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Un futuro di innovazione e internazionalizzazione per l'agroalimentare emiliano romagnolo. Dell'eredità di Expo se ne è discusso a Bologna lunedì scorso, su sollecitazione della Regione, per fare il punto sull'esperienza milanese chiamando a raccolta testimonianze di eccellenza nel campo delle imprese e delle organizzazioni no-profit. Imperativo sarà fare sistema e cooperare.

di Redazione -

Parma 26 gennaio 2016 -

E' stato da tutti riconosciuto che la Regione Emilia Romagna sia stata una delle più attive durante i sei mesi dell'Expo Universale di Milano conclusasi lo scorso 30 ottobre.

Un'attività impegnativa che non poteva esaurirsi con l'EXPO milanese ma che deve protrarsi e consolidarsi nel tempo capitalizzando l'investimento del semestre milanese. A Milano l'Emilia-Romagna e il suo sistema agroalimentare sono stati tra i protagonisti.

Un primo momento di riflessione sul lavoro svolto e sui programmi futuri è stato appunto il maxi convegno dal titolo "L'eredità di EXPO per l'agricoltura dell'Emilia Romagna" organizzato lo scorso lunedì 25 gennaio.

Il convegno bolognese, che ha chiamato a raccolta il mondo dell'agricoltura e dell'agroalimentare emiliano-romagnolo, è servito per fare il punto su progetti e strategie. Con un obiettivo: valorizzare al meglio l'esperienza dell'Esposizione milanese, per sostenere la propensione all'export e all'innovazione del sistema produttivo emiliano-romagnolo.

"Teniamo questo convegno - ha sottolineato Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia Romagna, introducendo i lavori - a un anno esatto dalla partenza della legislatura. Era infatti il 26 gennaio 2015 quando nominammo gli assessori, e la prima cosa che ci suggerirono era di non investire in Expo2015 e invece ci abbiamo creduto e è risultato un successo in quantità e in qualità".

L'agricoltura ha un ruolo importante nel sistema economico emiliano romagnolo e è intenzione dell'amministrazione regionale continuare a investire per un futuro di innovazione e internazionalizzazione. "A partire dall'agroalimentare, che è la seconda voce del nostro export. A fine 2016 - promette Bonaccini - saranno già emessi bandi per circa 1 miliardo di euro (dei complessivi 2,5 miliardi di fondi europei a disposizione da qui al 2020), perché vogliamo agire con velocità, per superare definitivamente la crisi e creare posti di lavoro, a partire dall'agricoltura, un settore il cui valore aggiunto nel 2015 è cresciuto del 3%".

L'impegno dell'Emilia Romagna è stato sottolineato anche dal ministro delle Politiche agricole e forestali Maurizio Martina in un intervento video. Tra i temi su cui il Governo è impegnato – ha spiegato il Martina– l'internazionalizzazione, forte di un export che nel 2015 ha superato i 36 miliardi di euro, il ricambio generazionale in agricoltura e la questione organizzativa con la nascita del Ministero dell' agroalimentare. "Credo che la collaborazione tra Regione Emilia-Romagna e Governo sia cruciale – ha detto Martina - e ci sono le condizioni per attuarla".

Nel mondo il made in Emilia-Romagna è sinonimo di qualità dei prodotti, attenzione all'ambiente, sicurezza alimentare, distintività. Con una filiera agroalimentare che da sola vale circa il 20% del totale nazionale, l'Emilia-Romagna è prima in Europa per prodotti Dop e Igp (42 con il recente ingresso del Pampepato ferrarese). Le prime quattro indicazioni geografiche emiliano-romagnole (Parmigiano Reggiano Dop, Prosciutto di Parma Dop, Aceto balsamico Igp e Mortadella Bologna Igp) rappresentano oltre il 40% del valore complessivo nazionale. Elevata la propensione all'export con un valore di 5,5 miliardi di euro.

L'impegno della Regione

"A fronte di una domanda interna sostanzialmente stabile, la nostra prospettiva è sui mercati esteri e qui il potenziale è enorme - ha detto l'assessore regionale all'agricoltura Simona Caselli nella sua relazione introduttiva – a fronte di un buon andamento dell'export complessivo, sono però ancora tante le aziende che non vanno all'estero. Al mondo produttivo chiediamo di condividere una strategia comune, perché se ci muoviamo come sistema, all'interno di una prospettiva nazionale, saremo più forti." Caselli ha sottolineato l'impegno della Regione, sia intensificando l'attività di "diplomazia agroalimentare" e le relazioni istituzionali; che spingendo forte sull'innovazione, un settore per il quale sono a disposizione, da qui al 2020, 50 milioni di euro grazie al Psr. Destinatari i Goi, ovvero i Gruppi operativi per l'innovazione, inedite alleanza tra mondo della ricerca e aziende agricole. Oltre12,6 milioni di euro sono già stati stanziati e il termine per presentare le domande scade il 31 marzo.

Tra i settori su cui Caselli ha rivendicato l'impegno della Regione il sostegno all'identità del territorio e dei suoi prodotti e dunque "il presidio della reputazione che è ciò che ci precede quando affrontiamo un nuovo Paese".

Per quanto riguarda il sostegno più diretto all'export, oltre alle risorse del Psr per la promozione sui mercati europei e le nuove strategie di commercializzazione, anche con un approccio di filiera, ci sono per il 2016 17 milioni di euro destinati all'internazionalizzazione, anche del settore agroalimentare. Come ha spiegato l'assessore regionale alle attività produttive Palma Costi verranno finanziati bandi di promozione dell'export, sia sui mercati europei che extraeuropei, anche per piccole e medie imprese non esportatrici oltre che consorzi export e partecipazioni fieristiche. "C'è un bacino di 20 mila imprese che solo occasionalmente esportano", ha spiegato Costi ed è lì che deve concentrarsi l'azione della Regione.

Il supporto della Regione passa anche attraverso la fornitura di servizi, quale quelli di Ervet (scouting, analisi Paese, ricerca finanziamenti e progettazione interventi) e del servizio Fitosanitario per il superamento di quelle barriere non economiche che rappresentano uno dei principali ostacoli per la penetrazione dei prodotti agroalimentari sui mercati extraeuropei.

Dall'Europa è in arrivo il "Pacchetto promozione" che metterà a disposizione 200 milioni di euro all'anno. Lo ha ricordato l'europarlamentare Paolo de Castro, che ha sottolineato la necessità di un maggior impegno come sistema Paese sul fronte degli accordi internazionali, a partire dalla tutela delle indicazioni geografiche nel TTP, il trattato di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione Europea.

