di LGC 25 novembre 2017 - Si moltiplicano, in ogni comune, le iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo atroce delitto che le statistiche nazionali contano in 114 femminicidi da inizio anno. Di fatto un assassinio ogni 3 giorni che ha come vittima la donna. Nella stragrande maggioranza dei casi a compiere il delitto sono le persone che erano state amate e dalle quali tutto si potevano aspettare tranne che l'amore si potesse trasformare in odio mortale.
Origine della giornata
La giornata mondiale dedicata al contrasto alla violenza sulle donne è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre del 1999). L'intento dell'Onu era quello di sensibilizzare le persone rispetto a questo argomento e dare supporto alle vittime. Così, ogni anno, a partire dal 2000, in tutto il mondo, a partire dai governi e via via sempre più giù sino a giungere ai comuni e alle associazioni e enti non governativi, si pianificano manifestazioni e iniziative per ricordare chi ha subito e subisce violenze.
Il 25 novembre è stato scelto in ricordo dell'uccisione delle sorelle Mirabal, avvenuta nel 1960 a Santo Domingo perché si opponevano alla dittatura del regime di Rafael Leónidas Trujillo. Da quel momento in poi, il 25 novembre è stato riconosciuto come la data per ricordare e denunciare il maltrattamento fisico e psicologico su donne e bambine.
Non solo femminicidio
Infatti, se statisticamente si contano una media di oltre 2 femminicidi a settimana, sono ben 1 su 3 le donne aggredite dal partner (l'allarme sta coinvolgendo anche le bambine), e nel mondo ben 200 milioni hanno subito mutilazioni genitali.
Una giornata dedicata all'argomento non è sufficiente. Il problema è radicato nella nostra società e le manifestazioni, mostre, cortei, sit-in, convegni e installazioni (Scarpette rosse ad esempio) per ricordare le vittime e per affrontare il tema della violenza di genere potrebbero restare elementi "folkloristici" autoreferenziali, se non si interviene con programmi seri, profondi e efficaci, a partire dall'educazione infantile.
Qualcosa però si sta muovendo a livello istituzionale.
E di 48 ore fa la notizia che è stato dato il via libera a Roma al primo Piano strategico nazionale (2017-2020) sulla violenza alle donne e alle Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso alle donne.
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha dato infatti parere favorevole al progetto che mette in campo azioni concrete per sostenere le donne, contrastare la violenza di genere e favorire percorsi di piena autonomia.
Un risultato che la Regione Emilia-Romagna commenta con soddisfazione, attraverso le parole dell'assessora alle Pari opportunità, Emma Petitti, presente a Roma anche in qualità di componente della Cabina di regia nazionale per il contrasto alla violenza di genere, guidata dalla sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi.
"Oggi abbiamo aggiunto un altro tassello importante nel contrasto alla violenza di genere – sottolinea l'assessora-. La Regione Emilia-Romagna ha fatto la propria parte e siamo orgogliosi di aver contribuito a questo passaggio. Determinante è stato il lavoro di rete tra istituzioni, enti pubblici, associazioni di volontariato, servizi sociali e sanitari. Con questo Piano non solo viene data risposta all'emergenza e offerto sostegno alle donne vittime di violenze, ma si punta soprattutto alla prevenzione. Sono certa- aggiunge Petitti, che questo importante lavoro continuerà a portare frutti, soprattutto ora che il Piano antiviolenza avrà piena operatività. Adesso- chiude l'assessora- dobbiamo impegnarci per raggiunge un altro obiettivo fondamentale: cambiare l'approccio culturale, scommettendo soprattutto sui giovani, affinché si facciano portatori del cambiamento".
La stessa sottosegretaria Boschi ha sottolineato l'importanza del lavoro svolto e ringraziato la Cabina di regia per l'intesa raggiunta anche sulle Linee guida nazionali alle Aziende sanitarie in tema di soccorso alle donne che subiscono violenza.
