-e-poi-ce-ne-andiamo.html
https://www.gazzettadellemilia.it/politica/item/26772-tafazzi-gongola-col-covinps-19-e-dimentica-il-referendum-costituzionale-del-29-marzo.html
https://www.gazzettadellemilia.it/cronaca/item/26812-germania,-cade-la-balla-dell-influenza-e-comunque-sono-stati-pi%C3%B9-astuti-o-quantomeno-discreti-di-noi.html
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Editoriale: - Italiani untori? Sarebbe giunta l'ora di richiedere i danni ai nostri splendidi alleati - Coronavirus: FIEPET Confesercenti Emilia Romagna, in bar e ristoranti della Regione persi 37,8 milioni di euro in 10 giorni. - Lattiero caseario. Cedono latte e burro. Borse di Parma e Verona ancora chiuse - Cereali e dintorni. Mercati alla disperata ricerca di occasioni per risalire - L’Italia s’è ferma... -
SOMMARIO Anno 19 - n° 10 08 marzo 2020
1.1 editoriale
Italiani untori? E' il momento di chiedere i danni ai nostri splendidi alleati
2.1 economia Coronavirus: FIEPET Confesercenti Emilia Romagna, in bar e ristoranti della Regione persi 37,8 milioni di euro in 10 giorni.
3.1 lattiero caseario Lattiero caseario. Cedono latte e burro. Borse di Parma e Verona ancora chiuse
3.1 Bis lattiero caseario Lattiero caseari. tendenza
4.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Mercati alla disperata ricerca di occasioni per risalire
5.1 cereali e dintorni tendenze.
6.1 coronavirus sostegni UniCredit amplia le misure a sostegno dei territori colpiti dal virus COVID - 19
6.2 meccanica agraria Regno Unito: il trattore fa i conti con la Brexit
7.1 Prezzo riferimento Reggio E. Determina prezzo
7.2 Coronavirus emilia Coronavirus: il sistema sanitario regionale regge bene e intanto si pensa al lato economico del sistema produttivo e al lavoro
8.1 sanita‘ Emilia Romagna Conferenza
9.1 coronavirus L’Italia s’è ferma...
10.1promozioni “vino” e partners
12.1 promozioni “birra” e partners
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