C'è una bella storia che parte da Parma e arriva al subcontinente indiano. Una storia di cambiamenti, di idee, di dialogo fra diverse culture. Questa storia inizia a Parma diciotto anni fa, nel 2001. A Baganzola nasceva in quegli anni una piccola organizzazione di promozione sociale, denominata "Il Filodijuta”, che ancora oggi si occupa principalmente di promozione sociali in Bangladesh. Filodijuta ha mosso i suoi primi passi in terra bengalese, nel sud del Paese.
Il viaggio di Alessandro Mossini e il suo racconto del Bangladesh
Alessandro Mossini, responsabile di Filodijuta in Bangladesh, arriva nella terra dei grandi fiumi il 4 ottobre del 2001. Si stabilisce nel villaggio di Chalna, alle porte della foresta del Bengala, conosciuta con il nome di Foresta del Sunderbon. Qui passa due anni in una struttura della Comunita' Papa Giovanni XXIII dove impara la difficile lingua bengali, un dolce suono che deriva dal sanscrito, la lingua usata dal famoso poeta Robindronath Tagore. In questo periodo Alessandro oltre a studiare il bengalese, comincia ad addentrarsi nella conoscenza della cultura locale di questo Paese, che è un melting pot di culture e religioni diverse.
Sino al 1947, questo Paese era una regione dell'India. La famosa regione del Bengala, che comprendeva anche Calcutta. Gli inglesi, che regnarono in India dal 1700 al 1947, avendo provato sulla loro pelle che tra tutte le regioni indiane, il Bengala era la meno gestibile e governabile, pensarono di dividerla in due parti (Divide et impera). West Bengal, che oggi e' rimasta all'India con capitale Calcutta e East Bengal, l'attuale Bangladesh, con capitale Dacca. Ma la storia per questa piccola porzione di territorio non è mai stata benevola.
Nel 1947, quando gli inglesi lasciarono definitivamente la loro colonia indiana, e l'India diventò libera e indipendente, due regioni chiesero ed ottennero l'indipendenza dalla grande Madre India. Le regioni erano il Punjab e l'East Bengal. Il 14 Agosto del 1947, nacque lo Stato islamico del Pakistan. Uno Stato anomalo, formato da due diverse ali distanti quasi 2000 chilometri l'uno dall'altro, con lingue diverse e cultura totalmente differente. La convivenza andò avanti in modo forzato per 23 anni. Poi nel 1971, scoppia la guerra di liberazione, che porterà alla nascita dello Stato del Bangladesh, il 16 dicembre 1971. Una guerra che costerà moltissimo in termini di vite umane. Un vero e proprio genocidio, dove i pakistani massacrarono 3 milioni di bengalesi.
Il Bangladesh e' una repubblica popolare e la religione di stato e' l'Islam, che convive in modo più o meno pacifico con l'hinduismo, il buddhismo e la risicata presenza cristiana che sono lo 0,6 % dei 165 milioni di abitanti dello Stato piu' densamente popolato del pianeta.
L'Associazione Filodijuta in Bangladesh
Filodijuta dal 2001 è una presenza concreta in questo Paese e cerca di creare opportunità per chi opportunità proprio non ne ha. In questi dicannove anni sono state aperte sei scuole, in sei diversi villaggi nella regione di Khulna, alle porte della foresta. Le scuole contano un totale di quasi mille iscritti e sono tutti bambini della fascia piu' povera del Paese. In Bangladesh tutti i servizi, anche quelli che per noi sono scontati, come sanità e istruzione, vengono forniti dallo Stato a pagamento. La quasi totalità della popolazione non puo' permettersi di pagare quasi nulla. Cosi il risultato e' che soprattutto nelle aree rurali c'è ancora analfabetismo diffuso, per ciò che riguarda l'istruzione, mentre per la sanità, la maggior parte della gente non riuscendo ad accedere agli ospedali e alle cure, sceglie di farsi curare dagli stregoni di villaggio, con erbe, foglie, rametti secchi, sterco di vacca e tante formule magiche.
Anche per poter intervenire a livello sanitario, Filodijuta ha creato un fondo sanitario accessibile a tutti coloro che non possono permettersi le cure. Il progetto sanitario comprende anche la cura dei pazienti psichiatrici. Il servizio sanitario psichiatrico nasce da una sensibilità particolare da parte nostra per questa tipologia di povertà. E’ chiaro che se lungo la strada si incontra un bambino, chiunque si ferma. Se vediamo un anziano, comunque fa tenerezza e ci si ferma. Ma se ci si trova davanti un cosiddetto “matto”, in Bangladesh la gente non solo non si ferma, ma scappa impaurita o ancora peggio, gli tira i sassi. Ancora oggi si vedono persone “matte” legate con catene o portata in giro legate a guinzagli di corda.
Qui non c’è la conoscenza della malattia psichiatrica, ma c’è invece la cultura della punizione, del malocchio e della stregoneria. Molto spesso le famiglie non sanno nemmeno a chi rivolgersi se in casa hanno un parente con problemi psichici, e dunque si rivolgono ai medici locali che non hanno le competenze necessarie per intervenire. Solitamente intervengono con molti farmaci e costosi, le famiglie non hanno i soldi per acquistare e mantenere questo genere di terapie e dunque spessissimo le iniziano però poi abbandonano. Un paziente psichiatrico in casa crea un disagio enorme. Diventa un po’ il punto di riconoscimento della famiglia: “Tu sei il figlio del matto”, “la moglie del matto”.
Spesso, quando sono donne, diventano oggetto di violenza da parte del marito. Quando lei smette di cucinare o si comporta in modi che non corrispondono agli usi canonici, il marito crede che siano capricci della moglie la quale poi spesso viene punita a suon di botte. La conseguenza di questa violenza sovente è la fuga. Ed è per questo poi che non è raro trovare in Bangladesh donne visibilmente con problemi psichiatrici, che vagano nude per le strade, che si sono perse, prive di memoria. E’ all’ordine del giorno che queste donne “matte” e perse poi di notte vengono violentate in giro per le strade, da uomini che non hanno nulla da perdere. Nascono cosi bambini, figli di nessuno, che vengono parcheggiati negli istituti tipo di Madre Teresa o negli orfanotrofi.
Il nostro progetto sanitario comprende anche il nuovo centro di fisioterapia che ad oggi da la possibilità a 29 persone con problemi post traumatici o con disabilità fisiche sin dalla nascita, di poter essere trattati.
Le collaborazioni
Poi negli anni i contatti di Filodijuta si sono espansi e sono arrivate le collaborazioni. Quella con il Comune di Firenze per il progetto acqua potabile, nel villaggio di Shibnogor. Attraverso il finanziamento del'Amministrazione fiorentina, abbiamo implementato un di filtro ad osmosi inversa che fornisce acqua a 1750 persone. La collaborazione con la ONLUS Pangono Pangono di Rosignano Solvay e' diventata nel tempo una fusione. Infatti in Bangladesh ci siamo fusi sotto la forma giuridica di Organizzazione Non Governativa internazionale.
