Giovedì, 01 Giugno 2023 06:19

Guerra e pace: la civiltà rinasce dalla pietà di Enea In evidenza

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In questo passaggio d’epoca (drammatico) che stiamo vivendo, che sembra un incubo riuscito, è difficile immaginare un futuro, soprattutto roseo.

Di Giuseppe Storti Roma, 31 maggio 2023 - Settanta e più anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, nessuno, nemmeno il più pessimista tra gli analisti politici, avrebbe mai potuto immaginare che nel cuore dell’Europa risuonassero ancora i tragici echi della guerra. Ma tant’è! Spesso, è il caso di scriverlo: la realtà batte anche la più fervida fantasia.

Dopo due anni di pandemia, una guerra rappresenta la peggiore afflizione che uomini, abbiano potuto scatenare contro altri uomini.

Il potere quando è totalitario, si attribuisce una sorta di diritto di vita e di morte, ritenendo, in una sorta di delirio di onnipotenza, di avere titolo e legittimazione a scatenare una guerra dagli effetti devastanti e drammatici, sia a livello di vite umane perdute, che a quello economico a svantaggio dell’intero pianeta, diventato già da tempo un immenso villaggio globale, dove ogni avvenimento rimbalza come un pallone, fino a coinvolgere l’intero pianeta globalizzato.

Chi scatena le guerre, e la storia ce lo insegna, sono i potenti della Terra, ma chi ne soffre le conseguenze sono i popoli, la gente comune, e tantissimi uomini e donne mandati a morire per nulla. Gli unici ad ingrassare, ed a ingrossare i propri conti in banca, sono i mercanti di morte.

Dopo 15 mesi di guerra, la parola pace sembra essere scomparsa dal vocabolario delle diplomazie. Mentre armi e strumenti di morte senza più sofisticati vengono forniti ai due eserciti in guerra. Per fornire armi sempre più micidiali, non c’è nessun problema di tenuta dei conti pubblici né di patti di stabilità.

Mentre aumentano i nuovi poveri, e quelli che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. Nelle grandi città metropolitane italiane sono sempre di più i senzatetto che vivono per strada. Ma tutto ciò non importa ai mercanti di morte, meno che mai ai governanti europei, proni nell’asservimento ai voleri dell’alleato americano.

A complicare ancor di più il quadro di eventi così drammatici, incombe sul mondo lo spettro della guerra nucleare.

L’Armageddon: il biblico scontro finale tra bene e male, in chiave contemporanea, con la non trascurabile variabile che non si sa quale sia il bene e quale il male. Uno scontro finale che in pochi secondi potrebbe portare alla distruzione totale di tutto e di tutti, nessuno escluso.  

La storia agisce, secondo un moto violento che provoca, con il suo tumultuoso incedere, profondi cambiamenti che scuotono l’umanità, come in tutte le grandi crisi. Dopo, nulla più sarà come prima. Ma è proprio questo il punto! Dopo la guerra, perché questa sporca guerra, dovrà pur finire, quali scenari si aprono per le prospettive di una convivenza pacifica tra i popoli per un periodo che ci auguriamo sia ancora più lungo di quello trascorso dalla fine della Seconda guerra mondiale? 

La speranza ci viene da una rilettura in chiave contemporanea dei classici.

Ed in particolare dalla figura di un eroe epico: Enea, il cui nome per l’appunto dà il titolo all’Eneide poema tra i più noti dello scrittore e poeta latino Virgilio. Dopo la rovinosa guerra di Troia, Enea fugge dalla sua città in fiamme, portando sulle spalle il Padre Anchise, e per mano il figlio Ascanio. Va incontro con coraggio verso l’ignoto, rappresentato dal fatto di lasciare la propria patria, ma è ben conscio di dover portare con sé gli elementi fondanti della civiltà umana: la memoria e le tradizioni, rappresentate dagli anziani, in questo caso il padre, ed il futuro rappresentato dal proprio figlio, quindi dai bambini.

La pietas di Enea, che Virgilio, definisce Pius (pio), sta proprio nel suo voler salvaguardare, e quindi includere nel valore della civiltà umana, quali fondamenti e pilastri della stessa gli anziani ed i bambini, anche se ciò dovesse costargli la propria sopravvivenza ed il proprio potere.

La pietas di Enea rappresenta anche l’istinto di sopravvivenza della specie umana, quella intelligenza evolutiva che non viene mai meno, pur nelle estreme difficoltà: anzi si rafforza ulteriormente. Ciò l’abbiamo visto, dalle drammatiche immagini della guerra in Ucraina. Ovvero: le mamme, anche dai rifugi, e tra le macerie continuano ad allattare i propri figli, gli uomini e le donne, pur essendo costretti a stare chiusi nei sotterranei della metropolitana, si aiutano a vicenda, ed il mondo intero si lancia senza fermarsi mai in una gigantesca gara di solidarietà al fine di aiutare chi soffre le immense ed incalcolabili tragedia e miserie di una guerra.  

Insomma, la lezione di Enea può rappresentare un “new deal” del genere umano, una novella rinascita della civiltà dell’essere umano.

Nella celeberrima canzone di Fabrizio de Andrè: Via del Campo, si afferma che dal letame può nascere un fiore. Da questa guerra, da tutte le guerre, che altro non sono che il letame della storia, può nascere, anzi rinascere il fiore della palingenesi della civiltà umana, basata su quei valori che il “Pius Enea”, volle salvare per costruire un nuovo futuro!

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