Percosse, offese e umiliazioni nei confronti di anziani alloggiati in una casa famiglia di Parma. Una quotidianità fatta di rimproveri e umiliazioni e frequente ricorso a percosse e minacce, tirate di capelli, insulti, in un clima di terrore costante. Titolare della struttura e due collaboratrici agli arresti domiciliari per maltrattamenti. Ma le indagini non sono concluse...
Di Alexa Kuhne
Parma, 10 febbraio 2016
Il terrore glielo si leggeva negli occhi quando raccontava alla polizia cosa toccava alla sua compagna di camera.
E' stata una anziana ospite della casa famiglia Villa Alba a squarciare il velo del silenzio e a decidere di denunciare cosa lei, con altri cinque ospiti, era costretta a subire. Da lì sono scattate le indagini della Squadra mobile di Parma e poi i tre arresti di questa mattina per maltrattamenti aggravati.
"Tacevo, perché avevo paura che lo facessero a me", ha detto la ottantenne, incoraggiata a parlare anche dai suoi familiari. Viveva l'angoscia che a lei toccassero le stesse sevizie fisiche e psicologiche messe in atto, giorno dopo giorno, dalla 31enne titolare della casa di riposo, dalle due collaboratrici, sua sorella di 30 - operatore socio-sanitario - e dalla loro madre 55enne.
Una 'azienda a conduzione familiare' che le tre donne stavano molto attente a far funzionare, evitando che i sei ospiti se ne andassero. Come quando non avevano voluto chiamare il 118 per soccorrere una delle pensionate che si era sentita male, perché altrimenti, se non fosse più tornata nella casa –famiglia, avrebbero avuto una fonte di guadagno in meno.
Una quotidianità fatta di rimproveri e umiliazioni e frequente ricorso a percosse e minacce, tirate di capelli, insulti, in un clima di terrore costante.
Gli anziani della struttura, per la quale pagavano una retta di 1800 euro mensili, erano obbligati a rimanere fermi per ore, imprigionati nei letti, grazie all'uso di sponde, per evitare che scendessero, che facessero qualsiasi movimento, che dessero fastidio. Non gli era concesso espletare bisogni fisiologici, camminare, dare 'rogne' alle tre donne indagate.
Per evitare che gli ospiti 'disturbassero', li stordivano con psicofarmaci che non rientravano nelle prescrizioni mediche che, tra l'altro, non venivano mai seguite correttamente. Molte volte veniva proibito ai parenti di far loro visita, adducendo false motivazioni.
Gli anziani erano passivi, inermi, silenziosi e terrorizzati.
Le indagini, partite lo scorso maggio, hanno rivelato una realtà ancora più sconvolgente di quella raccontata, fatta sì di percosse, minacce, denigranti offese ma anche da forme di violenza psicologica, come quella di far credere ad una ospite che sua sorella fosse morta.
Le intercettazioni ambientali hanno messo in luce la quotidianità agghiacciante di una casa di riposo che avrebbe dovuto essere un luogo di pace e serenità per gli ottantenni, tutti senza disabilità, che cercavano solo assistenza e compagnia.
L'attività investigativa prosegue, anche perché nel corso dell'operato degli uomini del dott. Cosimo Romano, è emerso che una delle indagate, corsista presso un locale ospedale, ne approfittasse per portare via materiale, come presidi ospedalieri e medici, che poi venivano utilizzati nella struttura privata.
Inoltre, nella casa-famiglia era spesso presenti minori che facevano parte dell'entourage delle tre donne e che pare avessero assistito di frequente ai maltrattamenti.
I colpi del falso sacerdote sono stati messi a segno a Sassuolo e a Pavullo. A Modena e a Campogalliano, invece, un sedicente avvocato e un finto dipendente di un servizio pubblico hanno messo a segno due truffe ai danni di altrettanti cittadini.
Di Manuela Fiorini
Modena, 9 febbraio 2016
L'abito non fa il monaco. Anzi, in questo caso, il prete, dal momento che dietro al clergyman non c'era un sacerdote, ma un abile truffatore che, nei giorni scorsi, ha messo a segno due colpi in altrettante parrocchie nel territorio tra Sassuolo e Pavullo.