Cosa prevede il Piano
Il piano antiviolenza articola una serie di proposte per superare le discriminazioni e le violenze di genere in tutti gli ambiti in cui avvengono, a partire dal mondo del lavoro, ma anche nel linguaggio o nell'istruzione, fino ad arrivare a settori come la salute.
Tra le azioni previste, figurano: reddito di autodeterminazione per le donne che decidono di uscire dalla violenza; nessun obbligo di denuncia nei Pronto soccorso senza il consenso della donna; più fondi per i centri antiviolenza; garanzia d'indipendenza e laicità dei centri; politiche per la genitorialità condivisa, come l'estensione dei congedi di paternità a tutte le tipologie contrattuali, non solo nel lavoro subordinato e non solo in presenza di un contratto di lavoro; investimenti sulla formazione e su percorsi di educazione nelle scuole e nelle università che superino gli stereotipi di genere; specifica formazione nel mondo del giornalismo e dell'informazione per usare una terminologia appropriata quando si affrontano queste tematiche; finanziamenti ai consultori per garantire l'accesso alla contraccezione, all'informazione e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili; apertura delle case pubbliche della maternità per evitare la violenza ostetrica durante il parto; riconoscimento della protezione internazionale per le donne di origine straniera che si sottraggono alla violenza, come ad esempio la tratta degli esseri umani; istituzione di banche dati sulle molestie nei posti di lavoro, sulle differenze di retribuzione salariale e sull'applicazione della legge 194/78 che regolamenta l'interruzione volontaria di gravidanza.
(Foto di copertina di Francesca Bocchia)
Il 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni unite nel 1999. Se ne parla tanto, giustamente, ma evidentemente non ancora abbastanza.
Sappiamo tutti che la violenza non è solo fisica, ma anche psicologica e che il contesto socio-culturale in cui viviamo risulta determinante nell'insorgere di certi comportamenti. Modificare questo contesto non è cosa facile né tanto meno immediata, ma c'è qualcosa che tutti noi possiamo fare nel nostro quotidiano, partendo dal "piccolo", dall'apparentemente innocuo: "dare un calcio" agli stereotipi.
Ma cosa c'entra un Sindacato dei bancari?
Tutti gli ambienti umani sono carichi di stereotipi e l'ambiente lavorativo non è immune, nemmeno il nostro. Nonostante molte banche mettano in campo da tempo iniziative finalizzate a migliorare il clima aziendale, i cambiamenti culturali necessari per abbattere gli stereotipi di genere rimangono troppo spesso di difficile attuazione pratica.
·Quello che le donne vogliono veramente è avere più potere degli uomini
·Molte donne, con la scusa dell'uguaglianza, cercano in realtà favoritismi per fare carriera
·Le donne tendono ad ingigantire i problemi che hanno sul lavoro
·Quando le donne perdono in una competizione corretta con gli uomini è tipico che si lamentino
di essere state discriminate
Questi sono esempi di stereotipi in ambito lavorativo.
La Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani), che con quasi 110mila iscritti e 97 sedi territoriali è il sindacato bancario più rappresentativo in Italia, è da sempre attenta non solo alle tematiche esclusivamente sindacali, ma anche a tutto ciò che riguarda "la persona" nella sua interezza e Fabi Bologna intende contribuire a questo percorso di cambiamento offrendo ai suoi iscritti l'opportunità di partecipare ad una iniziativa per noi inedita e alla quale interverranno ospiti di rilievo che da sempre si occupano di questi temi, per riflettere insieme sulle criticità del vivere quotidiano nelle aziende.
Dicono gli organizzatori:
"Come sindacato dei bancari, impegnato come sempre nella difesa della categoria, che mai come ora sta subendo trasformazioni legate alla digitalizzazione e alla situazione di crisi del sistema bancario, abbiamo ritenuto opportuno occuparci di un argomento che sta coinvolgendo la società civile. Organizzare un'assemblea al fine di coinvolgere il numero più elevato possibile di lavoratrici e lavoratori parlando di stereotipi di genere sui luoghi di lavoro auspichiamo serva come spunto di riflessione per generare una consapevolezza nuova . Non abbiamo la presunzione di cambiare il mondo, ma speriamo che anche un piccolo contributo possa fare la differenza".
