Lunedì, 13 Gennaio 2020 16:34

Il discorso del Sindaco per il Premio Sant'Ilario In evidenza

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Concittadine e concittadini, buongiorno a tutti.
Vi ringrazio per essere presenti in un giorno così importante e sentito, quest’anno in modo particolare.
Ringrazio per la presenza le autorità religiose e militari, le forze imprenditoriali e della società civile, il mondo dell’Università, i consiglieri comunali e la mia giunta.
Infine, ringrazio a nome della città i parmigiani che ricevono la civica benemerenza e la medaglia d’oro, simboli di una volontà tenace, spirito di sacrificio e di uno sguardo che supera l’orizzonte.

Li ringrazio perché con il loro esempio ci permettono di raccontare la Parma più bella: quella che lavora, che inventa, che crea e produce mostrando agli occhi dell’Italia e del mondo il nostro meglio: saper fare qualità, cultura e industria. Saper essere motore di sviluppo in Italia e anche nel mondo.
Abbiamo nel Dna, noi di Parma, lo spirito del progresso, di cui oggi il Paese ha tanto bisogno.
Le benemerenze e le medaglie d’oro, però, non sono l’unica sorpresa di oggi: per la prima volta nella storia celebriamo la festa del patrono sotto le luci dorate del Teatro Regio.
Per me significa tanto essere qui con voi, ogni volta è come la prima volta, per senso di responsabilità e del dovere.
Sono cresciuto nel quartiere San Leonardo durante i difficili anni ’70, quando l’espansione urbanistica era fuori controllo. Ricordo gli alti palazzoni tutti uguali lungo strade che continuavano a sottrarre spazio alla campagna. Era il periodo della crescita contro ogni idea di bellezza.

Nei decenni convulsi che si sono susseguiti, e fino ai giorni nostri, ci sono volute grandi trasformazioni, e nascita di diverse sensibilità, per ritornare a un vero spirito di bellezza materiale e immateriale.
Questo percorso non è ancora concluso: ogni giorno lavoriamo perché Parma possa mostrare all’Italia le preziose risorse di cui è custode e ambasciatrice.
Quarant’anni dopo quegli anni giovanili, vissuti tra alti palazzi e grigio asfalto, essere in piedi sul palco del Regio per me rappresenta un orgoglio: ci sentiamo tutti piccoli al cospetto di questo luogo.
Esserci è un privilegio, ma se siamo qui significa che la nostra comunità, più unita dopo le difficoltà del passato, si è rimessa in cammino e sta vincendo sfide importanti.

Tutti insieme abbiamo trasformato un’idea sussurrata in una opportunità; abbiamo inseguito un sogno e abbiamo saputo dargli testa, corpo e gambe.
Noi eravamo convinti, anche nei momenti più bui, che la città avrebbe potuto riscrivere con coraggio il suo futuro.
Con i giorni entusiasmanti che si concludono con la giornata di oggi, possiamo affermare che Parma è definitivamente tornata. E’ tornata ed è la Capitale Italiana della Cultura.
Sono tante le persone che dall’Europa e dal mondo stanno raggiungendo la città, molte più di quelle che arrivavano anche solo 5 anni fa. Sono stati fatti milioni di investimenti, tanti progetti hanno visto o vedranno la luce; la disoccupazione diminuisce e diverse città d’Italia, ora, ci considerano un modello da imitare. Ricordo che Parma veniva criticata perché a fronte delle difficoltà sembrava aver perso la direzione verso il progresso. Invece la nostra comunità l’ha tracciata e la sta percorrendo.

C’è ancora molta strada da compiere e non tutto è perfetto. Viviamo le mille difficoltà che tutte le città affrontano: fondi insufficienti per rispondere a ogni esigenza; mancanza di casa o di lavoro, il bisogno di sentirsi sicuri e protetti; il desiderio di migliorare la propria qualità di vita.
Ogni richiesta d’aiuto è un grido contro la disuguaglianza, la mancanza di opportunità, la difficoltà nel progettare il futuro. A questo grido, noi abbiamo sempre il dovere di rispondere : “presenti”.
E c’è una cosa che nonostante le incertezze Parma ha saputo fare meglio di altri, ed è il motivo per cui siamo qui: aver vinto la paura.
C’è infatti un mito che viene venduto lungo le strade, nelle piazze, tra la gente: pensare, di fronte alle difficoltà, di poter fermare il tempo e tornare alla vita di 20, 30 o 40 anni fa. Vivere oggi pensando a quanto si stava bene ieri.