In entrambi i casi, l'uomo, un italiano sulla cinquantina, si è presentato fingendosi un sacerdote dell'Arcidiocesi di Modena e Nonantola a due distinte parrocchie, chiedendo del prete titolare, ma facendo bene attenzione a cogliere il momento in cui, effettivamente, il sacerdote "vero" non era in parrocchia. Veniva, pertanto, fatto accomodare nell'attesa. Momenti che il ladro coglieva al volo per fare man bassa. Nel primo caso, si sarebbe appropriato del portafoglio del sacerdote titolare con circa 200 euro, mentre, nel secondo, delle offerte dei fedeli per circa 800 euro.
I parroci derubati dal finto "collega" hanno sporto denuncia ai Carabinieri, che stanno indagando. Il malvivente è ancora a piede libero e pare che si tratti di un professionista della truffa, talmente abile da non lasciare indizi nei luoghi dove ha colpito.
Si è finto, invece, un avvocato il truffatore che, nei giorni scorsi, a Modena è riuscito a farsi consegnare del denaro da un parente delle vittime per risarcire i danni derivati da un fantomatico incidente.
Truffa ai danni di un anziano, invece, a Campogalliano, dove un finto dipendente di un serviziio pubblico è riuscito a entrare in casa del malcapitato e con la scusa di fargli mettere al sicuro alcuni gioielli d'oro nel frigorifero, è riuscito a dileguarsi con il bottino.
I Carabinieri invitano la popolazione a diffidare di chiunque si presenti avanzando richieste, di non aprire la porta di casa a sconosciuti e, in caso di dubbi, di avvertire immediatamente le Forze dell'Ordine.
foto di Claudio Vincenzi
Tenta il furto di un giubbotto e fugge in viale Mazzini dove viene inseguito. L'autore del furto è un marocchino di 34 anni regolarmente residente a Parma, incensurato, che è stato trovato in possesso di un accendino probabilmente aveva utilizzato per togliere il dispositivo antitaccheggio.
Di C.N.
Parma, 9 febbraio 2016
Il giubbotto rubato dagli scaffali della Coin è costato caro al ladro che ha tentato di sottrarlo. Ma è costato caro anche all'addetto alla vigilanza che ha inseguito e bloccato il mariolo: quest'ultimo, vistosi alle strette, ha morso con forza il dito del sorvegliante.
Per fortuna la Volante della Polizia è intervenuta immediatamente, arrestando l'autore del furto, dopo aver ricostruito il fatto.
L'addetto alla vigilanza interna del negozio Coin aveva notato un uomo prelevare dallo scaffale un giubbotto ed entrare in un camerino prova, per uscirne poi con lo stesso giubbotto indossato: oltrepassata la barriera antitaccheggio e raggiunto l'esterno del negozio, era stato quindi fermato ed invitato a rientrare nel negozio per una verifica.
L'uomo, anziché seguire l'addetto alla vigilanza, prima lo aveva spintonato per tentare la fuga, poi aveva desistito e lo aveva seguito in ufficio. Qui, approfittando di un momento di distrazione del direttore e dell'addetto, era riuscito a fuggire dal negozio, abbandonando il giubbotto in ufficio. Inseguito fino all'angolo di via Garibaldi, qui il fuggitivo era scivolato in terra senza rialzarsi. A questo punto, in attesa che giungesse la Polizia, l'addetto alla sicurezza della Coin aveva tentato di soccorrerlo, ma egli, anziché rialzarsi, gli aveva morso un dito.
L'autore del furto è un marocchino di 34 anni regolarmente residente a Parma, incensurato, che è stato trovato in possesso di un accendino probabilmente aveva utilizzato per togliere il dispositivo antitaccheggio dall'indumento, dispositivo rinvenuto dai dipendenti del negozio in una tasca di un paio di pantaloni, che lo stesso aveva preso prima di entrare nel camerino e che poi aveva risposti sullo scaffale.
