Mercoledì, 14 Settembre 2022 08:45

Carlo Iannello: “Interpretatio Abrogans” Art 32 Cost. In evidenza

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Carlo Iannello, professore di Diritto costituzionale presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli (dove insegna Biodiritto, Diritto dell’ambiente e Diritto pubblico dell’economia) e Professore invitato presso l’Università di Paris 2 Panthéon Assas e altre università estere, esce con il suo novo libro dal titolo: L’“Interpretatio abrogans” dell’art. 32 della Costituzione.

Di Andrea Caldart Cagliari, 10 settembre 2022 (Quotidianoweb.it) - L’autore, indicato da più parti come il massimo esperto di ricerche sui servizi pubblici locali e nazionali, attraverso le quali ha criticamente analizzato i processi di privatizzazione, stavolta pone il suo pensiero critico su varie ordinanze relative alla legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale per il Sars-Cov-2, per le quali a breve la Consulta dovrà pronunciarsi.

Lo abbiamo intervistato sul contenuto del suo libro.

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Professore a breve, il 30 novembre, la Corte costituzionale si pronuncerà sulla legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale. Lei ha appena pubblicato un libro proprio a commento di queste ordinanze (C. Iannello, L’«interpretatio abrongans» dell’art. 32 della Costituzione, Editoriale scientifica, 2022).

https://www.editorialescientifica.com/shop/catalogo/collane-di-diritto/questioni-contemporanee-nuova-serie/linterpretatio-abrogans-dellart-32-della-costituzione-detail.html

Ci può rappresentare cosa è stato chiesto alla Consulta e qual è la posta in gioco?

 

La posta in gioco è altissima. Riguarda la libertà di cura, che è messa in pericolo, come spiegherò, da una singolare motivazione di una delle ordinanze di rinvio alla Consulta, la prima in ordine temporale, ed anche autorevole, data la sua provenienza.

Alla Consulta, infatti, sono giunte molte ordinanze che contestano la legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale per il Sars-Cov-2 imposto ai sanitari. Ad oggi ne conto dieci. Da ultimo, abbiamo un’ordinanza del Tribunale di Padova del 14 luglio e una del Tribunale di Brescia del 22 agosto.

Ogni ordinanza è una questione a sé stante perché diversi sono i casi concreti che sono sottoposti all’attenzione del giudice. Il giudice si deve attenere alle specificità del caso sottoposto al suo esame per porre una questione alla Consulta.

Per fare ordine diciamo che possiamo classificarle in due filoni.

Un primo, il più numeroso, riguarda le modalità con cui è stato introdotto l’obbligo. Queste ordinanze non contestano la legittimità costituzionale dell’obbligo in sé, ma accendono i riflettori su alcune specifiche conseguenze del mancato rispetto dell’obbligo. Ad esempio, vi è il caso di una psicologa sospesa che aveva chiesto di svolgere il lavoro da remoto. Il giudice ha sollevato alla Corte la questione dell’irragionevolezza della normativa (contrasto con l’art. 3 Cost.) perché non ha senso impedire lo svolgimento da remoto dell’attività, visto che non sussiste alcun pericolo di contagio. L’ultima ordinanza di questo tipo, in ordine temporale, è quella di Brescia di agosto. In questo caso, il giudice ha affermato che contrasta con la dignità umana la previsione della completa assenza di retribuzione per il non vaccinato sospeso (contrasto con il diritto al lavoro, art. 4 Cost.).

Ove fossero accolte, non verrebbe meno la legittimità dell’obbligo, ma alcune conseguenze del suo mancato rispetto.

Poi vi sono altre questioni che hanno contestato, invece, proprio la legittimità dell’obbligo per contrasto diretto rispetto all’art. 32 Cost. Queste ordinanze sono, ovviamente, le più importanti perché pongono dubbi sullo stesso impianto della normativa in tema di obbligo vaccinale. Tali questioni sono state sollevate da due giudici: a marzo dal CGARS (il massimo organo della giustizia amministrativa della regione siciliana: i suoi giudici sono consiglieri di Stato) e, ad aprile, dal Tribunale di Padova.

Ma, benché mirino allo stesso obiettivo (dichiarazione dell’incostituzionalità della legge), hanno motivazioni talmente diverse che l’accoglimento dell’una o dell’altra potrebbe avere effetti pratici radicalmente differenti. A seconda che la Corte Costituzionale sposi il ragionamento del giudice siciliano o di quello padovano si avranno effetti addirittura opposti, anzi, incompatibili.

Che significa? Ci può spiegare? Come è possibile che due ordinanze, entrambe volte a far dichiarare l’incostituzionalità della medesima legge in tema di obbligo vaccinale, possano avere effetti pratici così differenti?

