Mercoledì, 26 Ottobre 2022 07:01

Governo: Meloni, “cambierò il paese da destra”. In evidenza

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Foto Palazzo Chigi Foto Palazzo Chigi

Polemica sul concetto di merito.

Di Francesco Graziano Bologna, 26 ottobre 2022 - Dopo un’ora e dieci di discorso, intervallato da più di 70 applausi, Giorgia Meloni ha chiuso il suo discorso con cui ha chiesto e ottenuto la fiducia della Camera con 235 voti favorevoli.

Non ha nascosto le difficoltà di cui dovrà farsi carico, a cominciare dall’emergenza del caro-energia, definendo l’Italia “ una nave in tempesta”; come sempre la speranza degli elettori è che questa nave-Paese che si trova in acque agitate abbia un nocchiero all’altezza della situazione critica e un equipaggio capace e su questo punto dirimente per la leader di FdI non v’è alcun dubbio perché lei ce la metterà tutta, anche a costo di “ non essere rieletta”, affinché  si possa attraccare in un porto sicuro. In un’aula gremita con tutti gli esponenti della maggioranza e dell’opposizione la Meloni ha assicurato che la sua intenzione è quella di mantenere in piedi un esecutivo che abbia la durata quinquennale, caso più unico che raro in Italia, per dare “ un futuro di maggiore libertà, giustizia, benessere e sicurezza” tutto questo attraverso ricette chiare ed un cambio di passo – dal fisco, al Covid, fino ai migranti e al sostegno ai più deboli rivedendo il Reddito di cittadinanza – oltre all’ancoraggio all’alleanza atlantica.

Ciò che a quanto pare subirà un cambiamento, ma qui dovremo vedere concretamente in quali modi e forme, sarà l’atteggiamento nei confronti di Bruxelles al cospetto del quale non ci si dovrà più presentare con il cappello in mano. Nessuno vuole “sabotare” la Ue, questo in soldoni il messaggio che si vuole far passare, ma renderla più vicina ai cittadini.

 “Non sarò mai la cheerleader di nessuno”, ha aggiunto durante la replica dove il tono si fa più acceso rispondendo direttamente alla deputata Dem, Serracchiani: “Le sembra che io stia un passo indietro agli uomini?”, ha detto prima di chiarire che, per lei, la libertà delle donne non si misura nel farsi chiamare con l’appellativo di “capatrena”. La questione par di capire non riguarda se anteporre l’articolo determinativo “ il” o “ la” alle parole presidente del consiglio ma garantire pari opportunità, servizi, asili nido aperti fino a tardi.

La donna “non avrà nulla da temere da questo Governo” ha assicurato perché, citando prima del discorso Montesquieu, la coalizione di centrodestra “non limiterà mai le libertà persino sui diritti civili e l’aborto”. Sul merito, poche e semplici parole che servono a far comprendere che bisogna garantire anche a chi non proviene da una famiglia agiata le stesse possibilità di farcela.

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Piccola osservazione sul concetto di merito da chi non ha mai votato per la destra.

Chi scrive ritiene che un Governo vada giudicato dai fatti e non da stupidaggini sul cambio di nome ai ministeri, alla fine è tutta una questione di etichette; sulla polemica appena citata del merito bastano poche e semplici parole e – mi perdonerà il lettore – ma per spiegarmi condividerò un piccolo aneddoto autobiografico. Non neghiamocelo la scuola e l’università oggi sono profondamente cambiate rispetto a diversi anni fa.

