Domenica, 13 Ottobre 2024 05:03

Sacrifici, ma non per tutti. E per chi? Cosa si cela dietro la prossima Legge di Bilancio In evidenza

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Sono parole che nel recente passato abbiamo già sentito, “austerità, sacrifici, ma non per tutti” salvo poi renderci conto di aver dato fiducia a persone che nulla hanno fatto per il bene del Paese. Sarà così anche quest’anno?

Di Mario Vacca Parma, 13 ottobre 2024 - Il Consiglio dei Ministri sta per varare la legge di Bilancio per la quale i margini di manovra sono molto  pochi. La cornice entro cui muoversi è definita dal Piano strutturale di Bilancio, lo strumento dettato dalle nuove regole europee ed approvate anche dal Governo Meloni, anche se i contenuti del Piano, ovvero dove trovare le risorse che servono, non li decide Bruxelles ma Roma. Ovviamente quest’anno tocca a Meloni e Giorgetti, che dovranno trovare un equilibrio tra sanità, istruzione, salari pubblici, di favorire partite Iva, etc.

Il problema è un altro, ogni anno sentiamo parlare di tagli, in primis dai politici le cui parole sono elevate a potenza dai media e dai  professionisti. In termini aziendali il legislatore ci obbliga alla programmazione affinché un’impresa abbia contezza di quando, o meno,  genererà ricavi. Ciò che mi chiedo è il motivo per il quale le istituzioni non mettono mai i cittadini dinanzi al piano strategico pluriennale del Paese per comprendere quando i tagli finiranno e sarà il momento di iniziare ad investire nella sanità, scuole, salari e pensioni. Non è possibile vivere di soli tagli come non è possibile vivere senza orizzonti programmati, a questo punto si da ragione a quegli imprenditori scalmanati che vivono alla giornata. Ma la domanda principe è un’altra, che fine fanno i soldi che entrano nelle casse del nostro Paese? Perché non abbiamo pubblicità di tali evidenze?

Vediamo comunque cos’è il piano strutturale di bilancio:

È un documento nuovo e centrale nella programmazione delle politiche economiche e di finanza pubblica a livello nazionale. È il risultato della riforma delle regole economiche europee approvate lo scorso aprile, dopo la sospensione del Patto di stabilità e crescita decisa durante la crisi pandemica. Con la nuova governance economica europea cambia profondamente il ciclo delle leggi di bilancio: si passa da un orizzonte triennale, anche se di fatto annuale, tracciato dal Documento di economia e finanza (Def) e dalla Nota di aggiornamento (Nadef), a uno pluriennale definito dal Psb. Nello specifico, il nuovo Piano ha due orizzonti: quello della programmazione è pari alla durata della legislatura, 5 anni nel caso italiano, mentre quello per la correzione di bilancio è di 4 anni, estendibile fino a 7 anni se il governo presenta un piano di riforme e investimenti. È vincolante e può essere modificato soltanto per un cambio di governo, o nel caso di circostanze che rendano impossibile la sua attuazione, ma, comunque, qualsiasi modifica dovrà essere rinegoziata con la Commissione europea e approvata dal Consiglio.

Bankitalia, Istat, Ufficio parlamentare di bilancio evidenziano a loro modo  che la stima del Pil che il governo ha fatto per il 2024 ed il 2025 è troppo ottimistica rispetto al reale andamento dell’economia nell’anno in corso e, per l’anno successivo, risulta sovrastimata rispetto alle previsioni degli organismi italiani, europei ed internazionali. Il nostro Paese registra un calo della produzione industriale che prosegue ininterrottamente da 19 mesi.

La domanda che sorge spontanea riguarda i benefici dei piani nati nel corso del periodo pandemico e nello specifico del Pnrr che avrebbe dovuto portare ad una crescita evidente. A questo punto, se con le risorse del Pnrr l’economia italiana è cresciuta così poco, cosa succederà fra due anni quando il Pnrr terminerà? Possibile che, stante le cose attuali,  alla fine del 2026, anno in cui si conclude il Pnrr si tornerà ad una crescita ancora più bassa. Tra l’altro non dimentichiamo che le due guerre in corso, oltre a quella più silente nel Mar Rosso – per le quali al momento non se ne vede la fine – non possono che apportare soltanto altre conseguenze negative allo stato attuale, almeno per quella fascia media della popolazione che non vive da redditi provenienti da produzione di farmaci ed armi o rendite bancarie.

