Sabato, 10 Giugno 2017 11:13

Paesi Emergenti: istruzioni per l'uso In evidenza

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Conviene investire nei Paesi Emergenti? Quanta parte del portafoglio finanziario potrà essere destinata ad azioni e obbligazioni delle economie in via di sviluppo? Una guida ragionata per l'investimento consapevole.

10 giugno 2017

I Paesi emergenti attirano sempre maggiori flussi di denaro da parte di investitori attratti dalle maggiori opportunità di guadagno che questi Stati offrono rispetto ai mercati finanziari tradizionali. Ma l'investimento nelle economie emergenti presenta anche rischi, legati per lo più all'instabilità politica, valutaria e alla maggiore volatilità che li contraddistingue.

Investire in azioni emergenti: perché conviene

Nonostante il l downgrade della Cina, le borse dei Paesi Emergenti hanno "tenuto" e continuano a crescere avvicinandosi rapidamente ai massimi del 2015. Nonostante ciò investire una quota del proprio portafoglio in azioni emergenti potrebbe essere un'ottima scelta per aumentare i rendimento complessivi, grazie ad alcune considerazioni importanti:

1) Le economie emergenti hanno offerto rendimenti molto alti, nel corso degli anni. Certamente a periodi buoni si sono alternati momenti sfavorevoli, ma dal 1999 il loro trend è in salita, a testimonianza del fatto che molti di questi Stati presentano una crescita forte, che bilancia quella registrata dai Paesi industrializzati nello stesso periodo;

2) l'inserimento di azioni emergenti avrebbe permesso il recupero del "decennio perduto". Durante il periodo 2000 – 2010 i mercati azionari sviluppati hanno offerto rendimenti insoddisfacenti, prestando il fianco alle critiche di chi sostiene che le borse non siano i migliori investimenti a lungo termine. L'inserimento in portafoglio di una quota di azioni emergenti avrebbe aumentato molto il rendimento finale ottenuto, senza per questo incrementare i rischi;

3) se paragoniamo l'andamento delle azioni emergenti con quelle "sviluppate" notiamo come le prime stiano accelerando rispetto alle seconde. Ciò significa che durante le fasi di rialzo le azioni emergenti tendono ad offrire rendimenti superiori alle azioni dei mercati sviluppati; nelle fasi di ribasso la discesa delle quotazioni è grosso modo la stessa per entrambe le tipologie di titoli, a testimonianza del fatto che anche gli emergenti sono mercati finanziari maturi.

Perché investire in obbligazioni dei Paesi Emergenti

Le politiche monetarie espansive messe in atto dalle banche centrali di tutto il mondo hanno contribuito a fare scendere i tassi di interesse, che si sono "appiattiti" vicino allo zero per le scadenze più brevi.

Questo ha implicato la necessità, per i risparmiatori, di cercare delle alternative a maggior rendimento, in grado cioè di offrire una adeguata remunerazione periodica ai propri capitali.
Ecco allora che, orfani dei titoli di Stato, sempre più investitori si sono rivolti ai bond emessi da Paesi emergenti, al fine di ottenere cedole più alte insieme con una possibile rivalutazione in conto capitale in caso di apprezzamento delle valute di denominazione dei titoli rispetto all'euro.

Investire in obbligazioni emergenti, però, comporta rischi notevoli in termini di volatilità cui l'investimento è soggetto.
Per questo motivo sconsiglio di comprare da soli i bond ritenuti più remunerativi, per affidarsi invece a portafogli diversificati e composti da decine di obbligazioni diverse, per lo più denominate in altrettante valute così da mitigare il rischio valutario.

Grazie alla grande offerta di fondi comuni di investimento obbligazionario è possibile, in modo agevole, investire su una pluralità di strumenti finanziari ottimizzando il rapporto rendimento – rischio.

Che "peso" dare agli emergenti all'interno dei portafogli?

Non esiste una quota "ideale" del proprio portafoglio da investire in azioni ed obbligazioni dei Paesi emergenti. Tutto dipende dai propri obiettivi di investimento, dalla propria tolleranza al rischio e dalla strategia adottata.

In linea di massima, però, è possibile identificare una sorta di "forchetta" che rappresenta un utile riferimento per decidere che quota dei propri soldi allocare in questo tipo di investimento.
A mio parere è bene che la quota rappresentata dai Paesi emergenti sia compresa tra un minimo del 10% ed un massimo del 30%, avendo come riferimento il totale dei propri investimenti.

Tale quota andrà poi suddivisa tra azioni ed obbligazioni "emerging" a seconda delle proprie preferenze.

Potremmo decidere, ad esempio, di destinare il 10% del portafoglio alle azioni emergenti, sottoscrivendo un apposito fondo comune e azzerare l'investimento in obbligazioni. Questa soluzione va bene per chi desidera una crescita più rapida del proprio capitale, a discapito delle cedole periodiche.

Oppure potremmo investire il 20% in azioni ed il 10% in obbligazioni, se abbiamo una tolleranza al rischio maggiore. O, ancora, fare il contrario se desideriamo accrescere i nostri redditi periodici a scapito della crescita in conto capitale.

Insomma, un esperto potrà consigliarvi nel modo migliore, ma quello che è importante sapere è che un portafoglio di investimento diversificato oggi non può più fare a meno dei Paesi Emergenti.

Segui ogni due settimane l'analisi di Giacomo Saver, direttore e fondatore di Segretibancari.com sul mondo finanziario. A questo link l'ultimo articolo.