I nostri progetti e le nostre attività vengono finanziate dalle tante attività che Filodijuta ogni anno organizza sul territorio. L'Emporio di Natale di Baganzola che da diciannove anni è tappa fissa per i regali di Natale dei parmigiani.
La campagna di Pasqua "Voi aprite le uova, noi apriamo le scuole", attraverso la vendita davanti alle chiese di Parma di uova di Pasqua solidali. E poi i mercatini per la vendita dell'artigianato bengalese che periodicamente importiamo dal Bangladesh. Ancora, ci trovate nei centri commerciali della città con pesche di beneficienza e riffe, sempre per il sostegno ai progetti in Bangladesh.
Il programma di "Adozione a Distanza"
Invece, per poter permettere di frequentare la scuola agli alunni iscritti, abbiamo avviato sin dai primi anni, il programma di "Adozione a Distanza".
Un altra forma di sostegno e' la scelta del 5x1000 a favore di Filodijuta.
Attraverso la vostra collaborazione e il vostro appoggio, riusciamo a garantire a tutte le persone che chiedono il nostro aiuto, una risposta concreta. Non lavoriamo tanto per lo sviluppo ma per il progresso. Pensiamo che il progresso sia più inclusivo, perché comporta sia uno sviluppo di una situazione economica e sociale, ma soprattutto uno scatto culturale che porta l'uomo a cambiare uno stile di vita. Piu rispettoso per se e per l'ambiente e la società che lo circonda.
In Bangladesh ci sono diverse fasce sociali: le donne e i bambini, i disabili, le caste più basse che sono quotidianamente calpestate dal potere e da una cultura e tradizione che potenzialmente tende a schiacciare il più debole. Ecco che la scelta che Filodijuta ha fatto, è una scelta che arriva dal cuore, e che ci mette dalla parte di chi da solo non ce la fa.
Alessandro Mossini,
Responsabile Associazione Filodijuta in Bangladesh
La reggia di Colorno, soprannominata anche piccola Versailles, è da sempre il simbolo per eccellenza del paesino della bassa. Una dimora nobiliare conosciuta in tutto il mondo, edificata nel 1337 da Azzo da Correggio con lo scopo di difendere l'Oltrepò.
Perfetto esempio di stile barocco, nel 1825 a seguito del congresso di Vienna venne dichiarata dimora imperiale e fu assegnata alla moglie di Napoleone Bonaparte, Maria Luigia d'Asburgo. Decorata da stucchi e affreschi di grandissima fattura, e costeggiata dal meraviglioso giardino realizzato nel XVIII secolo da Francesco Farnese, con un laghetto, statue e giochi d'acqua, dovrebbe essere venerata e accudita come il più inestimabile dei tesori.
Da tempo immemore però questo non avviene, e il palazzo ducale di Colorno, si mostra ai tanti turisti, come una struttura abbastanza trascurata. La facciata esterna che affaccia sulla piazza è sminuita da crepe e pezzi di intonaco mancante, oltre ad alcune finestre rovinate e sporche e dai vetri in frantumi. Superando il portone d'ingresso ad arcata, si può accedere al cortile interno, passando per la zona in cui è situata la libreria. Anche qui i muri sono scrostati e rovinati e alcuni affreschi dell'area che permette di accedere al giardino della reggia sono sbiaditi e quasi del tutto cancellati.
Arrivati al cortile interno, si può notare la pavimentazione a ciottoli che ormai è quasi del tutto completamente staccata. Sono presenti piccoli "spicchi" di ciottolato, ed il resto della pavimentazione, ormai è sostituita da terriccio e da piccolissimi grani di pietra. Le cornici in pietra delle finestre che affacciano al suo interno, sono rovinate e sgretolate.
Non va meglio quando si accede al giardino del parco realizzato da Francesco Farnese. Le scale che portano alla balconata esterna, sono in condizioni pietose, e la vernice dei muri fino ad arrivare alle statue esterne, è mancante in molte parti. Su un muro della scalinata è presente una stella a cinque punte incisa da vandali con delle scritte poco gradevoli.
Il giardino invece presenta le vasche delle fontane (spente) rovinate e piene di acqua putrida, rifiuti, e rami. Costeggiando il giardino è possibile facilmente accedere ad un'area abbandonata, transennata ma di facile accesso a chiunque.
L'area è pericolante, e molti graffiti e rifiuti sono presenti al suo interno. Tra i tanti obbrobri sui muri si possono notare stelle a cinque punte, numeri dal facile abbinamento "666" e svastiche. Tutto questo è completato dall'ancora chiusa "area romantica" del giardino. L'area dove è presente il laghetto doveva riaprire a fine marzo, dopo 70 giorni di lavori di potatura e forestazione previsti dalla provincia di Parma, ma ad oggi risulta ancora inutilizzabile. Il laghetto contiene pochissime dita d'acqua sporca, in cui ad oggi continuano a nuotare ancora diversi pesci.
Vedere il più grande tesoro di Colorno, dimora imperiale che fu di Maria Luigia, ridotto in questo stato, fa piangere il cuore dei colornesi, che oggi altro non possono fare, che immaginare il suo splendore passato.
Tutto questo dimostra il disinteresse delle istituzioni per la tutela della nostra storia, della nostra arte e della nostra cultura.
Il coordinamento del gruppo
AMO - COLORNO
Un romanzo scritto a otto mani, che racconta l'itinerario di quattro diversi personaggi, appartenenti ad altrettante epoche diverse, lungo la via storica che attraversa l'Europa e l'Italia e che sarà presentato il prossimo 24 maggio presso il Mondadori Bookstore del Victoria Cinema. Tra gli autori c'è anche il modenese Fabrizio Fangareggi, che abbiamo intervistato.
Di Manuela Fiorini
MODENA – Storia, avventura e mistero. Sono questi gli ingredienti del godibilissimo "Di Gelo e di Fuoco", un tomo di 520 pagine che si legge tutto d'un fiato, e fa venire voglia di approfondire le vicende narrate, nonché di inforcare un paio di robusti scarponi e percorrere almeno un tratto di della via Francigena, quel fil rouge che lega i personaggi e le vicende del romanzo.
È la notte del 17 dicembre del 1899, manca una settimana alla cerimonia di apertura della Porta Santa con la quale papa Leone XIII darà inizio al Giubileo Secolare. Francesco, anziano abate dell'abbazia di San Filippo al Marta, sente che la sua vita sta volgendo al termine e lui non ha ancora ultimato il grande romanzo sulla Via Francigena. All'improvviso qualcuno bussa alle porte dell'abbazia. Guardandosi attorno con circospezione, Francesco scivola lungo i corridoi del monastero e, quando apre il portoncino, ha un moto di contentezza nel vedere chi siano i viandanti che sbucano dall'oscurità. L'abate li accoglie felice, ora sente che il suo romanzo, anche grazie alle storie che ognuno di loro gli racconterà, potrà essere terminato. Ma assieme a loro, o forse proprio a causa del loro arrivo, nel monastero è giunto anche il Diavolo che ha tentato l'abate fin da ragazzino e non può accettare di vederne il trionfo.
