Tuttavia, tranne nel periodo in cui Matteo Salvini (Lega) era Ministro dell'Interno nel Governo Conte I, non si può non registrare la mancata volontà politica di porre un freno all'immigrazione clandestina tanto sul piano interno, quanto su quello comunitario.
In primo luogo, e se ne parla da più di un decennio, è necessario modificare il regolamento UE n. 604/2013 (c.d. "Dublino III) che impone agli Stati di primo approdo l'obbligo di prendere in esame le richieste di asilo politico.
In secondo luogo, bisogna creare degli hotspot fuori dai confini degli Stati membri dell'Unione Europea per l'identificazione dei migranti proprio come ha fatto l'Australia.
In terzo luogo, chi non presenta i requisiti per entrare nel territorio nazionale o vede respinta la domanda di asilo (vanno accelerate le procedure) deve essere rimpatriato in modo assistito e fatti sempre salvi i diritti fondamentali della persona.
Lo Stato costiero, ai sensi dell'art. 19, paragrafo 2, della Convenzione di Montego Bay del 1982, può ritenere non inoffensivo e, dunque precludere l'accesso ai propri porti, il transito di navi ove si trovino soggetti in violazione delle norme vigenti in materia di immigrazione.
In quarto ed ultimo luogo, rifinanziare, con contestuale monitoraggio, le guardie costiere dei Paesi dell'Africa settentrionale (Tunisia, Libia), e mettere al bando le ONG che favoriscono un aumento delle partenze dei barconi.
Il decreto-legge n. 1/2023, che disciplina l'attività delle navi da soccorso delle Organizzazioni non governative, oltre a presentare possibili profili di incostituzionalità e violazioni del diritto internazionale consuetudinario e pattizio, in realtà continua a legittimarle sia pure in presenza di alcune precise e stringenti condizioni.
(Daniele Trabucco)