di Matteo Impagnatiello Parma 3 giugno 2020 - L’imperversare del covid, abbattendosi sull’Italia già in crisi, ha scoperto molti nervi, acuendoli ancora di più. Lo stagliarsi del divario digitale ha marcato chiaramente la distanza che ancora ci separa dal mondo informatico: la disparità cioè, tra chi ha accesso alle tecnologie informatiche e chi, invece, ne resta escluso, si è palesato in tutta la sua gravità. Più che nativi digitali, siamo forse tardivi digitali. Il decreto legge del 17 marzo 2020, il Cura Italia, ha stanziato 85 milioni per sostenere la didattica a distanza: di queste risorse economiche, 10 milioni sono destinati per la dotazione di strumenti digitali necessari per l’apprendimento a distanza e per l’utilizzo di piattaforme ad hoc; 75 milioni assegnati per l’acquisto di dispositivi digitali e la rimanente quota per la formazione del personale scolastico.
L’intervento, lungi dall’essere tempestivo, si concluderà, forse, in questo mese, complice la piattaforma per gli acquisti della Pubblica Amministrazione, con i suoi tempi lunghissimi.
Ciò significa, per almeno mezzo milione di studenti, lasciarli indietro o, peggio, fuori dalle attività scolastiche. Vuol dire, in altri termini , specie per le famiglie più fragili, aumentare le distanze sociali piuttosto che accorciarle. E per non parlare della connessione a casa: si è dato per scontato che tutti la avessero.
Tanto è accaduto nella stagione della quarta rivoluzione industriale. Del resto, i dati non sono confortanti. Nel periodo 2018-19, il 33.8% delle famiglie non ha computer o tablet in casa; la quota scende al 14.3% tra le famiglie con almeno un minore; solo per il 22.2% delle famiglie ogni componente ha a disposizione un personal computer o tablet; il 57% lo deve condividere con la famiglia.
Nel 2019, tra gli adolescenti di 14-17 anni che si sono connessi ad internet negli ultimi 3 mesi, due su tre hanno competenze digitali basse o di base, mentre meno di tre su dieci ( pari a circa 700 mila ragazzi) si attestano su livelli alti. Oltre un quarto delle persone vive in condizioni di sovraffollamento abitativo, la quota sale al 41.9% tra i minori.
Non sappiamo ancora come le nuove tecnologie cambieranno il futuro prossimo. E’ evidente, altresì, che è in atto una nuova grande trasformazione, che modificherà non solo l’organizzazione del lavoro, ma le relazioni personali, i modelli culturali, l’idea stessa di lavoro. Il futuro, e con esso nuove prospettive di sviluppo, parte anche da qui. Sapremo coglierle?
Per poterlo fare, non si può prescindere dall’investire su quel grande “incubatore” di progresso che è il mondo scolastico e dell’istruzione in generale, evitando di maltrattarlo come è stato fatto finora. Si può e si deve fare di più e subito, per recuperare il divario digitale tra l’Italia e gli Stati più avanzati.
Oggi, però, mentre alla Camera dei deputati si discuteva il Decreto Scuola, il ministro era assente.