Di Andrea Caldart Cagliari, 1 settembre 2022 - Chi davvero prende le decisioni opera da altre stanze, da altre dimensioni e non vivono nascosti, anzi basta leggere i documenti pubblici del “Gruppo dei Trenta”, organizzazione fondata nel 1978 dalla Fondazione Rockfeller, o di quelli pubblicati sulle Banche Centrali, o dalla Commissione Europea, per rendersi conto di come le loro decisioni, siano pianificate in un’ottica di sfascio economico-sociale dei nostri stati.
Per tutti loro il capitale non esiste, esistono invece dei capitalisti, i quali, la gran parte di loro, si limiterebbe nel percepire una rendita, perché il controllo della produzione è in mano a dei manager, selezionati da loro stessi, i quali non hanno una proprietà, ma gestiscono un potere, il potere dei mercati dei capitalisti.
Quello che deve far riflettere di questa azione dei capitalisti, è che stanno arrivando pubblicamente a condizionare il concetto di proprietà privata, smaterializzando il pensiero che la produzione individuale, è origine di ricchezza produttrice di singolo reddito, quale fonte di produzione di nuova prosperità.
In pratica stiamo assistendo da anni e, ricordiamolo che è tutto alla luce del sole, che il potere politico punta alla supremazia sugli altri poteri e, lo fa, usando quello economico attraverso le relazioni personali e non più dalla legittimazione del voto.
Un immenso pericolo che parte dalle istituzioni le quali, non avendo più guide scelte dal popolo, ma “tecnici” imposti, i quali non rispondono alle istanze dei programmi dei partiti, ma alla entità del capitalismo internazionale, diventato così un vero sovracapitalismo di controllo degli Stati.
Fa riflettere che proprio Draghi, prima di diventare presidente del consiglio, era e tutt’ora risulta ne faccia parte, del “Gruppo dei trenta” quale membro senior assieme anche a Jean-Claude Trichet che ne è presidente onorario.
Non solo, era anche a capo di una commissione del G30 che scrisse un testo dal titolo: “Come ristrutturare e rivitalizzare il settore Corporate”, quel mondo fatto di grandi aziende che comunemente chiamiamo multinazionali.
Un testo esplicito sulla distruzione della piccola e media impresa privata e della società come oggi la conosciamo e, che in un passaggio, che sembra un delirio, dice che: “E’ compito delle istituzioni politiche e quindi degli Stati, attuare una distruzione creativa del sistema economico per permettere al settore Corporate la ricostruzione”.
Lungi da noi pensare sia un “gruppo di pressione” anche perché già nel luglio del 2012, il Corporate Europe Observatory sollecitò un'inchiesta su un presunto conflitto d'interessi dell'allora presidente della BCE Mario Draghi, con la sua appartenenza al G30, ma il tutto finì con l’archiviazione pochi mesi dopo nel 2013.
Con la manipolazione del linguaggio, stiamo però perdendo il senso del confine tra pubblico e privato perché ci sono pezzi di stato nazionale che non rispondono più ai loro governi, ma esaudiscono le regole dettate dal controllo delle banche centrali, delle banche d’affari, per attuare la “distruzione creativa”.
In pratica se si continuerà a lasciar fare ai “tecnici migliori” continueremo a finanziare le attività e le scelte delle grandi multinazionali, quindi le loro speculazioni, le loro bolle finanziarie, create per distruggere tutta l’impresa italiana fatta principalmente di piccole e medie imprese artigianali e commerciali.
Francamente è preoccupante continuare a lasciar fare ai mercati, perché l’evidenza che sta emergendo è una divisione tra politica e cittadini e oggi, aprendo gli occhi, capiamo che i “tecnici”, “i migliori”, hanno interessi e obiettivi che contrastano con il benessere e il progresso della collettività, anzi rispondono ai comandi del sovracapitalismo che li ha imposti.
Se non ci attiviamo da subito nel limitare i campi d’intervento politico che utilizzano l’artificio di chiamare “grandi ricchezze” i beni dei privati, ma ben si guardano di nominare allo stesso modo, i beni dei loro “padroni” sovracapitalisti, vivremo un declino pericoloso con una deriva pesantissima di grave rischio per le libertà individuali,