Per quanto commesso, Y.S. è stato tratto in arresto per i reati di rapina impropria e lesioni personali e, accompagnato presso la propria abitazione agli arresti domiciliari, in attesa dell'udienza di convalida dell'arresto.
Forzati una decina di garage. All'arrivo della Squadra Volante i tre hanno cercato di far perdere le proprie tracce. Nel garage dove sono stati sorpresi dagli agenti vi era parcheggiata un'Audi A6 appena acquistata, del valore di circa 50mila euro.
Modena, 8 febbraio 2016
Avevono preso di mira via Pannuzio ma visti dai residenti che si sono accorti del loro fare sospetto, non sono riusciti a mettere a segno il colpo. A intervenire il personale in servizio presso la Squadra Volante che ha tratto in arresto un cittadino di nazionalità moldava, B.M., del 1993, incensurato, con l'accusa di tentato furto aggravato, in flagranza di reato.
L'uomo, insieme ad altri due complici, che sono riusciti a far perdere le proprie tracce, è responsabile di aver forzato circa una decina di garage nei pressi di via Pannunzio. All'arrivo degli agenti sul posto, ne è nato un inseguimento a piedi. I tre hanno imboccato ognuno una strada diversa e due sono riusciti a far perdere le proprie tracce.
Da una perquisizione effettuata su B.M. è emerso che l'uomo era in possesso di una torcia a batterie, di una forbice in ferro, di un paio di occhiali e di una tessera sanitaria intestata ad un uomo residente in provincia di Ferrara.
Nel corso delle verifiche, gli operatori di Polizia hanno potuto appurare che i tre soggetti avevano forzato diverse porte basculanti di garage tra i civici 60 ed 80 di via Pannunzio e che le stesse presentavano tutte la medesima apertura all'altezza delle alette di aerazione, al fine di accertare cosa vi fosse custodito all'interno.
Accompagnato in Questura, l'uomo è stato anche denunciato in stato di libertà per il possesso della forbice.
Nel garage dove sono stati sorpresi dagli agenti vi era parcheggiata all'interno un'Audi A6 appena acquistata, del valore di circa € 50.000,00.
Oltre ad aver contattato il proprietario del garage dove è stato sorpreso dagli agenti B.M., gli agenti hanno anche informato il proprietario della tessera sanitaria, residente in provincia di Ferrara, che ha riferito di aver subìto un furto all'interno del proprio appartamento lo scorso 4 febbraio.
La maestra accusata di maltrattamenti torna in libertà. Intanto, sempre alla Materna di Pavullo, altro episodio analogo, denunciato prima di quello Giacomazzi...Non starà mica diventando una caccia alle streghe?
Di A.K.
Modena, 8 febbraio 2016
Un occhio nero e molta paura, tanto da non riuscire più a dormire.
Un piccolo intimorito ospite di una scuola di Pavullo, paese del Modenese, sarebbe al centro di un'altra storia di maltrattamenti. Stando almeno a quanto hanno denunciato due genitori che hanno raccontato la loro versione dei fatti ai carabinieri, prima che scoppiasse il caso eclatante dell'insegnante della Materna violenta con la sua classe.
La maestra incriminata era Manuela Giacomozzi, arrestata lunedì scorso con l'accusa di maltrattamenti aggravati ai suoi bambini presso la materna statale "Ventre" e in queste ore tornata in libertà.
Mamma e papà del bambino picchiato e ora con paure e difficoltà relazionali che gli hanno reso difficile il sonno, chiedono a che punto siano le indagini che, secondo loro, non stanno procedendo con la stessa rapidità investigativa che, nel caso Giacomozzi, ha determinato presupposti innegabili per il recente provvedimento del giudice.
La protesta dei genitori sospettosi ha fatto il giro del paese e anche dei social, tanto che sono stati convocati dai carabinieri, che hanno ripreso in esame il caso.
Nella denuncia alla Procura della Repubblica, presentata dalla coppia, viene raccontato di quanto scosso fosse il bambino all'uscita di scuola e di quell'occhio nero...