Partecipano:
- Introduzione di Anna Maria Zanardi Segreteria provinciale Fabi Luisa Rosati Centro di ricerca sugli studi di genere dell'Università di Pavia: "Le conseguenze economiche degli stereotipi di genere"
- Paolo Berti avvocato giuslavorista Foro di Torino : "Discriminazione e molestie, casi e sentenze"
- Valeria D'Onofrio Casa delle Donne Bologna: "Quando la discriminazione alimenta la violenza"
Durante l'incontro saranno anche proiettati filmati che rappresentano in maniera chiara e creativa cosa si intende per "stereotipi di genere".
L'appuntamento è inserito nel programma della XII edizione del festival "La violenza illustrata. Ri-uscire" promosso dalla Casa delle donne di Bologna.
PASSI DIFFERENTI, STESSO CAMMINO
Diamo un calcio agli stereotipi
venerdì 24 novembre alle 14.30
Cinema Galliera - via Matteotti 27 - Bologna
La ragazzina è stata fatta abortire, data la delicatezza del suo caso. La magistratura ha aperto un'inchiesta per identificare il responsabile anche attraverso prove medico scientifiche, tra cui la prova del DNA sul feto.
San Felice (MO) - Qualcuno deve avere approfittato della condizione di disabilità di una minorenne residente a San Felice per approfittare di lei. Le conseguenze sono state rese ancora più drammatiche perché, oltre ad avere subito la violenza sessuale, la ragazzina è rimasta incinta. Le indagini sono in corso per individuare il responsabile.
La ragazzina, sulla cui identità c'è il più stretto riserbo, vive in paese con la famiglia ed è seguita dai servizi competenti per le sue difficoltà di apprendimento e per la sua disabilità. Difficilmente le è possibile uscire di casa da sola proprio per la sua condizione. Nonostante le attenzioni, tuttavia, qualche settimana fa la minorenne ha manifestato alcuni disturbi che hanno reso necessari gli accertamenti medici. Proprio gli esami a cui la ragazzina è stata sottoposta hanno portato alla luce la drammatica verità: era rimasta incinta.
Considerate le sue condizioni e la sua fragilità, è stato consigliata ed eseguita l'interruzione di gravidanza. Proprio il materiale biologico e un eventuale esame del DNA fetale potranno essere di aiuto per identificare il padre del bambino che la giovane aspettava, nonché responsabile della violenza, con l'aggravante della minore età e della condizione di disabilità della ragazza.
Parma, a seguito di ripetute vessazione subite in ambito domestico, N., una donna originaria della Costa D'Avorio, in Italia dai primi anni '90, ha denunciato il marito con il quale è in fase di separazione.
La donna ha raccontato di continue umiliazioni e minacce che il marito le rivolgeva anche davanti ai figli minori. L'uomo, anch'esso originario della Costa D'Avorio, era giunto in Italia nel 2008 a seguito del matrimonio con N. avvenuto nel loro paese d'origine il 2005.
Insieme alla coppia vivevano anche tre figli. Immediatamente dopo i primi mesi di effettiva convivenza, tra i due cominciano i litigi che diventano sempre più frequenti e violenti con il passare del tempo, tuttavia senza che mai la donna manifestasse la volontà di sporgere denuncia.
A seguito di ciò N. nel 2014 avvia le pratiche per la separazione, allontanando il marito il quale però riesce a farsi riaccogliere in casa con la promessa di cambiare atteggiamento. Poco dopo però le violenze domestiche ricominciano tanto da dover ricorrere, in più occasioni, all'intervento delle FF.OO. ed alle cure del Pronto Soccorso.