Il Psb presentato dal governo ed approvato dal Parlamento segna il ritorno all’austerità con  13 miliardi l’anno per i prossimi sette anni che significano riduzione della spesa pubblica che si potrebbero tradurre in meno risorse per la sanità, per l’istruzione, la ricerca, per le politiche sociali, per i salari, gli investimenti pubblici e per le pensioni. Insomma, si tratta di un brutale ritorno delle politiche di austerità per sette lunghi anni, quindi ben oltre la durata dell’attuale legislatura e di questo governo. È una ricetta già realizzata in passato e che si è rivelata disastrosa sul piano salariale, occupazionale, economico e di finanza pubblica che però questa volta sarebbe aggravata da tagli che andranno ad aggiungersi all’erosione del potere di acquisto già subito da  lavoratori,  pensionati e titolari di piccole partita iva nel triennio 2021-23 a causa di  una fase prolungata di alta inflazione.

Naturalmente la riduzione della spesa pubblica non è l’unica strada che potrebbe intraprendere il Governo, ve ne sono tante, basterebbe la buona volontà di non gravare sulle tasche dei soliti contribuenti. Bisogna prendere decisioni difficili, talvolta celate sotto un political correct o un falso perbenismo che non si vuole affrontare. Per quanto riguarda le pensioni e la sanità, è stato mai pensato di modificare “l’algoritmo” alla base della programmazione dei flussi finanziari? Sino agli anni 70 avevamo redditi monofamiliari, dopo di che il reddito familiare si è spostato in capo a due persone. Alla fine degli anni 90 abbiamo iniziato a subire i flussi migratori; Alla fine degli anni 2000 abbiamo visto trasformarsi il mondo del commercio. Oggi c’è chi prende la pensione o la “disoccupazione” in Italia ma vive altrove, c’è chi in Italia arriva soltanto per sottoporsi ad interventi sanitari costosissimi in altri Paesi, c’è chi lavora anche duramente in Italia, ma ha con se moglie,  mamma, padre, suocero, suocera, 5 figli, tutti inattivi,  che gravano su scuola, sanità e pensioni. Perché piuttosto che tagliare non disciplinano i cambiamenti che sono intervenuti negli anni che sono agli occhi di tutti ma non se ne vuole parlare? L’auspicio che è prima o poi il legislatore scenda a vivere per strada e faccia ammenda di un mondo cambiato modificando quelle che sono strategie volte soltanto a porre rimedi temporanei.

 (foto copertina Ministro Giorgetti - MEF_GOV)


(*) La Bussola d'Impresa - Mario Vacca

“Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito la cultura aziendale ed ho potuto specializzarmi nel management dell’impresa e contestualmente ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni ricoprendo diverse attività sino al ruolo di vice presidente.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho accettato di fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Le competenze acquisite mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza in qualità di Manager al servizio delle aziende per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari efficientando il controllo di gestione e la finanza d’impresa.
Un iter professionale che mi ha consentito di sviluppare negli anni competenze in vari ambiti, dalla sfera Finanziaria, Amministrativa e Gestionale, alle dinamiche fiscali, passando attraverso esperienze di "start-up", M&A e Turnaround, con un occhio vigile e sempre attento alla prevenzione del rischio d’impresa.
Un percorso arricchito da anni di esperienza nella gestione di Risorse Umane e Finanziarie, nella Contrattualistica, nella gestione dei rapporti diretti con Clienti e Fornitori, nella gestione delle dinamiche di Gruppo con soci e loro consulenti.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di anticipare e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari delle attività.
Il mio agire è sempre stato caratterizzato da entusiasmo e passione in tutto quello che ho fatto e continuo a fare sia in ambito professionale che extra-professionale, sempre alla ricerca dell'innovazione e della differenziazione come caratteristica vincente.
La passione per la cultura mi ha portato ad iscrivermi all’Ordine dei Giornalisti ed a scrivere articoli di economia pubblicati nella rubrica “La Bussola d’Impresa” edita dalla Gazzetta dell’Emilia ed a collaborare saltuariamente con altre testate.
La stessa passione mi porta a pianificare ed organizzare eventi non profit volti al raggiungimento di obiettivi filantropici legati alla carità ed alla fratellanza anche attraverso club ed associazioni locali.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio impegno è lavorare sodo con etica, lealtà ed armonia.”

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