Questa è, in sintesi, la trama del romanzo, che sarà presentato il prossimo 24 maggio, alle 20.30, presso il Mondadori Bookstore del Victoria Cinema di via Ramelli 101. Il libro è stato scritto a otto mani da Guido Fiandra, Pierluigi Fabbri, Andrea Zauli e dal modenese Fabrizio Fangareggi, che abbiamo intervistato per farci svelare qualche "succoso" dietro le quinte, anzi, dietro le pagine.
Fabrizio, come è nata l'idea di questo libro?
Nasce una quindicina di anni fa, quando Guido Fiandra, venendo a conoscenza del viaggio di Sigerico di Canterbury nel 990 e la sua mappatura della Via Francigena, ne rimase affascinato. Dopo averne approfondita la storia e visitato alcuni tratti, paesi e città, si fece una domanda: come mai il Cammino di Santiago di Compostela è ancora così popolare e percorso da moltitudini di persone, mentre la Via Francigena – la cui rilevanza religiosa e storica è altrettanto grande, essendo stato il tracciato sul quale già dal Medioevo si è sviluppato il concetto di Europa – è molto meno frequentata? Il mio coinvolgimento è avvenuto nel 2016, quando ho contattato Guido Fiandra, che è stato mio insegnante di regia e sceneggiatura all'Accademia Nazionale del Cinema di Bologna, per chiedergli di presentare un mio romanzo all'Isola Tiberina a Roma, "Il confine del buio", un thriller medievale ambientato a York nel 1374 e scritto con l'amico e collega Pierluigi Fabbri. Guido lesse il libro e gli piacque molto, presentò la serata e a cena ci parlò del suo progetto: partire per un viaggio e scrivere un romanzo insieme che si dipanasse lungo un millennio e avesse come ambientazione la Francigena. Quattro autori per quattro personaggi, appartenenti a differenti nazioni e periodi storici che si ritrovano "magicamente" tutti insieme in un'abbazia di Viterbo il 17 dicembre del 1899 a pochi giorni dall'apertura del Giubileo.
Perché la Francigena continua ad affascinare gli autori?
Credo che la Francigena affascini ogni viaggiatore, reale o virtuale. Attraversa diverse nazioni e, oltre ad essere stata meta importante di pellegrinaggio per la cristianità, ha rappresentato nel corso dei secoli cammino e confronto tra culture, arte e commerci, ha gettato le basi sociali dell'Europa. Gli autori sono i viaggiatori per antonomasia. Chi scrive inizia sempre un viaggio, letterario e interiore. Un viaggio immaginario dove nascono personaggi e situazioni, in questo caso calati in precisi e accurati contesti storici. Per un autore l'importante è coinvolgere il pubblico nel proprio viaggio, farsi domande e porgli interrogativi. La Francigena è ricca di storia, luoghi magnifici e suggestioni, un perfetto viaggio per rivivere il nostro passato, per scoprire ciò che ci circonda e anche per mettere a nudo noi stessi. Riflessione, fatica e spiritualità. Tutti elementi comuni nel viaggio, anche in quello narrativo.
Come vi siete divisi i compiti?
Sul corpo della storia principale, ideata da Guido Fiandra, abbiamo iniziato a confrontarci per dare vita al romanzo vero e proprio. Riunioni, scalette e valutazioni sui temi e sui personaggi. Andrea Zauli, già collaboratore di Guido e primo a salire a bordo in questo progetto, alla fine di ogni incontro forniva resoconti dettagliati, così che ognuno, anche in maniera indipendente da casa, poteva sviscerare i punti trattati e produrre nuove idee e materiale per ulteriori analisi. Alla fine si è deciso che ognuno avrebbe scritto autonomamente il proprio racconto di viaggio, legato a un singolo personaggio, differenziandolo per tono e stile, mentre tutti insieme avremmo lavorato sul racconto cornice che fa da arco narrativo portante.
Quanto vi siete affidati alla storia e quanto alla fantasia?
La ricerca storica è importante, anzi, fondamentale. Nel romanzo ci sono tantissimi riferimenti storici su luoghi e persone realmente esistite. Ci siamo divertiti a inserire il più possibile eventi o personaggi reali e a farli incontrare con la fantasia, intrecciandone le vite, anche se solo per brevi tratti o scene. Il fascino narrativo unisce fin da subito la forte base storica a un tocco di fantastico. I quattro enigmatici viaggiatori, giunti da paesi ed epoche differenti sono: Sigerico, arcivescovo di Canterbury dal 990, Maria Rodriguez, vedova castigliana dal 1350, Goetz Von Berlichingen, nobile capitano di ventura dal 1550 e Jean Baptiste Fournier, ex rivoluzionario e mercante di vini dal 1825. Sigerico è un personaggio storico e nella narrazione si può leggere anche il diario scritto dall'arcivescovo, ma per esigenze narrative abbiamo immaginato che l'abbia scritto nel viaggio di andata da Canterbury a Roma, mentre i suoi appunti di viaggio con le ottanta tappe sono stati redatti durante il viaggio di ritorno in Inghilterra. Anche Goetz Von Berlichingen è realmente esistito, mentre Maria Rodriguez e Jean Baptiste Fournier sono frutto di pura fantasia, così come l'abate Francesco, colui che ospita i quattro viandanti e che unisce le loro storie al presente del 1899. Il tutto arricchito da una tinta mistery e presagi inquietanti: a minacciare le vite di tutti loro compare addirittura il Diavolo.
Quali sono state le difficoltà nello scrivere un romanzo a più mani?
Come dicevo prima, i singoli racconti di viaggio sono scritti individualmente, proprio perché si voleva dare a ogni personaggio una voce unica e riconoscibile. L'impresa, oltre alla creazione della trama, alla ricerca storica e alla successiva analisi dei dettagli per la coerenza narrativa, è stata coesistere tutti insieme nel racconto cornice, quello che unisce l'abate Francesco ai quattro viandanti. Io, Andrea e Pierluigi abbiamo scritto i capitoli della "notte magica", come la chiamavamo noi in fase di stesura, passandocela di mano, in modo che ognuno potesse arricchire o tagliare il lavoro degli altri, fino all'ultima revisione di Guido Fiandra che ha amalgamato il tutto, per rendere lo stile più fluido come se fosse di un solo autore. Per operare in questo modo è necessario avere piena fiducia nella professionalità degli altri, con entusiasmo, umiltà e mente aperta, ricercando nel lavoro sempre quello che è migliore per l'opera, a discapito del proprio ego. In realtà, c'è anche una quinta storia tra le pagine, quella relativa al passato di Francesco, scritta da Guido Fiandra. Nel complesso è stato un lavoro decisamente articolato che, però, visto il risultato finale ha dato a tutti un'enorme soddisfazione. Credo che collaborare con altri autori in progetti importanti come questo serva anche a crescere individualmente e mi sento di consigliare questa esperienza a chiunque abbia voglia di scrivere e sia disposto a mettersi in gioco.