Tra le attività di sostegno all'export, su cui si è soffermato il presidente di Unioncamere Maurizio Torreggiani, il programma Deliziando in collaborazione con la Regione. Usa, Canada, Cina, Hong Kong, oltre all'Europa le aree verso cui si concentrerà nel 2016 l'attività di incoming, formazione e promozione, oltre alle missioni e alla partecipazione a fiere internazionali di settore a New York e a Parigi. Nel 2015 l'attività di Deliziando ha coinvolto 128 aziende, 46 buyer esteri e si è tradotta in 534 incontri b2b.

Dall'esperienza di Expo si è consacrata la consapevolezza che l'Emilia Romagna, in quanto sistema, è un modello efficace e esportabile. E se di successo si può parlare, relativamente alla partecipazione alla rassegna milanese, questo lo si deve al fatto che si è lavorato uniti, amministrazioni e imprese tutti focalizzati su obiettivi comuni e condivisi.

Ecco quindi che il convegno è stata anche l'occasione per promuovere un confronto diretto con il mondo delle imprese e del no profit chiamate a testimoniare le loro esperienze sui mercati esteri e a proporre idee.

Ad aprire le relazioni della tavola rotonda è Maurizio Gardini (Conserve Italia) il quale ribadisce come Expo sia stato un efficace strumento di amplificazione dei risultati della rinnovata politica aziendale di Marca che ha registrato crescite a due cifre "abbiamo fatto il bilancio migliore della nostra storia". Gardini avverte che oltre a fare squadra, per l'internazionalizzazione, le imprese devono essere attrezzate anche finanziariamente. "All'estero non ci stanno certamente aspettando a braccia aperte" conclude Gardini "dobbiamo meglio comunicare i nostri prodotti. E' frustrante per i nostri produttori avere i migliori disciplinari produttivi al mondo e che questo non sia riconosciuto all'estero."

Luigi Scordamiglia (presidente Inalca e vice presidente Assocarni) conferma come Expo sia stata una opportunità unica per il nostro Paese consacrando il modello italiano come modello di riferimento mondiale.

Siamo ricercati, ribadisce il presidente Inalca società presente in 70 paesi, per l'efficienza e sostenibilità delle nostre filiere, ma occorre presentarsi uniti perché, per quanto grandi non lo si è mai a sufficienza quando si parla di internazionalizzazione. Come fare? Occorre fare sistema e il suggerimento è che, anche in forza del nuovo ruolo (presidente della conferenza delle regioni) assegnato al Presidente della Regione Bonaccini, occorre che "questa regione assuma il ruolo fondamentale di coordinamento" per la capacità che ha avuto nello stimolare l'internazionalizzazione.

Sara Roversi.  Future Food Institute progetto non-profit nato all'interno di youcangroup, network internazionale di attori del mondo del food capaci di generare un impatto positivo, a livello economico, culturale e sociale, investendo sull'innovazione, la condivisione di best practices globali ed il mentoring di startupper e giovani imprenditori del settore. Al centro di tutto? C'è lo "spirito imprenditoriale", un concetto da favorire attraverso l'educazione dei giovani a tutti i livelli, per far crescere una generazione responsabile ed appassionata.

Nel girovagare per il mondo in cerca di "contaminazione" Sara Roversi racconta di essersi resa conto che in Emilia Romagna c'è molta innovazione e, dopo avere intercettato un appassionato e talentuoso agronomo pugliese nella Silicon Valley, l'avrebbe convinto a partecipare alla nuova impresa: la "Future Farm" impresa agricola di 60 ettari in quel di Lugo.

Gianpiero Calzolari (Granarolo) "Expo è stato un esempio di come si presidiano gli argomenti e si imposta il futuro". In quanto cooperativa per Granarolo expo è stata una ottima occasione per valorizzare il bene dei soci e "raccontare al mondo che siamo una realtà credibile". Per Calzolari il tema forte è l'aggregazione perché essere interessanti è importante ma occorre essere competitivi per affrontare l'internazionalizzazione. Una affermazione che proviene dal vertice di una azienda che ha già rapporti in 52 paesi e che sta iniziando a presidiare direttamente il Paese produttore di latte per eccellenza, la Nuova Zelanda.

Stanislao Fabbrino (Romagna Coop Food) porta l'interessante esperienza di una rete di imprese creata appositamente per l'esportazione. Insieme le sei realtà imprenditoriali (Cevico, Coin, Deco, Fruttagel, Molino Spadoni, Borgo Buono/Terre Emerse) realizzano un fatturato aggregato di 850 milioni, occupano 2.500 dipendenti in 13 stabilimenti. L'export, secondo Fabbrino, va progettato e le sei aziende aderenti alla rete di imprese, hanno preliminarmente fatto un attenta analisi dei prodotti da esportare, perché "non tutto si può esportare all'estero". Ma per un approccio all'internazionalizzazione occorrono risorse e qui, è il suggerimento di Stanislao Fabbrino, la Regione può giocare un ruolo importante.

Giovanni Beccari (Cefa). CEFA è Organizzazione Non Governativa che da oltre 40 anni opera in Africa per vincere la fame e nel 2000 - ha raccontato Giovanni Beccari - abbiamo raccolto una richiesta di aiuto della Tanzania per affrontare il problema della malnutrizione." La risposta è stato un progetto di produzione del latte, coinvolgendo il territorio emiliano romagnolo e la Granarolo. Un successo che è stato premiato con il riconoscimento di "miglior modello di sviluppo sostenibile per le comunità rurali." Ed ora l'organizzazione non governativa ha lanciato una nuova iniziativa in Mozambico che vede confermata la collaborazione di Granarolo con l'obiettivo di rafforzare la filiera lattiera nel distretto di Breira avvalendosi del sostegno della Regione Emilia Romagna. "Continuiamo a nutrire il Pianeta" è la chiosa di Giovanni Beccari.