Recentemente la donna, a seguito dei numerosi interventi delle volanti, si è convinta a denunciare il coniuge il quale però appreso della denuncia, si è allontanato dalla famiglia disinteressandosi dei tre figli e rendendosi di fatto irreperibile. A conferma di quanto denunciato dalla donna, sono state rese diverse testimonianze da alcuni parenti e congiunti che hanno descritto l'uomo come un soggetto particolarmente violento in ambito domestico tanto da arrivare a minacciare di morte la moglie.
A seguito di ciò è stato emesso un provvedimento di rintraccio nei confronti dell'ivoriano il quale risulta da ricercare sul territorio nazionale.
One Billion Rising, in piazza Garibaldi si balla contro la violenza sulle donne. E' tornato anche a Parma l'evento mondiale contro la violenza su donne e bambine: il flash mob in piazza Garibaldi.
Parma, 15 febbraio 2017
Un miliardo di voci contro la violenza su donne e bambine in Italia e nel mondo. Anche quest'anno Parma è stata palcoscenico della partecipatissima coreografia dell'evento internazionale One billion rising, che nella nostra città è stata promossa dall'Associazione Centro Antiviolenza di Parma e alla quale il Comune aderisce.
Quest'anno la parola d'ordine di One Billion Rising, che dal 2012 attraverso il ballo manifesta contro la violenza, è "solidarietà": solidarietà contro lo sfruttamento delle donne, solidarietà contro il razzismo e il sessismo ancora presente in tutto il mondo.
Per l'Amministrazione Comunale erano presenti in Piazza, insieme alla vicesindaco, con delega alle Pari Opportunità, Nicoletta Paci, tanti consiglieri comunali.
Guarda tutte le foto di Francesca Bocchia a fondo pagina
Una fiaccolata toccante e molto sentita dai numerosi partecipanti, quella svoltasi a Parma ieri, alle 18. Partendo da via Sidoli, dall'abitazione di Elisa Pavarani, uccisa nel settembre scorso dall'ex fidanzato, il corteo di circa mille persone ha raggiunto quella in cui è stata uccisa la notte tra giovedì e venerdì scorsi, Arianna Rivara, in via Gibertini. Anche quest'ultima vittima dell'ex compagno, strangolata per mano dell'uomo che non si rassegnava alla fine della relazione.
Un no alla violenza sulle donne ed alla violenza in generale, per dare un segno di vicinanza non solo all'ultima vittima, ma un segno di solidarietà verso tutte coloro che hanno subito violenza e perso la vita in circostanze analoghe.
L'iniziativa promossa dalla coordinatrice del Consiglio dei Cittadini Volontari del quartiere Lubiana, Monica Reggiani, ha visto il sostegno dell'assessorato alle pari opportunità del Comune di Parma, guidato da Nicoletta Paci.
Foto di Francesca Bocchia
Tutte le foto continuano a fondo pagina
Parma, purtroppo, detiene uno dei primati più ignobili attestandosi ai primi posti della speciale classifica dei femminicidi. Un motivo in più per dire NO alla violenza sulle donne.
Sono già 9 i femminicidi e 4 i tentati femminicidi in Emilia-Romagna nel 2016 (dato del 19 ottobre de La Casa delle donne). Solo da pochi anni - commenta l'Ordine degli Psicologi dell'Emilia Romagna - esiste in italiano un termine per riferirsi all'omicidio di donne uccise in quanto donne. "Femminicidio" è una parola importante perché permette di isolare un fenomeno specifico e comprenderne portata e gravità.
L'uccisione della donna in quanto donna rappresenta il risultato tragico e devastante di una serie di atteggiamenti psicologici, culturali e sociali: non è quasi mai un fatto isolato, un gesto improvviso, un raptus. Molto più spesso è la conclusione premeditata di una escalation di violenze psicologiche e fisiche, e va sempre condannato senza attenuanti.
Iniziata poco prima delle 18,00 e conclusa in Piazza Garibaldi verso le 19,30 del 25 novembre, la manifestazione parmigiana ha visto una nutrita partecipazione sia maschile sia femminile con il corteo degli uomoni guidato dal Sindaco Federico Pizzarotti.
(In fondo pagina la Galleria Immagini della manifestazione)
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