GLI AUTORI
Guido Fiandra
Regista, scrittore, autore, docente. Nel corso della quarantennale carriera, ha esplorato svariati linguaggi della narrazione e della visione, alternando la scrittura e la regia. Ha spaziato tra cinema di finzione e documentaristico, televisione, fotografia, arte, teatro. È socio fondatore della Writers Guild Italia, il sindacato degli sceneggiatori. Cura una collana di libri di cinema per Dino Audino editore. Da due decenni è docente del Corso di Regia e Sceneggiatura presso l'Accademia del Cinema di Bologna. "Di Gelo e di Fuoco", una storia inizialmente pensata per essere una miniserie televisiva, scritta a più mani, è il suo primo romanzo.
Fabrizio Fangareggi
Da sempre innamorato di letteratura e cinema, dopo la maturità si è diplomato al Corso di Regia e Sceneggiatura all'Accademia Nazionale del Cinema di Bologna. Ha pubblicato diversi racconti su antologie e riviste; tra i suoi romanzi, "Ekhelon", vincitore del Premio Letterario Cittadella nel 2014. Nel 2016 esce "Il confine del buio" finalista al premio letterario "Un libro per il cinema" e nel 2018 "Il buio di York" secondo volume della serie "Le confessioni di Arundel".
Pierluigi Fabbri
Assicuratore, appassionato di Storia sin dall'infanzia. È stato nella giuria dei premi letterari reWritten nel 2004 e (secret) Unveiled nel 2005, organizzati da KULT Underground/KULT Virtual Press, il secondo con la sponsorizzazione di Edizioni Clandestine. Nel 2016 pubblica "Il confine del buio" finalista al premio letterario "Un libro per il cinema" e nel 2018 "Il buio di York" secondo volume della serie "Le confessioni di Arundel".
Andrea Zauli
Dopo aver fondato il trimestrale letterario Bhodinskj in Romagna e lavorato come copywriter a Milano, approda a Roma dove insegna sceneggiatura a Cinecittà. Cresciuto a pane, fantascienza e horror, finisce per scrivere tutt'altro – per esempio la comedy L'utero al dilettevole (vincitrice del 48H Film Festival 2009), il melò Il paese delle piccole piogge (in onda su Rai 1 nell'autunno 2012), il lungometraggio sull'immigrazione clandestina Carta bianca (premio per la distribuzione al RIFF 2013, uscito nelle sale italiane nell'estate 2014), la video-art Sulla nostra pelle (Premio Lenovo-Zooppa al Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina 2016)
SCHEDA DEL LIBRO
Fiandra, Fangareggi, Fabbri, Zauli
Di Gelo e di Fuoco
D&MEdizioni
Pag 520 - € 24,90
www.digeloedifuoco.it
Sabato 11 maggio, presso la Libreria Albatros di Cento (FE), la giovane autrice presenta la sua raccolta di liriche. Per parlare al cuore di amore, tempo che fugge, emozioni, speranze e, soprattutto, sulla necessità di rimanere se stessi. Abbiamo intervistato l’autrice.
Di Manuela Fiorini
È un libro da tenere sempre in tasca e da leggere ogni volta che abbiamo voglia di condividere un’emozione. “Niente di Personale”, debutto letterario di Anna Boccadamo, classe 1991, è un piccolo gioiello che raccoglie liriche a prima vista assai diverse sia per tema che per stile, ma che si configura, invece, come un'opera completa e armonica.
Attraverso l’uso sapiente del verso libero, la giovane autrice ci parla di amore, nelle forme della malinconia, della delusione, dell’infelicità, ma anche di un sentimento realizzato e completo. Altri filoni tematici, come la natura, il viaggio, i ricordi d’infanzia si trasformano a poco a poco da emozioni personali a universali, da condividere con il lettore. Ricorrono poi temi “moderni”, specchio della società attuale, come il tempo, che scorre sempre troppo in fretta, che vorremmo fermare o afferrare, e la disillusione, che crea incertezza su chi siamo e sui nostri sogni. C’è poi il tema della funzione della scrittura, che si evolve da necessità personale delle prime liriche, a emozioni da condividere.
La presentazione ufficiale è in programma sabato 11 maggio, dalle 16.30, presso la Libreria Albatros di via Guercino 55/A, a Cento (FE), intanto, abbiamo fatto quattro chiacchiere con l’autrice.
Quando hai iniziato a scrivere poesie e quando hai deciso di fare “il grande salto”, raccogliendole in un libro e, di fatto, facendole uscire dal cassetto?
Scrivo da diversi anni, per passione, per distrazione, per esigenza, specie quando quello che leggo non è abbastanza, o meglio, non è in sintonia con quello che vorrei leggere o non mi rispecchia sufficientemente. Negli ultimi due anni ho concentrato la mia attenzione proprio su questo bisogno, proponendomi di mettere nero su bianco me stessa, quello che volevo leggere, quello che avevo da dire. Dicono che ho un tono di voce basso, quando scrivo suppongo lo sia ancor di più, ma in entrambi i casi le emozioni che mi attraversano sono molto forti, talmente tanto da volerli condividere con tutti.
Quali sono, se ci sono, i modelli letterari a cui ti ispiri?
Le opere di Wisława Szymborska, Premio Nobel per la Letteratura, hanno senz’altro tracciato l’inizio del mio percorso. La gioia di scrivere è, tra le sue poesie, la mia preferita. Spero, un giorno, di conquistare anche solo l’1% del suo grande talento.
Nella tua raccolta “Niente di personale”, emergono diversi filoni poetici. Tra questi, la funzione della scrittura, che emerge in diverse liriche. Che cos’è la poesia per Anna Boccadamo?
Scrivere comporta definire quello che altrimenti non sapremmo distinguere, che si tratti di un concetto, di un pensiero o un sentimento. La poesia è un mezzo attraverso cui riflettere e riflettersi; nonostante possa apparire astratta, essa conferma quanto c’è di più vero, reale, in questo mondo, nel bene e nel male.
In alcune liriche, come “Merenda” o “Le conchiglie”, i ricordi d’infanzia vengono prima evocati come positivi, poi si ha come una spaccatura, in cui evocano nella vita adulta, qualcosa di diverso, doloroso. Un rimpianto poetico per la dimensione protetta dell’infanzia?
Si. Contrassegnano percorsi di vita felici sfioriti nel tempo (il solito complice/colpevole).