Claudio Guidetti (Mulino Alimentare) Per l'amministratore di Mulino Alimentare, società specializzata nel confezionamento e commercializzazione del Parmigiano Reggiano e non solo, il radicamento sul territorio è un valore imprescindibile al punto tale che hanno avviato un processo di parternariato in esclusiva con una importante realtà casearia reggiana. Obiettivo quindi accorciare la filiera con beneficio sia per il consumatore finale sia per la parte produttiva. Un percorso che ha trovato uno sbocco immediato con la più importante catena distributiva canadese con la quale è stato avviato un processo di sensibilizzazione e divulgazione culturale del prodotto sfociato nella conquista del World Guinnes di taglio delle forme di Parmigiano Reggiano in simultanea (1.300 forme). "In mezz'ora - commenta Guidetti - abbiamo realizzato il sold out di tutto il parmigiano disponibile". Alla Regione quindi cosa chiedere, è la domanda retorica del presidente di Mulino Alimentare, "un sostegno per fare sistema" perché certi processi di internazionalizzazione possano avere una più rapida ed efficace realizzazione.

Lucio Cavazzoni (Alce Nero) Ricollegandosi alla necessità di operare prioritariamente sulla cultura dei paesi oggetto di esportazione espresso da Guidetti, Lucio Cavazzoni sottolinea come l'allargamento del mercato del biologico sia il tipico esempio di una affermazione prima della cultura poi del prodotto. "Il Biologico - sottolinea Cavazzoni - sta crescendo a due cifre anche nei paesi dove i consumi alimentari decrescono". Ma bisogna pensare avanti e collegare l'alimentazione alla salute. "infatti, continua Cavazzoni, se la vita media si è allungata sino a 83 anni, la salute invece - intesa come una reiterata ospedalizzazione - si è ridotta a 64 anni". Quindi la prossima frontiera sarà CIBO per la SALUTE ma anche una nuova modalità di cooperazione. "Oggi la sfida è fare cooperazione tra diversi, capaci di lavorare sullo stesso piano, quindi il tema non è solo esportiamo ma come lo facciamo.".

"Quella di Expo è stata una sfida vinta – ha detto il segretario generale di Padiglione Italia Fabrizio Grillo chiudendo i lavori – ora bisogna insistere puntando su ricerca, tecnologia, educazione e valorizzazione delle tradizioni alimentari del nostro Paese".

Pubblicato in Agroalimentare Emilia
Domenica, 24 Gennaio 2016 11:54

Risparmio privato sotto attacco.

Accerchiati i conti bancari. Un'operazione a tenaglia operata da Stato, UE, banche e le potenti lobby dei petrolieri e dei finanzieri, sta per portare l'assalto finale ai risparmi degli italiani, rei di avere lavorato e sudato da generazioni.

di Lamberto Colla Parma, 24 gennaio 2016.
Tra gli stereotipi assegnati all'italia, oltre a spaghetti, pizza, mandolino e mafia, c'è anche il risparmio.

Già perché l'italiano vero è quello che lavora con tenacia per mettere al riparo il futuro della famiglia. Quello stesso che, pur di non essere di peso ai figli, paga in anticipo il proprio funerale dopo avere costruito una solida casa, messo da parte qualche decina di migliaia di euro per sostenere le cure e i servizi alla persona - leggi badante - necessari dal giorno in cui non potrà essere più autosufficiente.

Una propensione al risparmio mai venuta meno nemmeno in questo lunghissimo periodo di crisi tant'è che, a ogni momento di ripresa economica, non si è avuto alcun incremento dei consumi bensì dei risparmi.

Ed è proprio lì, nelle banche, che sta la vera ricchezza dell'Italia. Lì stanno le garanzie di solidità del Bel Paese e lì gli spregiudicati avvoltoi della politica transnazionale, apolidi e cinici mercenari al soldo della finanza internazionale, vogliono mettere le mani e saccheggiare, a suon di piccoli e sempre più frequenti salassi, i conti correnti dei cittadini, degli artigiani, degli operai e dei commercianti, figli, nipoti e ora pronipoti di quelli che con sudore, fatica e sofferenza hanno costruito l'Italia e la democrazia nel dopoguerra. Quelli stessi che, seppure stremati dalle lunghe giornate di lavoro, sotto il sole torrido o brinati dall'inverno continentale, e alla notte ancora avevano gli incubi dei bombardamenti e delle sirene d'allarme che avvisavano dell'arrivo di "Pippo", il terrore notturno che impediva di tenere accesa anche una sola candela per timore di diventare il bersaglio dei suoi colpi.

Una vita di sacrifici, un esempio per i figli ai quali hanno cercato di insegnare altrettanta onesta sofferenza.

Ed oggi a costoro che si fidarono ciecamente delle banche nelle quali avevano consegnato in custodia i loro piccoli e comunque enormi patrimoni, come se fosse la cosa più normale del mondo, viene detto che non hanno più nulla, che le loro obbligazioni sono o presto spariranno perché non garantite mentre sarà garantito il deposito sino a 100.000 €, almeno per il momento.

Una volta la banca era amica, il funzionario, anch'egli compaesano, ti garantiva il deposito, consentiva di avere qualche frutto e soprattutto dava la tranquillità di mantenimento del capitale, alias risparmio, al sicuro dai ladri.

Oggi i ladri stanno proprio nei depositi. I soldi non sono più di proprietà del risparmiatore, ma del custode il quale, per concedere il prelevamento di qualche migliaia di euro, ti sottopone a interrogatori quasi di garanzia, ti perquisisce e ti denuncia all'autorità competente come se fossi un ladro.

Un po' come se i domestici o le colf, un bel giorno, decidessero di lasciare fuori di casa i padroni stessi.

Un'assurdità che non sta nè in cielo nè in terra anche perché, comunque, i nostri bancari non stanno facendo gli interessi del Paese e stanno, peraltro, utilizzando i "risparmi" degli italiani per altri fini.

Loro, le banche, invece i nostri soldi li possono usare per azzardare investimenti e per pagare iper-profumatamente i loro dirigenti o manager anche in caso di errore e di Crack addirittura.

Quegli stessi manager che avevano consigliato di spostare i risparmi dai sicuri conti correnti verso le obbligazioni bancarie che avrebbero garantito un maggior tasso a parità di sicurezza e poi di convertire quei risparmi in altre obbligazioni (subordinate) di altrettanta sicurezza ma con qualche decimo di percentuale maggiore, "visto che i BOT stanno calando e gli interessi sui conti crollano, con queste obbligazioni potrà recuperare un po'", dicevano i bancari, poi spariti dal territorio, promossi in altre agenzie.

Quello che le crisi speculative non sono riuscite a fare compiutamente lo farà il "Bail-in" (non "belin" mi raccomando!). Le banche falliranno, le obbligazioni spariranno, le banche risorgeranno con la desinenza "nuova" e il ciclo ricomincia. I lavoratori, degli istituti di credito, hanno il lavoro salvo e i risparmiatori dovranno farsi su le maniche e ricominciare mentre i più anziani morire di stenti o suicidarsi.

