A parte il fatto che oggi come oggi c’è carenza di medici in numero assai rilevante, tanto è che le Regioni attingono persino dall’estero con una spesa esorbitante e infinite polemiche, ma il dato che fa riflettere è riferito alla disparità di trattamento tra figure professionali che potrebbero dare di più alla società come esperienza.
Ad esempio, a parte la ormai proverbiale Regina Elisabetta che ha regnato fino a 96 anni, è notizia proprio di questi giorni che Giuliano Amato (84 anni compiuti il 13 maggio scorso) abbia appena cessato il compito di Presidente della Corte Costituzionale. Come non ricordare Sandro Pertini (classe 1896) che ha fatto il Presidente della Repubblica fino a 89 anni (dal 1978 al 1985) o addirittura Giorgio Napolitano che è stato al Quirinale fino al 14 gennaio 2015 (vale a dire fino a 90 anni). L’elenco potrebbe continuare all’infinito su persone, personaggi e personalità (come Papi e Re) che reggono ancora con merito ruoli di grande responsabilità fino ad un’età assai avanzata. Questo nelle istituzioni pubbliche, mentre nelle aziende private ci sono manager che lavorano e detengono il comando ad oltranza o a vita e, magari, non vengono nemmeno definiti “stakanovisti”. Regolare la libertà del lavoro legale, utile e sociale deve essere uno dei compiti della nostra Repubblica! Anzi, sarebbe il caso di porre tale tema alla considerazione del Parlamento Europeo e addirittura di altri consessi sovranazionali, persino delle Nazioni Unite.
Perché, allora, non dare pure ai comuni mortali la possibilità di rendersi utili a sé stessi e alla società, dando loro la possibilità di lavorare, nel pubblico come nel privato, fino a quando siano o si sentano in grado di poter reggere il ruolo per il quale si sentono portati, per volontà o vocazione?... Così, ad esempio, i medici di famiglia od ospedalieri, mentre si sa che nel privato gli specialisti non hanno limite di esercizio. Così accade pure nelle altre professioni.
Tra tanto altro, in alcuni casi, continuare a lavorare allunga la vita. Si sa, infatti, che andare in pensione può comportare ed in effetti comporta un trauma per coloro i quali, magari, avrebbero preferito continuare a lavorare, a tempo pieno o ridotto, per motivi di ordine pratico ma pure psicologico per sentirsi ancora parte attiva della società. Insomma, il prossimo Parlamento dovrebbe porsi anche tale problema che non è assolutamente trascurabile e che potrebbe contribuire a rimodellare il lavoro e la società per il bene individuale e collettivo. Tale tema ha pure una valenza etica oltre che prettamente pratica, dal momento che è necessario colmare disparità ed ingiustizie sociali, pure per le nuove leve, come sottolinea da fin troppo tempo e inascoltata l’Università delle Generazioni.