Un altro tema è quello del tempo che “scorre troppo in fretta” e il bisogno di afferrarlo, ritagliarsi un momento prezioso per se, per riflettere, amare, stare insieme…Stiamo davvero “correndo troppo”? Come la poesia può aiutarci a “fermare il tempo” e rubarne un po’ per noi stessi?
Il tempo corre, ci spintona pur di arrivare primo (in quale gara poi?) e noi ci siamo adeguati ad esso. Mentirei se dicessi che leggendo una poesia riusciremmo a fermare il tempo ma... a rallentare il suo ritmo si, oltre che a dargli una qualità in più. Il segreto sta nel saper scegliere bene un libro e stare lontani da qualsiasi distrazione.
"Niente di personale" è il titolo della raccolta. Davvero la poesia non è "niente di personale"? Quanto c’è di te nelle tue poesie e che cosa ti fa dire “questa emozione devo fissarla sulla carta”?
“Niente di personale” è un titolo piuttosto sarcastico, ma allo stesso tempo è il titolo di una poesia (non pubblicata) che parla d’amore, di quanto possa cambiare la propria vita quando si ama. Resta ben poco di personale, quando si è in due a guardare il mondo, volere lo stesso futuro... insieme.
SCHEDA DEL LIBRO
Anna Boccadamo
Niente di personale
Collana Poetae – Damster Edizioni
Pag 70 - € 10
Di Nicola Comparato e Foto di Valentina Carpin Sala Baganza , 4 maggio 2019 - Da Castellaro, frazione del comune di Sala Baganza, arriva una nuova segnalazione alla redazione della Gazzetta dell'Emilia. Alcuni residenti della zona ci rammentano lo stato di degrado e abbandono in cui versa l'acquedotto "Ponte della nave", detto anche "Ponte Romano".
La struttura, che attraversa il "Rio Ginestra", viene attribuita ai "Sanvitale" nel XIII secolo, in seguito a portarlo alla attuale fisionomia è stato l'intervento di Ranuccio I Farnese e infine ai nostri giorni si presenta come una vera e propria "costruzione fantasma". Il primo grido d'allarme, per lo stato di degrado del prezioso manufatto, fu lanciato sin dagli anni '80 dal Centro Studi della Valbaganza ma, a quanto pare, è rimasto del tutto inascoltato.
Valentina Carpin, con i suoi scatti fotografici, testimonia l'attuale stato di abbandono e chissà che questi non servano a smuovere gli animi di qualche generoso benefattore, prima che sia troppo tardi.
Per le vostre segnalazioni alla redazione della Gazzetta dell'Emilia scrivete a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
(Foto e Gallery di Valentina Carpin)
Marina Burani - Nero – 2019 | 1969 La mostra personale dell’artista inaugurerà a Palazzo Pigorini venerdì 10 maggio alle 18. Oltre cinquanta opere esposte con una particolare attenzione alla persistenza del colore nero.
Parma -
Inaugurerà venerdì 10 maggio, alle ore 18, a Palazzo Pigorini l’esposizione “Marina Burani - Nero – 2019 / 1969”: la prima personale di Marina Burani a Parma, sua città d’adozione, è una rassegna retrospettiva dei lavori realizzati durante cinquant’anni di carriera.
La mostra, realizzata dall’associazione Alphacentauri e curata da Didi Bozzini con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Parma, presenta il percorso multiforme dell’artista sottolineandone un aspetto particolare, che è quello della persistenza fisica e simbolica del colore nero tra disegno e pittura.
Sui due piani di Palazzo Pigorini, cinquantasette opere che vanno a ritroso dagli specchi neri degli anni 2000 alle matite degli anni ’60 e testimoniano di un universo creativo nel quale il rapporto tra la figura e la sua assenza - la sua formazione e la sua scomparsa - occupa una posizione centrale e di fondamentale importanza.
La mostra, ad ingresso libero, rimarrà aperta sino al 16 giugno.
Marina Burani, nata a Reggio Emilia, vive e lavora a Parma. Ha frequentato l’istituto d’Arte Paolo Toschi a Parma e l’Accademia di Brera a Milano.
Nel 1991 fonda l’Associazione Culturale Alphacentauri con Andrea Vettori, dal 1994 pubblica il Giornale Alphacentauri che viene presentato alla Biennale di Venezia nello stesso anno.
Pubblica due libri “Lento a tempo” e “Coleotterofobia”.
A Reggio Emilia partecipa al premio Tricolore e l’opera viene premiata ed acquistata dal Museo Civico.
Dal 1972 ad oggi partecipa a numerosissime mostre collettive e personali, in Italia e all’estero.
Marina Burani - Nero – 2019 | 1969
Palazzo Pigorini | 10 maggio – 16 giugno
Orari di apertura:
mercoledì, giovedì e venerdì dalle 16.30 alle 19.30
sabato e domenica dalle 10.30 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30
ingresso libero
Nuove carte di Arrigo Boito donate da Andrea Carandini al Conservatorio di musica “A. Boito”. Giovedì 9 maggio 2019, ore 17.30, Auditorium del Carmine. Ingresso libero.
Parma -
Andrea Carandini sarà a Parma giovedì 9 maggio 2019 per donare al Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” un faldone di carte autografe boitiane, conservate dalla sua famiglia. La donazione sarà ufficializzata durante una manifestazione con interventi di studiosi ed esecuzioni musicali, che si svolgerà nell’Auditorium del Carmine alle 17.30.
Le carte donate verranno riunite ai materiali conservati nello Studio Boito, elemento centrale, insieme allo Studio Toscanini, del Museo storico “Riccardo Barilla” del Conservatorio. Durante la manifestazione – organizzata dal Conservatorio, in collaborazione con Comune di Parma-Casa della Musica e Istituto Nazionale di Studi Verdiani, all’interno delle manifestazioni promosse dal Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della scomparsa di Arrigo Boito (1918-2018) – Andrea Carandini rievocherà incontri e frequentazioni con protagonisti della cultura italiana e internazionale a villa Albertini a Parella (Ivrea), dove la famiglia trascorreva il periodo estivo, e annuncerà la donazione. Interverranno Olga Jesurum, Emanuele d’Angelo ed Emilio Sala; alcuni allievi del Conservatorio, accompagnati dalla docente Claudia Rondelli, eseguiranno brani di Boito e di Verdi.
Lo Studio era l’ambiente più importante della casa di Arrigo Boito in via Principe Amedeo a Milano: qui il compositore e librettista trascorreva gran parte del suo tempo, intento a studiare, scrivere, comporre, ricevere visite. Dopo la morte fu trasferito da Luigi Albertini, esecutore testamentario di Boito, nella villa di famiglia a Parella (Ivrea). Quindi, per volontà della famiglia Carandini, fu prima depositato alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia e infine ricostruito nel Museo storico “R. Barilla”, voluto dall’allora presidente del Conservatorio Giorgio Paini e realizzato con una donazione di Pietro Barilla. Nei diversi trasferimenti alcune carte, tra cui gli appunti per il Nerone, rimasero alla Fondazione Giorgio Cini, mentre altre, di diverso contenuto, rimasero alla famiglia.
