"Operazione GRANDE FIUME" dei carabinieri. Eseguite 9 ordinanze di custodia per spaccio di stupefacenti nella bassa parmense. Gli incontri avvenivano anche sotto i palazzi municipali.
Di Alexa Kuhne
Ci sono voluti quasi due anni di indagini per tagliare la testa ad una organizzazione italo-albanese che spacciava nella bassa parmense.
Alle prime ore di questa mattina l'"Operazione grande fiume" ha avuto il suo epilogo.
I Carabinieri della Compagnia di Fidenza hanno eseguito 9 ordinanze cautelari emesse nei confronti del gruppo italo-albanese ritenuto responsabile di una consistente attività di spaccio di cocaina nella Provincia di Parma e, in particolare, nella zona compresa fra Busseto e Polesine Zibello.
L'attività d'indagine, eseguita dalla Stazione di Polesine Zibello in collaborazione con la Stazione di Busseto ed il Nucleo Operativo della Compagnia di Fidenza, è iniziata nei primi mesi del 2014 a seguito di una serie di notizie che facevano pensare all'esistenza di un'attività strutturata e costante di spaccio nel Comune di Polesine Parmense da parte di alcuni cittadini di origine albanese residenti in quel centro.
Le indagini si sono immediatamente indirizzate verso alcuni sospettati, già noti ai carabinieri della stazione di Zibello, che spesso stazionavano in prossimità di esercizi pubblici frequentati, in concomitanza, da altri soggetti conosciuti come assuntori di droga.
Spesso gli incontri con gli acquirenti avvenivano in posti più insospettabili, come i palazzi municipali di Polesine e di Zibello.
A gestire il ricco traffico di stupefacenti c'era un'intera famiglia di cittadini albanesi che riusciva ad approvvigionarsi di discreti quantitativi di cocaina da diversi canali grazie alla collaborazione di altre persone, italiane e straniere, che svolgevano il ruolo di autisti.
La droga veniva 'lavorata' nell'abitazione della famiglia albanese dove veniva preparata per la vendita al dettaglio in locali pubblici del paese o direttamente a casa degli spacciatori.
Le stesse indagini hanno consentito anche di individuare l'attività illecita dello spaccio di stupefacenti di due fratelli, anch'essi di origine albanese, residenti nel Comune di Busseto, dediti allo spaccio al minuto di cocaina, nei Comuni di Busseto e Fidenza.
Alla famiglia degli spacciatori albanesi erano collegati diversi spacciatori al minuto che costituivano tutti i canali di rifornimento collegati all'organizzazione.
Ricostruendo il commercio illegale è stato possibile trarre in arresto, in flagranza di reato, 3 personee sequestrare 300 grammi di cocaina e 70 grammi di hashish, un piccolo quantitativo di sostanze da taglio e materiale per il confezionamento dello stupefacente lavorato. Il gip, su richiesta del pubblico ministero, ha emesso le ordinanze di custodia cautelare a carico di 9 albanesi, di età compresa fra i 57 e i 25 anni.
Inoltre durante le varie fasi delle indagini sono stati tratti in arresto, di flagranza di reato, per spaccio di stupefacenti anche due italiani, di 26 e 36 anni e un altro albanese di 30.
Mario Alessi che sequestrò e assassinò il piccolo Tommaso Onofri, potrà godere di momenti di lontananza dal carcere per lavorare all'esterno del penitenziario in cui ora si trova a scontare la sua pena. L'indignazione si solleva dopo l'appello della madre di Tommy, Paola Pellinghelli e dell'associazione 'Tommy nel cuore', anche tra chi fa politica, come Matteo Salvini.
di Alexa Kuhne
Parma, 16 marzo 2016
Può un infanticida alleggerire il suo ergastolo con permessi-premio?
Pare che sia una opzione prevista dalla legge.
Mario Alessi, ergastolano, perché sequestrò e assassinò il piccolo Tommaso Onofri, potrà godere di momenti di lontananza dal carcere per lavorare all'esterno del penitenziario in cui ora si trova a scontare la sua pena.
E l'indignazione si solleva non solo sui social, dopo l'appello della madre di Tommy, Paola Pellinghelli e dell'associazione 'Tommy nel cuore', ma anche tra chi fa politica, come Matteo Salvini, il segretario federale della Lega Nord, che, con un video, ha protestato contro la decisione di alleggerire la prigionia a vita a Mario Alessi con permessi premio.
