Parma, 12 Maggio 2020 – La stagione agricola entra nel vivo e con essa l’avvio dell’irrigazione a servizio della gran parte delle colture tipiche della nostra provincia. Il Consorzio della Bonifica Parmense ha già iniziato a derivare la risorsa idrica da alcuni giorni dai corsi d’acqua maggiori invasando il reticolo di canalizzazioni e distribuendo in modo capillare l’acqua alle imprese agricole che ne hanno necessità immediata.
Lo staff tecnico del Consorzio ha individuato – su anticipata segnalazione degli stessi coltivatori direttamente alla Bonifica – i loro singoli bisogni e con modalità progressiva metterà in funzione tutti i 23 impianti di cui dispone sul territorio per provvedere ai bisogni rilevati. Oltre agli impianti l’ente attingerà risorsa anche dagli 11 pozzi disponibili fino a coprire un’area complessiva che si aggira attorno ai 32 mila ettari di terra sottesa alla rete irrigua che misura oltre 1000 mille km.
Questa quantità di acqua stagionalmente consente di poter “pompare” ben 14 metri cubi al secondo nel reticolo, ma naturalmente la condizione essenziale perché questo possa verificarsi resta quella legata alla quantità disponibile: alla risorsa presente nei corsi d’acqua, a quella nelle falde e a quella caduta sotto forma di precipitazioni. Precipitazioni ad oggi quasi del tutto assenti nel primo quadrimestre dell’anno ritenuto dalle statistiche il più secco dal 1900. Mancano all’appello oltre il 55% delle piogge e se lo scenario proseguisse con queste condizioni le ripercussioni sul comparto agricolo potrebbero preoccupare. Per ora comunque il Consorzio di Bonifica ha provveduto alle forniture irrigue con puntualità e con la massima attenzione all’utilizzo virtuoso della risorsa idrica.
“Come primo provvedimento abbiamo invasato migliaia di metri cubi di acqua partendo dall’impianto del Cantonale nel Comune di Busseto – ha spiegato il presidente Luigi Spinazzi – , un impianto idrovoro che serve oltre 4000 ettari di colture in molti comuni della Bassa Parmense e che usufruisce dei quantitativi di acqua sollevata dal Fiume Po grazie ad un altro impianto molto rilevante come quello di Ongina. Subito dopo in queste settimane e nelle prossime attiveremo tutti gli altri fino a raggiungere al massimo al culmine della stagione irrigua di ben 23 impianti funzionanti che consentiranno l’irrigazione delle coltivazioni di pomodoro, mais, prati stabili, altre foraggere ed orticole”. Tutto questo – come detto – sarà possibile se la risorsa sarà presente nella rete: “L’avvio della stagione ci preoccupa non poco – ha proseguito Spinazzi – 5-6 gradi in più di temperatura rispetto alle medie del periodo (che comunque si fanno sempre più alte con il passare degli anni) e piogge assenti anticipano un contesto che se non vedrà cadere precipitazioni copiose nel mese di Maggio sarà decisamente preoccupante per il comparto”.
Purtroppo il numero sulle percentuali di precipitazioni trattenute per un successivo utilizzo irriguo nella misura dell’11% è una quantità irrisoria rispetto al potenziale disponibile: un dato non roseo a livello nazionale; non fa eccezione in quest’ottica nemmeno l’Emilia-Romagna. Gli invasi sono scarsi e i tempi di realizzazione fanno spesso conti troppo salati che normative complesse che rischiano di rallentare all’eccesso la raccolta strategica e lo stoccaggio della risorsa quando serve. “I Consorzi di bonifica – ha proseguito il diretto generale del Consorzio Fabrizio Useri – hanno progressivamente reso virtuoso l’utilizzo dell’acqua grazie all’introduzione di modalità di distribuzione più performanti e oltre a questo, negli anni, hanno incentivato l’utilizzo di sistemi di tecniche e tecnologie avanzate in grado di far risparmiare risorsa idrica per un beneficio collettivo. Se però a tutto questo non corrisponderà in tempo utile un eguale impegno per la realizzazione di un Piano Invasi strategico (come richiesto preventivamente da ANBI e in parte già approvato e finanziato a livello ministeriale e regionale) in grado di incidere sul futuro dell’economia locale e nazionale a vocazione agroalimentare del territorio il rischio si farebbe davvero grande”.