Di Manuela Fiorini Modena, 4 giugno 2022 - Sono poco più di 51 milioni gli italiani che il prossimo 12 giugno (dalle 7 alle 23) sono chiamati alle urne per il referendum che comprende 5 quesiti in materia di giustizia. Tuttavia, in molti non hanno compreso o non sanno per che cosa si vota, così che il rischio di non raggiungere il quorum è molto alto. Infatti, per essere valido, è necessaria la partecipazione di almeno il 50% +1 degli elettori.
Vediamo, allora, di fare un po’ di chiarezza sul referendum stesso e sui 5 quesiti. Partiamo dicendo che si tratta di un referendum abrogativa, cioè una consultazione popolare per capire se gli italiani vogliono mantenere alcune norme già esistenti o se vogliono cancellarla dell’ordinamento vigente.
Chi vuole mantenerle in vigore deve quindi rispondere NO.
Chi vuole cancellarle deve invece rispondere SI’
Affinché le norme vengano eliminate deve quindi vincere il SI’ con la maggioranza dei voti, cioè almeno il 50% dei voti +1. Affinché vengano mantenute, deve invece vincere il NO con almeno il 50% dei voti +1.
I 5 quesiti in sintesi
I cinque quesiti, ognuno formulato su una scheda di diverso colore, riguardano la Giustizia e diciamo subito che i temi sono molto specifici e utilizzano un linguaggio molto tecnico. Vediamo allora di fare una sintesi.
- Esclusione dalle elezioni politiche per le persone condannate (Legge Severino)
- Eliminazione (o meno) dell’Istituto della “reiterazione del reato”, cioè il ripetersi da parte di un soggetto della commissione di reati, dall’insieme delle misure cautelari che consentono l’arresto di una persona.
- Separazione delle carriere all’interno della Magistratura. Cioè impedire o meno ai magistrati (i giudici che decidono) e pubblici ministeri (la pubblica accusa) di avere la stessa carriera, scegliendo fin dall’inizio se si vuole lavorare come Magistrato o come pubblico ministero.
- Pagelle ai magistrati, cioè si chiede agli elettori se l’operato di un giudice possa o meno essere valutato dai membri del Consiglio Direttivo della Cassazione e dei Consiglieri Giudiziari, inclusi gli avvocati.
- Le nomine del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), cioè l’organo di Governo della Magistratura Italiana, sull’obbligo o meno di raccogliere da 25 a 50 firme per potersi candidare al CSM.
Vediamo allora di analizzare in dettaglio i 5 quesiti. Vi diremo che cosa troverete scritto su ciascuna scheda, il suo colore, una spiegazione semplice e che cosa succede se si vota SI’ oppure NO.
QUESITO N°1 (SCHEDA ROSSA)
«Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n.190)?»
In pratica, il quesito chiede se si vuole abrogare la legge che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, rappresentanti di Governo, ma anche consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali in caso di condanna. Per chi è in carica in un ente territoriale, poi, è sufficiente una condanna in primo grado non definitiva per la sospensione. Il quesito intende anche risolvere la questione che riguarda molti sindaci e amministratori locali che, secondo la Legge Severino, sono stati sospesi dai loro incarichi e poi sono risultati innocenti o assolti, ricevendo un danno alla loro vita politica, professionale e privata. Si chiede quindi se si vuole eliminare l’automatismo dell’incandidabilità o decadenza del ruolo lasciando la facoltà di decidere in merito ai giudici.
VOTANDO SI’: si vuole che le persone condannate per reati non colposi mantengano o tornino a ricoprire cariche politiche
VOTANDO NO: la legge rimane in vigore e viene confermata l’incandidabilità e la decadenza dal ruolo di questi soggetti.
QUESITO N°2 (SCHEDA ARANCIONE)
«Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art.7 della legge 2 maggio 1974, n.195 e successive modificazioni.”?».
Si chiede ai cittadini se vogliono mantenere o eliminare la norma sulla reiterazione del reato dall’insieme delle motivazioni per cui i giudici possono decidere la custodia cautelare in carcere o ai domiciliari per una persona durante le indagini, cioè prima del processo. Attualmente, infatti, il giudice può adottare la misura dell’arresto o i domiciliari in alcuni casi , come il pericolo di fuga, l’inquinamento delle prove e il rischio di commettere reati di particolare gravità, incluso il rischio che il soggetto commetta ancora il reato per cui viene sottoposto a giudizio. Il quesito punta a limitare quindi questa azione, anche alla luce del sovraccarico di arresti in Italia. Il quesito punta quindi a mantenere il carcere preventivo solo per chi commette i reati più gravi, abolendo la presunzione di una reiterazione degli stessi.
VOTANDO SI’: si vuole eliminare la reiterazione di reato dalle ragioni per cui si può disporre la custodia cautelare, lasciandola solo per: pericolo di fuga, inquinamento delle prove e rischio di commettere reati di particolare gravità con armi o mezzi violenti.
VOTANDO NO: si vuole mantenere in vigore la legge che consente l’arresto o i domiciliari anche con la motivazione del pericolo di reiterazione del reato.
QUESITO N°3 (SCHEDA GIALLA)
Il quesito numero 3 ha una formulazione molto lunga. Per ragioni di spazio, qui sotto ne riportiamo un riassunto sintetico e semplificato.
Volete abrogare la norma che oggi consente di passare, nel corso della propria carriera, dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero (accusatore) e viceversa? La domanda nasce perché oggi le carriere tra chi giudica (giudice) e chi accusa (pm) non sono separate. Capita spesso che quindi una persona lavori per anni come pm in funzione di accusa e poi, improvvisamente, diventi giudice. Ciò potrebbe in alcuni casi porre un freno al requisito di terzietà e imparzialità dei procedimenti.
VOTANDO SI’: si vuole eliminare la norma, facendo sì che all’inizio della propria carriera sia obbligatorio scegliere se si vuole essere giudici o pubblici ministeri.
VOTANDO NO: la norma viene mantenuta e un giudice può passare a essere pm, e viceversa, nel corso della propria carriera professionale.
QUESITO N°4 (SCHEDA GRIGIA)
«Volete voi che sia abrogato il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’art.1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005, n.150», risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art.8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.7, comma 1, lettera a)”; art.16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’art.15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?».
Il quesito riguarda le “pagelle dei magistrati” ed è formulato citando una serie di complicati articoli. In sintesi, tuttavia, si chiede se si vuole che l’operato di un giudice possa essere valutato dai membri del Consiglio Direttivo della Cassazione e anche dai membri laici dei Consigli Giudiziari, tra cui avvocati e professori universitari. Attualmente, infatti, ciò non avviene e i membri laici dei Consigli sono escludi dal dibattito e dalla votazione delle decisioni del Consiglio Superiore della Magistratura, che di fatto si giudicano tra di loro, mettendo a rischio l’imparzialità.
VOTANDO SI’: Si vuole eliminare la legge e consentire che i magistrati vengano valutati anche dai membri laici come avvocati e professori universitari.
VOTANDO NO: Viene mantenuta l’esclusione dei membri laici (avvocati, professori universitari) dalla valutazione
QUESITO N°5 (SCHEDA VERDE)
«Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n.195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art.25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art.23, né possono candidarsi a loro volta”?»
L’ultimo dei cinque quesiti chiede all’elettore se vuole cancellare la norma che impone al magistrato di raccoglie da 25 a 50 firme per candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura. Il fine è quello di eliminare le “correnti” all’interno della magistratura stessa.
VOTANDO SI’: si vuole che l’obbligo di procurarsi delle firme venga eliminato
VOTANDO NO: si vuole che l’obbligo venga mantenuto