Perché nessuno, a distanza di dieci anni, riesce a dimenticare quella morte che fece gelare il sangue.
''Pazzesco - scrive Salvini su Facebook -. Sono passati 10 anni e chi ha ucciso il piccolo Tommy uscirà per dei permessi-premio. La bestia che ha massacrato un bimbo di 18 mesi potrà lavorare fuori dal carcere. Io sono contro la pena di morte ma il mio impegno quando sarò al governo è che l'ergastolo sia ergastolo, meglio se ai lavori forzati!''.
La mamma di Tommy, Paola Pellinghelli, presidente della onlus "Tommy nel cuore", fa uscire tutta la sua rabbia e il suo dolore sul profilo facebook e prega di non far uscire Mario Alessi: "Non date permessi premio al killer di mio figlio".
A distanza di dieci anni, il manovale siciliano, condannato all'ergastolo per l'omicidio, potrebbe davvero ottenere di uscire dal carcere di giorno per lavorare.
"Se dovesse succedere – ha detto nei giorni scorsi a TgCom24 - urlerei così tanto che qualcuno, prima o poi, mi ascolterebbe. Vorrei ricordare che fra me e lui sono io che sto scontando l'ergastolo: la mia condanna è non avere più Tommy. Spero che il giudice valuti con responsabilità tutta la storia di questo mostro, tutte le sue bugie".
Per quell'assassinio che fece vivere per giorni e giorni milioni di italiani nell'angoscia, vennero catturati e condannati tre colpevoli: vent'anni di reclusione con rito abbreviato per Salvatore Raimondi, considerato responsabile materiale del rapimento e del delitto insieme ad Alessi, che venne condannato all'ergastolo; mentre ventiquattro anni per Antonella Conserva, complice dei due. Il loro piano era quello di un rapimento lampo per estorcere dei soldi alla famiglia, ma i due uomini dopo essersi dati alla fuga, braccati dalle forze dell'ordine, vennero presi dal panico, forse perché il bambino piangeva, e lo uccisero senza pietà.
Nessuno può dimenticare i racconti, le testimonianze di quelle ore in cui scomparve il bambino. Era l'ora di cena, Tommaso era nel seggiolone, a casa sua, una cascina nella frazione di Casalbaroncolo, alle porte di Parma. I sequestratori staccarono la corrente costringendo il padre del bimbo, Paolo Onofri, a uscire per controllare se fosse stato un guasto. Lo immobilizzarono, entrarono e strapparono Tommy dal seggiolone, davanti alla mamma e al fratellino Sebastiano, 8 anni.
Il piccolino fu ucciso quella stessa sera, pochi minuti dopo il rapimento: lo massacrarono col badile, presi dal panico perché piangeva troppo forte. Lo seppellirono sotto pochi centimetri di terra, lungo la Strada del Traglione, un paio di chilometri in linea d'aria dalla casa della famiglia Onofri. Ma tutto questo si seppe un mese dopo, quando le indagini arrivarono a una svolta e Mario Alessi, muratore che aveva lavorato nella cascina degli Onofri, confessò che voleva chiedere un riscatto e rivelò il piano messo a punto con i complici.
"Nel 2006 - racconta Paola ai giornalisti - me lo sono ritrovato in casa come manovale perché qualche giudice aveva deciso che potesse stare in libertà dopo la condanna per stupro e rapina. Di quelle condanne io non sapevo assolutamente nulla. Non vorrei che qualche altro giudice - afferma - gli desse nuovamente credito".
Di Tommy nessuno dimenticherà mai gli occhioni azzurri. Chi c'era con il pensiero, con il cuore e con le preghiere in quei giorni di angoscia c'è ancora oggi e si indigna, prova rabbia e soffre. Mamma Paola ricorda l'affetto di tutti: «Ogni anno io, gli amici dell'Associazione e gente di Parma che a volte nemmeno conosco, ci ritroviamo nel posto in cui fu trovato il suo corpo. Facciamo l'albero di Natale per lui, portiamo piccoli doni. È diventata una tradizione. I primi anni facevo anche la torta per il giorno del suo compleanno, poi ho smesso. E da quando lui non c'è più ho chiuso anche con i film violenti e con le notizie di cronaca. Non riesco più a sentire o vedere che facciano del male a qualcuno. In tutti questi anni le sole udienze che non ho seguito sono state quelle con i periti, con le fotografie, la ricostruzione della morte. Anche gli atti... Non li ho mai visti»
Pneumatici usurati e luci non funzionanti le infrazioni più diffuse. Oltre 200 i mezzi controllati dalla Municipale in occasione della campagna finalizzata a verificare l'efficienza e la regolarità dei dispositivi di equipaggiamento dei veicoli.
