Di Emilio Graziuso 27 novembre 2021 - Nella nostra “Agorà” di oggi continueremo ad occuparci di diritto di famiglia, affrontando una fattispecie giuridicamente spinosa ed umanamente dolorosa, che è stata oggetto di una recentissima sentenza.
Quando due coniugi si separano, purtroppo, molto spesso ci si trova di fronte ad una vera e propria battaglia non solo legale ma anche psicologica ed umana, della quale fanno le spese, loro malgrado, i figli, coinvolti nelle vicende o utilizzati come scudo o come armi per alzare la posta delle pretese dell’uno o dell’altro coniuge.
Nella vicenda in esame, la questione è alquanto complessa e particolare.
Sebbene, infatti, sia il marito che la moglie avessero richiesto l’affido condiviso delle due figlie minori, entrambi i genitori rivendicavano il collocamento delle stesse presso di sé.
Il Presidente del Tribunale, fallito ogni tentativo di conciliazione, stabiliva che le bambine fossero collocate presso la madre.
Tale decisione non veniva accettata dal padre che, in un primo tempo appellava il provvedimento presidenziale e, successivamente – dato il rigetto integrale dell’appello – tratteneva con sé le figlie, le quali cominciavano a non frequentare più nemmeno la scuola ed a rifiutarsi di incontrare la madre.
Quest’ultima sottoponeva la questione all’Autorità Giudiziaria, la quale disponeva immediatamente una Consulenza Tecnica di Ufficio (nel prosieguo CTU), al fine di sentire le bambine e valutare le ragioni del rifiuto della figura materna e della mancata frequentazione scolastica.
Il Consulente nominato dal Tribunale riteneva entrambi i genitori inidonei a svolgere la funzione genitoriale e consigliava il provvisorio affidamento ai sevizi sociali con collocamento presso la madre.
Il Tribunale disponeva, quindi, in tal senso, stabilendo che il padre potesse esercitare il proprio diritto di visita in modalità protetta, alla presenza, cioè di un operatore specialistico, secondo il calendario dei Servizi Sociali.
Il Giudice, però – ed è questa la vera particolarità della decisione – condannava anche il padre al risarcimento del danno in favore delle minori, quantificando lo stesso, in via equitativa, in € 5.000,00 per ciascuna figlia.
La condanna scaturiva da un danno accertato di privazione delle minori alla bigenitorialità, tra l’altro del padre al quale le stesse erano particolarmente legate.
Secondo il ragionamento giuridico seguito dal Tribunale, infatti, l’allontanamento delle minori dal padre scaturiva dalla condotta narcisistica ed onnipotente di quest’ultimo, la quale aveva delle ripercussioni sul benessere psico fisico delle minori.
Concludendo: se il genitore non avesse posto in essere tale tipo di condotta le figlie non sarebbero state private della presenza costante e libera del padre.
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Autore (*)
"Avv. Emilio Graziuso - Avvocato Cassazionista e Dottore di Ricerca.
Svolge la professione forense dal 2002 occupandosi prevalentemente di diritto civile, bancario – finanziario e diritto dei consumatori.
Docente ai corsi di formazione della prestigiosa Casa Editrice Giuridica Giuffrè Francis Lefebvre ed autore per la stessa di numerose pubblicazioni e monografie.
Relatore a convegni e seminari giuridici e curatore della collana "Il diritto dei consumatori" edita dalla Key Editore.
Responsabile nazionale del Coordinamento "Dalla Parte del Consumatore"
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