Le carte della donazione Carandini raccolgono per lo più appunti e abbozzi per un profilo biografico su Giuseppe Verdi, una serie di annotazioni su Re Lear, alcuni abbozzi musicali e una serie di appunti sul melodramma e sull'opera dell'Ottocento.
L'ingresso è libero e gratuito.
Per maggiori informazioni: Conservatorio di Musica "Arrigo Boito", Strada del Conservatorio 27/a, www.conservatorio.pr.it; Casa della Musica, P.le San Francesco (43121 Parma), tel. 0521 031170, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Il Comune di Parma aderisce a “Il Maggio dei Libri 2019”. Dal 5 al 30 maggio un ricco calendario di appuntamenti per bambini e adulti tra letture, laboratori, presentazione di libri, mostre e atelier.
Parma -
Il Comune di Parma aderisce anche quest’anno a “Il Maggio del Libri 2019” con un ricco calendario di appuntamenti promossi dall’assessorato alla Cultura e dalle Biblioteche comunali, rivolti a bambini e famiglie, ma anche agli adulti.
Le iniziative in programma nelle Biblioteche Comunali della città spazieranno da laboratori creativi, dedicati al disegno e alla pittura, a presentazioni di libri, a cui si aggiungeranno letture, atelier e mostre.
Ad arricchire il calendario saranno anche gli incontri tematici, a cura della Biblioteca Pavese, organizzati nella Scuola primaria Palli di Fognano, a conclusione del progetto annuale “Crescere leggendo 2018/19” che ha visto coinvolti i bambini di questa scuola, insieme ai loro genitori, in incontri in cui si è promosso il valore della lettura ad alta voce e della narrazione in famiglia, a partire dall’esperienza del personale bibliotecario e dal ricco patrimonio librario della biblioteca stessa.
Inoltre, nella giornata di sabato 25 maggio, a conclusione del progetto di promozione della lettura “Viaggiare con gli occhi della poesia”, si terrà al Parco Ducale, attorno alla serra e alla Biblioteca Alice, una grande festa con letture poetiche in italiano, e in lingua, laboratori di manipolazione, scrittura poetica e disegno, oltre ad un workshop di illustrazione botanica a cura di un’ospite speciale: l’illustratrice Gioia Marchegiani.
Il claim del Maggio dei Libri 2019 è “Se voglio divertirmi leggo”, illustrato da Mariachiara Di Giorgio attraverso un’allegra banda di personaggi immaginari, usciti dal mondo delle fiabe e della fantasia e pronti a ispirare gli organizzatori per le iniziative più originali. L’obiettivo? Liberare la creatività in nome della lettura e cimentarsi nell’organizzazione di iniziative che coinvolgano le persone più diverse, portando i libri nella quotidianità e il più possibile fuori dai loro contesti tradizionali.
Il “Maggio dei Libri” è un’iniziativa del Centro per il libro e la lettura (Ministero per i Beni e le Attività Culturali), in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con il patrocinio della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dell’ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani, e la media partnership di Rai Cultura e Rai Scuola.
Gli appuntamenti sono gratuiti e ad ingresso libero, salvo dove diversamente specificato.
Segue programma completo.
Programma iniziative “Maggio Dei Libri 2019”
Incontri per bambini e famiglie
Domenica 5 maggio
Biblioteca Pavese, ore 16
"Gli occhi sul giardino" laboratorio grafico-pittorico per bambini a cura di Monica Monachesi. Dai 6 ai 10 anni. Max 15 partecipanti. Info e prenotazioni 0521-493345
Biblioteca Alice, ore 10
“Acrobazie a cavallo della poesia” incontro per bambini e bambine dai 4 ai 7 anni e loro famiglie. A cura di Cantastorie a progetto. Dai 4 ai 7 anni. Max 20 bambini.
Info e prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 0521-031751
Lunedì 6 maggio
Giovedì 9 maggio
Biblioteca Pavese, ore 10.30
"E' da tanto che ti aspetto", laboratorio creativo-espressivo rivolto alle mamme al 7° mese di gravidanza per la realizzazione di un libro tattile. Gli altri 4 incontri saranno concordati con le partecipanti.
Max 7 partecipanti. Info e prenotazioni: 0521-493345
Sabato 11 maggio
Biblioteca Alice, ore 16.30
“Gli occhi sulla città” a cura di Monica Monachesi. Laboratorio di disegno ideato per conoscere il patrimonio di bellezza che ci circonda e per condividerlo. Dai 7 anni. Max 20 partecipanti.
Info e prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 0521-031751
Lunedì 13 maggio
Scuola primaria di Fognano, dalle 16.30
Sabato 18 maggio
Biblioteca Pavese, ore 16 "Pizza Story" filastrocca scritta da Giorgio Montanari e illustrata da Marianna Salerno. Segue laboratorio di disegno condotto dall'illustratrice.
Dai 6 anni. Info e prenotazioni: 0521-493345
Lunedì 20 maggio
Scuola primaria di Fognano, dalle 16.30
"Crescere leggendo 2018/19"dalla Biblioteca Pavese alla Scuola primaria N. Palli di Fognano, una ricca selezione di racconti fantasy per bambini e famiglie. Evento aperto alla cittadinanza del quartiere
Sabato 25 maggio
Dalle 10.30 alle 20 Giornata conclusiva del progetto Viaggiare con gli occhi della Poesia
Laboratori, letture, atelier, una mostra e tanti LIBRI.
Info Biblioteca di Alice: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 0521-031751
Domenica 26 maggio
Biblioteca Pavese, ore 16.30
“Alla scoperta della tavola periodica” laboratorio scientifico per bambini a cura dell'Associazione Googol. Dagli 8 ai 12 anni. Max 20 bambini. Info e prenotazioni: 0521-493345
Lunedì 27 maggio
Scuola primaria di Fognano, dalle 16.30
Incontri per adulti
Mercoledì 8 maggio
Biblioteche del San Paolo- Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 18
"Gli uomini renna della Mongolia; Tsaatan, i Signori della Taiga" di David Bellatalla (Töpffer Edizioni, 2019). Conversano con l’autore Beppe Mecconi e Mariangela Guandalini
Giovedì 16 maggio
Biblioteca Pavese, ore 18.30
Pagine di Scienza 2019
“Molecole del gusto, ovvero la chimica dei sapori” (Mup collana Percorsi, 2018). L’autore Gianni Galaverna dialoga con Francesca Messina e Daniela Gaggiero
Biblioteca Palatina, ore 17
Presentazione del volume di Mauro Guerrini, "De bibliothecariis. Persone, idee, linguaggi", Firenze University Press, 2017.