Modena, 16 marzo 2016
Sono stati oltre 200 i mezzi controllati dalla Polizia municipale di Modena in occasione della campagna finalizzata a verificare l'efficienza e la regolarità dei dispositivi di equipaggiamento dei veicoli che percorrono le strade cittadine.
I controlli mirati sono proseguiti fino al 10 marzo perché l'avvio della campagna, previsto per il 29 febbraio, è stato influenzato dall'ondata di maltempo di quei giorni; proprio le recenti piogge hanno ampiamente dimostrato ai conducenti l'importanza dei dispositivi di sicurezza soprattutto in condizioni di guida resa difficoltosa a causa degli agenti atmosferici.
Durante i dieci giorni della campagna le pattuglie sul territorio hanno quindi proceduto a svolgere sommarie ispezioni ai veicoli fermati finalizzate a verificare il funzionamento di luci, frecce e stop; le condizioni degli pneumatici, delle targhe e il rispetto della revisione dei veicoli.
Su 214 mezzi fermati, 49, cioè più di un veicolo su cinque, sono risultati non in regola con i dispositivi di equipaggiamento e quindi sanzionati: 12 per omessa revisione, tre per mancanza di dispositivi obbligatori, due per dispositivi non conformi (ad esempio pneumatici diversi da quelli omologati per il veicolo sul quale erano installati) e ben 32 per dispositivi inefficienti, l'esempio più diffuso è costituito dalla presenza di gomme usurate fino a perdere l'aderenza, ma anche le luci non funzionanti sono all'ordine del giorno.
Dal Comando di via Galilei fanno notare che i risultati dei controlli suggeriscono come la cura tecnica delle condizioni di efficienza del veicolo, forse in virtù di un generale eccessivo affidamento sulle capacità del parco mezzi circolante, deve essere rinforzata, poiché "i veicoli funzionano bene nella misura in cui sono mantenuti in buono stato". L'efficienza tecnica è infatti di particolare importanza ai fini della sicurezza stradale ed è responsabilità del conducente accertarsi del corretto funzionamento dei dispositivi prima di mettersi in viaggio.
Rapina con una scusa e poi minaccia con un coltello un minorenne nei pressi della stazione. Rintracciato, reagisce agli agenti: arrestato. Il 31enne pluripregiudicato era indagato in stato di libertà per tentata rapina in concorso commessa all'interno della stazione ferroviaria poche settimane fa.
Di Alexa Kuhne
Parma, 16 marzo 2016
E' bastata una scusa per ingannare un sedicenne: quella del cellulare per fare una telefonata urgente.
Il ragazzo, che stava passeggiando in via Garibaldi, non ha esitato a darlo in prestito a due nordafricani, forse colto alla sprovvista e impaurito o forse perché, in buona fede, pensava fossero davvero in difficoltà.
Uno dei due, dopo aver preso lo smartphone, si è incamminato lungo via XX Settembre, seguito dal complice, senza dir niente al minorenne che, a un certo punto, ha preteso la restituzione del telefono, ottenendo in risposta di aspettare la fine della chiamata.
Il ragazzo ha continuato a seguire i due uomini, ma, giunto in piazzale Salvo D'Acquisto, ha reclamato con maggiore decisione la restituzione del suo cellulare. Questa volta, però, il nordafricano gli ha intimato di andarsene tirando fuori il coltello.
Impaurito, il giovane è fuggito a casa e ha raccontato tutto ai genitori e ha descritto con precisione alla polizia il suo rapinatore: giovane, maghrebino, con un berretto da baseball di colore viola con scritta frontale, con un vistoso orecchino pendente dal lobo sinistro. Non è stato difficile individuarlo, insieme al suo complice, nei pressi della stazione ferroviaria.
I due si sono accorti di essere stati identificati e sono fuggiti, in due diverse direzioni.