«Mi rivolsi all'insegnante che era in sezione - riporta la denuncia con riferimento alla maestra denunciata - la quale peraltro era da sola... Lei ci rispose di non saperne nulla... Ero un po' perplessa, poichè il livido era ben visibile... Mentre mi confrontavo con un'altra mamma, si avvicinò una signora che disse di aver bisogno di parlare con me. Ci disse che la figlia di cinque anni frequentava la materna e che mentre stava uscendo dal salone aveva notato quella maestra usare un tono di voce alto. Vide che l'ultimo bambino che era rimasto nel salone, mio figlio, mentre correva per rientrare in sezione urtò la maestra la quale gli disse "non si corre" e gli diede quel violento schiaffo sul viso».
Da quel momento pare che il bimbo abbia avuto problemi a dormire e a relazionarsi.
Sandrone, Pulonia e il figlio Sgorghiguelo, simboli da oltre un secolo del Carnevale modenese, hanno fatto tappa in Questura per il consueto scambio di "doni" e brindisi. Accolti dal Questore, dott. Giuseppe Garramone e dal Vicario del Questore, dott. Michele Todisco.
Modena, 5 febbraio 2016
Visita di cortesia in Questura della famiglia Pavironica. Padre (Sandrone), madre (Pulonia) e figlio (Sgorghiguelo) che rappresentano le tre maschere di Modena e che da oltre un secolo sono il simbolo del carnevale modenese hanno fatto tappa anche quest'anno negli uffici di via Palatucci.
Accolti dal Questore, dott. Giuseppe Garramone e dal Vicario del Questore, dott. Michele Todisco, le maschere hanno portato la consueta ventata di allegria affrontando, brevemente, alcuni temi cari alla città quali, ad esempio, quello della sicurezza.
Dopo il consueto scambio dei "doni" (un statuetta raffigurante il Sandrone e la "Pantera" della Squadra Volante in cristallo) ed un brindisi al carnevale, la famiglia Pavironica ha salutato tutti dando appuntamento all'anno prossimo.
Una giovane vita spezzata dall'ennesimo incidente sul lavoro. Tragico episodio in una ditta di marmi a Lugagnano Valdarda, in provincia di Piacenza. Vittima il 31enne Davide Carlo Spinazzola. Inutili i tentativi di rianimazione, praticati anche con un defibrillatore.
di A.K.
Piacenza, 5 febbraio 2016
Aveva solo 31 anni Davide Carlo Spinazzola quando la sua vita è stata stroncata da una lastra di marmo.
L'ennesimo incidente sul lavoro con conseguenze tragiche è successo ieri, in una ditta di marmi a Lugagnano Valdarda, in provincia di Piacenza.
Il ragazzo ha perso la vita dopo essere stato travolto e schiacciato da una pesante placca di marmo che è caduta da un muletto in movimento.
Davide Carlo Spinazzola, stando ai primi accertamenti dei carabinieri di Fiorenzuola, è morto sul colpo. Sul posto l'eliambulanza di Parma e l'ambulanza della pubblica assistenza. Il 31enne, conosciuto in zona anche per il suo lavoro di volontario nella pubblica assistenza Val d'Arda, abitava a Castell'Arquato.
I tentativi di rianimazione, praticati anche con un defibrillatore, sono risultati vani.
Scoperte 9 rapine commesse tra Parma e Reggio Emilia in soli due mesi ai danni di ragazze che si prostituivano. Le indagini, iniziate alla fine del mese di dicembre 2015, hanno permesso di riscontrare lo stesso modus operandi fra tre rapine.
Di A.K. - ph. Francesca Bocchia -
Parma, 4 febbraio 2016
Andava a colpo sicuro: sapeva chi e dove cogliere nel segno. In due mesi un rapinatore seriale senegalese aveva derubato almeno nove prostitute. I Carabinieri della Compagnia di Parma hanno arrestato, a seguito di un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Tribunale di Parma su richiesta della locale Procura, un cittadino senegalese di 33 anni ritenuto responsabile di molte rapine consumate, principalmente, in danno di prostitute.
Le indagini, iniziate alla fine del mese di dicembre 2015, hanno permesso di riscontrare, fin dalle primissime battute, lo stesso modus operandi fra tre rapine commesse in danno di prostitute.
