Di Lamberto Colla Parma, 21 giugno 121esimo giorno dell'anno 1 dell'era COVID-19 e 102° pandemico - domenica -
"A settembre il piano Recovery Italia". Lo ha affermato il premier Giuseppe Conte alla vigilia del Consiglio Europeo dello scorso 19 giugno, tutto imperniato sulla discussione tra prestito e finanziamenti a fondo perduto.
"Non possiamo escludere altri interventi per fronteggiare la crisi", ha poi aggiunto il premier aprendo la terza giornata di lavori a Villa Pamphilj.
Insomma, la "fuffa" è servita. Ancora promesse, questa volta condite nella meravigliosa quanto inutile scenografia di Villa Pamphilj che ha accolto i pomposi Stati Generali per discutere sul nulla.
10 giorni di riunioni aperte a tutte le forze politiche, sociali, nazionali e internazionali, sarebbe stati giustificati se ci fosse stato da confrontarsi su un progetto di rilancio.
E invece il tanto atteso progetto di rilancio ha occupato solo qualche ora durante l’esposizione della proposta elaborata dal super manager Colao nella mattinata di lunedi, la prima dopo la passerella dei rappresentanti della Troika che hanno avuto l’onore di inaugurare la prima inutile perdita di tempo post lockdown.
Oltre a discutere sul nulla, perché ripetiamo il progetto, per stessa ammissione di Conte, si vedrà a settembre (forse, ndr) la maratona degli Stati Generali è stata contraddistinta da un altro fattore che contrasta con le buone intenzioni della rappresentanza di governo pentastellata: la trasparenza.
Ai giornalisti infatti non è stato concesso di partecipare forse per la precisa consapevolezza che sarebbe stato meglio non esporsi al pubblico con il vuoto di contenuti che contrastano con il pieno di aspettative della società civile e delle imprese.
Sono lontani anni luce i tempi in cui i seguaci di Beppe Grillo invocavano la trasparenza e la democrazia diretta.
E’ entrata nella storia della TV e della politica l’incontro del 19 febbraio 2014, in diretta streaming, che vedeva contrapposti Matteo Renzi e Beppe Grillo in occasione delle prime consultazioni per la formazione del Governo. Un incontro pubblico voluto più per umiliare il rampante Matteo Renzi che per negoziare una qualsiasi e legittima partita politica.
Ma erano altri tempi.
I duri e puri del M5S sembrano svaniti nel nulla. Pur di acquisire e mantenere il potere hanno ripudiato il loro cavallo di battaglia chiamato Democrazia Diretta, un tempo utilizzata per qualsiasi inutile decisione, hanno abbandonato la “Glasnost” rifiutando la presenza dei giornalisti e lasciando trapelare solo veline uscite dalla macchina della comunicazione di Casalino & C. e infine, dulcis in fundo, è stato sotterrato il concetto, valido ancora per i loro antagonisti, del sospetto di illegalità quale motivo di dimissioni da qualsiasi carica.
Un concetto che tra i seguaci annovera l’irreprensibile Piercamillo Davigo che sembrerebbe più propenso a perseguire l'indirizzo della presunzione di colpevolezza sulla presunzione di innocenza che invece starebbe alla base del diritto.
Così, tra i sospetti caduti sul Ministro di Grazia e Giustizia circa le nomine al DAP, piuttosto che quelle rivelate dal giornalista d'inchiesta spagnolo attraverso le colonne del quotidiano "ABC" secondo cui il regime di Hugo Chavez avrebbe finanziato, nel 2010, il M5S con 3,5 milioni di euro, anche questo pilastro grillino è stato abbattuto.
Un sospetto, quest’ultimo, per un potenziale reato, che sarebbe stato comunque prescritto nel 2016, per il quale sarebbe utile aprire una inchiesta parlamentare, soprattutto alla luce dei frequenti richiami alle politiche venezuelane dei dirigenti pentastellati.
Come è ovvio tutti coloro che contano all’interno del movimento, da Crimi, a Di Maio per arrivare a Casaleggio, così come i più accreditati fiancheggiatori, si sono inalberati e hanno smentito le circostanze liquidando la cosa come una bufala e il documento diffuso come un falso, pur senza portare alcun argomento o testimonianza super partes a loro favore. Ecco perché sarebbe perciò opportuna una indagine interna per appurare la verità.
In conclusione, dopo le promesse di una trasparenza divenuta opaca appena le porte del potere si sono spalancate, dopo che la cultura del sospetto non può e non deve essere affibbiata ai costitutori di questo rinnovato percorso giuridico, dopo una reclusione ai domiciliari di 100 giorni accompagnata da teatrini di scienziati in completo disaccordo tra di loro e addirittura con essi stessi, dopo le promesse di sostegno economico mantenute in minima parte, ecco che sulle macerie di tutto ciò la ricostruzione è lasciata alla buona volontà degli italiani che si stanno facendo su le maniche e inseguendo il sogno che "chi fa da sé fa per tre" ma dovrà guadagnare per 10 per poter sfamare lo Stato che necessiterà dei 7 decimi promettendo quella riorganizzazione strutturale che non avverrà mai per colpa dei predecessori.
Benvenuti in Italia, terra di poeti, navigatori, pazienti e santi…
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glasnost Termine russo ("trasparenza") che indica l'insieme delle riforme attuate nella selezione dei quadri del PCUS (Partito comunista dell'Unione Sovietica) da M.S. Gorbačëv a partire dal 1986, con l'obiettivo di combattere la corruzione e i privilegi del sistema politico sovietico. Insieme alla perestrojka ("ristrutturazione") ha contraddistinto la linea politica di Gorbačëv.
Diretta Streaming: Renzi - Grillo consultazioni 19 febbraio 2014
https://youtu.be/SV83dRSYhe0