Gli agenti ne hanno bloccato uno in via Palermo. Nonostante fosse stato immobilizzato a terra, egli ha opposto una violenta resistenza con le mani e con calci da terra, senza riuscire però a causare lesioni ai poliziotti, fino ad essere finalmente ammanettato.
Il fermato è stato riconosciuto subito dalla vittima. Si tratta di un 31enne pluripregiudicato tunisino, che è stato più volte in carcere per reati inerenti gli stupefacenti tra cui lo spaccio, poche settimane prima era stato indagato in stato di libertà dalla Squadra mobile per tentata rapina in concorso commessa all'interno della stazione ferroviaria.
Al termine degli atti di rito, l'uomo è stato sottoposto a fermo di indiziato di delitto per il reato di rapina in concorso, arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, denunciato in stato di libertà per aver fornito false generalità al momento del fermo, e condotto in carcere.
Coppia di cinquantenni, recidivi, deferiti per atti persecutori nei confronti della ex di lui. Con la collaborazione e il coinvolgimento attivo della nuova compagna, questi comportamenti oppressivi e minacciosi avrebbero preso di mira anche il nuovo fidanzato della donna.
Piacenza, 16 marzo 2016
Un anno fa avevano patteggiato la pena per il reato di atti persecutori, ma non è bastato a far desistere un uomo e una donna di circa cinquant'anni, residenti in provincia di Piacenza, dal porre in atto un comportamento persecutorio fatto di inseguimenti, sms, insulti e pubblicazioni lesive sui social network nei confronti dell'ex compagna di lui e del suo fidanzato attuale.
Secondo quanto accertato dalla sezione Giudiziaria della Polizia Municipale, dal racconto della vittima e del suo attuale compagno è emerso che l'ex convivente, padre delle sue bambine, probabilmente preda della gelosia e della rabbia, avrebbe iniziato a tormentarla con l'aiuto della nuova compagna, con una serie di appostamenti, inseguimenti, minacce e insulti. Ogni volta che lei usciva con gli amici, l'ex convivente si presentava nel luogo del ritrovo per ingiuriarla e screditarla in pubblico, arrivando anche a seguirla durante gli spostamenti in auto. Non solo: con la collaborazione e il coinvolgimento attivo della nuova compagna, questi comportamenti oppressivi e minacciosi avrebbero preso di mira, negli ultimi tempi, anche il nuovo fidanzato della donna.
Inoltre, dalle verifiche dei tabulati è risultato che le minacce e le ingiurie telefoniche, così come le pubblicazioni offensive sui social network, venivano inviate e pubblicate utilizzando una scheda telefonica la cui intestazione non era riconducibile ai due cinquantenni.
Le vittime, sempre in sede di denuncia, hanno raccontato di una situazione insostenibile, che comportava per entrambi un perdurante stato di ansia e paura dovuto al continuo ripetersi di simili episodi. La Polizia Municipale, terminate le indagini e sentiti alcuni testimoni, ha deferito all'Autorità Giudiziaria i due cinquantenni residenti in provincia di Piacenza per il reato di atti persecutori.
Un 19 enne senegalese ha fatto irruzione nell'istituto frequentato dalla ragazza 18 enne e l'ha malmenata durante l'orario di lezione. Arrestato dai Carabinieri.
Di Manuela Fiorini
Piacenza, 15 marzo 2016
Chissà che cosa è passato per la testa a un 19 enne senegalese che ieri ha fatto irruzione in una scuola superiore di Fiorenzuola d'Arda e ha letteralmente preso a schiaffi la sua ex fidanzatina, una ragazza di 18 anni che frequenta l'istituto, mandandola all'ospedale. Il tutto durante l'orario delle lezioni e sotto gli occhi allibiti di compagni e insegnanti.
Il giovane ha poi strappato il cellulare della ragazzina ed è fuggito, ma all'esterno dell'istituto ha trovato ad attenderlo i Carabinieri del Nucleo Radiomobile, allertati da qualcuno della scuola. Il ragazzo è stato così identificato e arrestato. Sarà processato per direttissima. La 18 enne, invece, se è stata dimessa con una prognosi di sette giorni.
Carabinieri Roccabianca: scattano le manette per tre giovani per furto in danno di strutture pubbliche e ricettazione. Un'indagine partita poco prima di Natale, quando municipio e scuola di Roccabianca erano stati devastati durante la notte.
