Viceversa, la Costituzione naturale esprime un ordine dato. Anch'essa rinvia alla dimensione del costituire, il quale è inteso, però, come "cum stare".
Detto diversamente, nel primo caso siamo in presenza di un atto del valore che non riconosce né un prius, né un posterius (Paolo Barile dirà che il potere costituente è un atto libero nel fine, poiché nulla lo precede e lo vincola), mentre, nel secondo, il suo (della Costituzione naturale) "ibi consistam" risiede nella "costituzione essenziale" di ogni società in quanto tale, trovando nella natura delle cose il proprio fondamento.
Essa, pertanto, diventa il parametro di legittimità della Costituzione positiva, con la conseguenza che quest'ultima non potrà mai essere, nonostante la prospettiva giuspositivistica, criterio di sé medesima.
Nessuna Costituzione e nessuna comunità politica è frutto, osservava De Maistre (1753–1821), di una deliberazione. La comunità politica, infatti, è presente, anche nelle sue forme embrionali, laddove è presente l'uomo, poiché realtà richiesta dalla naturale socialità della persona umana. In conclusione, dunque, solo la Costituzione naturale può essere considerata la vera fonte di un ordinamento giuridico, nel senso che dal fine naturale della comunità politica, ossia dal bene comune, discendono le scelte positive, le deliberazioni prudenziali, della comunità medesima.
(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.