Martedì, 21 Gennaio 2025 19:03

La legge sopra la legge: USA e alleati sfidano la CPI In evidenza

Scritto da Dario Lucisano

Di Dario Lucisano (Quotidianoweb.it) Roma, 20 gennaio 2025 - Con la recente dichiarazione del Ministro per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale, in cui Tajani ha annunciato la richiesta di mandato di arresto avanzata dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja nei confronti del Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non sarà eseguita in caso di una sua presenza in Italia, il blocco occidentale a guida USA continua imperterrito la sua battaglia contro la legge internazionale. 

La decisione di Tajani segue analoghe prese di posizione da diversi Paesi, primi fra tutti proprio gli Stati Uniti. Washington ha infatti dichiarato che non avrebbe arrestato il premier Netanyahu sin dalle prime ore delle richieste dell’Aja. Agli USA si sono presto aggiunti la Francia, l’Ungheria, la Polonia, e l’Argentina e ora, appunto, anche l’Italia.

La decisione del “blocco ONU” va contro gli stessi principi che i Paesi che hanno annunciato il loro sostegno a Bibi tanto millantano di promuovere. Come ha ricordato Daniele Trabucco, infatti, “lo stesso Statuto di Roma del 1998 relativo alla Corte dell’Aja precisa, all’art. 27, primo paragrafo, che non solo la qualifica di Capo di Stato o di Governo non esonera una persona dalla responsabilità (presunta ovviamente) per i crimini di competenza della Corte, ma, nell’art. 27, secondo paragrafo, stabilisce anche che le immunità previste non impediscono alla CPI di esercitare la propria giurisdizione”.

La Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, lo ha sottolineato svariate volte. Questo genere di condotta mina le stesse radici della legge internazionale. Nessuno Stato che riconosce un organismo internazionale può pensare di porsi al di sopra di una delle sue decisioni. Al di là dei corollari giuridici, a venire pericolosamente minacciata è una incrollabile questione di principio. Se non rispondo a un mandato della CPI, non solo ne disconosco il valore, ma finisco per porre le mie decisioni al di sopra di essa. La ragion di Stato finisce per prevalere sui principi internazionali.

È questo solo il primo passo per il pieno disconoscimento dei diritti umani. Se l’entità centrale ha infine l’ultima parola, non può che vigere la legge dei più forti, e il riconoscimento del diritto a fase alterne. Gli USA, in verità, ci avevano già abituato a tale sguardo sul mondo. Non di rado infatti hanno sostenuto che i Paesi firmatari dello Statuto di Roma (lista in cui gli USA figurano tra i grandi assenti) avrebbero dovuto arrestare Putin nel caso in cui egli varcasse i loro confini, salvo poi incoraggiare simili posizionamenti per quanto riguarda i propri alleati, a manifestazione dell’ipocrisia “doppiopesistica” occidentale.

Qualche giorno fa, tuttavia, è arrivata la piena conferma di questa impostazione. Poco prima dell’annuncio di Tajani, e delle proteste inascoltate dei cittadini polacchi, il Congresso degli Stati Uniti ha deciso di approvare una bolla che si accanisce come un avvoltoio su un già proverbiale corpo morto quale è quello della CPI: l’Illegitimate Court Counteraction Act, che introdurrebbe sanzioni contro l’organismo internazionale.

L’Illegitimate Court Counteraction Act era già stato votato e approvato mesi fa. Esso punisce i giudici dell’organo “impegnati in qualsiasi tentativo di indagare, arrestare, detenere o perseguire qualsiasi” politico statunitense o “persona protetta” dal Paese che, come gli USA, non riconosca la CPI, tra cui naturalmente figura Israele. La bolla non fa neanche finta di nascondere il suo chiaro indirizzo ad personam. Nelle considerazioni, infatti, si leggono espliciti riferimenti a Israele e all’attuale procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Khan.

La verità è che gli USA non sono nuovi a sanzioni contro chiunque osi andare contro di loro o i propri pupilli. Per non menzionare l’odissea che ha dovuto vivere Julian Assange, limitandocisi ai soli organi internazionali, basta mantenere lo sguardo sulla stessa CPI. A settembre del 2020, infatti, gli USA inserirono due membri della Corte Penale nei registri delle persone sanzionate: la loro colpa? Avere aperto delle indagini sui possibili crimini di guerra e contro l’umanità commessi dagli USA in Afghanistan.

Le sanzioni vennero rimosse ad aprile del 2021, ma gli USA avevano provato il loro punto: nessuno, neanche la legge internazionale, è sopra di loro. Eppure, il principio su cui si fonda la legge internazionale è proprio quello per cui gli Stati cedono una parte della propria autorità per perseguire uno scopo superiore, che va oltre le logiche dei confini.

Con l’Illegitimate Court Counteraction Act gli USA confermano la loro visione di un mondo unipolare, con una sola guida tirannica al comando. Non esistono leggi, non esistono doveri, non esistono diritti che stiano al di sopra dei loro interessi. La legge internazionale si applica a tutto il mondo, ma non a loro, perché il mondo gli appartiene. Va bene solo quando non va contro di loro, perché loro sono gli unici sovrani del mondo. E noi siamo i loro fedeli servitori.

 

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