organizzato da Unidolomiti – SSML San Domenico Istituto di Grado Universitario di Roma - ha analizzato la storia e l’evoluzione della civiltà nuragica. Esperti del settore, con linguaggio scientifico e al tempo stesso divulgativo, sono penetrati nei meandri di questo popolo straordinario che ha abitato l’attuale Regione Sardegna.
Di Lgc Belluno, 18 novembre 2023 - A fare gli onori di casa è stato il professor Daniele Trabucco. Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/Istituto ad ordinamento universitario “San Domenico” di Roma - il quale ha illustrato gli obiettivi del seminario e presentato i relatori che si sarebbero alternati ai microfoni, prima di lasciare la moderazione del dibattito al Professor Don Roberto Caria, Associato di morale Sociale presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.
“Oggi parliamo di un popolo – introduce don Roberto Caria - che appartiene non solo alla Sardegna ma a tutto il mediterraneo. I relatori cercheranno di avvolgerci nelle atmosfere del mito e della scienza”. Quando si parla di epoca nuragica, questa si connota – sottolinea il professore – in un periodo che va dal 1800 avanti cristo, verso la età del bronzo, e la si fa convenzionalmente terminare con l’epoca cartaginese.
Ad entrare approfonditamente nella storia nuragica, esponendo quasi una “lectio magistralis” è Antonangelo Liori, giornalista e scrittore, che su questi temi ha impegnato tempo, risorse e molto ha raccontato anche attraverso la pubblicazione di diversi libri. Autore di una dozzina di libri e già direttore dell’Unione Sarda, Liori ha iniziato con l’affermare che la Sardegna contiene il 60% del patrimonio megalitico al mondo.
“Evidentemente – conferma Liori - fu una società importante, basti pensare che sono catalogati 8.000 nuraghi e altrettanti si presume siano stato terra e a questi si aggiungano le circa 300 tombe dei giganti e qualche decina di migliaia di menhir”.
Purtroppo, ha sottolineato lo studioso, è mancato un approccio multidisciplinare durante i vari scavi e le gelosie degli archeologi hanno lasciato aperti molti interrogativi che andrebbero approfonditamente indagati. Basti pensare che “si sono trovato segni di produzione di vino e birra, primi ritrovamenti nel mediterraneo risalenti a circa 4000 anni fa.”
Antonangelo Liori ha quindi intrapreso un “viaggio” nella civiltà nuragica partendo dalle citazioni del suo libro “Viaggio astrale dei Shardana” dove richiama una incisione di una mappa di circa 6000 anni fa, che riporterebbe un pianeta con 18 strade attorno. “Potrebbe trattarsi della costellazione della pleiadi” e al contempo la rappresentazione delle disposizioni dei nuraghi che però sarebbero stati costruiti 2000 anni dopo”.
Un tema affascinante che lascia aperte molte ricerche anche esoteriche. “Ho visto – prosegue Liori -che gran parte delle incisioni della grotta sono ideogrammi cinesi. Questo confermerebbe che esiste una lingua universale comune a tutte le lingue. Una sorta di software comune “introdotto” nel cervello di tutti gli uomini della terra.”
Quella nuragica era una civiltà avanzatissima, “si pensi che si distribuivano le acque in ogni casa, roba che in questi paesi l’acqua nelle abitazioni arrivò solo egli anni 70”.
Altro interessante e originale argomento riportato da Liori riguarda l’ipotesi di una stretta correlazione tra “Terra e Cielo” (vedi caso della costella zione delle Pleiadi di cui sopra) ma anche della straordinarietà che lega tutti i nuraghi e le loro rispettive forze energetiche. Tutti nuraghi infatti sono tra loro collegati e sono orientati verso il sole o verso la luna in una corrispondenza tra cielo e terra. In questo senso, conclude Antonangelo Liori “La Sardegna potrebbe essere il centro di ricerca più importante al mondo”.