Lavoro risparmio, petrolio e imposte
Se qualcuno fosse sopravvissuto a questa prima trance di crisi bancaria, non pensi di scampare al salasso. Dalle imposte dirette e soprattutto indirette il proprio contributo alla causa degli avvoltoi mercenari lo darà e anche profumatamente.

Dalle imposte che continuano a crescere, nonostante le promesse, e sempre più saliranno per effetto dell'impegno sottoscritto dal Governo con la Commissione Europea di portare l'aliquota l'iva al 25,5%, sino al costo dei carburanti che, nonostante il crollo del prezzo del petrolio (sotto i 27$/barile contro i 104 del 2014), il prezzo alla pompa non decresce con la medesima e rapida coerenza. A causa delle Accise (costo fisso di circa 0,6€) e dell'iva (costo variabile del 22%) calcolata, spregiudicatamente e incostituzionalmente, anche sulla quota impositiva (accise), che rappresentano introiti sicuri per lo Stato che, complici i trasformatori, riescono a mantenere alti i prezzi con gran beneficio per entrambi: gli industriali che acquistano a pochissimo la materia prima e lo Stato che si porta a casa un consistente gettito fiscale.

Quasi patetica la difesa esposta su il Sole 24 Ore del 19 gennaio - autorevole testata giornalistica ma pur sempre si emanazione confindustriale - dove si evidenziava che "Esistono quindi costi industriali che sono comprimibili fino a un certo punto, e che verosimilmente non sono diminuiti in questi ultimi mesi. Ma non basta: a questi vanno aggiunti costi per la ricerca, l'operatività, l'estrazione, la distribuzione (alla rete va circa il 7% del prezzo finale) e anche le tasse e i margini di profitto che le compagnie vogliono mantenere" e per dare maggiore forza all'ipotesi riportava la testimonianza di Stefano Giudici, Digital Marketing Manager di MoneyFarm.com, il quale ribadiva che "Al contrario di quanto molti pensano questi ultimi non influiscono troppo sui costi data la forte competizione sul prezzo. Essi servono però a coprire i costi di gestione e di marketing, perché sebbene il petrolio sia un bene praticamente di prima necessità, al momento la produzione supera la domanda e quindi le case petrolifere devono combattere per accaparrarsi fette di mercato" .

Se questo fosse completamente vero non si comprende come mai al rialzarsi del prezzo del petrolio, all'istante vengono aggiornati i listini alla distribuzione. Il contrario invece è, quando accade nelle corrette proporzioni, comunque costantemente posticipato.
Insomma, benzina e gasolio sono un grande affare per la lobby dei petrolieri e per lo Stato.

Il mercoledi nero per tanti e il giovedi rosa per pochi
Se qualche risparmio ancora si fosse salvato dall'aggressività dello Stato, delle banche e dei petrolieri ci pensa la Borsa a alleggerire i capitali dei risparmiatori sudditi per arricchire i già straricchi perseguendo un processo di concentrazione della ricchezza su un numero sempre più ristretto di soggetti come ha ben evidenziato la ricerca Oxfam resa nota solo poche ore fa (si veda grafico in galleria immagini).

Una settimana, quella appena conclusa, di passione per le borse, italiana compresa. Bruciati miliardi di euro, dicono, ma di fatto si sono trasferiti dalle tasche di tanti a quelle di pochi.

Prendiamo l'esempio di MPS, giovedi ha recuperato il 43% in una seduta, quella seguente il crollo del 20%. Immagino la gioia degli azionisti risparmiatori che hanno visto il loro titolo recuperare la consistente perdita dei giorni precedenti che, nel complesso aveva però ceduto oltre il 40% del valore. Ebbene costoro saranno soddisfatti per avere perduto meno anche se, a conti fatti, hanno recuperato solo la metà della perdita. Chi invece potrà gioire sono gli operatori che quel 43% lo incasseranno tutto come profitto essendo intervenuti a fare acquisti quando il titolo era crollato.
Ai comuni mortali il godimento di avere perso circa il 25% del patrimonio in MPS agli altri il sommo piacere di avere guadagnato quasi il 50% del capitale investito che, molto probabilmente, era nella loro disponibilità ma non proprietà.

Per rendere ancora più efficace il concetto poniamo il caso che un risparmiatore avesse investito 100.000€ in azioni MPS. Mercoledi avrebbe avuto un controvalore di 60.000€ (-40%) e giovedi, grazie al recupero del 43% un controvalore di 85.800€ perdendo nel complesso "solo" -14.200€. L'investitore professionale invece, giocando con la "borsa altrui", nella sola giornata di giovedi, "puntando" 100.000€, avrebbe realizzato 143.000€ nella vendita successiva con un risultato tutto per lui di +43.000€. Niente male vero?

E' così che anche la Borsa ha dato il suo contributo a che i risparmi passassero di mano.
Quello che è stato un mercoledi nero per tantissimi risparmiatori è diventato un giovedi di festa per pochi.

Dal lavoratore allo scialacquatore.
Attenzione che non prosciugheranno totalmente i conti e neanche tanto rapidamente perché, alla fine, qualcuno che lavori e risparmi occorre a questo mondo, affinché i pochi altri privilegiati possano accumulare patrimoni senza colpo ferire.

Tanto senza le banche non è più possibile operare e ogni operazione, anche in bank-link, è profumatamente remunerata (1,45€ per bonifico on line vi sembra equo?)... Ma questa è un'altra storia che racconteremo tra qualche giorno.
Buon lavoro a tutti!

Pubblicato in Politica Emilia
Domenica, 24 Gennaio 2016 08:33

Agroalimentare motore dell'export

Istat, Martina: agroalimentare motore dell'export e della ripresa economica del Paese. "Possiamo e vogliamo raggiungere l'obiettivo di 50 miliardi di euro di export entro il 2020".

