In questi giorni le Università hanno aperto i battenti e sono iniziate le febbrili partecipazioni ai test d’ingresso alle facoltà medico-scientifiche. Si realizza il paradosso italiano, per cui, di fronte alla carenza di personale medico e paramedico,
di Matteo Impagnatiello Parma 11 giugno 2020 - Se il mondo della Giustizia è destabilizzato al suo interno dallo scandalo delle toghe, presentando al Paese un quadro sconcertante che ha minato l’autorevolezza della magistratura, continuano a giungerci cattive notizie anche dalle nostre patrie galere.
Nei tremendi mesi di pandemia e reclusione domestica, quando tutto si era fermato, comprese le scuole di ogni ordine e grado, dopo lo shock iniziale ci si è attivati in qualche modo con la tecnologia informatica, al fine di sopperire al cosiddetto lockdown.
La maggior parte dei Paesi, e l’Italia è tra questi, è alle prese con un Pil in forte calo, con una contrazione dei consumi e con la depressione economica che bussa alla porta. L’emergenza sanitaria, abbattendosi come uno tsunami, ha inferto colpi importanti, facendosi sentire specialmente sugli apparati economici deboli, ma non solo.
Ma l’Esecutivo giallo-rosso sembra non curarsene. Tant’è che dal suo cilindro salta fuori il bonus monopattino. Se il presente non poggia su certezze, il futuro lo si può immaginare nero. Al Ministero per lo Sviluppo Economico restano aperti quasi 150 tavoli, ora congelati per il coronavirus: sono crisi che coinvolgono un numero consistente di addetti in vari settori produttivi.
di Matteo Impagnatiello Parma 20 maggio 2020 - Più voci avevano annunciato un probabile baby-boom, nel pieno dell’emergenza sanitaria che, almeno formalmente, non è ancora terminata. Così non è stato. Il calo demografico è spaventoso, direi tragico. E non poteva essere altrimenti.
Vorrà dire che ci troveremo, nel Paese di santi, poeti e navigatori, ma senza figli, a doverci confrontare con una società radicalmente mutata. E’ destabilizzante, per il Paese, non disporre di una classe dirigente dotata di “vision”, condizione imprescindibile per uno Stato moderno che guarda al futuro. Ancora non pervenuto, poi, il titolare del dicastero della Famiglia.
Al tempo del coronavirus, l’economia ripartirà con l’apertura della scuola. Non può essere diversamente. Ma non anche in Italia. I figli devono rimanere a casa, mentre riaprono uffici e fabbriche. Ed allora la domanda sorge spontanea: se i genitori sono costretti ad andare a lavorare, ed i nonni restano murati nelle loro case, a chi bisogna lasciare i propri figli? E’ evidente che non può ripartire così il Paese, non in questo modo.
Si stanziano risorse per i servizi di baby-sitting: ma il bonus di 600 euro non copre tutte le spese da sostenere per il lungo periodo emergenziale; nè pare esservi un protocollo sanitario che preveda la tutela della lavoratrice/baby-sitter, dei bambini e delle famiglie. Nel contempo crolla il settore dei servizi all’infanzia, e, con esso, un patrimonio prezioso di risorse ed esperienze pedagogiche uniche in Europa e nel Mondo.
Oramai, centinaia di nidi e scuole dell’infanzia si trovano sull’orlo del precipizio, poiché dovranno cessare la loro attività a causa dei costi fissi di gestione, che non saranno più in grado di sostenere. Senza alcun tipo di sostegno, un asilo nido privato o paritario su tre non riuscirà a riaprire. Pare che al Governo ed agli Enti locali non importi, poi, così tanto, il settore privato dei servizi all’infanzia 0-6 anni: sono stati esclusi da qualsiasi considerazione politica.
Restano, quindi, sul tappeto i due problemi: imprenditoriale, per i titolari degli asili nido privati, e sociale, per i genitori.
Ad onor di cronaca, la Regione Lazio, con due delibere approvate il 16 aprile, è intervenuta stanziando circa 6 milioni di euro a sostegno degli asili nido, sia pubblici o convenzionati sia privati accreditati ma non in convenzione, sospesi a seguito dell'emergenza Covid-19. Sono misure, queste, che si auspica si allarghino a tutto il territorio nazionale, per una corretta e giusta attenzione verso le famiglie ed i lavoratori, ed alleviare i contraccolpi della crisi sanitaria.
L’istituto della famiglia, già sotto attacco da decenni e duramente provato, subirebbe un ulteriore grave contraccolpo e, con esso, il decadimento economico e demografico.
Parma, 23.04.2020
Matteo Impagnatiello
responsabile regionale
associazione “Pensiero e Tradizione"
In questo periodo di emergenza sanitaria, Ugl Autonomie Locali Emilia-Romagna interverrà per sollecitare tutti gli Enti locali della Regione, affinché provvedano a stipulare una polizza assicurativa, in caso di contagio da Coronavirus.