Introduce Grazia Maria De Rubeis. Intervengono Giorgio Montecchi e Alberto Salarelli
Conclusioni di Mauro Guerrini
Venerdì 17 maggio
Biblioteche del San Paolo - Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 18
Millennial Writers- Nuove generazioni letterarie
“Clarisse” di Sara Cocconi (Gedi Editoriale, 2018)
Dialoga con le giovani scrittrici Chiara Manchi docente di Lingua e Letteratura Italiana-Liceo Scientifico “G. Ulivi” di Parma
Venerdì 24 maggio
Biblioteca Pavese, ore 18.30
Pagine di scienza 2019
“Il formicaio intelligente” (Zanichelli collana Chiavi di Lettura, 2018)
L'autore Donato Grasso dialoga con Emanuela Colombi
Sabato 25 maggio
Biblioteche del San Paolo - Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 16
"La Rivoluzione delle Api, come salvare l'alimentazione e l'agricoltura nel mondo" di Monica Pelliccia e Adelina Zarlenga (Nutrimenti, 2018)
Conversa con le autrici Antonella Ferrari, referente Slow Food Parma nell’ambito del Festival Sviluppo Sostenibile ASVIS
Mercoledì 29 maggio
Biblioteche del San Paolo - Guanda e Internazionale Ilaria Alpi, ore 18
“Per una Botanica della Poesia” da una idea di Sebastiano Adernò presentazioni e letture poetiche di autori provenienti da diverse città italiane, a cura di Luca Ariano
Giovedì 30 maggio
Biblioteca Pavese, ore 18.30
Pagine di scienza 2019
“L’eredità di Mendel” (Hoepli collana i Microscopi, 2018)
L'autore Alfonso Lucifredi dialoga con Emanuela Colombi
Tutti gli incontri sono a ingresso libero fino ad esaurimento posti salvo dove diversamente indicato.
Reggio Emilia, 28 aprile. Ha vinto il Circuito OFF di Fotografia Europea 2019 - Valerio Polici con la mostra Ergo Sum ospitata presso Spazio C21 (Palazzo Brami).
Il premio, dedicato allo storico collaboratore del festival Max Spreafico, è stato assegnato da una giuria presieduta da Walter Guadagnini, e offrirà la possibilità all'autore di realizzare una nuova mostra da presentare nello spazio dedicato, interno a Palazzo Magnani, durante la prossima edizione di Fotografia Europea.
Ergo Sum è un progetto fotografico che Valerio Polici ha realizzato tra Europa e Argentina nell' arco temporale di sei anni e che ha segnato una fase di cesura nella ricerca dell'artista, ossia il suo passaggio dal mondo espressivo dei writers a quello della fotografia.
Seguendo alcuni writers protagonisti dei suoi scatti, da lui definiti "compagni di avventura", l'artista ha catturato, in un convulso bianco e nero, i luoghi periferici e interdetti del panorama metropolitano e industriale "in cui le identità definite siperdono e lasciano il passo a infinite possibilità". È qui l'esperienza stessa, come ha sottolineato la curatrice Chiara Pirozzi, a porsi come creatrice di rapporti "culturali e sociali, sconosciuti e inaspettati".
Nonostante Polici sia materialmente dietro la macchina fotografica e quindi "testimone" degli eventi, il suo personale coinvolgimento emotivo segna in modo indelebile un lavoro in grado di restituire visivamente l'adrenalina del momento e l'imprevedibilità del suo epilogo.
Il fotografo stesso ha raccontato di fughe repentine, provocate dal suono improvviso di un allarme, e di lunghe attese, che lui stesso ha vissuto nascosto insieme agli altri street artist, nel tentativo di non farsi cogliere in flagrante dalla vigilanza, di cui si percepisce l'avvicinarsi nella velocità di una messa a fuoco instabile.
La premiazione si è svolta ieri sera ai Chiostri di San Pietro, alla presenza del Sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi.
BIO VALERIO POLICI
Valerio Polici vive a Roma e inizia la sua ricerca fotografica con il progetto Ergo Sum. Successivamente partecipa a 'LAB/ per un laboratorio irregolare' di Antonio Biasucci. In una mostra collettiva del 2017, la Galleria del Cembalo espone i suoi primi lavori, in cui emerge con forte evidenza come la fotografia sia già per Polici lo strumento privilegiato di un viaggio a ritroso, attraverso il quale sublimare le paure e riconciliarsi con il proprio io.
Ergo Sum è stato già esposto alla Biennale di Venezia nel 2016 e al MACROdi Roma nel 2017.
INFO MOSTRA SPAZIO C21
Dal 12 aprile al 9 giugno
Spazio C21, via Emilia San Pietro 21 – Reggio Emilia
Info: https://bit.ly/2WWMkYy
La nuova indagine del commissario Cataldo, uscito dalla penna del giallista modenese, si svolge tra Sestola e Modena, con incursioni in Trentino e a Roma. E al lettore parrà di riconoscere, oltre ai luoghi della città, anche qualche personaggio o, almeno, qualche sua caratteristica. Abbiamo intervistato l’autore
MODENA
Di Manuela Fiorini
Si intitola “Sporchi delitti” la nuova avventura che vede protagonista il Commissario Cataldo, il personaggio nato dalla penna del giallista modenese Luigi Guicciardi. E, anche in questa nuova indagine, non poteva mancare la città di Modena, non solo un semplice sfondo, ma una città reale, con qualche sfumatura creativa per “esigenze letteraria”, ma viva, cupa, misteriosa. Una città che il lettore riconoscerà nei quartieri, nelle vie, ma che ha comunque un elemento diverso. Tuttavia, l’azione si svolge con incursioni a Sestola, località turistica dell’Appennino modenese, in Trentino e a Roma, dove Cataldo si recherà seguendo il suo infallibile intuito per risolvere tre delitti.
Tre donne uccise da una mano misteriosa, tre donne che non si conoscevano, ma che in comune avevano l’essersi separate dai mariti, l’aver effettuato interventi di chirurgia estetica in una rinomata clinica privata della città e, soprattutto, a loro modo si assomigliavano.
Abbiamo incontrato Luigi Guicciardi per parlarci di questa nuova avventura del Commissario Cataldo.
Dopo il mondo del calcio, che faceva da cornice a Nessun posto per nascondersi, in questa nuova avventura il commissario Cataldo ha a che fare con un'indagine complessa che, oltre alla “sua” Modena, lo porterà a Sestola, in Trentino e a Roma. Come mai hai deciso di “ampliare gli orizzonti” del commissario?
“Ha contribuito indirettamente anche una ricorrenza. Cade quest'anno, infatti, il ventennale della nascita narrativa del mio protagonista, che esordì nel 1999 con La calda estate del commissario Cataldo, interamente ambientato a Guiglia: un romanzo che mi diede molte soddisfazioni, visto che fu tradotto anche in inglese e in tedesco. Ho pensato quindi di riportare Cataldo a indagare in Appennino, questa volta a Sestola, in una sorta di chiusura del cerchio. Per quello che riguarda, invece, la deviazione in Trentino, mi sono avvalso del fatto che ho un piccolo appartamento là, precisamente in Val di Fiemme, e quindi conosco direttamente quei luoghi. Anche stavolta però, come nella maggioranza delle indagini precedenti, è Modena a rivestire il ruolo di location principale: la Modena della ricca borghesia, con zone peraltro che non avevo mai trattato prima, come il Villaggio Zeta”.