Roma, "Nell'anno di Expo l'agroalimentare si conferma un motore centrale della ripresa dell'economia italiana. A novembre l'export di questo settore ha superato quota 33,7 miliardi di euro con un aumento rispetto allo scorso anno di oltre 6 punti percentuali. I 50mila incontri b2b fatti dalle nostre imprese, le visite dei buyer internazionali nei nostri distretti produttivi, sono un'eredità concreta dell'esposizione universale di cui stiamo misurando oggi gli effetti positivi. Soltanto durante il semestre espositivo abbiamo venduto prodotti agroalimentari italiani per oltre 18,5 miliardi di euro, con un netto incremento rispetto agli scorsi anni e nonostante l'embargo russo.
Il Governo ha messo il settore al centro delle scelte di politica economica, con una legge di stabilità davvero a trazione agricola. Abbiamo tagliato di oltre il 25% le tasse per le imprese agricole, puntiamo su semplificazione, sostenibilità e innovazione. Diamo credito alle imprese anche grazie all'accordo firmato con Banca Intesa per un linea di investimento da 6 miliardi di euro in tre anni.
Dopo un 2015 molto positivo, possiamo e vogliamo raggiungere l'obiettivo di 50 miliardi di euro di export entro il 2020 perché l'agroalimentare italiano ha ancora un potenziale importante da sfruttare al meglio".

Così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina commenta i dati Istat sul commercio estero relativi ai primi 11 mesi del 2015.
(Fonte MIPAAF Roma, 18/01/2016)

Pubblicato in Agroalimentare Emilia

Siglata la convenzione con Cooperativa Commercianti e Agrifidi Emilia. L'accordo operativo dai primi di gennaio, grazie al supporto tecnico di Fedemilia consente alle aziende socie e clienti di Banca di Parma di poter richiedere i finanziamenti, avvalendosi della garanzia dei confidi. -

Parma, 20 gennaio 2016

È stata firmata la convenzione tra Banca di Parma Credito Cooperativo e i due confidi provinciali: Cooperativa Commercianti di Parma e Agrifidi Emilia.

L'accordo è già operativo dai primi di gennaio, grazie al supporto tecnico di Fedemilia (la federazione regionale delle banche di credito cooperativo) e consente alle aziende socie e clienti di Banca di Parma di poter richiedere i finanziamenti, avvalendosi della garanzia dei confidi.

Le forme tecniche previste in convenzione sono mutui chirografari per le finalità di investimenti, scorte e liquidità aziendale, con fasce di spread differenziate per livello di rischiosità.

«Siamo soddisfatti di aver formalizzato, a poco più di un mese dall'apertura, queste importanti intese – afferma Lorenzo Sartori, direttore generale di Banca di Parma - che si aggiungono a convenzioni già presenti con i principali confidi regionali quali Cofiter, Unifidi, Cooperfidi Italia e Fidindustria. Con questo ulteriore tassello, riteniamo di proporci alle aziende del territorio con un'offerta che possa rispondere alle loro principali esigenze di carattere finanziario. Il supporto all'economia reale è la mission principale di una banca di credito cooperativo che reinveste sul territorio le risorse raccolte dai soci e dalla clientela – conclude il direttore –. Questo è il presupposto per creare delle relazioni improntate al lungo periodo e alla crescita della comunità».

(Fonte: Ufficio stampa Banca di Parma Credito Cooperativo)

Domenica, 17 Gennaio 2016 09:07

Modena, cambio al vertice di Confcooperative

42 anni, è imprenditore agricolo e vicepresidente Cantina Carpi Sorbara. Carlo Piccinini nuovo presidente di Confcooperative Modena. Piccinini succede a Gaetano De Vinco e diventa il nono presidente nella storia di Confcooperative Modena

Modena 15 gennaio 2016 - È l'imprenditore agricolo Carlo Piccinini il nuovo presidente di Confcooperative Modena. 42 anni, laureato in Economia e Commercio all'Università di Bologna, Piccinini è attualmente vicepresidente della Cantina di Carpi e Sorbara e presidente regionale di Fedagri (l'organismo che rappresenta le cooperative agroalimentari aderenti a Confcooperative Emilia-Romagna).

Il nuovo presidente è stato eletto oggi dai delegati che hanno partecipato all'assemblea congressuale di Confcooperative Modena, svoltasi a Baggiovara. Piccinini succede a Gaetano De Vinco e diventa il nono presidente nella storia di Confcooperative Modena, che rappresenta 208 cooperative le quali hanno complessivamente 31.500 soci, danno lavoro a 5.400 persone (per due terzi donne) e fatturano quasi 500 milioni di euro. «Il nostro compito è accompagnare le cooperative dentro l'economia moderna e verso il futuro tutelando il pluralismo imprenditoriale – ha dichiarato Piccinini - Noi cooperatori siamo portatori di un sogno di democrazia economica, di equa ridistribuzione della ricchezza e del valore aggiunto di cui dobbiamo essere consapevoli. In un momento di crisi economica e morale, abbiamo la responsabilità di proporre una nuova visione di società economica in cui le persone siano al centro, mentre i capitali e le organizzazioni economiche sono al servizio di un progetto di costruzione di società più giusta e a misura d'uomo. Faccio un piccolo esempio: basta con gli appalti al massimo ribasso, che penalizzano la dignità dei lavoratori». Il neo presidente di Confcooperative Modena ha sottolineato che la cooperazione non è un centro di potere, collaterale o servile alla politica, tantomeno assimilabile alla massoneria. «Dobbiamo avere più autenticità nelle nostre cooperative, tenendo sempre alta la guardia per evitare che i pochi che non rispettano le regole macchino tutta la cooperazione. In questa prospettiva si inserisce il percorso verso dell'Alleanza delle Cooperative Italiane, il soggetto unitario costituito da Agci, Confcooperative e Legacoop. Non sarà una fusione a freddo, ma una nuova rappresentanza in grado – ha concluso Piccinini - di far crescere il peso della cooperazione sana a vantaggio dei cooperatori e, quindi, dell'intero Paese».

