Di Guglielmo Mauti 3 dicembre 2024 -
Parlare di ‘ndrangheta è sempre un’occasione giusta per non dimenticarci di un fenomeno che ormai ci riguarda tutti. Ma farlo dal punto di vista femminile è una lente insolita, spesso sottovalutata e che racchiude un mondo di sofferenza, violenza e mancata emancipazione.
Lo farà questa Federica Iandolo, in occasione di "Libera Milano - Presidio Lea Garofalo" presso la Biblioteca Sempione di Milano (Viale Miguel de Cervantes), presentando il suo ultimo libro “Madrine di 'Ndrangheta” (Alliberti).
Federica Iandolo è una giurista, ricercatrice indipendente, laureata presso l’Università di Parma, un master in Scienze Forensi e corsi di perfezionamento sulla criminalità organizzata e la violenza di genere alla statale di Milano. È relatrice in seminari tenutisi in istituti scolastici dell’Emilia-Romagna come esperta di ruoli femminili nella criminalità organizzata in particolare nella ’ndrangheta.
Dottoressa Iandolo, perché questo libro?
“Da sempre nutro particolare interesse per il ruolo che ricoprono le donne nelle associazioni criminose, sia nazionali che internazionali. E la figura della donna, che in altre organizzazioni mafiose viene spesso sottovalutata, nella ‘ndrangheta è una figura considerata molto utile, se si pensa che il pentito Valerio la definì il “cordone ombelicale” che fa porta nutrimento e fa crescere i figli dei clan.
Quindi paradossalmente le donne rivestono un ruolo importante?
“Sì, rivestono un ruolo molto importante nella sostanza ma non nella forma perché non possono appartenere all' organizzazione. Anche se sono fondamentali. Spesso le donne di ‘ndrangheta subiscono violenze, vessazioni e mancanza di libertà. In molti casi si sposano con persone che non hanno scelto e non possono mai denunciare le violenze subite.”
Le donne sono trattate tutte nello stesso modo, da Nord a Sud?
“No, Il loro grado di “libertà” dipende molto da dove sono nate e soprattutto dove vivono.
Nel mio libro racconto però anche di donne del Nord (o nate al Sud e trasferitesi a Nord) che hanno avuto un ruolo attivo all’interno dei clan, come Roberta Tattini, Karima Bachaaoui o Caterina Giancotti.
Ci sono anche felici eccezioni di donne che hanno scelto di distaccarsi e di scappare all’estero perché purtroppo per loro ancora non esiste un programma di protezione che ne garantisca l’anonimato”.
L’incontro è organizzato da Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e l’ingresso è libero previa prenotazione al numero 0288465812