Tutte le vittime riferivano di essere state avvicinate da un uomo di colore che, dopo averle fatte salire su una utilitaria di colore grigio, le aveva minacciate con un coltello facendosi consegnare il denaro e gli oggetti in loro possesso per poi dileguarsi.
Sulla base degli elementi raccolti i militari hanno informato la Procura della Repubblica di Parma ed iniziato ad effettuare una serie di servizi per identificare i possessori di autovetture simili a quella indicata. Dopo alcuni giorni è stata individuata, in località San Pancrazio, una Peugeot 206 di colore grigio condotta da un cittadino di colore, che si aggirava sulla via Emilia in zone normalmente frequentate da prostitute.
Fermato ed identificato per un controllo, il 33enne è stato immediatamente riconosciuto da una delle sue vittime. Durante la perquisizione della vettura è stato inoltre rinvenuto, occultato sotto un tappetino, un coltello con lama lunga 22 cm mentre nella successiva perquisizione dell'abitazione sono stati rinvenuti molti telefoni cellulari risultati poi rubati.
In ragione di tutti gli elementi acquisiti il P.M. della Procura di Parma ha emesso, nell'immediatezza, un decreto di fermo a carico del sospettato che è stato quindi accompagnato in carcere.
La prosecuzione degli accertamenti sulla refurtiva rivenuta nell'appartamento ha permesso d'individuare altre 8 ragazze vittime di altrettante rapine, consumate dall'interessato, con le medesime modalità, tra il mese di novembre e dicembre nelle province di Parma e Reggio Emilia.
In ragione dei numerosi ulteriori riscontri acquisiti dai Carabinieri il Sostituto Procuratore titolare dell'indagine ha richiesto una misura cautelare a carico del cittadino senegalese per tutte le rapine commesse. I militari della Compagnia, ricevuta la misura di custodia cautelare in carcere, hanno quindi notificato il provvedimento all'uomo che si trovava ancora ristretto presso il carcere di Parma.
I pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi hanno chiesto condanne sostanziose per 71 degli imputati del processo di 'Ndrangheta Aemilia, nell'aula speciale predisposta alla fiera di Bologna. La sentenza è prevista tra fine febbraio e inizio marzo.
Di A.K.
Reggio Emilia, 4 febbraio 2016
Pene fino a 20 anni. I pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi hanno chiesto condanne sostanziose per 71 degli imputati del processo di 'Ndrangheta Aemilia, nell'aula speciale predisposta alla fiera di Bologna.
A gennaio del 2015 furono arrestate 117 persone accusate di far parte di una organizzazione mafiosa con radici in Calabria ma che si era sviluppata autonomamente, utilizzando come base Reggio.
Prima di Natale 167 erano stati i rinvii a giudizio, solo che molti imputati avevano scelto il rito abbreviato.
Per due capi, Nicolino Sarcone e Alfonso Diletto e per due organizzatori, Giuseppe Giglio e Antonio Silipo, sono stati chiesti 20 anni. Tra gli accusati di concorso esterno, 13 anni e 8 mesi sono stati reclamati per la fiscalista bolognese Roberta Tattini, 12 anni per il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, Giuseppe Pagliani.
Per altri tre accusati di essere i promotori dell'associazione di tipo mafioso contestata, Antonio Gualtieri, Romolo Villirillo e Francesco Lamanna, i Pm hanno richiesto 18 anni, 17 anni e 8 mesi, 16 anni e 8 mesi.
Per gli altri associati la richiesta dei pubblici ministeri scende di poco: Giuseppe Richichi (16 anni), Giulio Giglio (15 anni e 8 mesi), Donato Agostino Clausi (15 anni), Salvatore Cappa (14 anni e due mesi), Roberto Turrà (14 anni), Giuseppe Pallone (13 anni e 4 mesi), Francesco Frontera e Alfonso Martino (12 anni e 8 mesi), così come per Domenico Mesiano, poliziotto ed ex autista del questore di Reggio; 12 anni e 4 mesi per Pasquale Battaglia, 12 per Michele Colacino, Selvino Floro Vito e Francesco Lepera.