Vivere di paura credendo il futuro incerto.
Vivere bloccati nei ricordi di fasti passati che, tanto per cominciare, non sono mai stati così rosei come si vuol far credere.
Uomini e comunità sembrano aver perduto la voglia e il tempo di edificare il domani giorno per giorno, passo dopo passo, metro dopo metro: i problemi vanno risolti di colpo. Si devono risolvere di colpo perché, si dice, i problemi di oggi hanno soluzioni facili.

Fermare il tempo è un mito che ricerca la grandezza nelle cose sbagliate: rinunciare al futuro, promettere soluzioni rapide, guardare al passato.
Si è così radicato in noi da aver vinto la volontà di progresso. Quella che, per intenderci, ci ha permesso di scoprire nuovi continenti e di conquistare anche la Luna.
Parma, invece, ha affrontato la paura, è andata avanti. Oggi accendiamo una fiaccola che brilla nella notte e fa giorno; ci siamo allontanati dalla politica che guarda al passato andando verso qualcosa di completamente nuovo.
La nostra forza è stata l’unità. La fiaccola brilla perché ognuno di noi, ora, la sta brandendo. Siamo Capitale della Cultura non grazie a un sindaco, non grazie a una giunta, non per merito delle imprese o dell’Università, non per merito dei parmigiani o delle associazioni del territorio.
Ma per merito di tutte queste energie insieme.
Le forze che spingono verso il basso e alimentano il mito di “fermare il tempo” sono potenti. Ecco perché non si tratta più di vincere una nomina a Capitale, né di arrivare primi nelle classifiche che contano: si tratta di vincere un’epoca.

Ci troviamo nello spazio di una porta scorrevole, tra due mondi che si guardano senza toccarsi. In questo limbo bianco noi dobbiamo preparare Parma a una vita migliore nel 2030, nel 2040 e addirittura nel 2050. Perché le trasformazioni importanti e strutturali necessitano di una grande preparazione e programmazione.
Viviamo il tempo della confusione perché si fatica a decifrare il cambiamento in atto. Che piaccia oppure no, il mondo sta cambiando: o si governano le forze della storia, o si rimarrà in balìa delle onde.
Appartengo alla prima generazione che vive più difficoltà sociali rispetto ai propri genitori; clima impazzito e inquinamento rappresentano un attentato alla vita; sentimenti di divisione e di esclusione minano le fondamenta dell’Europa; la quarta rivoluzione industriale e l’automazione trasformano il mercato del lavoro rendendolo più liquido, più flessibile, più incerto.
Se non pensiamo a qualcosa di davvero differente, se non crediamo che il cambiamento possa partire da ognuno di noi, iniziando da una città, rischiamo di essere travolti dal mito: continueremo a coltivare l’illusione di un passato più sicuro dell’oggi, e rifiuteremo il cammino verso il progresso.

Saranno perciò tre i principi ispiratori che guideranno Parma nei prossimi decenni:
1) la qualità della vita con la difesa dell’ambiente;
2) la sua identità europea;
3) e insieme a queste l’unico filo che le può legare: la cultura.
Perché la cultura è la nostra fiaccola. E batte il tempo.

