La qualità del mangiare e del bere ha ottenuto dai turisti, sia italiani che stranieri, un voto nella scala scolastica da 1 a 10 pari a 8,2, cioè il valore più alto, superiore di un decimale addirittura all'8,1 assegnato a cortesia e ospitalità.
La qualità del mangiare e del bere è l'elemento che risulta ottenere voti alti da un minimo di 8,1 a un massimo di 8,3 in qualsiasi tipo di turismo, da quello montano a quello naturalistico, d'arte, culturale o sportivo.
«Si tratta di valori immateriali – si legge nel focus Fipe – che, almeno nel caso della ristorazione, assumono anche valenza economica considerando che il 19,3% delle spese sostenute dai turisti che hanno soggiornato in Italia nel 2012 è stato destinato alle consumazioni in ristoranti, pizzerie, bar, caffè e rosticcerie per un valore di circa 13,9 miliardi di euro. Nell'immaginario del turista ed anche nell'esperienza vissuta il cibo è la vera star dell'offerta turistica nazionale. È il risultato dell'azione combinata di tante persone che appartengono al mondo dell'agricoltura e dell'industria di qualità ed a quello della ristorazione dove il nostro Paese può contare sulla straordinaria competenza di chef ai vertici dell'enogastronomia mondiale e su una rete di ristoranti e trattorie che anima ed arricchisce il territorio. Il tema è di grande attualità – è la conclusione a cui si arriva Fipe – e la prima considerazione che possiamo fare è che i giudizi dei turisti non coincidono con quelli di autorevoli esponenti del Governo che, con tutta evidenza, neppure sono a conoscenza di informazioni provenienti dall'Osservatorio Nazionale del Turismo promosso proprio dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo (DSCT) della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il principio einaudiano del "Conoscere per deliberare" sembra aver perso di significato. Un vero paradosso italiano. Si spendono soldi pubblici per conoscere cosa funziona e cosa non funziona nel turismo del nostro Paese ma i policy maker non lo sanno".
(Fonte Fipe)