Per comprendere la questione occorre fare una premessa.

Come è noto, l’art. 32 Cost. consente un trattamento sanitario obbligatorio, ma solo a determinate condizioni. Vi deve essere, cioè, un doppio «beneficio»: per la collettività e, allo stesso tempo, per l’individuo.

La sussistenza del beneficio per la collettività è una condizione essenziale, nel senso che integra un obiettivo di salute pubblica, l’unico obiettivo che legittima la deroga all’autodeterminazione individuale in materia sanitaria. Inoltre, tale requisito, logicamente, precede la valutazione della sussistenza dell’altro presupposto. Solo se un trattamento sanitario è in grado di apportare un beneficio per la collettività, si può ipotizzare di renderlo obbligatorio. Una volta risposto affermativamente a questa domanda, si passa alla verifica della sussistenza del beneficio individuale, cioè che gli effetti collaterali siano transitori e lievi.

Tradizionalmente, il beneficio per la collettività è sempre stato ancorato all’impedimento della trasmissione dell’infezione, che riesce a determinare il blocco della sua circolazione attraverso la cosiddetta immunità di gregge. Solo così si garantisce che il trattamento sanitario obbligatorio realizzi un obiettivo di tutela della salute pubblica.

Nelle ordinanze di rimessione alla Corte, entrambi i giudici prendono atto che il vaccino non blocca la trasmissione del virus, però prendono strade opposte.

Il CGARS ritiene, infatti, che nonostante il vaccino non blocchi la trasmissione del virus, il beneficio per la collettività sia integrato lo stesso. Afferma cioè che la vaccinazione obbligatoria per il Sars-Cov-2 ha rappresentato, comunque sia, una politica costituzionalmente legittima, perché la vaccinazione per il Sars-Cov-2, anche se non incide sul contagio, riduce la pressione sugli ospedali. In questo modo, però, capovolge la logica tradizionale in materia, ammettendo che un obbligo di trattamento sanitario possa essere adottato anche se non realizza un obiettivo di salute pubblica, ma si limita a migliorare l’efficienza degli ospedali. I dubbi che il CGARS solleva alla Corte Costituzionale riguardano, pertanto, un altro aspetto, cioè il beneficio individuale: la questione è stata sollevata perché, in questo caso, ci sono molti più effetti avversi rispetto ai vaccini tradizionali.

Il giudice padovano, invece, ha seguito la strada opposta, attenendosi scrupolosamente all’impostazione tradizionale: ha ritenuto, cioè, che la vaccinazione obbligatoria non abbia raggiunto l’obiettivo che si era proposto (formalizzato nelle stesse leggi impositive dell’obbligo, che discorrono di «prevenzione dell’infezione»), cioè la «prevenzione dal contagio», per cui esse non hanno realizzato un obiettivo di tutela della salute pubblica. Secondo il giudice padovano, dunque, la disciplina sull’obbligo vaccinale è incostituzionale perché difetta il presupposto, essenziale e logicamente preliminare, della tutela della salute pubblica, cioè del beneficio per la collettività. In questo caso, la vaccinazione non si distinguerebbe da qualsiasi altra cura, perché è volta solo ad evitare le forme gravi della malattia, e dovrebbe essere retta dal principio di libertà: tutti coloro che vogliono vaccinarsi possono farlo, ma nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario, nemmeno se la cura si rivelasse salvavita.

Perché queste due impostazioni produrrebbero, secondo lei, conseguenze del tutto opposte?

Molto semplice. Se si consolidasse la tesi, per ora isolata, del CGARS, per cui la diminuzione delle ospedalizzazioni può essere un obiettivo in grado di giustificare un obbligo sanitario, la libertà di cura sarebbe finita. Ogni farmaco potrebbe essere imposto come obbligatorio. Se questa tesi avesse l’avallo della Consulta, il risultato sarebbe quello di cancellare in via interpretativa l’articolo 32 Cost, che è un articolo che pone la libertà di cura tra i diritti «fondamentali».

Se invece passasse, come auspicabile, la tesi del Tribunale di Padova, invece, non cambierebbe nulla rispetto al passato. Le politiche di vaccinazione obbligatoria saranno sempre possibili e compatibili con la Costituzione a condizione che si rispetti la razionalità, democratica e costituzionale, della vaccinazione obbligatoria: cioè che il vaccino, in quanto capace di fermare la trasmissione del virus, determini il raggiungimento di un obiettivo di salute pubblica: l’immunità di gregge.   

Ci potrebbe chiarire qual è la razionalità democratica dell’obbligo vaccinale di cui discorre?

Chiariamo un punto.