Nel Prologo uno dei personaggi dice: “L'amore. È sempre questo il principio di tutte le cose. Ma quello che non ho capito è che è anche la fine di tutto.” In questa frase è racchiusa la soluzione del giallo, anche se il lettore non lo capirà fino alla fine. All'autore invece chiedo: in che modo l'amore, solitamente protagonista di racconti e romanzi “romance”, può diventarlo anche di un giallo?
“Non va dimenticato che, fin dal celeberrimo “Odi et amo” di Catullo, poeti e narratori ci hanno detto che l'odio e l'amore possono avere la medesima radice, che l'odio, cioè, può essere a volte amore rovesciato, ribaltato. E come si può maturare ed essere felici con l'amore, così si può anche uccidere per amore, se in amore si viene traditi, o se l'amore ci viene sottratto con la violenza. Infatti “nel cuore le cose non finiscono mai”: che è anche il sigillo con cui si chiude questa storia e questa indagine”.
Attraverso i tuoi libri abbiamo assistito alla “crescita” del commissario Cataldo. In questa ultima avventura, come nella precedente, lo troviamo nella sua piena maturità, “alle soglie della pensione”. In che modo Cataldo è “maturato” nel corso dei libri? Chi è il commissario Giovanni Cataldo di Sporchi delitti rispetto a quello dei romanzi precedenti?
“In tanti anni, naturalmente, Cataldo è cambiato molto. S'è trasferito da Catania a Modena, da quarantenne schivo e un po' romantico, per fare carriera e per lasciar decidere alla vita su una storia d'amore in crisi, ma condizionato all'inizio dalla nostalgia per la sua terra, di cui rimpiangeva i profumi, i colori, il mare, la cucina. Poi, via via, s'è inserito sempre più nella realtà modenese, s'è innamorato, disamorato, sposato con un'infermiera conosciuta a Carpi, ha avuto due figli, finché sua moglie l'ha lasciato per un avvocato calabrese ed è partita portandoseli via con sé. Ora Cataldo, in Sporchi delitti, è un uomo solo, al culmine della maturità professionale ma incupito da questa pena segreta: è meno dinamico, quindi, ma più riflessivo, deduttivo, esperto. Ed è un uomo, soprattutto, che cerca di tenere a bada i ricordi e i rimpianti proprio con il lavoro, di cui ha umanamente bisogno”.
Anche in questo romanzo Cataldo è affiancato da colleghi più giovani. Dobbiamo pensare a un “passaggio di testimone”? Andrà davvero in pensione il nostro commissario?
“I colleghi più giovani hanno almeno due funzioni: quella di rimarcare per contrasto, con la loro minore esperienza, la superiorità deduttiva di Cataldo (che deve restare pur sempre il protagonista), e quella di costituire la necessaria “spalla” per i dialoghi, numerosi e necessari in un tipo di Giallo come il mio, che si presenta già come “sceneggiato”. Quanto alla pensione, direi che non è ancora il momento: non tanto per l'età anagrafica del personaggio, quanto per la simpatia con cui i lettori ancora adesso lo seguono, e il piacere con cui tuttora ne scrivo”.
Ancora una volta nel libro c'è tanto di Modena e dei modenesi: i luoghi, i nomi, gli scorci... Il lettore “modenese”, leggendo, ha l'impressione di conoscere qualcuno con quel “nome e cognome”, così come riconosce i luoghi citati, anche se “c'è qualcosa di diverso”. Che cos'ha la Modena di Cataldo di diverso da quella reale?
“In Sporchi delitti c'è la Modena della ricca borghesia, di gente che ha i soldi e anche una certa cultura. E oltre al centro storico, come ti ho detto, ci sono zone che non avevo mai trattato prima, come il Villaggio Zeta, via del Sagittario e via dello Zodiaco. E circa l'impressione di conoscere qualcuno con “quel nome e cognome”, hai ragione, ci sono personaggi nuovi e in parte allusivi, come per esempio un giornalista sportivo di TRC, un politico locale d'area cattolica (entrambi con cognomi... modenesissimi), e persino una lettrice di tarocchi. Quanto ai luoghi di Modena, posso dire che ultimamente non c'è sostanziale differenza fra la città reale e quella di Cataldo: Modena si mantiene bella e attrattiva nel suo centro storico, coi monumenti e i teatri, mentre le periferie si sono imbruttite: penso alla Sacca o alla Madonnina. Nei primi romanzi della serie, invece, c'era molta differenza tra la Modena reale e quella di carta, dal momento che il punto di vista di Cataldo nel descrivere la città era quello di un siciliano “esterno”, che doveva quindi vederla necessariamente con curiosità, stupore e un po' di ignoranza. Ora invece, dopo vent'anni, l'ottica di Cataldo coincide del tutto con la mia, e realtà e fiction combaciano quasi completamente”.
Infine... una curiosità da lettore. Come nasce un'avventura del commissario Cataldo? A che cosa ti ispiri? C'è già qualcosa di nuovo che... bolle in pentola e che ci puoi rivelare?
“Le mie storie nascono da uno spunto imprevedibile, offerto di volta in volta da una notizia di cronaca, dai fotogrammi di un vecchio film, dal ricordo di una pagina letta, da una vecchia memoria di famiglia... Poi, una volta presa forma la trama, giro per Modena per trovare le location più plausibili per le storie. Quanto alla classica “pentola”, qualcosa di nuovo sta già “bollendo”. Nel prossimo romanzo Cataldo indagherà nei ricordi di un gruppo di vecchi amici che hanno fatto la maturità classica insieme; un cadavere li riporterà a confrontarsi col loro passato. Il titolo potrebbe essere, appunto, Un conto aperto con il passato, adatto a questa atmosfera memoriale di indagine a ritroso, ed è anche un verso che mi ha colpito di una canzone di Giusy Ferreri”.
E, se volete conoscere di persona il Commissario Cataldo e il suo autore, “Sporchi delitti” sarà presentato mercoledì 22 maggio, alle ore 17, presso la Sala Campori della Biblioteca Estense, a Modena; sabato 15 giugno, alle 18.30, presso la Libreria Ubik di via dei Tintori, sempre a Modena; domenica 7 luglio, alle 20.30, presso il chiostro della Biblioteca di Guiglia, nell’ambito della rassegna “Un chiostro di autori e libri”.
SCHEDA DEL LIBRO
Luigi Guicciardi
Sporchi delitti
F.lli Frilli Editore
Pag 272 - € 14
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