Di Alexa Kuhne
Fidenza, 15 marzo 2016
Un'indagine lunga qualche mese, partita poco prima di Natale, quando municipio e scuola di Roccabianca erano stati devastati durante la notte.
Ieri i carabinieri hanno potuto arrestare tre giovani italiani, residenti a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, che erano soliti venire in trasferta nel parmense a scopo di furto.
Sono stati ritenuti responsabili, in concorso tra loro, dei reati di tentato furto, furto aggravato e ricettazione.
L'indagine è iniziata lo scorso 9 dicembre a seguito dell'intervento dei militari della locale stazione dei carabinieri presso il municipio di Roccabianca e l'attigua scuola media per il dei furti e danneggiamenti commessi nelle due strutture.
La banda di malviventi aveva preso di mira la cassaforte dell'ufficio anagrafe. Dopo aver distrutto scrivanie e suppellettili nelle stanze del piano terra e del primo piano, ha trovato l'armadio blindato e ha tentato l'apertura con un flessibile, non riuscendovi.
I tre malviventi non soddisfatti del tentativo andato a male si sono spostati nell'attigua scuola media, devastandola. Hanno svuotato un estintore sul pavimento di un corridoio, danneggiato un distributore di bevande per asportarne il denaro contenuto.
Per identificare la banda è stata fondamentale la collaborazione della polizia municipale e della popolazione locale: sin da subito è stato possibile individuare l'auto, una fiat Punto, su cui viaggiavano i tre soggetti mentre le testimonianze raccolte, incrociate con le immagini delle telecamere dell'Unione Terre Verdiane e di altri privati, hanno permesso di risalire al numero di targa del veicolo e di cristallizzare le fattezze e gli indumenti degli autori dei fatti.
I successivi accertamenti hanno anche permesso di scoprire che i tre hanno prelevato da un bancomat di quel centro 600 euro utilizzando una carta rubata poche ore prima presso il municipio di San Martino del Lago, nel Cremonese.
I tre giovani di 30, 20 e 22 anni, erano già gravati da numerosi precedenti specifici per furti commessi in danno di abitazioni ed aziende.
Due di loro erano anche stati arrestati di recente, in flagranza di reato, dai carabinieri di Colorno poiché, sempre di notte, avevano commesso un furto all'interno di un centro di assistenza di persone con disabilità nel comune di Sorbolo.
Le ordinanze sono state eseguite dai militari della Compagnia di Fidenza con il supporto del personale della Compagnia di Casalmaggiore. Dopo le formalità di rito i tre arrestati sono stati tradotti presso le rispettive abitazioni ai domiciliari in attesa dell'interrogatorio di garanzia.
Si sono svolti oggi nella Chiesa di Cittanova i funerali del giovane calciatore di origine Sinti precipitato lo scorso 5 marzo dal un cavalcavia sull'A1. In migliaia da tutta Italia per dargli l'ultimo saluto.
Di Manuela Fiorini – tutte le foto in fondo alla pagina, ph. Claudio Vincenzi
Modena, 14 marzo 2016
C'erano i compagni di squadra dello Zocca e del Saliceta, familiari e amici provenienti da tutta Italia per dare l'estremo saluto a Tigei Della Santina, il giovane calciatore 30 enne di orgine Sinti che lo scorso 5 marzo ha perso la vita precipitando da un cavalcavia sull'A1.
Conosciuto e benvoluto da tutti, il giovane, padre di tre bambine di 12, 10 e 4 anni, secondo le indagini delle Forze dell'Ordine, si sarebbe lanciato con gesto volontario, dopo una serata conviviale trascorsa insieme ai compagni d squadra.
Fin dalla giornata di ieri, sono state migliaia le persone arrivate presso la microarea di via Bellaria, dove il giovane viveva con la famiglia, per rendergli omaggio. Centinaia le corone di fiori, le maglie dei campioni, i biglietti e i ricordi che hanno riempito la tensostruttura allestita come camera ardente.