L’assenza di obbligo vaccinale è del tutto coerente con gli ordinamenti liberal-democratici (è il caso, ad esempio, della Spagna o dell’Inghilterra). La sua imposizione, invece, in quanto coarta una libertà fondamentale, può essere coerente con gli ordinamenti democratici, ma a condizione che si rispettino alcuni presupposti.

Essa si fonda sul principio solidaristico.  Il principio solidaristico vuole che tutti si vaccinino per proteggere chi non può farlo: c’è un nesso indissolubile tra immunità di gregge, tutela dei vulnerabili, obbligo solidaristico. La solidarietà impone di raggiungere l’immunità di gregge in modo da proteggere i fragili, cioè coloro che non possono vaccinarsi per ragioni mediche. La solidarietà regge interamente la razionalità dell’impianto: non solo la compressione dell’autodeterminazione individuale (l’obbligo), ma anche la limitazione della singola libertà con cui si ‘sanziona’ il mancato adempimento dell’obbligo: se anche il vaccinato trasmettesse il virus, infatti, che senso avrebbe escludere il non vaccinato da una data attività?

Se la Corte costituzionale non dovesse chiarire che l’obbligo vaccinale per il Sars-Cov-2 è incostituzionale «proprio» perché manca il beneficio per la collettività, anche qualora annullasse la legge sulla base delle motivazioni addotte dal CGARS, si rischierebbe un’abrogazione in via interpretativa dell’art. 32 Cost. Se non si respingesse l’idea per cui un farmaco può essere reso obbligatorio solo perché capace di ridurre il carico ospedaliero, verrebbe meno ogni argine all’imposizione di obblighi. Anche il farmaco contro il colesterolo o quello contro l’ipertensione o qualsiasi altro farmaco potrebbero diventare obbligatori! Tutti i farmaci, infatti, per essere autorizzati, devono dimostrare di essere efficaci. Ma non finirebbe qui. Persino l’assenza di risorse economiche per il SSN potrebbe legittimare un obbligo!

L’art 32 Cost. sarebbe cancellato assieme alla libertà di cura.

Non le si potrebbe obiettare che questa deroga ai principi ordinari è stata resa necessaria dall’emergenza?

Grazie della domanda. In primo luogo, da giurista, devo dire che leggendo la legge impositiva dell’obbligo vaccinale per il Sars-Cov-2 non si riscontra nessuna deroga a questa razionalità. E non avrebbe potuto essere diversamente. Il legislatore ha cercato di conseguire, infatti, l’obiettivo della prevenzione del contagio o dell’infezione. Quindi la legge, in tema di obbligo, ha seguito l’impostazione tradizionale. È stato poi il CGARS, una volta preso atto che il vaccino in realtà non blocca affatto la trasmissione del virus, a dare una nuova e pericolosa interpretazione a questa razionalità. Ma comprendo a cosa tende la domanda e rispondo, ponendo un’altra domanda. Mi sa dire lei, allo stato attuale, quale ambito della vita associata non è toccato dall’emergenza? Abbiamo emergenza sanitaria, ambientale, energetica, economica, e adesso, da ultimo, anche l’emergenza bellica, che potrebbero durare anni. La motivazione data dalle forze politiche all’ultima emergenza cui ho fatto riferimento, dando sostegno militare all’Ucraina attraverso la fornitura di armi, sta proprio nella necessità di proteggere la libertà contro il dispotismo. Allora chiariamo un punto: o le democrazie riescono ad affrontare le emergenze difendendo le libertà, oppure avremo democrazie senza libertà, che però non potremo più chiamare democrazie.

Ci sta dicendo che, seguendo il ragionamento del CGARS, si porrebbero le premesse per curare in forma obbligatoria tutta la popolazione?

È così, ma mi serve una premessa. Il Covid ha prodotto due anni di grande confusione istituzionale (per essere cauti con i termini) e di profonda lacerazione sociale, per cui ci si dovrebbe approcciare alla lettura del mio libro comprendendo che tento di guardare al futuro, non al passato. Il Covid, con tutte le conseguenze che ha prodotto, anche sul piano dei rapporti personali, è alle nostre spalle. Le libertà di cui disponiamo in quanto cittadini e in quanto persone riguardano, invece, il nostro futuro, quello del nostro paese e dei nostri figli. Cerchiamo di abbandonare i pregiudizi, gli stereotipi banalizzanti, come quello di no-vax, gli scontri surreali tra fantomatici no-vax e pro-vax e cerchiamo di guardare al merito delle questioni. Solo così possiamo preparare il futuro, senza restare impaludati in un passato che ha fatto già molti danni.

