Secondo la ditta appaltatrice il disguido sarebbe dovuto a "incapacità/involontà del carcere a sfiatare i termosifoni posti in ogni stanza e non oggetto di manutenzione a carico della nostra società". Sulla diatriba a farne le spese sono gli ospiti della struttura penitenziaria di Reggio Emilia e soprattutto quelli malati.
di LGC Reggio Emilia, 06 dicembre 2015 -
A fare scattare l'allarme sulla questione del freddo all'interno del carcere di Reggio Emilia era stata la stesso garante delle persone private della libertà della Regione, Desi Bruno, che nella giornata del 26 novembre aveva visitato la struttura penitenziaria di Reggio Emilia insieme al direttore, Paolo Madonna e alla comandante della Polizia Penitenziaria Manon Giannelli, dove aveva anche effettuato diversi colloqui con i detenuti.
A seguito del sopralluogo la figura di garanzia dell'Assemblea Legislativa aveva riferito che "le persone gravemente malate sono costrette a coprirsi con più coperte", "in alcuni spazi detentivi il funzionamento dell'impianto di riscaldamento risulta del tutto inattivo" e infine "non c'è acqua calda all'interno delle camere di pernottamento, ma solo nelle docce comuni situate all'esterno".
Secondo Bruno, quindi, "già si sono configurati i profili di una detenzione caratterizzata da trattamenti inumani e degradanti". E tutto ciò accade perché, riporta la direzione del carcere, "la ditta appaltatrice della fornitura di energia termica ed elettrica che pilota l'impianto a distanza, da Vicenza, regola la temperatura dei caloriferi al minimo".
E' proprio su questo punto che la ditta appaltatrice di Vicenza si oppone rifiutando la responsabilità, anzi rilanciando al mittente l'addebito.
La ditta fa sapere infatti che "il freddo lamentato non è causato dalla "ditta di Vicenza" che gestisce al minimo il riscaldamento ma da incapacità/involontà del carcere a sfiatare i termosifoni posti in ogni stanza e non oggetto di manutenzione a carico della nostra società."