Una mia zia – facente parte della generazione del 1932 – professoressa di filosofia al liceo mi raccontava che nel corso della sua quarantennale carriera nel mondo della scuola aveva assistito a scene interessanti che ci ricollegano ai discorsi che dominano il dibattito politico odierno. Un giorno questa zia, descrivendomi l’istruzione pubblica del suo tempo, mi raccontava che spesso i presidi entravano in classe per assistere alla lezione dei professori come se fossero degli alunni allo stesso livello degli altri e con la facoltà di intervenire e fare domande. Raccontandomi di una sua collega, questa mia parente, mi disse che un dirigente d’istituto, trovandola poco preparata nella materia d’insegnamento – nel caso specifico la lingua latina – le disse: “ Oh lei fa domanda di trasferimento per andare ad insegnare alle medie o ci penserò io a farla trasferire da questo liceo”. Tutto ciò risulta  già di per sé sorprendente, pensate se un episodio del genere si verificasse oggi, avremo i sindacati in piazza ad urlare contro i presidi fascisti, ma quello che lascia basiti è che la collega ammise- con grande umiltà- la sua impreparazione, semplicemente non era in grado di insegnare al ginnasio e di sua spontanea volontà chiese il trasferimento in una scuola importantissima ma sempre di un livello inferiore rispetto ad un liceo. Questo tipo di prassi vigente fino ad un certo periodo nelle nostre aule adesso non si verifica più, e ammettiamolo senza girarci troppo attorno, nelle  scuole- non tutte ovviamente- si trovano formatori che a questo mestiere molto semplicemente non credono più. Bisogna ritornare allora al modello di scuola che conobbe mia zia? Non sostengo questo ma quando si parla di merito la questione è più complessa di quello che sembra, oggi – al contrario di quanto avveniva nel passato quando l’Italia non era un paese di dottori ma di semplici diplomati che pure una Nazione furono in grado di ricostruirla – non c’è nessuno che non abbia almeno una laurea triennale ottenuta sia con merito sia senza merito o per meglio dire – diciamocelo francamente – ‘comprandola’ perché oltre alle università ‘virtuose’, come disse una volta a ragione Umberto Eco, esistono le università “ viziose”.

Un giorno un mio conoscente  laureatosi in giurisprudenza  in una facoltà- sottoposta ad indagine dalla Procura di Firenze perché avrebbe regalato finti titoli di studio ai poliziotti iscritti al Siulp- con sede principale a Roma fondata da uno dei politici più longevi appartenenti alla prima repubblica mi disse candidamente che aveva ottenuto il titolo passando dall’università pubblica a questo ateneo privato vedendosi accreditate nella propria carriera universitaria materie mai sostenute e che l’esame con il suo relatore non l’aveva mai sostenuto ma che  nonostante questa irregolarità da codice penale  all’apparenza tutto sembrava fatto in regola ( “ ho preso 30” senza mai avere aperto libro”, queste le sue parole). Se solo si venisse a scoprire una storia del genere il ritiro del titolo fasullo sarebbe immediato. Inutile dire che all’esame abilitante all’esercizio della professione forense questa persona venne sonoramente bocciata, facendo – almeno per una volta penseranno i più pessimisti – trionfare il merito, ben prima che la Meloni scatenasse le articolesse delle anime belle e candide su un tema fondamentalmente inutile, ecco a cosa bisogna guardare, a questi fatti concreti a non ad un inutile e insapore contorno. Un piatto nel menù rimane sempre lo stesso anche se cambia nome.

Sono piccoli esempi con cui voglio dire, a chi ha avuto la bontà di seguirmi fino ad ora, che attaccarsi alla questione del cambio di nome dei  ministeri come se fosse il problema dei problemi  rappresenta un atto di miopia politica che servirà a tutto meno che a risolvere le criticità del mondo dell’istruzione italiana che oramai da troppi anni ci trasciniamo sul groppone.

Personalmente non credo che cambierà qualcosa, da anni seguo la politica e da anni sento le stesse parole, sempre nel discorso tenuto ieri la Meloni, parlando di Sud, ha detto che bisogna porre un freno alla fuga del “ capitale umano” formatosi nelle università del Mezzogiorno verso il Nord Italia o Europa o America ma francamente non si è capito in quale modo la neo premier voglia risolvere questo piccolo pezzo di un puzzle di un Paese in mille pezzi già da anni che ha conosciuto nei discorsi di insediamento dei capi del governo frasi bellissime ma alla lunga – e gli effetti li osserviamo oggi – fastidiosamente retoriche, impregnate di un nulla cosmico.

Non sono un anti italiano e mi auguro che finalmente il mio Paese attui una politica del balzo in avanti – non nel senso maoista del termine sia chiaro – ma temo che tra un pò di tempo saremo costretti a ritrovarci qui, su queste stesse pagine, a raccontare dell’ennesimo fallimento di chi doveva guidarci in mezzo alla tempesta e invece ci avrà lasciato in bilico sulla nave, sospesi in attesa di un porto sicuro, proprio come accade allo straniero brutto sporco e cattivo che secondo certi statisti rappresenta il problema principale della nostra Italia.

Buona giornata a tutti.