Giovedì, 29 Giugno 2023 07:05

Avviso di Garanzia: una persecuzione tutta italiana In evidenza

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L’avviso di garanzia nasce poco prima dell’epoca di “Tangentopoli” e fin da quei tempi, ha sempre fatto “dubitare” di sé.

Di Andrea Caldart Cagliari, 28 giugno 2023 (Quotidianoweb.it) - Più che uno strumento garante nel tempo, è diventato un elemento giuridico opposto in quanto, spesso attribuisce una responsabilità che è sempre tutta da dimostrare.

Per i tanti vizi con cui è stato usato ce ne è uno che lascia ancor oggi stupiti anche per il fatto che vi fu un intervento legislativo, il 332 del 1995, che riguardò nello specifico l’informazione di garanzia (c.d. "avviso di garanzia"), che non doveva più essere inviata sin dal compimento del primo atto.

Se anche per legge lo strumento garante, l’avviso di garanzia, sembra più una condanna anticipata, o peggio ancora un rinvio a giudizio, ancor prima di aver celebrato un processo ed avere una prima sentenza, con quale oggettività si può parlare di garanzia dell’imputato.

Abbiamo rivolto alcune domande sul tema all’Avvocato Roberto Pusceddu del Foro di Cagliari, esperto in questo preciso ambito giuridico.

Avv. Pusceddu l’avviso di garanzia è un atto che dovrebbe essere notificato anzitempo all’indagato per informarlo che vi sono in corso delle indagini su di lui, ma di questa informazione realmente quando ne viene a conoscenza l’indagato?

Intanto, occorre chiarire e distinguere, per correttezza terminologica, la c.d. informazione di garanzia ai sensi dell’art. 369 del codice di procedura penale, in base alla quale “solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero notifica alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia. Il pubblico ministero informa altresì la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa del diritto alla comunicazione previsto dall'articolo 335, comma 3 Registro delle notizie di reato”.

Il pubblico ministero avvisa inoltre la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa dal c.d. Avviso conclusione indagini preliminari ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p. Tale avviso è un istituto estremamente garantista (altro e diverso rispetto al cd avviso di garanzia. V. Infra) che prevede per l’indagato la notifica di un vero e proprio avvertimento circa la conclusione delle indagini svolte sul suo conto in relazione ad una ipotesi di reato nonchè delle facoltà e dei diritti propri della posizione di persona sottoposta ad indagini.

L’importanza di tale avviso è data innanzitutto dal fatto che – molto spesso – colui che è indagato in un procedimento penale viene a conoscenza delle indagini svolte (e concluse) nei suoi confronti proprio a seguito della notifica del predetto avviso (ovvero la consegna a mani dello stesso o l’avviso del suo deposito presso la casa comunale con apposita comunicazione introdotta nella casella della posta).

Inoltre, tale atto è notificato anche al difensore di fiducia (ed in quel caso l’indagato saprà già di essere tale avendo proceduto alla nomina del professionista) oppure al difensore di ufficio (e questa è l’ipotesi nella quale il destinatario dell’avviso ignora di essere stato l’oggetto di una indagine).

Quindi l’indagato che riceve a conclusione indagini l’avviso e ha 20 giorni di tempo per preparare la sua difesa, come può realmente difendersi?

L’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. deve avere un contenuto ben preciso: – la sommaria enunciazione del fatto che viene contestato e l’indicazione delle norme di legge violate nonché la data ed il luogo del fatto contestato e l’avvertimento che i documenti relativi agli atti di indagine sono depositati presso il PM e che l’indagato ed il suo difensore possono consultarli; – l’avviso che l’indagato – entro 20 gg dalla notifica (ovvero dall’ultima notifica dal momento che come detto l’avviso è trasmesso sia all’indagato sia al difensore) – può presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione delle indagini investigative, chiedere al PM nuovi atti di indagini, ovvero può chiedere di essere sentito a spontanee dichiarazioni o essere sottoposto ad interrogatorio.

 

Sembra di capire che l’istituto dell’informazione di garanzia venga notificato all’indagato alla conclusione delle indagini con un tempo davvero irrisorio per approntare una difesa e quindi il difensore deve chiedere al Pm di fare indagini suppletive, ma poi il PM queste indagini supplettive le fa, oppure l’unico atto che fa è l’interrogatorio dell’indagato?

Per poter rispondere a questa domanda, occorre tenere a mente la distinzione di cui ho parlato rispondendo alle domande in precedenza poste.

Oggi parrebbe che siamo andati di male in peggio perché si è passati dall’avviso di garanzia, all’iscrizione nel registro degli indagati soprattutto perché tale iscrizione avviene senza che l’indagato ne venga a conoscenza, ma è davvero giuridicamente corretto che, una persona non sia messa a conoscenza di quanto si sta indagando su di essa?

Sul punto, si impone precisare che la fase delle indagini è caratterizzata dal c.d. segreto e ciò impone che, ai sensi dell’art. 329 c.p.p., gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

Pertanto, si tratta solo e soltanto di un contraddittorio posticipato, che si realizzerà quando il soggetto che è stato sottoposto a indagini avrà conoscenza del materiale acquisito dall’Accusa unilateralmente e potrà prendere posizione sul punto soprattutto in sede processuale ove verrà assicurato, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione, il pieno contraddittorio tra le parti, nell’ambito del c.d. “giusto processo”.

 

L’accanimento giustizialista di questi elementi spesso è mediaticamente strillato, ma non scalfiscono la corruzione, quello che importa invece è che il feticcio della gogna mediatica faccia il suo lavoro, ancor prima che la presunzione di innocenza, sia provata dalla eventuale futura colpevolezza.

Questo è il reale risvolto patologico della questione in questa sede trattata.

Spesso si assiste mal volentieri a gogne mediatiche nei confronti di soggetti ancora sottoposti ad indagine, i quali vengono considerati come se fossero ‘condannati’ in via definitiva, senza ancora essere stati sottoposti a processo. Condannati per la collettività senza avere subito un processo.

La condanna ‘sociale’ si ha ben prima di una definizione giudiziale della vicenda.

Un soggetto, quindi, può ben essere assolto in sede giudiziale con ampia formula assolutoria, ma agli occhi della collettività era già condannato al momento in cui rivestiva la sola qualità di indagato.

Questo profilo è sicuramente e indubbiamente ciò che offre l’immagine di una giustizia ‘ingiusta’ a cui si potrebbe, ahimè, essere esposti inevitabilmente o, forse, lo si potrebbe evitare. 

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