PARMA CITTA’ VERDE
Prima viene la qualità della vita.
Prima ancora della politica e della comunità c’è la vita di ognuno di voi, madri e padri che al mattino si recano presto al lavoro, portano i figli a scuola, progettano il domani. Ognuno di voi ha il diritto di vivere in uno spazio di libertà e di qualità, al riparo dalle crisi ambientali e naturali che la pianura padana, e più in grande il mondo, sta attraversando.
Una volta diventati Capitale della Cultura, ci siamo candidati a Capitale Verde Europea per il 2022. Non per ottenere un riconoscimento fine a se stesso, ma per raccontare all’Italia e all’Europa la nuova storia di Parma: la storia di una città verde, ecologica e sostenibile.
È l’alba di una sfida che sta facendo epoca: mobilita le piazze, unisce le nazioni, fa marciare a milioni le nuove generazioni.
Noi ci saremo per fare la nostra parte, perché guardandoci attorno in italia vediamo: smog, cementificazione incontrollata, mobilità selvaggia, clima impazzito, mancanza di un piano verde, periferie nate senza coerenza che stanno creando un nuovo deserto, verso cui noi dobbiamo opporci.
Recentemente sono stato a Parigi su invito della sindaca Anne Hidalgo. Ci è stato chiesto di raccontare il modello Parma, un modello di città sostenibile e verde, al Parigi City Life.
In quei giorni intensi abbiamo convenuto che bisogna agire subito e di concerto. È un appello che arriva potente dalle città d’Europa, poi da altre parti del mondo.

A Parma è già in atto.
Stiamo facendo la nostra parte con responsabilità, ma serve che tutte le città dell’Emilia Romagna e d’Italia, ci seguano nella sfida lavorando da domani insieme a noi a:
un consumo di suolo “verde”, cioè pari a zero; una raccolta differenziata oltre l’80%; tangenziali e centro storico limitati alle auto ma libere per cittadini e biciclette; scuole ecosostenibili, libere dall’amianto e sicure dal punto di vista strutturale, servizi pubblici sempre più ecologici e nuove piste ciclabili.
Poi ancora: più spazi verdi da vivere, rigenerazione urbana degli edifici in disuso, nuove infrastrutture che uniscano Parma con il mondo con rapidità: come è avvenuto di recente grazie ai treni ad alta velocità, che collegano Parma con Milano in soli 40 minuti.
Questa è la nostra rivoluzione verde. Non ci illudiamo: ci vorranno anni per attuarla e invertire il vecchio modello di sviluppo. Ma il futuro non ci spaventa e nulla potrà fermarci, perché viviamo in un mondo splendido per cui vale la pena lottare.

EUROPA E VOCAZIONE INTERNAZIONALE
Dopo la qualità della vita viene la fotografia che il mondo ha di noi. Il benessere è l’intimo della città, mentre lo spazio attorno rappresenta la nostra dimensione di crescita.
Continueremo a lavorare per una città amica dell’Europa Unita e a vocazione internazionale.
Chi rincorre il passato per fermare il tempo vende illusioni, e fa credere che piccoli si è più forti, divisi si è più uniti, isolati si ha maggior spirito di comunità.
Menzogne ben raccontate. Trovandomi con molti giovani in varie occasioni, ho conosciuto un ragazzo di cui mi ha colpito l’idea di Europa. Nato a fine anni ‘90, non ha mai preso in mano mille lire, non ha mai visto una dogana, non sa cosa significhi girare l’Europa col passaporto, ha letto del Muro di Berlino solo sui libri di storia.

Quel ragazzo è un cittadino d’Europa. Fa parte di una generazione di sognatori che non comprende perché si litighi tra europei, o perché il Regno Unito uscirà dall’Ue anziché costruire insieme un sogno dove libertà, uguaglianza e fratellanza potranno essere luce sul cammino del progresso.
A questa generazione di sognatori, persi nella notte dell’Europa, diciamo: quando il mondo attorno è caotico, essere sovrani del proprio orticello non ci salverà.
Nulla può una nazione di 60 milioni di abitanti contro superpotenze occidentali e orientali di 200, 300 o 400 milioni di persone.
Al pari di una nazione, anche una città può scegliere se restare provinciale e scomparire, oppure puntare al progresso e vincere il mito di chi vuole un ritorno al passato.
La dimensione di Parma non è data solo dai confini, ma dagli obiettivi: siamo e continueremo a essere una città aperta e a vocazione internazionale.
Non solo a parole ma coi fatti: come tutti saprete, Parma “Capitale della Cultura” sta collaborando con Reggio Emilia e con Piacenza. Le antiche rivali sono oggi le più grandi amiche. Insieme vinceremo la distanza immateriale che ci ha resi divise e rivali, e realizzeremo una nuova dimensione di Emilia: uno spazio unico di turismo, cultura, industria, eccellenze, vita e rapporti.
Brandendo la fiaccola, poi, andremo oltre: ci misureremo senza timore con le città che hanno fatto la storia d’Europa e delle sue nazioni, in un processo già iniziato: siamo tra le finaliste di Capitale Verde assieme a Belgrado, Tallin, Budapest, Sofia, Torino, Lione e diverse ancora.