Altre interessanti suggestioni sono giunte dai racconti del ricercatore Mario Aresu che ha illustrato come si presume avvenisse la scelta dei luoghi per la realizzazione dei monumenti nella preistoria. “Tutto nasce negli anni ‘90 quando scoprii dei monumenti ancora non catalogati. Nel 1991 avevo percepito che c’era qualche altra cosa”. Così, Aresu imparò l’uso della bacchetta da rabdomante e registrò che in ogni sito era sempre presente l’acqua e si concentrò nel classificare “il magnetismo che si generava con i vari flussi idrici” e ne dedusse che la geologia della terra stabiliva quale tipo di costruzione sarebbe sorto e anche di quali dimensioni, ossia quale altezza avrebbe dovuto raggiungere in ragione della forza magnetica sprigionata dal terreno.
Le frequenze che il ricercatore ha registrato si concentravano tra i 250 e 370 MHZ, a seconda delle tipologie di costruzioni, e viene perciò da supporre che questo consentisse, in qualche misura, di mettere in “rete” comunicazionale i vari nuraghi.
“Dal paleolitico alla civiltà nuragica” ne ha trattato Carmine Piras, Scultore, ricercatore delle arti e mestieri, portando gli intervenuti a fare un viaggio a ritroso nel tempo per scoprire come quella civiltà fosse di oltre 1.000 anni avanti alle civiltà alle quali si assegnerebbe la scoperta del ferro ad esempio. “Abbiamo analizzato molti manufatti arrivando alla conclusione che le lavorazioni, prima del tufo e poi di pietre molto più dure, non potevano che essere attuate con arnesi taglienti e metallici, di bronzo prima e poi addirittura di ferro”.
L’archeologia ufficiale fa datare l’epoca del ferro ben 900 anni più tardi dei manufatti scoperti in Sardegna. “Però in Sardegna – prosegue Piras - c’è la possibilità di reperire il ferro senza scavare miniere ma separandolo dalla sabbia di superficie alla base del “Montiferru”. Infatti, raccolto quel materiale ferroso simo riusciti a fonderlo con soli 1.500 gradi di temperatura e a ricreare le sculture con quegli attrezzi così forgiati riuscendo a ottenere gli stessi manufatti con gli stessi segni di incisione”. A conferma della capacità di realizzare materiali ferrosi anche la scoperta di un laboratorio fusaro sempre in prossimità dell’altopiano di Montiferru.
In conclusione, in Sardegna, - chiosa Piras - il ferro è stato utilizzato 4000 anni prima di Cristo e con queste abilità furono istituite delle vere e proprie scuole di arti e mestieri.
Di “Armonie Primordiali” ha parlato il M° Ivo Zoncu - Docente di Chitarra Classica, Concertista e Compositore - facendo quindi scoprire come anche la musica e i canti della Sardegna avessero una particolare complessità per l’utilizzo di scale molto simili a quelle degli aborigeni. “Negli anni settanta – sottolinea il musicista - sono stati classificati tuti i canti di musiche sacre e profane. La nostra armonia si distacca completamente dal sistema occidentale. Sono infatti venuto in possesso di canti aborigeni che erano molto simili e affini ai nostri canti. La cosa straordinaria è che si utilizza una scala tutta loro. La percezione, quando ascoltiamo musica etnica, è quasi di stonatura”.
Gli etnomusicologi quando hanno studiato queste musiche hanno scoperto una scala molto complessa e un uso di più voci in contrappunto e in poliritmia. Certi cori hanno tre ritmi diversi di note sovrapposte.
“La musica – conclude il Maestro Ivo Zoncu - è la colonna sonora della contemporaneità che si vive. Col tempo ogni popolo ha lasciato traccia di sé in Sardegna per cui ritroviamo anche melodie arabe e il canto si è fuso tutt’uno con il canto gregoriano. Anche la musica di oggi rispecchia il periodo che si vive attualmente.”
A Don Roberto Caria le conclusioni sottolineando come il seminario sia stato ricco di spunti di approfondimento che potranno essere riaperti e approfonditi in un prossimo futuro.
Daniele Trabucco ringrazia tutti gli intervenuti anche in rappresentanza del polo didattico che ha ospitato il seminario.