Di Flavia De Michetti Roma, 18 febbraio 2023 (Quotidianoweb.it) - Class Action Nazionale dell’Edilizia è un’associazione nata un anno fa, fondata dagli imprenditori nel momento in cui hanno cominciato a intravedere i primi problemi con la cessione dei crediti di imposta.
Tutto è cambiato quando è stato emanato il decreto antifrode e, successivamente, nell’ Art. 28 del DL Sostegni-ter, relativo alle norme antifrode e alla limitazione del numero di cessioni dei crediti fiscali, passati da illimitati verso qualunque soggetto a una sola cessione, possibile solamente ad istituti finanziari.
Questi Decreti hanno, di fatto, paralizzato completamente la compravendita dei crediti fiscali, creando profondi disagi alle imprese e agli imprenditori dato che tutti i cessionari attivi nel 2021 hanno chiuso.
Il malcontento è stato subito espresso sui social (in particolare, Telegram e Facebook) ed è stato il motore che ha dato il via all‘organizzazione di manifestazioni, convegni, conferenze stampa a Montecitorio e Palazzo Madama, incontri istituzionali e molte altre attività.
Lo scopo della nascita dell’Associazione è quello di tutelare il diritto dei cittadini con l’obiettivo di sbloccare la libera circolazione dei crediti fiscali maturati dai principali bonus edilizi.
Oggi, è stato dato lo stop definitivo alla cessione del credito con il Decreto Legge 11 del 16 febbraio 2023, approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri, pubblicato poco dopo in Gazzetta Ufficiale e già in vigore.
Palazzo Chigi in una nota spiega che “questo Decreto interviene per modificare la disciplina della cessione dei crediti d’imposta relativi a spese per gli interventi di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e superbonus 110%, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche” e aggiunge che “dall’entrata in vigore dello stop, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile, per i soggetti che effettuano tali spese, optare per lo sconto in fattura né per la cessione del credito d’imposta, opzioni introdotte nel 2020 con il Decreto Rilancio”.
Vengono, inoltre, abrogate le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti fiscali relativi alle spese per gli interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni dei condomini, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro, e alle spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni dei condomini o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, con la demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile, ovvero il “sismabonus acquisti del 110%”.
Nel Decreto viene anche sottolineata “la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre ulteriori e più incisive misure per la tutela della finanza pubblica nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche in materia edilizia e di definire il perimetro della responsabilità derivante dal meccanismo della cessione dei crediti ad essa connessa”.
Nella conferenza stampa, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti ha dichiarato: “Non tocchiamo il superbonus, interveniamo sulla cessione dei crediti d’imposta che ammontano direi a 110 miliardi di euro” e ha aggiunto che si tratta di “una misura d’impatto necessaria per bloccare gli effetti di una politica scellerata usata anche in campagna elettorale e che ha prodotto beneficio per alcuni cittadini, ma posto alla fine in carico a ciascun italiano 2mila euro a testa. Il decreto sulla cessione dei crediti ha due obiettivi: cercare di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali incagliati e mettere in sicurezza i conti pubblici”.
QuotidianoWeb intervista il Direttore Generale C.A.N.D.E., Roberto Cervellini.
Da un punto di vista di natura economica, quali sono le ulteriori problematiche che riguarderanno gli imprenditori, in seguito a questo stop emanato con il D.L.?
“Il fallimento di 60 mila aziende e 1 milione di posti di lavoro persi. Questo è quanto porterà questo cambiamento definitivo. Il Governo è finalmente uscito allo scoperto. Hanno iniziato prima con il Governo Draghi e adesso con quello Meloni, che ha una continuità, non tanto quest’ultima, quando il Ministro Giorgetti, a cui non va giù la misura e sta portando questo disastro per le piccole e medie imprese nel campo edile”.
In seguito alla recente decisione del Consiglio dei Ministri, come si muoverà Class Action Nazionale dell’Edilizia?
“C.A.N.D.E. è riuscita, prima del Decreto legge, a far inserire due punti su questo D.L. 11/20/23: la “Check List”, che va a vantaggio delle banche e soprattutto anche del contribuente, in modo tale da avere una lista univoca di documenti (precisamente nove) e la “Responsabilità Solidale”, che consiste nella presentazione di questi documenti, togliendo questa responsabilità al cessionario. Però non è sufficiente”.