Gaetano De Vinco lascia la guida di Confcooperative Modena 
«Spazio a una nuova generazione di cooperatori»
«Intendo favorire l'ingresso di una nuova generazione di cooperatori. Una scelta ispirata alla logica del bene comune e che vuole testimoniare con i fatti quanto scriviamo nei nostri documenti e statuti». Con queste parole il presidente uscente di Confcooperative Modena Gaetano De Vinco ha motivato la sua decisione di lasciare la guida della centrale cooperativa di Palazzo Europa. Eletto la prima volta il 13 dicembre 2003 e riconfermato nel 2008 e 2012, De Vinco è stato presidente per dodici anni: dall'anno della sua ricostituzione (1948), solo Ermanno Gorrieri (15 anni) e Dario Mengozzi (18 anni) hanno guidato Confcooperative Modena per periodi più lunghi. Nella relazione con cui ha aperto il congresso, il presidente uscente ha ricordato che oggi Confcooperative Modena rappresenta 208 cooperative le quali hanno complessivamente 31.500 soci, danno lavoro a 5.400 persone (per due terzi donne) e fatturano quasi 500 milioni di euro. «Dopo aver reagito alla crisi in modo coerente con la loro natura di imprese di persone, cioè sacrificando gli utili per salvaguardare l'occupazione, – ha sottolineato De Vinco - ora le nostre cooperative sono pronte a fare quello che hanno sempre fatto: creare lavoro per i loro soci e distribuire benessere alle comunità locali». Welfare e sanità per le famiglie, energia per produrre e produzioni per l'energia, cura dell'ambiente e nuovo ruolo sociale per chi lavora i campi, promozione del territorio e nuovi servizi per le aree più marginali. Sono questi, oltre ai settori in cui sono tradizionalmente presenti, gli ambiti che le cooperative modenesi intendono sviluppare per restituire un ruolo all'economia reale, limitare i danni di una finanza invadente, combattere la corruzione e la contraffazione, difendere la legalità «Al centro di queste battaglie ci sono i soci, il cui ruolo va tutelato favorendo una partecipazione autentica e un controllo effettivo della governance delle cooperative. Sono certo – ha concluso De Vinco - che la nuova dirigenza saprà riscattare la reputazione della cooperazione e favorire un nuovo sviluppo imprenditoriale delle cooperative, senza le scorciatoie scelte da qualcuno e che, come abbiamo visto, non hanno portato buoni frutti».

Pubblicato in Agroalimentare Modena
Domenica, 10 Gennaio 2016 12:26

2016, primi segnali ben poco incoraggianti

Se il buon giorno si vede dal mattino, il 2016 non si presenta certamente con l'oro in bocca. Dieci giorni di furore per ricordarci di tutti i problemi irrisolti sul nostro pianeta. Manca all'appello il solo problema Russo-Ucraino.

di Lamberto Colla Parma, 10 gennaio 2016.
Dagli stupri di massa di Colonia, Zurigo, Amburgo, Helsinky e Dusseldorf al crollo delle borse mondiali , alle scornate diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita in un contesto tutto arabo e già sufficientemente infiammato, per finire con le prove di guerra nucleare della Corea del Nord.

Ce ne sarebbe abbastanza per dare credito alle molteplici profezie catastrofiste che vedrebbero l'implosione dell'occidente o dell'intero pianeta entro la fine dell'anno. La profezia dei Maya sulla fine del 2012 sarebbe state quindi solo procrastinata al 2016. Confidiamo che sia più plausibile la profezia della Nostradamus dei Balcani, quella Baba Vanga che aveva previsto lo tsunami asiatico, l'11 settembre e la "primavera "araba" ad esempio, che prevederebbe la conquista dell'Europa da parte musulmana nel 2043 (la lista completa delle previsioni sono state proposte da News.com.au).

Ma senza doverci addentrare nei misteri dell'occulto e della veggenza e restringendo il campo ai soli 4 concreti episodi che hanno marcato la prima decina del nuovo anno per rabbrividire.

Capodanno di stupri e violenze in nord europa. Colonia è stata solo la prima a emergere ma analoghi episodi condotti da analoghi soggetti sono accaduti a Dusseldorf, Zurigo, Helsinky e Amburgo.
Non un gruppo di ubriaconi molesti di capodanno ma una vera e propria azione di terrore diffuso nelle capitali dell'accoglienza e, quello che fa tremare, portate a termine prevalentemente da soggetti integrati, non immigrati dell'ultima ora bensì nati in continente.

Se le diversi azioni non sono state concordate e concertate seguendo un copione terroristico allora c'è da temere che una ventata di "orgoglio musulmano", incontrollabile e imprevedibile, possa esplodere dall'interno dell'europa stessa, una rivolta che sorge da una parte di concittadini emarginati che, sull'onda della propaganda islamista (ISIS) insorgono qua e là, come fa l'acqua che, dalla violenza delle precipitazioni, allaga case strade emergendo con violenza facendo saltare i tombini come fossero tappi di champagne sotto la pressione idrica.
Questo è lo scenario che più spaventa. La rivolta dei "branchi", anonimi, isolati, spontanei e diffusi.

Dal lato finanziario il 4 gennaio e poi il 7 saranno ricordati per molto tempo. Le borse di tutto il mondo hanno collassato alla riapertura del nuovo anno. New York ha segnato la peggiore apertura dal 1932. Shanghay il 7 gennaio venne chiusa dopo meno di un ora dall'apertura per eccesso al ribasso -7,3%, segno che i 20 miliardi immessi dal Governo di Pechino solo 2 giorni prima non sono riusciti minimamente a interrompere l'ondata di vendite. Ci mancava poi il test nucleare (dichiarato test all'idrogeno mentre gli osservatori dicono solo nucleare potenziato) o presunto tale della Corea del Nord per portare altro scompiglio nelle borse asiatiche e, a cascata, in quelle occidentali con Francoforte (la Germania è molto connessa con l'economia cinese) a registrare le peggiori performance.
Soros, il guru mondiale della finanza, avverte che la crisi che sta emergendo sarà pari se non superiore a quella del 2008. E se lo dice lui c'é da crederci che da ogni crisi è uscito scalando le classifiche dei Paperoni terrestri.

Intanto in Italia si continua a far credere nella crescita che non c'è, nelle tasse che si riducono mentre, conti alla mano, crescono di 551€ a famiglia stando alle analisi del Codacons.

La ripresa, questa sconosciuta, se in parte ci sarà avverrà solo attraverso le imprese capitalizzate mentre saranno ancora mortificate le micro, piccole medie imprese che, sempre più asfissiate dalla burocrazia e dalla difficoltà di accesso al credito, non riescono a cavalcare i tenui segnali di fiducia sottraendosi perciò dalla contribuzione allo siluppo economico del Paese.

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Ma se a questo tessuto imprenditoriale diffuso, vivace e coraggioso non arriveranno le risorse e gli strumenti per un adeguato rilancio l'Italia intera ne subirà le conseguenze, essendo proprio questo il background che ha creato il miracolo economico italiano del passato e che sulla base delle sue riserve sta consentendo all'Italia di galleggiare nel tormentato mare della globalizzazione ipercompetitiva.

I dati diffusi da Unioncamere dell'Emilia Romagna, relativamente al terzo trimestre 2015, confermano questa situazione e la tabella allegata è una straordinaria fotografa degli ultimi anni. "Le attese di un miglioramento delle vendite - recita il report di Unioncamere - nel quarto trimestre sono diffuse in ogni classe dimensionale, ma le piccole imprese appaiono molto più incerte, mentre le valutazioni positive sono più diffuse tra quelle medie e sono decisamente prevalenti tra le strutture maggiori."

