Mi aveva messo sull’avviso, proprio ieri, Antonio Boellis di SportParma (da cui traiamo la foto in evidenza), chiedendomi se sapessi di Fabrizio Castellini. “E’ in coma”, non si capiva bene per quale accidente gli fosse saltato fuori a 70 anni, 25 o poco più dalla nascita de La Voce di Parma, la sua ultima creatura, dopo le precedenti analoghe esperienze con Il Giornale di Parma. 22 giorni fa, con i suoi piedi, si era recato al Pronto Soccorso con la temperatura corporea molto elevata: col passare delle ore e dei giorni le sue condizioni sono via via peggiorate fino al decesso nella notte. E’ stato il figlio Emanuele, anche lui giornalista, a tenere informate le persone più care sull’evolversi della difficile situazione sino al doloroso epilogo.
Discover, quella diavoleria che ogni mattina ti propone sul tuo telefonino titoli acchiappaclik (quando va bene, se non vere e proprie anzi false fake news), in base ad interessi che avresti secondo l’algoritmo, un paio di volte, negli ultimi giorni, mi aveva propinato una considerazione di Francesco Guccini (che effettivamente, talora, mi piace ascoltare) secondo cui nel 2022 non ha più senso essere anarchici (come lui si ritiene in luogo del luogo comune “comunista”): Fabrizio Castellini, di cui oggi diversi colleghi (tra quelli che non hanno ignorato la sua scomparsa) inneggiano alla sua libertà (magari declinata in modo non troppo continente…) di pensiero, quindi di scrittura, direi fosse “antagonista”, e forse anche in questo caso Guccini si domanderebbe quanto possa aver senso nel 2022 questo aggettivo…
La veste grafica della “Voce” era la stessa da 25 anni, così come il processo di lavorazione a chilometro zero del settimanale, persino con l’acquisto dei rotoloni di carta da consegnare in tipografia, ed anche la ricetta, ossia la denuncia di scandali (taluni veri, vedi Parmalat, la sua miglior medaglia, taluni presunti, taluni campati per aria, ma inseguiti un po’ per ideologia, un po’ per accanimento, un po’ perché alle proprie verità putative si finisce per crederci) miscelata con gli interventi del prete scomodo Don Luciano Scaccaglia, ma anche con qualche rubrica più leggera di cronaca rosa o pettegolezzo.
Nel caleidoscopio, ad un certo punto, finimmo anche noi di StadioTardini.it, in quanto – quando pure io ero al bando e finito ai margini di quel sistema che lui combatteva con tutte le sue forze – mi chiese di poter ricopiare sul suo giornale i pezzi più significativi che uscivano sul sito. Apertura che mi fece molto piacere, perché quando ti fanno terra bruciata attorno, avere qualche alleato ti aiuta. Di lì a poco il Parma F.C. avrebbe fatto una brutta fine ed il racconto di quei giorni, che resta il punto più alto della storia di StadioTardini.it, trovò amplificazione anche sulla Voce di Parma, anche se proprio alcune distorsioni di quei temi fecero poi finire quel connubio.
Antonio Boellis, su SportParma, oggi lo tratteggia come un uomo d’altri tempi, una persona vera e leale, uno che ha dato sonore lezioni di giornalismo alla città (vedi il crack Parmalat), a suon di scoop clamorosi e denunce imbarazzanti, con uno stile unico, piccante e inconfondibile, oltre a dover sopportare decine e decine di denunce che non lo hanno mai piegato, fermato o messo a tacere, anzi. Un giornalista vero, la cui storia andrebbe insegnata nelle scuole di comunicazione e giornalismo. Era uno dei più agguerriti, coraggiosi e discussi cronisti (e direttori) della città, un investigatore sempre a caccia di verità scomode, assetato di giustizia e spesso in guerra contro il potentato locale, a cui ha dato del filo da torcere per decenni”.
Su Parma Repubblica ripropongono significative parole dello stesso Castellini a suo tempo affidate a PramzanBlog di Achille Mezzadri: “Sto solo dalla parte del cittadino, diciamo che mi comporto come una specie di ‘difensore civico’. Non ho altri interessi. Tengo monitorata la città e dico quello che vedo. Se poi questo va contro gli interessi di qualche potente…”
Francesca Devincenzi, su Parma Press, lo definisce: “Giornalista d’altri tempi, coraggioso, sfacciato, vero cacciatore di notizie e verità, mai domo, svelò crack e scandali prima di tutti. Fu mio primo maestro e direttore…”
Andrea Marsiletti su Parma Daily ne parla come di un “giornalista graffiante quando non pesante, negli anni ha messo sotto tiro quello che lui additava come il “sistema Parma”. Negli anni i suoi bersagli preferiti sono stati l’Unione Parmense degli Industriali, Iren, Regione, Sogeap, i sindaci Ubaldi e Pizzarotti e altre persone potenti della città”. E ancora: “Era orgogliosissimo del suo giornale e delle sue locandine alle quali attribuiva, credo illudendosi un po’, un contropotere immenso. Con Fabrizio se ne va per sempre una voce ribelle dell’informazione cittadina.”
Ecco, se mi è consentita, infine, una chiosa, penso che in effetti quelle locandine fossero davvero un “contropotere immenso” come credeva lui: in una città dove da anni vige (dal punto di vista tradizionale, lasciando perdere le evoluzioni tecnologiche) un monopolio informativo, che ci fosse una seconda locandina al di fuori delle edicole era importante per il pluralismo, anche se l’utilizzo delle stesse, spesso, è stato improprio ed esagerato e quindi deontologicamente censurabile, ma di sicuro efficace.
Fabrizio Castellini – che alcuni di noi, temporibus illis, per l’inconfondibile stile, avevano ribattezzato come l’omonimo portiere del Torino anni ’70 “Il Giaguaro” – anche se non sono in tanti a ricordarlo, fu tra i pionieri di Radio Emilia nella storica sede di Via Zarotto nell’ex magazzeno di formaggi dei Cocconcelli e per un certo lasso di tempo anche direttore responsabile dell’emittente, quando la sua Voce, prima di diventare scritta era in forma orale.
Al figlio Emanuele e ai familiari le più sentite condoglianze.
Gabriele Majo