Pensare in grande: competere con chi è già grande.
Piccoli non si è più forti, divisi non si è più uniti, isolati non si ha maggior spirito di comunità.
Se vogliamo vincere le forze della storia che intendono fermare il tempo, dobbiamo agire uniti pensando in grande.
Sta proprio nell’unità l’anno della Capitale, e sta nel gioco di squadra quel che Parma sarà tra vent’anni, quando saremo tutti più anziani e trarremo i frutti del nostro lavoro.
Quando stanchi cederemo il passo a chi viene dopo di noi, la generazione di sognatori chiederà il conto. Io non me la sento di dire ai giovani: sbrigatevela voi, noi viviamo l’oggi.

CULTURA
Terzo punto, la cultura.
Torniamo così al principio di ogni cosa, al significato immediato dell’anno che ci apprestiamo a vivere; la fiaccola che batte il tempo e vince il falso mito del ritorno al passato. Perché se c’è qualcosa che si muove in avanti e in eterno, se qualcosa spezza gli argini dell’apatia e scorre impetuosa come un fiume in piena, è proprio la cultura.
In tanti modi possiamo definirla, ma è così grande che sfugge a ogni definizione. Tra coloro che ci hanno provato, preferisco intenderla al modo di Gramsci, che afferma: Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri.
Per chi intende l’anno della Cultura come mero giro di valzer o di eventi, non ha colto il senso. La cultura non è svago, ma affermare di essere vivi in un mondo che danza nel caos.
Parma è Capitale della Cultura perché invece di affermare la sua esistenza, la vive.
Vivendo illumina col suo potente messaggio, che va oltre il tempo, lo supera, lo batte: Parma è tradizione e anche futuro, è bellezza ed eleganza, è antifascismo; è parmigianità e leggerezza, è solidarietà, è donna e libertà; Parma è tolleranza, democrazia e partecipazione; è il rosa del tramonto e il giallo dell’alba che illuminano il Ponte di mezzo. È progresso.
È la città dei diritti, perché nel tempo in cui i diritti civili sono sotto minaccia, Parma afferma senza paura che qui, da noi, i diritti non sono concessioni, ma principi che nessuno ci può togliere.
Parma batte il tempo e guarda al futuro perché restituisce alla cultura il ruolo di metronomo della vita, abbatte i muri che dividono le persone dalle persone, le città dalle città, le culture dalle culture, le opportunità dalle opportunità.

Da domani, più di 400 eventi coloreranno piazze, strade, musei, teatri, parchi e tutti gli spazi della città.
Non vivrete una grande festa di capodanno, che nelle piazze lascia il vuoto e il silenzio di chi ha dato tutto e ritorna alla vita di ogni giorno. Il 2020 sarà l’anticipazione di cosa, insieme, saremo capaci di fare negli anni a venire. Di cosa Parma sarà negli anni a venire: una città vittoriosa sulle forze che vivono di soli ricordi, che spingendo verso il basso immaginano un mondo che non c’è più.
Vogliamo suscitare cultura nei quartieri, creare pensiero e benessere arrivando, con ogni sforzo, a coinvolgere ogni singolo parmigiano. Lo faremo senza dimenticare che stiamo parlando all’Italia, e che dobbiamo guardare sempre fuori dai nostri confini perché Italia significa Europa.
Ringrazio dal profondo del cuore chi ha permesso tutto questo, chi ci ha lavorato, chi ha passato notti insonni e pomeriggi no stop per fare di Parma una fucina di eventi, di cultura e di crescita.
Vi ringrazio per la vostra passione, il vostro entusiasmo, la vostra professionalità, il coraggio di pensare oltre e di vivere questi momenti con estrema semplicità: senza tutti voi, dal primo all’ultimo, Parma Capitale della Cultura non si sarebbe mai realizzata.
Parma vi è grata.