Al personale della Polizia locale, che svolge attività di monitoraggio ed applicazione del Decreto “Covid 19”, non è garantita alcuna tutela da infezione. Dunque, si sollecitano le amministrazioni locali a sottoscrivere una polizza assicurativa ad hoc.
“Anche nei Corpi di Polizia locale dell’Emilia-Romagna, si sono purtroppo verificati casi di contagio, assottigliando il numero di agenti idonei ad operare. La Polizia locale, dati anche i compiti d’istituto, è in prima linea per far rispettare le nuove norme necessarie a contenere l’emergenza sanitaria e garantire l’ordine pubblico in tale difficile periodo. Riteniamo, così, doveroso, da parte degli Enti locali, seguire le buone prassi ed attivare coperture assicurative per la Polizia locale, contro il Covid-19, affinché gli agenti non si trovino impreparati ad affrontare un eventuale contagio”, così dichiara Matteo Impagnatiello, segretario regionale di Ugl Autonomie Locali
Parma, 01.04.2020
Il 24 marzo del 1950, a Napoli, nasceva la Cisnal, l’organizzazione sindacale dalla quale discende l’Unione Generale del Lavoro. Per settant’anni è stata e continua ad essere punto di riferimento del mondo del lavoro di orientamento “nazionale”, legato cioè alla cultura ed alla politica sociale dell’Italia tra le due guerre, che ha sperimentato corporativismo prima e socializzazione poi. Essa è baluardo per la tutela dei diritti dei lavoratori, avente come riferimento il superiore interesse della Nazione italiana. Parrebbero concetti desueti, fuori tempo massimo. Oggi, invece, risuonano ancora più attuali.
La globalizzazione ha obbligato ad accantonare la difesa dello stato sociale, il lavoro e la produzione nazionale: in questo lungo momento di emergenza sanitaria, ne avvertiamo dolorosamente la loro assenza.
Il sindacalismo rivoluzionario, sorto nel primo decennio del secolo scorso, aveva divulgato un principio, allora come oggi, molto contrastato: la Patria e la Nazione sono realtà ineliminabili, poggianti su fattori spirituali, morali, sociali ed economici di importanza primaria.
Oggi, l’Unione Generale del Lavoro, raccogliendone l’eredità e non accettando il degrado sociale e culturale, combatte in prima linea per realizzare una maggiore giustizia sociale ed una vera partecipazione dei lavoratori nella gestione delle imprese, come previsto dall’articolo 46 della nostra Costituzione. La corresponsabilizzazione dei lavoratori nelle scelte dell’impresa continuerà ad essere sostenuta avanzando proposte, attività formative che coinvolgano un numero sempre più ampio di lavoratori; una partecipazione così intesa svolgerà un ruolo di sviluppo attivo e realistico della democrazia nazionale: sarà il modo attraverso cui sarà possibile una trasformazione sociale sempre più a misura d’uomo.
Ci impegneremo nonostante l’ostracismo, a volte riscontrato verso “l’altro Sindacato”, per citare le parole del Segretario Generale Paolo Capone. Né accettiamo “l’ipoteca, con il capitalismo moderno, del potere economico sul potere politico, (che) ha reso gli esseri umani solo consumatori, del tutto strumentali agli interessi dei grandi gruppi finanziari supernazionali” come Pino Rauti , già negli anni ’80, aveva esattamente rappresentato.
Economia nazionale, sicurezza sul lavoro, tutela delle attività produttive nazionali contro le delocalizzazioni, disoccupazione giovanile, difficoltà per la nascita di nuove famiglie, ristrutturazioni aziendali che provocano la fine di lavoro per i lavoratori anziani, la vendita di aziende italiane in mani straniere, – come scrive Mario Giordano nel suo ultimo saggio- dove i nuovi proprietari non sono quasi mai dei padroni ma dei predoni: vi sarà battaglia, seppure costruttiva, della nostra Organizzazione sindacale per contribuire alla rinascita ed al rilancio di una Italia forte e coesa.
Buon anniversario, Ugl!
Parma, 29.03.2020
Matteo Impagnatiello
Segretario prov.le Ugl Parma
Il mondo sta cambiando radicalmente nel pieno dell’emergenza sanitaria. Vengono prese decisioni complesse per tutelare e riorganizzare sia la forza lavoro sia le nostre comunità; nel contempo, si procede con le attività lavorative, gestendo le criticità e continuando ad operare in un mutato contesto globale. I lavoratori iniziano concretamente a svolgere le loro attività da remoto, come misura per contenere la diffusione del virus, e, malgrado la maggior parte delle aziende siano ancora impreparate, il “lavoro agile” pare volersi imporre. Si farà sempre più ricorso agli strumenti per i meeting virtuali, per poter interagire in una nuova modalità e condividere aggiornamenti in tempo reale: l'efficienza dei lavoratori migliorerà e permetterà alle imprese di ridurre i costi oltre che l’impatto ambientale.