Infine, ma non da ultimo, nel complesso panorama politico internazionale, all'infuocato conflitto tra islamismo e mondo cristiano irrompe la crisi tra i due stati portabandiera della più ampia spaccatura islamica, Iran e Arabia Saudita, Sunnita la prima e Sciita la seconda che sono venute ai ferri corti col rischio di fare ancor più prendere forza al terzo incomodo, la frangia estremista Salfita e Whabita, radicata all'interno del mondo Sciita.
Una corrente che basa i fondamenti sui tre pilastri della predicazione di Wahhab, «un re, un'autorità, una moschea».

Tipica della predicazione di Wahhab è l'ostilità alle «deviazioni» dottrinarie quali il culto dei santi, delle tombe e dei santuari, considerate innovazioni impure e idolatria, che vanno risolte cancellandone ogni traccia. Per Wahhab tutti i musulmani devono giurare lealtà a un solo capo (il Califfo, nel caso che ci sia) e quelli che non lo fanno dovrebbero essere uccisi, le loro mogli e figlie violentate e i loro averi confiscati. Una minoranza (gli Sciiti sono circa il 15% del mondo islamico) che però sta trovando adepti in ogni dove da arruolare alle milizie del "Califfato dell'ISIS" che sta mettendo a ferro e fuoco la Siria, l'Iraq, la Libia, la Nigeria con l'obiettivo di riprendere i territori che furono degli antichi califfati.

E per non disperdere dalla memoria che anche in Asia qualche problema esiste, a rammentarlo al mondo intero ci ha pensato il 33enne (compiuti l'8 gennaio) dittatore Nord Coreano Kim Jong Un che ha voluto festeggiare il compleanno, con i Botti all'Idrogeno. Un test nucleare che non può non allarmare.

In questi primi 10 giorni, il 2016, ha voluto mettere in agenda tutti i maggiori problemi irrisolti degli ultimi decenni, ambientali compresi, colpendo con violenza la Scozia e l'Inghilterra solo qualche giorno prima del capodanno, forse per ricordare ai padroni del mondo che così non si può andare avanti.

L'agenda 2016 perciò è già piena, occupata da emergenze che, purtroppo, hanno tutte la medesima priorità. Buon Anno!

Pubblicato in Politica Emilia

Cereali, tra tempesta valutaria e rischio siccità. tasse, ma quanto crescono? Conad ritura una farina. Pane nero, sequestri in Puglia. Coldiretti, allarme botteghe alimentari. Il Parmigiano Reggiano spinge l'Alè Cipollini Galassia.

(allegato formato scaricabile in pdf)

SOMMARIO Anno 15 - n° 01 10 gennaio 2016
1.1 editoriale 2016, primi segnali ben poco incoraggianti
3.1 cereali Cereali, tra tempesta valutaria e rischio siccità
4.1 economia Tasse, ma quanto crescono?
5.1 sicurezza alimentare  Conad ritira una farina per precauzione
5.2 sicurezza alimentare Pane nero, la nuova tendenza è sotto osservazione. Sequestri in Puglia.
6.1 dettaglio alimentare Commercio: Coldiretti, allarme per botteghe alimentari nel 2015
7.1 eventi L'Alè Cipollini Galassia spinto dal "Parmigiano Reggiano"
8.1 promozioni "vino" e partners

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Mercoledì, 06 Gennaio 2016 08:58

Tasse, ma quanto scendono?

Il Codacons ha stilato il bilancino delle tasse e la somma algebrica è a sfavore dei cittadini con ampio margine. Il 2016 si apre perciò con una maggiore dose di ottimismo e di fiducia ma una dote di imposte che anziché alleggerirsi graveranno ancor più sui consumatori.

di Lgc Parma 06 gennaio 2016 - 
Le varie indagini statistiche e di rilevamento della fiducia dei consumatori e delle imprese segnano positivo nonostante i vari indicatori sociali e economici non rispecchino questo clima di fiducia.

Fiducia peraltro indispensabile a fare innescare un processo di sviluppo economico diffuso e persistente.
Ma le nuove intraprese imprenditoriali e il consolidamento e crescita delle micro, piccole e medie imprese rimane invischiato tra le procedure burocratiche, le imposte e la stretta creditizia. Un processo di lento soffocamento aggravato dall'andamento stagnante dei consumi interni.

Eppure ci sarebbe margine per una ripresa industriale con il petrolio e i tassi di interesse ai minimi storici. Invece il prezzo del carburante rimane ancora molto elevato (37 dollari al barile il petrolio e 1,20€/litro il gasolio) superiore di 23-24 centesimi litro rispetto alla Germania ad esempio (0,98€/litro contro 1,20€/litro per il gasolio); una differenza determinata prevalentemente dalle imposte e accise sui carburanti.
Dopo tante promesse di riduzione delle tasse ecco che a conti fatti, almeno stando al movimento dei consumatori Codacons il 2016 sarà gravato di ulteriori 551€ a famiglia di imposte.

Se è pur vero, che dal 2016, non si pagheranno più Imu e Tasi sulla prima casa, arriveranno vari bonus (per diciottenni, forze dell'ordine, ecc.) e il canone Rai sarà ridotto solo per il 2016 molte altre voci aumenteranno, come i pedaggi autostradali, le tasse aeoroportuali e così via.

