Inefficaci o, meglio, totalmente inadeguate sono le misure a carattere contingente che si trovano (pochissime, come il bonus baby-sitter, il congedo parentale straordinario e qualche detrazione) nei numerosi decreti degli ultimi tre mesi. L’istituto familiare è messo da parte in un angolino, stremato. Nel 2019 si è registrato il minor numero di nascite di sempre, cioè appena 435.000, con il ricambio naturale più basso degli ultimi 102 anni. Le proiezioni nel 2020 ci indicano che nasceranno meno di 400.000 bambini, così compromettendo seriamente l’equilibrio demografico-territoriale.
Da tempo ormai- così anche nei due recenti decreti “Cura Italia” e “Rilancio”- sono assenti misure economiche strutturali e di lungo periodo per il sostegno alle famiglie con figli. Passata l’odierna emergenza sanitaria per coronavirus, dovremmo affrontarne una nuova con la diminuzione dei contribuenti, causa il calo demografico, e l’aumento degli anziani non autosufficienti. Eppure sono state le famiglie a svolgere un ruolo determinante contro il flagello abbattutosi sull’Italia.
La crisi demografica costringerà (in realtà, ci sta già costringendo) a ripensare tutto: lavoro, sviluppo economico, stato sociale e politica estera.
Evitando ogni polemica di sapore ideologico, è bene ricordare a chi accetta l’idea che gli italiani possano scomparire, che una popolazione non è tout court un aggregato demografico, ma va considerata anche come storia e cultura. Si corregga la traiettoria, e, per farlo, si dovrà porre al centro del dibattito parlamentare la questione demografica. Perché il futuro non è poi così lontano e perché si deve evitare che la popolazione italiana imploda, condannandola al suicidio demografico. In Occidente, consideriamo un fatto amaro la scomparsa di una popolazione indigena. Ecco, è ora di preoccuparsi di noi, della famiglia italiana, della popolazione italiana, del presente e futuro del nostro Paese.