Dodici anni sono stati chiesti anche per Nicolino Grande Aracri, ritenuto il punto di riferimento della Cosca, ma che nel processo 'Aemilia' non risponde di associazione a delinquere di tipo mafioso: la sua è l'unica posizione per cui sono state chieste assoluzioni per alcuni capi di imputazione.
Tredici anni sono stati chiesti inoltre per un altro poliziotto, Antonio Cianflone, 14 anni per il giornalista Marco Gibertini, 12 anni per Fulvio Stefanelli, marito di Tattini e sei anni per Giovanni Paolo Bernini, ex assessore Pdl del Comune di Parma. La pena più bassa chiesta è stata di 10 mesi. La sentenza è prevista tra fine febbraio e inizio marzo.
La Dia (Direzione distrettuale antimafia), nella sua relazione semestrale, ha delineato un quadro inquietante dell'espansione di mafia, 'ndrangheta, camorra e criminalità organizzata pugliese in Emilia Romagna, nella relazione che fa riferimento al primo semestre 2015.
Di Alexa Kuhne
Parma, 3 febbraio 2016
L'Emilia Romagna è la nuova frontiera della mafia.
E' questo l'allarmante quadro che ha disegnato la Direzione investigativa antimafia nella sua relazione che fa riferimento al primo semestre 2015.
Il lavoro della Dia ha delineato i contorni del fenomeno, in costante crescita, dell'espansione delle cosche italiane. Evoluzione, traffici e nuove frontiere fanno immaginare un futuro definito dagli analisti della Dia "inquietante".
Camorra, Cosa Nostra, 'Ndrangheta e Criminalità organizzata pugliese si stanno facendo largo in tutto il nord Italia, soprattutto in Emilia Romagna. I clan riciclano imponenti quantità di denaro. Ma non è solo questo: puntano a entrare nei gangli vitali della vita pubblica e della politica per arrivare al cuore delle istituzioni.
Gli esperti della Dia, parlando di Cosa Nostra, segnalano che nella regione "pregresse attività info- investigative hanno fatto emergere la presenza di soggetti provenienti dalla Sicilia legati alle varie organizzazioni dell'isola e tendenzialmente dediti al riciclaggio e al reimpiego del denaro".
Si tratterebbe di esponenti delle famiglie di Cosa Nostra palermitane, nissene e catanesi, attive nelle varie provincie e nel capoluogo di regione. C'è la mafia siciliana e c'è anche quella calabrese. Gli 'ndranghetisti sono ovunque "è stata documentata l'operatività, tra le provincie di Reggio Emilia, Modena, Parma e Piacenza". Le analisi "evidenziano la capacità di attuare una pervasiva infiltrazione nel tessuto economico emiliano - soprattutto nell'edilizia, nel movimento terra, nello smaltimento dei rifiuti e nella gestione delle cave - e di inserirsi nei lavori di costruzione post terremoto 2012, anche attraverso la compiacenza di imprese locali e di alcuni amministratori pubblici". Non lavorano soli i calabresi: le indagini hanno evidenziato anche contatti tra il gruppo criminale calabrese e quello camorristico dei casalesi - principalmente attivi in provincia di Modena - per la "creazione di un sodalizio affaristico- mafioso da impiegare nei lavori di ricostruzione post terremoto in Abruzzo".
L'Emilia è un punto strategico, un volano da cui partire per poi lavorare ovunque.
Per la Camorra "il contesto economico dell'Emilia Romagna continua a rappresentare un fattore di attrazione". Gli affiliati "tendono a inserirsi in attività produttive commerciali e del terziario, privilegiando la gestione di società di costruzione, di trasporto e di movimento"
Il settore edile rappresenterebbe il fulcro di tutte le attività criminose. Gli interessi sarebbero collegati al collocamento di manodopera, e "alla possibilità che offre di stabilire contatti con professionisti e rappresentanti delle pubbliche amministrazioni". Il territorio emiliano romagnolo è stato eletto a domicilio pure dai pugliesi. Anche nel caso della criminalità organizzata che ha origine in Puglia la Dia registra "segnali di espansione economica verso l'Emilia Romagna".