Prima fu Monti come leader di governo nazionale e oggi Virginia Raggi come leader della capitale a opporsi ai Giochi dei 5 cerchi. Nello scenario è mutato solo che coloro che plaudirono Monti oggi contestano la decisione della Raggi.
di Lamberto Colla Parma 25 settembre 2016
Mister Loden dimesso con il suo rifiuto alla candidatura dell'Italia alle olimpiadi 2020, assegnate poi a Tokyo, riuscì a raccogliere il plauso di quasi tutto l'arco costituzionale (Pdl escluso, ovviamente, in quanto sostenitore dell'evento attraverso la carica di Gianni Alemanno, all'epoca sindaco di Roma).
Il suo esempio di uomo morigerato, chiuso tra le mura domestiche anche nella notte di capodanno, aveva accese le speranze di una pronta ripresa economica, la revisione della spesa pubblica era già cosa fatta e la corruzione sarebbe stata sgominata in un batter d'occhi.
Il risparmio e il sacrificio come priorità. Temi molto cari ai detrattori di Berlusconi che fecero breccia negli animi dei "buonisti", di quelli disposti al sacrificio estremo (ma con la pelle degli altri), peraltro ben sostenuti da una stampa pronta a condividere i pensieri dei più forti. Altrettanto gli italiani, pecoroni e ben inquadrati e coperti, applaudirono la scelta del rigore del sacrificio.
Oggi che al governo di Roma c'è la "grillina" Virginia Raggi, rigida sostenitrice della inutilità dei Giochi Capitolini per i rischi di nuovi sprechi di denaro pubblico mentre i vantaggi andrebbero solo ai "costruttori", si trova nella condizione di essere contrastata proprio gli stessi che nel 2011 avevano così ben accolto la decisione del Premier Monti.
Non che la coerenza sia una dote italiana e comunque l'opzione di poter mutare le proprie idee è sempre concessa, ma il troppo stroppia, come dicono i vecchi saggi. Per alcuni addirittura, mutare opinione, è segno di intelligenza e io sono tra questi. Dovrebbe comunque esserci un limite dettato dal buonsenso per un verso e dal ruolo di statista dall'altro.
Personalmente rimango dell'idea che sia la decisione di Monti e sia quella del M5S, portata avanti da Virginia Raggi, siano da censurare soprattutto nelle motivazioni a sostegno.
Il non fare per "risparmiare" nel primo caso e il non fare per "non aprire alle olimpiadi del mattone" dall'altro sono esempi di incapacità di governo e di controllo.
Nuovi investimenti infrastrutturali e sportivi e visibilità avrebbero solo fatto bene a un paese in costante "decrescita infelice" da almeno 8 anni.
E' ora di cambiare registro e stimolare gli investimenti pubblici per fare ripartire l'economia. Perseverando nel rigore francescano, più a parole che a fatti posto che di revisione di spesa pubblica (Spending Review) non se ne parla più, i costi dello Stato continueranno a aumentare e il PIL, se va bene, rimarrà al palo e le imprese più appetibili avranno l'obbligo di espatriare, e le altre chiuderanno o saranno acquistate da imprenditori esteri che prima o poi le svuoteranno del know how e infine espatrieranno lasciando solo cadaveri industriali e disoccupazione.
Cari politici, è il momento di cancellare la demagogia e passare all'azione: giù le tasse e via agli investimenti pubblici, tanto per iniziare.
Poi, con una fiducia crescente, anche gli investimenti privati cresceranno e il ciclo tornerà virtuoso.
Ma questa è roba da statisti che hanno a cuore il futuro del paese mentre, ormai da troppi anni, i nostri hanno a cuore le prossime elezioni, sin dal giorno dopo della loro elezione.
Con obiettivi a breve termine e finalizzati al consenso popolare e personale, il destino dell'Italia è segnato da una lenta agonia.
(In copertina - Giancarlo Peris, ultimo tedoforo Olimpiadi di Roma 1960)