Secondo Mal’Aria 2019- il rapporto annuale sull’inquinamento atmosferico nelle città italiane- nel 2018, in ben 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono; si contano più decessi in rapporto alla popolazione (nel 2015, pari a più di 60.600), con la Pianura Padana che risulta l’area più inquinata d’Europa.
Grazie anche al telelavoro, è possibile ridurre la quantità delle ore di pendolarismo e, dunque, minor congestione del traffico, diminuzione del numero di incidenti, meno fattori inquinanti ed una conseguente migliore qualità dell’aria.
Da qualsiasi luogo i dipendenti potranno lavorare come se fossero seduti davanti ai loro computer in ufficio. Il telelavoro non ridurrà solamente le emissioni nocive, ma garantirà una migliore organizzazione della vita familiare. Infatti, conciliare la vita familiare e quella lavorativa in Italia è operazione complessa, soprattutto per le donne. Secondo i dati Istat, infatti, chi ne ha possibilità, sceglie soluzioni come il part time orizzontale per poter conciliare maternità e lavoro. Ma sono ancora molte le lavoratrici che non possono ricorrere a contratti di lavoro a tempo parziale, così come altrettanto numerose sono le neo-mamme che non rientrano più al lavoro dopo la maternità. L’Italia non è, ancora oggi, un “paese per mamme”, che, spesso, necessitano del supporto di nonni e familiari durante il periodo del reinserimento lavorativo.
Nonostante sia in vigore il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 70, regolamento recante la disciplina del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 4, comma 3, della L. 16 giugno 1998, n. 1910, ad oggi pochi enti ne stanno facendo ricorso. A differenza che nel privato, nella Pubblica Amministrazione c’è ancora tanta strada da percorrere. E’ necessario un cambio di mentalità per sfatare il pregiudizio che il lavoro svolto da casa non sia produttivo.
Al netto dei decreti emergenziali succedutisi in questo infausto periodo, che richiamano all’utilizzo del lavoro agile, abbiamo bisogno di un’Italia moderna, al passo con le migliori realtà europee e mondiali.
Parma, 20.03.2020
Paolo Denni
Matteo Impagnatiello
Ugl Parma
Nei giorni scorsi, il Governo italiano ha annunciato l’adozione di misure straordinarie, per il reclutamento di 20.000 operatori sanitari, tra medici, personale infermieristico ed altre figure. Il decreto che le contiene è il numero 14 del 9 marzo 2020. Il nostro Servizio sanitario nazionale è arrivato all’appuntamento con l’emergenza coronavirus stremato da due decenni di tagli al personale, ai posti letto, ai reparti ed alla ricerca.
Anche se insufficiente, l’annuncio del numero dei professionisti assumibili mostra tutte le caratteristiche di una presa di coscienza delle gravi carenze che la macchina sanitaria italiana sta sopportando e che la vedono, specialmente ora, in forte difficoltà.
Invece, scorrendo i diciotto articoli che compongono il decreto legge in questione, si scopre che non solo il precariato è il tratto comune alle sbandierate assunzioni, ma, “gli incarichi hanno la durata di un anno e non sono rinnovabili” (art.2).
Così, per la guerra al nuovo virus, si dovrà rimanere in corsia con dispositivi di protezione che languono e ben oltre l’orario di lavoro (art.13 c.2). Ma non è finita qua, se si considera che il covid-19 ha la capacità di diffondersi rapidamente e ripresentarsi. L’articolo 7 del decreto in questione sospende la quarantena per medici ed operatori sanitari entrati in contatto con soggetti positivi. Era proprio necessario bandire un reclutamento con disposizioni per nulla favorevoli verso chi deve combattere un nemico letale, che sta incrementando il contagio anche tra gli stessi operatori?
E’ una emergenza nell’emergenza: la difficoltà nel reperire medici viene da lontano, causa il numero chiuso, cioè quell’imbuto formativo che non ha permesso a tanti studenti di laurearsi in medicina. Il numero chiuso, fortemente voluto dalla sinistra di governo degli anni novanta, ha privato e continua a privare di tante intelligenze: sono molti i cittadini italiani a cui viene ancora oggi impedito l’accesso agli studi di medicina e di questo non se ne parla, al di là dei bizantinismi politici.
In una società purtroppo globalizzata, lo Stato italiano mostra tutti i suoi limiti e la sua vocazione antiliberale, per quanto riguarda la formazione dei cittadini, e iperliberista nell’ambito finanziario, svendendo interi asset industriali ad holding straniere.
Parma, 15/03/20
Matteo Impagnatiello
Segretario prov.le Ugl Parma
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