CHIUSURA
Qualità della vita e ambiente, vocazione europea e internazionale, infine cultura, rappresentano l’oggi e il domani.
Manca un solo elemento per completare il cerchio: noi stessi.
Noi che siamo artefici del nostro destino e, per ognuno, artefici del destino della comunità.
Voglio pensare che la crescita di una città e del Paese, l’unità sincera di una comunità, non dipenda soltanto da chi governa o fa politica. Prima della politica ci sono i nostri sogni, uniti dall’entusiasmo di crescere e di trovare, per ognuno, il nostro posto nel mondo. Noi, che scegliamo chi essere.
Quando penso a ciò, mi torna alla mente La storia Infinita di Michael Ende.
Nel suo cuore ha un messaggio profondo da riportare in superficie: il nostro dovere è opporci al Nulla. Cosa sia il Nulla lo rivela un dialogo tra un lupo, servo del Nulla, e il giovane eroe, Atreiu.
“Hai mai visto il Nulla, Atreiu?”, Chiede il lupo: “Sì, è come se si fosse ciechi”, risponde.
Il lupo allora ribatte: “Quando il Nulla vi cade addosso diventate come una malattia contagiosa, che rende gli uomini ciechi, così da non distinguere più le apparenze dalla realtà. Sai come vi chiamano una volta caduti nel Nulla? Menzogne! Ecco come vi chiamano: niente ha più potere sugli uomini che le menzogne. Non appena verrà il tuo turno di saltare nel Nulla lo diventerai anche tu. Chi lo sa, allora, a cosa potrai servire”.
Il Nulla è l’uomo che si appiattisce, è la mancanza di creatività, l’incapacità di alzare lo sguardo verso l’alba. È il contrario di osare, è rassegnarsi. La mancanza di idee e di creatività è il Nulla della nostra epoca. Ci fa piombare nel mito del passato, appiattiti su un mondo che non esiste più, impauriti da un futuro ancora da realizzare.
Se potessi tornare indietro non è per volontà di rivivere nel passato, ma per ritrovare quel ragazzo che cercava il suo posto nel mondo. Per dirgli che tutti i sacrifici fatti gli sono serviti per essere qui oggi. Per dirgli di non mollare mai, perché ad ogni passo potrebbe non esserci nulla, ma potrebbe anche esserci tutto.
Tutti noi siamo state quelle ragazze e quei ragazzi: ogni nostro sacrificio ci ha portato a essere le persone che siamo, e se guardiamo dentro di noi sappiamo che ne è valsa la pena.

Che ne varrà ancora la pena.
Qui, oggi, si incontrano passato, presente e futuro: sta a noi fonderli nel cammino di Parma.
Qualche sera fa passando davanti al nostro albero di Natale pensavo: ci ricordiamo di com’era la città sette anni fa?
In piazza avevamo un piccolo albero di polistirolo e niente addobbi perché non ce li potevamo permettere.
Un piccolo albero a pedali le cui luci si accendevano solo se tutti noi pedalavamo. Stretti attorno all'albero.
Era come dire: rimbocchiamoci le maniche, facciamolo uniti, perché Parma non merita di fallire.
Sette anni dopo siamo Capitale Italiana della Cultura.
Parma ha una bella storia da raccontare all'Italia, e l'Italia ha una bella storia da cui prendere esempio.
Io dico che abbiamo bisogno di stringerci attorno a un sogno, guardarci negli occhi e avere speranza.

È un inverno freddo… ma l’inverno non dura per sempre. Ora abbiamo una fiaccola accesa contro paura, rassegnazione e mancanza di entusiasmo: contro questi avversari, la nostra fiaccola riscalda il cuore e sconfigge il buio. Esattamente come ricordava un grande parmigiano che ha fatto la storia della sua azienda e della città: “Tutto è fatto per il futuro. Andiamo avanti con coraggio”.
Buon Sant’Ilario a tutti, Grazie.

 

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