Una giornata per non dimenticare e per far comprendere ai tantissimi ragazzi presenti l'importanza della valorizzazione del presente e del futuro -
di Federico Bonati -
Reggio Emilia, 27 gennaio 2015 –
Sono passati esattamente settant'anni da quando l'Armata Rossa abbattè i cancelli di Auschwitz, svelando al mondo ciò di cui era stato capace l'uomo: l'abominio nazi-fascista nei confronti di oltre dieci milioni di persone. Un tragico capitolo della storia dell'umanità meglio noto con il nome di Shoa. Uno sterminio che non comprese soltanto gli ebrei, che furono l'indiscussa maggioranza, ma anche nomadi, oppositori politici, omosessuali. Esseri umani sterminati da altri essere umani. Qualcosa che, citando Primo Levi: "Non può essere capito, ma che bisogna conoscere".
A Reggio Emilia non si dimentica. Non si dimenticano le migliaia di deportati, i milioni di morti, non si dimenticano gli otto reggiani ebrei, due uomini e otto donne, deportati e uccisi nei campi di concentramento. Una lapide posta all'ingresso della Sinagoga di via dell'Aquila riporta i loro nomi, e sotto di essa è stata posta alle 10 di questa mattina una corona di fiori commemorativa, cui sono seguite letture di salmi in ebraico. La cerimonia è proseguita, poi, all'interno dell'edificio, con un folto pubblico, tra cui moltissimi studenti.
Una presenza importante sottolineata da Alberta Sacerdoti, rappresentante della comunità ebraica di Reggio Emilia e Modena, a cui Auschwitz ha strappato il nonno materno e lo zio: "In passato sono stata un'insegnante, ma ancora oggi continuo ad andare nelle scuole a parlare della Shoa, perché è giusto che i giovani sappiano ciò che è accaduto".
Le fa eco il sindaco Luca Vecchi: "Questo deve essere un momento di ricordo, ma anche un momento di impegno. Il coinvolgimento di tutta la città e di tutti gli studenti reggiani è importantissimo: è il lavoro sulla memoria delle giovani generazioni che consolida la coscienza civile".
Il presidente della Provincia Gianmaria Manghi parla invece di ciò che accadde come un autentico contagio del male, dal quale bisogna fare attenzione anche ai giorni nostri. È basilare, quindi, fare e conservare memoria, ma allo stesso tempo è fondamentale imparare a riflettere e a comprendere il presente.
La commemorazione ha poi proseguito il suo iter con il percorso sulle commemorative "pietre di inciampo" di via Monzermone, via Emilia San Pietro e viale Montegrappa, a cura del gruppo Istoreco.
Dopo settant'anni, la memoria di quanto accadde è più viva che mai, affinchè ciò che è stato non si ripeta più, affinchè non ci si domandi più se questo è un uomo, affinchè l'odio razziale sia solo un lontano ricordo e non un temibile presente. Riecheggiano nel silenzio della città del Tricolore le parole di Primo Levi, autentico monito immortale: "Meditate che questo è stato".