Il ragionamento del mio libro parte dalla razionalità liberal-democratica e costituzionale dell'obbligo vaccinale. Razionalità che espongo per chiarire la radicale incostituzionalità dell'obbligo di cura, cui ci porterebbe l'interpretazione molto, ma molto discutibile del CGARS. Il problema è che i principi affermati dal CGARS sono contenuti nell'ordinanza di rinvio alla Corte Costituzionale, per cui, se non fossero respinti dalla stessa Consulta in sede di giudizio, si consoliderebbero, con l'avallo più autorevole possibile, e sarebbero destinati ad avere effetti profondi nei prossimi anni!

Occorre poi considerare che c’è anche un movimento volto proprio a modificare la razionalità delle politiche di trattamento sanitario obbligatorio.

A cosa si riferisce?

C’è un documento recente dell’OMS del 30 maggio 2022 su etica e trattamenti sanitari obbligatori, che afferma proprio questo: lo cito in inglese, dal testo originale.

https://www.who.int/publications/i/item/WHO-2019-nCoV-Policy-brief-Mandatory-vaccination-2022.1

«Mandatory vaccination should be considered only if it is necessary for, and proportionate to, the achievement of one or more important societal or institutional objectives (typically but not exclusively public health objectives, which may also be in service of social and economic objectives). Among others, such objectives may include interrupting chains of viral transmission, preventing morbidity and mortality, protecting at-risk populations and preserving the capacity of acute health care systems or other critical infrastructure».

Insomma, se non si blocca sul nascere questa tendenza, anche obiettivi economici o sociali, come ci dice l’OMS, potranno legittimare obblighi di trattamento. Quindi i trattamenti sanitari obbligatori saranno disancorati dalla tutela della salute pubblica, il solo cardine su cui (con consenso unanime dei costituzionalisti) sono stati fino ad oggi ancorati.

Ed anche diminuire la pressione degli ospedali, come nel caso sottoposto all’esame della Consulta, potrà consentire, in futuro, obblighi di trattamento sanitario.

Ma la comunità dei giuristi non dice nulla sul punto?

Purtroppo, i giuristi non stanno dedicando la dovuta attenzione al tema. Ma non mi stupisco. Mi rendo conto che non è chiara la posta in gioco e che molti di loro stanno ancora con la mente rivolta ai due anni di pandemia che sono alle nostre spalle. Ricordo una battuta di Sabino Cassese durante un convegno a Palermo nel 2022, che mi fece molto sorridere: si discuteva di un tema che Cassese, a ragione, considerava defunto ma sul quale erano appena apparse numerosissime monografie giuridiche e disse più o meno così: “i giuristi non sono in grado di predire nemmeno il passato, per cui continueranno a lungo a studiare questo argomento”.

Spero solo che i giuristi, questa volta, smentiscano Cassese, e comprendano qual è la posta in gioco prima che sia troppo tardi. Il tempo, tuttavia, non è molto. 

Cosa ci può dire in conclusione?

Credo che se non avessimo passato questi due anni così duri, il mio libro sarebbe stato considerato un libro sull'ovvio, cioè una banale ricostruzione di principi da tempo acquisiti nel diritto costituzionale dei paesi democratici, su cui, peraltro, c'è sempre stato il consenso unanime dei costituzionalisti. Adesso, invece, c'è una tendenza acritica a trovare giustificazioni per sostenere la legittimità di quanto fatto nel recente passato, che non riesce a scomparire dalla mente delle persone. Bisognerebbe aprire la finestra e far entrare un poco d’aria fresca. La questione interessa il futuro, il passato è ormai alle nostre spalle e nessuno può cambiarlo: da questa decisone, invece, dipende il nostro futuro.

In conclusione, dovremmo prendere atto che le posizioni radicali fino ad oggi sostenute sono state mosse da pregiudizi, umanamente comprensibili perché fondati sulla paura, ma oramai, sulla base dell’esperienza quotidiana che ognuno di noi ha dell’efficacia di questi vaccini, della giurisprudenza pregressa della Consulta, dell’art. 32 della Costituzione, si dovrebbe affermare l’incostituzionalità della disciplina in tema di obbligo vaccinale per il Sars-Cov-2 in conformità con il diritto consolidato in materia, riassunto efficacemente nell’ordinanza di Padova. Una dichiarazione di incostituzionalità basata sull’interpretazione consolidata dei principi della Carta, peraltro, non potrebbe avere alcun effetto su quanto già accaduto nel nostro Paese durante l’emergenza pandemica. Viceversa, accogliere la singolare motivazione del CGARS significherebbe modificare radicalmente il tema della libertà di cura e aprire un varco verso l’ignoto di cui è impossibile prevedere le conseguenze. E chi vorrebbe assumersi, nella situazione drammatica in cui ci troviamo, la responsabilità di condurci in una situazione dagli effetti imprevedibili?

 

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