Alle 14.30, la bara bianca di Tigei è partita per il suo ultimo viaggio. Il corteo funebre di centinaia di auto ha seguito un percorso obbligato per non causare disagi alla viabilità in un tratto, quello della Nuova Estense, molto trafficato. In accordo con la Prefettura di Modena, a differenza di quanto era stato annunciato in precedenza, nessuna strada è stata chiusa, ma è stato utilizzato un tratto della Tangenziale e di via Emilia Ovest per giungere alla chiesa di Cittanova, dove è avvenuta la cerimonia funebre. E' stato tuttavia necessario l'intervento di Carabinieri e Polizia Municipale per regolare il traffico. Tigei della Santina riposa ora nel cimitero di Cittanova, dove si trovano anche le tombe di altri parenti.
La famiglia ha voluto ringraziare le autorità modenesi per la vicinanza e la disponibilità dimostrate nell'organizzazione dell'ultimo saluto al loro congiunto.
Sembrava una normale prestazione a pagamento, invece, al momento del saldo, il cliente ha estratto un coltello a serramanico e nella colluttazione la vittima è stata ferita a una mano.
Di Manuela Fiorini
Modena, 14 marzo 2016
Sembrava una normale "prestazione" da saldarsi alla fine del rapporto. Invece, il cliente, al momento di pagare, anziché il portafoglio ha estratto un coltello a serramanico.
E' accaduto ieri sera a Modena, nelle vicinanze di Stradello Sant'Anna, una delle mete preferite di chi cerca sesso a pagamento. Il transessuale era stato abbordato in viale Montecuccoli, nella zona dietro allo stadio Braglia, ma dopo aver consumato il rapporto, è stato il cliente a pretendere i soldi, tutti quelli guadagnati dalla vittima.
Alla vista del coltello, il transessuale avrebbe reagito e ne sarebbe nata una colluttazione, durante la quale la vittima della rapina si è ferita seriamente a una mano, probabilmente nel tentativo di parare un fendente o di disarmare il rapinatore. Alla vista del sangue, quest'ultimo si sarebbe spaventato e avrebbe scaraventato la vittima fuori dall'auto, ripartendo a tutto gas.
A quel punto, al transessuale non è rimasto altro che telefonare alle Forze dell'Ordine ed è stata inviata sul posto un'ambulanza del 118. La vittima è stata ricoverata al Policlinico dove gli è stata riscontrata una profonda ferita con danneggiamento di un tendine.
Due giovani moldavi tentano un furto in un'officina ma vengono inchiodati dalla loro tentata fuga e dagli abiti sporchi di fango. A segnalare ai carabinieri rumori sospetti provenienti dall'interno di un magazzino è stato un abitante di via Langhirano.
Di A.K.
Parma, 11 marzo 2016
Sono stati presi con le mani nel sacco un ragazzo e una ragazza moldava che ieri notte hanno tentato un furto in un'officina.
A segnalare ai carabinieri rumori sospetti provenienti dall'interno di un magazzino è stato un abitante di via Langhirano.
Giunti sul posto i militari hanno iniziato ad ispezionare la zona, sia esternamente che internamente, in cerca dei malviventi che effettivamente stavano tentando la fuga da un'officina attigua al condominio dirigendosi, a piedi, nel campo dal quale si può accedere in tangenziale.
Costatata la fuga i militari, unitamente ad un equipaggio della Polizia di Stato intervenuto in ausilio, hanno allargato progressivamente la zona delle ricerche individuando, dopo circa 10 minuti, alla rotonda di via Langhirano, una Mercedes classe E con a bordo due giovani le cui sembianze corrispondevano a quelle dei due soggetti precedentemente scappati. Il conducente della Mercedes è fuggito in tangenziale ma la sua corsa è durata poco perché è stato fermato dalle due pattuglie all'altezza del distributore di benzina "Lev".
Il giovane è stato identificato come un 21enne di origine moldava. Sul sedile posteriore era nascosta una 28enne della stessa nazionalità.
I due, vestiti con abiti e giubbini scuri, avevano sia le scarpe che gli indumenti bagnati e sporchi di fango, a riprova del loro coinvolgimento nel tentativo di furto.
Il sopralluogo presso l'officina ha invece permesso di verificare che i sospettati erano già riusciti rompere la rete metallica di recinzione e a scardinare le porte posteriori del capannone senza riuscire tuttavia ad impossessarsi di nulla poiché disturbati dall'arrivo delle forze dell'ordine.
I due moldavi sono stati denunciati in stato di libertà per tentato furto.