Il Direttore Generale C.A.N.D.E. spiega, infatti, che “Ciò che non va ancora bene è il blocco della cessione del credito, quindi l’eliminazione dell’Art. 121 del D.L. 34/20, ovvero l’anima rivoluzionaria del sistema di cessione dei crediti. Chiediamo, dunque, che venga non solo ripristinata, ma anche con la multicedibilità e quindi con la circolazione dei crediti. Non ci fermeremo. Forza Italia non è assolutamente d’accordo con questa scelta. Faremo barricate, scenderemo di nuovo in piazza, oltre a ricontattare ogni politico. Cercheremo di tenerli sotto pressione fino all’ultimo. Non molleremo”.
“Stiamo facendo anche una campagna sui social. Veniamo, infatti, contattati da altre associazioni di categoria, che vogliono intraprendere con noi questa lotta definitiva. Il Governo sta solo ritardando ciò che, in futuro, l’Europa presenterà come conto per il famoso “Green Deal” o piano “Fit for 55%”, che è la riduzione del 55% delle emissioni di CO2, una direttiva europea. Mancano 7 anni al 2030 e noi lo avevamo avviato con il Superbonus, ma il Governo lo ha interrotto”.
“Per ristrutturare il Paese – precisa il Direttore Generale - Class Action Nazionale dell’Edilizia chiede la riqualificazione energetica, la riduzione del rischio sismico, barriere architettoniche e anche riduzione d’amianto e quando il Governo capirà che si tratta di interventi necessari, a quel punto le imprese saranno tutte chiuse, perché fallite”.
Nonostante la situazione già critica, secondo lei come mai il Governo ha deciso di emanare questo D.L.?
“Il motivo è perché si tratta di moneta fiscale. Non è una questione a debito, quindi il Governo non fa debito con l’Europa, a differenza del PNRR, perché si interviene con la moneta fiscale degli italiani, ovvero con le loro tasse, che vengono reinvestite nella riqualificazione energetica. Ai mercati finanziari, ai quali sono legati Mario Draghi, Giancarlo Giorgetti e molti altri, questa cosa con va giù, perché non si fa debito”.
“Quindi, utilizzando la moneta fiscale – chiarisce Roberto Cervellini - non è necessario chiedere soldi alle banche e alle finanziarie, di conseguenza non si crea debito, escludendo l’aumento di quello pubblico, che è di 80 miliardi l’anno. Uno dei motivi della recente decisione del Governo è anche quello di far lavorare le multinazionali, a discapito delle aziende più piccole, che devono morire, perché danno fastidio e che, eventualmente, devono andare a lavorare sotto le aziende più grandi. Questo è, ormai, un progetto chiaro, come riportano economisti esperti, importanti a livello nazionale”.
La situazione preesistente ha causato profondo malessere e portato molti imprenditori a compiere gesti estremi, in preda alla disperazione. Cosa accadrà ora?
“Da una nostra prima indagine, che continuiamo ad approfondire, a partire dal mese di gennaio hanno chiuso già circa 1300 aziende. I suicidi, purtroppo non riportati dai media, stanno aumentando sempre di più ed è il caso che ripristino la circolazione dei crediti”.
Cosa rischiano gli imprenditori e tutto il comparto dopo questa decisione?
“Il rischio è quello di ritornare alla situazione del 2011, ovvero a zero. La differenza è che, mentre in precedenza il fallimento era dovuto alla mancanza di lavoro sul mercato o anche per incapacità aziendale, ora la causa è l’eccesso di crediti. Le aziende stanno, dunque, fallendo, con il segno negativo sulle banche e i creditori chiedono di essere pagati tutti i giorni, con un credito su cassetto fiscale da 1 ai 60 milioni e poi zero in banca, per poterli pagare”.
“I fornitori, inoltre, stanno già provvedendo a emettere decreti ingiuntivi per essere pagati, che si trasformeranno in pignoramenti e quindi fallimento. – conclude il Direttore Generale Cervellini - Un fallimento per un imprenditore significa la morte professionale e molti, a quest’ultima, scelgono la morte fisica”.