In realtà – spiega il Codacons – a fronte di significativi aumenti per alcuni settori, si registreranno nel corso del 2016 anche delle diminuzioni di spesa. Nello specifico, la ripresa dell'inflazione - che secondo gli analisti dovrebbe attestarsi attorno all'1% nel prossimo anno – porterà le famiglie a spendere 298 euro in più per effetto della crescita dei prezzi al dettaglio, e 189 euro in più per la sola spesa alimentare. Aumenti che si ripercuoteranno anche nel settore della ristorazione (+26 euro).
Cresceranno le tariffe per la raccolta rifiuti e i servizi idrici, per un totale di +137 euro a famiglia su base annua. Per i trasporti (aerei, treni, taxi, mezzi pubblici, traghetti, ecc.) un nucleo familiare tipo dovrà affrontare una maggiore spesa pari a 44 euro, mentre viaggiare sullo autostrade comporterà un aggravio di 27 euro. Per i servizi bancari complessivamente spenderemo 18 euro in più rispetto allo scorso anno, +9 euro per quelli postali. Discorso a parte meritano le bollette: se da un lato le quotazioni internazionali del petrolio – che secondo gli analisti saranno stabili o addirittura in discesa per il tutto il 2016 – dovrebbero portare benefici sulle fatture, dall'altro il nuovo sistema tariffario sulle bollette elettriche varato dall'Autorità per l'energia, determinerà rincari per una buona fetta di popolazione.
L'eliminazione della Tasi sulla prima casa determinerà invece un risparmio medio di 194 euro a famiglia; costerà meno il canone Rai, che scende da 113,5 euro a 100 euro, e l'assicurazione rc auto sarà più leggera mediamente di 12 euro. Fare il pieno alla macchina comporterà una minore spesa di 68 euro rispetto allo scorso anno, ma questo solo se le quotazioni del petrolio rispetteranno le previsioni degli analisti, e se il Governo non introdurrà nuove tasse sui carburanti.



Voci che aumentano

PREZZI AL DETTAGLIO +298 euro
 ALIMENTARI +189 euro 
ACQUA E RIFIUTI +137 euro
 ISTRUZIONE +79 euro
 TRASPORTI +44 euro
 TARIFFE AUTOSTRADALI +27 euro
RISTORAZIONE +26 euro
 BANCHE +18 euro 
LUCE E GAS +12 euro 
TARIFFE POSTALI +9 euro



Voci che diminuiscono


TASI (prima casa) -194 euro
 CARBURANTI -68 euro
 CANONE RAI -13,5 euro 
RC AUTO – 12 euro



Totale +551,5 euro a famiglia

Pubblicato in Economia Emilia
Martedì, 05 Gennaio 2016 11:10

Il capodanno si è portato via l'azienda

Ancora una volta il rientro dalle vacanze si trasforma in un incubo per i lavoratori. L'ultimo in ordine temporale è il caso della cooperativa Carpigiana. Alla riapertura i lavoratori hanno trovato i cancelli chiusi e l'azienda svuotata dei macchinari.

di Redazione Modena 5 gennaio 2016 - 
Era già accaduto in almeno altre tre circostanze ma in quei casi furono le vacanze estive a lasciare un brutto ricordo. Prima furono la Firem di Formigine e la Dometic di Rimini alle quali seguì la Italia Alimentari Spa di Palliano del Gruppo Cremonini, colosso alimentare con sede a Busseto (PR).

Due anni e mezzo dopo invece è appunto il caso della Cooperativa Carpigiana a salire agli onori della cronaca e a lasciare basiti i 38 lavoratori che, al rientro delle festività natalizie, hanno trovato i cancelli chiusi, l'azienda completamente svuotata e un ingente schieramento di carabinieri e Digos a presidio del sito produttivo.

Il Comunicato FIOM CGIL 4 gennaio 2016
LA CARPIGIANA: I LAVORATORI TROVANO I CANCELLI CHIUSI

Stamattina, al rientro al lavoro dopo le feste natalizie, i 38 lavoratori della cooperativa La Carpigiana si sono trovati con l'azienda completamente svuotata del materiale di lavorazione restituito alla ditta CBM in qualità di committente unica, i cancelli chiusi e un ingente schieramento di carabinieri e Digos a presidiare il capannone. L'atto unilaterale assunto dai vertici della cooperativa di accelerare gli esiti della liquidazione coatta mentre si era avviato un tavolo di trattativa rende il gesto ancor più grave ed inaccettabile. Da stamattina 38 lavoratori si trovano in mezzo ad una strada.
La Fiom-Cgil nel proclamare lo stato di agitazione delle maestranze chiede la riapertura immediata dell'azienda, l'intervento immediato delle istituzioni, in particolare della Provincia, per ricercare una soluzione condivisa per tutti i lavoratori.
Fiom CGIL Modena
(foto repertorio da Sito CGIL-Fiom)

Pubblicato in Economia Modena
Martedì, 05 Gennaio 2016 09:15

Ferrari debutta sulla borsa italiana

La borsa di Milano da il benvenuto al marchio di lusso forse più famoso al mondo. Ferrari tiene nel giorno più nero che rosso delle borse europee. La leggenda di una casa automobilistica e di una piccola Scuderia.

di Matteo Landi 5 gennaio 2016 - Un avvio in pompa magna che ricorda per certi versi quello dello scorso 21 ottobre a Wall Street.

La facciata del palazzo della borsa di Milano si tinge di rosso con bolidi in bella mostra ad evidenziare l'evento del giorno: la quotazione Ferrari presso la borsa italiana. Marchionne, John Elkann, Amedeo Felisa ed il figlio del Drake, Piero Ferrari, aprono le contrattazioni che sanciscono lo scorporo di Ferrari da Fca, la fine di un matrimonio celebrato nel 1969. Alla presenza del Presidente del consiglio Matteo Renzi che ha dato il benvenuto della borsa italiana al marchio italiano forse più famoso nel mondo.

L'avvio, nei numeri, è risultato ben distante dal debutto americano. La giornata più nera che rossa della borsa italiana ha trascinato subito verso il basso il valore delle azioni Ferrari: dopo l'apertura a 43 euro è sceso sotto la soglia dei 42 per poi chiudere a 43,67 a fronte di una perdita del quasi 5 % per Fca.

Un avvio difficile, anche se tuttavia visto il pessimo andamento delle borse europee si può dire che Ferrari abbia retto il colpo. Intanto in America le azioni che il 21 ottobre avevano persino toccato i 60 dollari adesso oscillano fra i 46 ed i 48. Per Ferrari la strada è ancora lunga, ma il grande passo è stato fatto. Una storia di emozioni che adesso si fa di numeri.

La leggenda di un casa automobilistica e di una piccola Scuderia che prima di far correre auto proprie portava in pista vetture Alfa Romeo. Quando nel 1951 Gonzales detto El Cabezon vinse il primo gran premio di Formula 1 della storia della Scuderia di Maranello, battendo l'intera squadra Alfa Romeo, ad Enzo Ferrari sembrò di aver ucciso sua madre. Oggi la Ferrari si separa ancora, stavolta da Fiat. Una storia più di numeri che di emozioni, il naturale passaggio per un'entità che adesso si fa grande, in attesa di tornare ad esserlo anche sulle piste del mondiale di F1 come auspicato dal Presidente Marchionne, già dal prossimo 20 marzo in Australia.

 

Pubblicato in Economia Emilia
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