L'imminente avvicendamento al vertice Ferrari fra Montezemolo e Marchionne non può che segnare la fine di un percorso vincente sotto tutti i punti di vista.
Parma, 15 settembre 2014 - di Matteo Landi -
Era l'8 ottobre del 2000. Schumacher vinceva il suo terzo titolo mondiale, il primo con una Ferrari in attesa di questo risultato da 21 anni. Un trionfo atteso e sofferto che avrebbe inaugurato una striscia di risultati vincenti senza uguali nella storia della massima espressione automobilistica. Al comando di quell'armata vincente c'era Luca Cordero di Montezemolo. Aveva preso per mano la squadra come Presidente nel 1991, dopo averne fatto parte sin dal 1973, anno in cui iniziò come braccio destro del fondatore Enzo Ferrari.
Le dimissioni annunciate pochi giorni fa segnano la fine di un'era contrassegnata da sconfitte ma soprattutto da tanti successi. Nei suoi anni da Presidente nessun altra squadra in Formula 1 ha vinto altrettanto. Lo sostituirà Sergio Marchionne, il quale, poche ore prima dei baci e abbracci scambiati con Montezemolo in occasione del saluto, aveva posto l'attenzione della stampa solo su gli ultimi anni della Scuderia, contraddistinti più da sofferenze che da gioie. Una dichiarazione roboante ad uso e consumo dei media per giustificare un cambio di vertice che, risultati sportivi ed economici alla mano, potrebbe essere insensato se non fosse prevista a breve la quotazione a Wall Street di Fiat Chrysler Automobiles. In quest'ottica la gestione fin troppo indipendentista dell'azienda di Maranello da parte di Montezemolo veniva, dai vertici Fiat, ritenuta contrastante con la necessità di una gestione integrata del gruppo.
ll 13 ottobre, data prevista per la scadenza del mandato di Luca Cordero di Montezemolo e per il debutto del gruppo FCA sulla borsa di New York, se ne andrà un uomo che ha saputo valorizzare il marchio Ferrari e portare l'azienda a livelli di eccellenza con numeri record sia dal punto di vista commerciale, basti pensare all'utile netto di 246 milioni di euro raggiunto nell'esercizio 2013, che dal punto di vista sportivo con ben 14 titoli mondiali, fra piloti e costruttori, conquistati dal 1991 ad oggi.
Sono state principalmente due le scelte vincenti del Presidente uscente: l'assunzione di Jean Todt nel 1993 e di Schumacher nel 1996. Decisioni lungimiranti che han contribuito a cambiare la mentalità di una squadra che appariva smarrita ed alle prese, nei primi anni '90, con lotte di potere interne estremamente distruttive. Se un 2014 di difficoltà sportive è bastato a far saltare qualche testa nell'organigramma Ferrari, è parso invece totalmente ingiustificato renderlo una delle cause principali dell'allontanamento di un Presidente, e di un uomo, di tale spessore. A posteriori l'addio dell'ex Direttore della Gestione Sportiva Ferrari Stefano Domenicali a vantaggio del Direttore di Ferrari North America Marco Mattiacci, inesperto sul fronte Formula 1, e l'arrivo di Marchionne, sembrano mosse montate ad arte per rendere ancora più forte il marchio Ferrari negli States.
Dal punto di vista sportivo la Ferrari adesso sembra avviarsi verso un inesorabile, imminente, declino. La squadra di Maranello perde un uomo sempre sul campo, pronto a contrattare con Ecclestone e con tutti gli altri team principal e che aveva posto la Ferrari al centro della sua vita, contribuendo a darle un peso politico importante all'interno del Circus, a vantaggio di un uomo che non avrà mai la possibilità di mettere al centro dei suoi impegni la causa sportiva di Maranello. Finisce così una lunga storia d'amore fra un'armata a tratti invincibile ed il suo comandante per motivazioni tutto tranne che sentimentali. Addio e grazie Presidente. Speriamo di non dover dare l'addio anche al marchio italiano più famoso al mondo.